Referendum. Fermare l’offensiva iperliberista.

Di Alfonso Gianni

I referendum in materia di lavoro e di stato sociale - promossi dai radicali - e quello sulla disciplina dell’immigrazione - sostenuto dalla Lega Nord - costituiscono nel loro insieme un potente ariete per un’offensiva iperliberista, lungamente covata, non contrastata, anzi perfino vezzeggiata dalle forze del centrosinistra, che oggi viene pienamente dispiegata.

I quesiti referendari si propongono infatti di abbattere le residue tutele per i lavoratori dipendenti, in particolare per quanto riguarda l’abrogazione del diritto di reintegra nel posto di lavoro che, liquidando ogni difesa contro i licenziamenti illegittimi, aprirebbe la strada alla totale libertà di licenziamento; vogliono togliere ogni pur minima regolamentazione delle assunzioni con contratto a tempo determinato, a part time e per il lavoro a domicilio, rendendo addirittura selvagge le condizioni del lavoro precario; vogliono non solo liberalizzare completamente l’attività del collocamento privato della mano d’opera, ma addirittura legalizzare il caporalato, chiedendo appunto l’abrogazione del divieto per le agenzie private di richiedere compensi ai lavoratori; vogliono anticipare gli effetti della controriforma pensionistica con l’abolizione delle pensioni di anzianità, come cancellare di fatto la assistenza sanitaria pubblica, ampliando la possibilità di dare vita a fondi sanitari privati in alternativa, e non più solo in aggiunta, al Servizio Sanitario Nazionale e abolendo l’obbligatorietà dell’assicurazione all’Inail contro gli infortuni sul lavoro per lasciare campo libero alle compagnie private (e questo dovrebbe avvenire in un paese come il nostro che ha il triste primato negativo in Europa degli incidenti mortali sul lavoro!); infine, con una proposta presentata come accattivante per i lavoratori dipendenti, cioè l’abolizione del sostituto d’imposta, si vuole in realtà scardinare l’intero sistema fiscale, come pure si intende aggredire il potere sindacale tramite l’abolizione dei patronati e delle trattenute associative sindacali. Anche proposte, come l’ultima, che erano già state oggetto di iniziativa referendaria, vengono ripresentate in un quadro di totale aggressività nei confronti del mondo del lavoro dipendente e della sua rappresentanza, anche nella sua espressione più burocratizzata.

Come si vede l’insieme di questi quesiti referendari si propone di travolgere norme e principi di valore costituzionale, in particolare quelli contenuti nella prima parte della nostra Costituzione, e specificatamente quelli che contengono il principio della protezione dei lavoratori e quindi del loro trattamento differenziato conseguente alla loro debolezza economica e sociale. In sostanza ciò che il Parlamento ha convenuto, finora, di evitare, verrebbe fatto tramite l’iniziativa referendaria.

 

E’ stato quindi giusto e importante che Rifondazione comunista, assieme ad altre espressioni politiche, abbia deciso di costituirsi presso la Corte Costituzionale in occasione del giudizio di legittimità. Non solo perché era doveroso farlo di fronte alla sottrazione di responsabilità del governo, ma per ribadire il principio del contraddittorio, che infatti è stato contestato dai radicali, svelando così la vera natura illiberale della loro azione e del loro pensiero. Le argomentazioni che abbiamo portato davanti alla Corte riguardano tre ordini di questioni: la violazione da parte dei referendum di norme e principi contenuti nella prima parte della Costituzione; l’intenzione di cancellare norme che derivano da direttive e trattati internazionali in materia sociale e di lavoro e infine il carattere oscuro, incongruo e persino truffaldino con cui sono formulati i quesiti, che violano i principi di "univocità, chiarezza e semplicità", già esplicitamente dichiarati in precedenti sentenze della Corte. Si pensi, per fare solo un esempio, che se passasse il referendum sui licenziamenti, la conseguenza sarebbe ben peggiore e diversa da quella sostenuta dai proponenti, perché nelle unità produttive con più di 15 addetti non opererebbe più alcuna tutela contro i licenziamenti illegittimi, né la reintegra nel posto di lavoro, né il risarcimento monetario!

Ad oggi non è dato di sapere l’esito del giudizio della Corte, che ha tempo fino al 10 febbraio per esprimerlo, ma certamente un primo piccolo passo è stato compiuto, visto che la stessa, seppure con riserva ha accettato la nostra costituzione in giudizio.

L’obiettivo di fondo di questa iniziativa referendaria, e qui sta la pericolosità dell’operazione e il suo potenziale di attrattiva, mira a dare un potente impulso al processo di americanizzazione della nostra società, ossia nell’abbattere quelle residue resistenze che permangono nel nostro paese, nella sua cultura e nella sua civiltà giuridica, e che configurano la differenza, ancora persistente anche se assai sbiadita, fra il modello sociale europeo e quello americano.

