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Ipertesto come metatesto

L'ipertesto, come ho già avuto modo di dire, è caratterizzato da una struttura aperta e multisequenziale che destruttura e ridefinisce la nozione di testualità. Già in questo primo senso l'ipertesto è metatesto, in quanto letteralmente è "al di là" del testo e della testualità tradizionale. Questa nuova tecnologia impone un approccio cognitivo differente nella fruizione testuale, il procedere secondo percorsi mutevoli, la possibilità di combinare lettura, ascolto, visione di filmati, lo smarrimento granulare generato spesso dalla ridondanza delle informazioni ipertestuali, tutto ciò porta ad una piena ridefinizione dei concetti di scrittura, lettura, fruizione mediale, testo, narrazione; si va continuamente oltre, al di là, appunto, delle strutture convenzionali della testualità classica. