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In teoria, ad ogni prigioniero era assegnata una razione giornaliera di 350 grammi di pane, mezzo litro di surrogato di caffè a colazione, ed un litro di zuppa di patate e rape a pranzo. Inoltre, ogni prigioniero doveva ricevere una razione di zuppa con 20 grammi di carne quattro volte la settimana, ma in pratica la zuppa raggiungeva di rado le ciotole da cui i prigionieri mangiavano. Il valore ufficiale del cibo giornaliero, per i prigionieri impiegati in lavori leggeri era fissato a 1700 calorie, e per i prigionieri addetti a lavori pesanti a 2150 calorie. Un’analisi dell’effettivo contenuto di cibo fatta dopo la guerra variava da 1300 calorie per i prigionieri impiegati in lavori leggeri a 1700 per i prigionieri che svolgevano lavori pesanti. La differenza era causata dal saccheggio del cibo da parte del personale SS e dei prigionieri-funzionari. L’ingiustizia pervadeva il sistema di distribuzione del cibo. I kapò, o i prigionieri addetti alla distribuzione della zuppa, si assicuravano che il contenuto più spesso e nutriente del fondo del contenitore raggiungesse i prigionieri "giusti", mentre gli altri dovevano accontentarsi della sostanza acquosa nella parte superiore del pentolone...

 

In queste condizioni, il cibo supplementare equivaleva alla sopravvivenza... Le razioni di pane servivano quindi come una sorta di valuta. I funzionari, che costituivano probabilmente dal 3 al 5 per cento della popolazione internata, scambiavano le loro razioni supplementari di pane e zuppa con vitto di migliore qualità e sapore.

 

I prigionieri condannati alla sussistenza con la razione ufficiale perdevano peso rapidamente, e le loro possibilità di sopravvivenza diminuivano conseguentemente.

 

Anatomia, pagg. 24-25

 

 

Durante un raid aereo

 

Vicino alla cucina erano stati lasciati due calderoni mezzi pieni di zuppa fumante. Due pentoloni di zuppa, nel bel mezzo del sentiero, e nessuno a sorvegliarli!...

 

All’improvviso, vedemmo la porta della baracca 37 aprirsi impercettibilmente. Apparve un uomo che strisciava come un verme in direzione dei pentoloni.

 

Centinaia d’occhi seguirono i suoi movimenti. Centinaia d’uomini strisciarono con lui, sbucciandosi i ginocchi insieme ai suoi sulla ghiaia. Ciascun cuore batteva all’impazzata, ma d’invidia sopra a tutto. Quest’uomo aveva osato.

 

Raggiunse il primo calderone. I cuori accelerarono: gliel’aveva fatta. La gelosia ci consumava, ci bruciava come paglia. Non pensammo nemmeno per un attimo di ammirarlo. Povero eroe, suicidarsi per una razione di zuppa! Nei nostri pensieri, lo stavamo uccidendo.

 

Sdraiato accanto al pentolone, cercava ora di sollevarsi verso il bordo. Per debolezza o per paura, se ne stette lì, cercando senza dubbio di chiamare a raccolta le ultime forze. Alla fine riuscì a sporgersi sulla superficie della pentola. Per un attimo sembrò che si guardasse, cercando il suo riflesso spettrale nella zuppa. Poi, apparentemente senza ragione, mandò un grido terribile, un rantolo quale mai avevo udito prima, e, a bocca aperta, spinse il capo verso il liquido fumante. L’esplosione ci fece sobbalzare. Ricadendo all’indietro sul terreno, col viso macchiato dalla zuppa, l’uomo si contorse per pochi secondi ai piedi del calderone, poi non si mosse più.

 

Wiesel, pagg. 56-57

 

 

Abbiamo appreso il valore degli alimenti; ora anche noi raschiamo diligentemente il fondo della gamella dopo il rancio, e la teniamo sotto il mento quando mangiamo il pane per non disperderne le briciole. Anche noi adesso sappiamo che non è la stessa cosa ricevere il mestolo di zuppa prelevato dalla superficie o dal fondo del mastello, e siamo già in grado di calcolare, in base alla capacità dei vari mastelli, quale sia il posto più conveniente a cui aspirare quando ci si mette in coda.

 

Eccomi dunque sul fondo. A dare un colpo di spugna al passato e al futuro si impara assai presto, se il bisogno preme. Dopo quindici giorni dall’ingresso, già ho la fame regolamentare, la fame cronica sconosciuta agli uomini liberi, che fa sognare di notte e siede in tutte le membra dei nostri corpi...

 

La Borsa è attivissima sempre... Qui si aggirano a decine, colle labbra socchiuse e gli occhi rilucenti, i disperati della fame, che un istinto fallace spinge colà dove le mercanzie esibite rendono più acre il rodimento dello stomaco, e più assidua la salivazione.

 

Levi, Se questo è un uomo, pagg. 37-38, 42, 97-98

      

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