Siamo di fronte a un tentativo ambizioso, che poggia la sua forza non tanto sulla capacità di convinzione interna alla formazione dei quesiti - vera mostruosità lessicale e giuridica, che in sé non dovrebbe essere ammissibile in qualunque sistema liberale, appena rispettoso della necessità di garantire ai cittadini le condizioni minime per la formazione del loro libero convincimento - quanto sulla capacità attrattiva esterna, quella esercitata appunto dal modello americano, opportunamente amplificato da potenti mass-media, nonché dal "cupio dissolvi" nell’omologazione culturale di tanta sinistra moderata, nascosta dietro la foglia di fico costituita dallo "I care" veltroniano.

 

La Confindustria, sensore vigile degli interessi di classe che solidamente e direttamente interpreta, non si è lasciata sfuggire un’occasione così ghiotta. Il metodo è il solito, quello del bastone e della carota. Fossa dice sì ai referendum radicali e così, dopo avere incassato tutti i vantaggi della concertazione, si prepara ad una nuova fase, puntando sull’arma referendaria per avere la sospirata liberalizzazione integrale dei licenziamenti - il tassello che ancora mancava al disegno iperliberista - e il totale predominio della logica di impresa e di mercato sul mercato del lavoro. E’ vero che quest’ultimo già esiste e in sovrabbondanza, ma l’operazione ha una valenza ideologica che supera persino la contropartita materiale, e proprio per questo non va sottovalutata.

Nel contempo l’organizzazione padronale blandisce le forze della sinistra moderata e il sindacato a trovare le stesse soluzioni per via negoziale, inseguendo e anticipando l’esito dei referendum, e trovando - più che crepe - ampi varchi nello stesso schieramento antireferendario. E’ davvero preoccupante che il ministro del lavoro Cesare Salvi, di cui pure abbiamo potuto apprezzare le dichiarazioni a favore della costituzione nel giudizio di legittimità da parte del governo, nel replicare ai radicali, sottolinei, come principale argomento, i meriti del governo stesso nel legiferare nel senso della flessibilità della forza lavoro.

L’azione della Confindustria ha comunque costituito un elemento di chiarezza, marcando vistosamente il carattere di classe, in senso persino vendicativo, della iniziativa referendaria e soprattutto collegando esplicitamente i referendum antisociali a quelli istituzionali, in particolare a quello per la trasformazione in senso integralmente maggioritario della legge elettorale. In sostanza l’organizzazione padronale ha ben chiarito che vuole i lavoratori e i cittadini sempre più soli e privi di rappresentanza sia sociale che politica.


L’atteggiamento aggressivo della Confindustria ha smosso le acque in campo sindacale, fino a quel momento fin troppo chete. Ma dal sindacato confederale è giunta una risposta tutt’altro che omogenea e decisa. La Cgil ne ha fatto un punto di qualificazione, come si è visto, anche nel recente congresso dei Ds, per bocca del suo segretario generale, ma ha subito assolto il governo per non essersi costituito nel giudizio di legittimità, la Cisl ha dichiarato di attendere il giudizio della Corte prima di pronunciarsi, mentre la Uil ha deciso di sospendere ogni dialogo e confronto bilaterale con la controparte padronale, con la quale dovevano iniziare i colloqui per una nuova regolamentazione dei licenziamenti individuali.

In questo quadro si è prontamente inserita una forte risposta dalle fabbriche, bresciane, lombarde e non solo. Non era un esito scontato e, proprio per questo, è tanto più rilevante. Sta ora alla capacità d’iniziativa delle Rsu e delle forze della sinistra sindacale riuscire a dare continuità a questo movimento, sottolineando, in modo specularmente contrario alla Confindustria, il carattere sociale e di classe del boicottaggio dei referendum, qualificando in questo modo le ragioni del no e dell’astensione, che essendo due modalità perfettamente lecite e utili per rovesciare l’operazione referendaria, non vanno assolutamente contrapposte, specialmente nella fase iniziale di una battaglia non breve. Proprio in questa battaglia la sinistra sindacale può trovare l’occasione per fare un salto nella sua coesione, nell’estensione delle sue forze, nella sua capacità di iniziativa diretta tra le lavoratrici e i lavoratori.

La costituzione, necessaria anche ai sensi formali della legge sui referendum, dei Comitati per il No, allargati alle ragioni dell’astensione, con la presenza della più larga pluralità possibile di forze politiche, associative, sindacali, intellettuali, deve poi costituire la rete necessaria per una lotta che può segnare un punto di riscossa della coscienza democratica e di sinistra solo se da subito è in grado di coinvolgere il paese reale. Non solo, ma questo è anche il modo per fare fallire le logiche accordistiche, che vorrebbero introdurre le stesse misure per via meno dolorosa dei referendum, e per mettere in seria crisi il progetto, largamente presente nella sinistra moderata, di dire no ai referendum antisociali, ma di promuovere il sì a quello sul maggioritario.

La battaglia sui referendum è quindi un elemento centrale e determinante della stagione politica che si apre, e la sua evoluzione e le sue tappe dovranno essere seguite con intelligenza, passione e capacità di mobilitazione.