La neurofibromatosi
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Le neurofibromatosi sono un gruppo di malattie genetiche, neurocutanee, caratterizzate dalla presenza di neurofibromi lungo il decorso dei nervi e da manifestazioni a carico di altri tessuti tra cui la pelle.
Sono state descritte almeno sette forme di neurofibromatosi ma, le più rilevanti sul piano sanitario e sociale sono quella di tipo I (forma periferica o malattia di Von Recklinghausen) e quella di tipo II (forma centrale o acustica).

La neurofibromatosi di tipo I rappresenta oltre il 90 per cento di tutti i casi della malattia ed è caratterizzata, fin dai primi mesi di vita, dalla presenza sulla pelle di macchie color caffelatte. Queste possono manifestarsi ovunque, ma prediligono il tronco e gli arti. I neurofibromi compaiono più tardivamente, di regola nella forma di noduli cutanei e sottocutanei, talvolta anche nella variante plessiforme. Si distribuiscono in varie parti del corpo e, specie nel giovane adulto, causano un danno estetico. Caratteristiche del quadro clinico sono anche le lentiggini inguinali o ascellari, gli amartomi dell'iride (noduli di Lish) e, in alcuni casi, lo sviluppo di tumori cerebrali (glioma ottico) e di lesioni ostearticolari (scoliosi, pseudoartrosi degli arti). Importanti e di frequenza variabile sono le manifestazioni neurologiche (epilessia, convulsioni, disturbi nell'apprendimento), non necessariamente legate alla presenza di tumori del sistema nervoso.

La forma di tipo II è caratterizzata dalla costante presenza di tumori del nervo acustico (schwannomi vestibolari) e di altre neoplasie cerebrali e spinali. Le macchie caffelatte e i neurofibromi sono presenti in numero ridotto. Questa forma si manifesta, di solito, intorno ai 20 anni di età con sordità e, a seconda dei casi, con altri sintomi neurologici. Alcuni pazienti possono presentare un deficit visivo grave dovuto a una forma di cataratta giovanile.

La forma di tipo I spesso non è riconosciuta o viene sottovalutata in quanto il quadro clinico varia da individuo a individuo, anche nello stesso ambito familiare. Per la diagnosi è necessario constatare la presenza almeno due dei principali segni clinici. Un attento esame clinico di tutti i membri della famiglia è altrettanto importante per i soggetti apparentemente sani. Si ritiene che la comparsa delle manifestazioni diagnostiche avvenga nei primi sei anni di vita, mentre quella delle coinplicanze (neoplastiche e non) sia limitata ai primi 20-30 anni di età superati i quali il rischio si riduce fortemente. Nei casi familiari dubbi l'esame del DNA può essere risolutivo per la diagnosi.

I geni responsabili delle due forme sono stati localizzati sul cromosoma 17 per il tipo I e sul cromosoma 22 per il tipo II. I prodotti di questi due geni sembrano avere un'attività inibitoria sulla crescita tumorale, attività che si riduce o viene alterata in seguito alla mutazione.

Non esiste un trattamento risolutivo delle neurofibromatosi. I rimedi medici e chirurgici sono quindi volti al miglioramento delle condizioni cliniche del paziente e, soprattutto, a limitare i danni delle complicazioni (tumorali, scheletriche, ecc.). Le ripercussioni psicologiche delle neurofibromatosi sono talvolta più gravi delle stesse complicazioni organiche e richiedono, quindi, un adeguato sostegno. Un protocollo assistenziale di minima della forma di tipo I è stato redatto dal Gruppo italiano di studio delle neurofibromatosi e pubblicato sulla Rivista italiana di Pediatria. Esso prevede di effettuare, soprattutto, controlli medici multispecialistici (semestrali o annuali) presso strutture sanitarie di provata esperienza nel settore.

Entrambe le forme hanno un carattere autosomico dominante. Un genitore affetto può trasmettere la malattia ai figli con un rischio del 50 per cento. Nuove mutazioni, quindi con genitori sani, sono responsabili della metà dei casi con una probabilità di 1:10 000 ogni gravidanza. È possibile diagnosticare la forma di tipo I in epoca prenatale con l'analisi del DNA ma solo nei casi familiari e con almeno due soggetti malati. Tuttavia la diagnosi prenatale non consente di prevedere quale sarà l'espressione clinica della malattia.

[ Data ultimo aggiornamento della pagina: 10-11-2003 ]
 

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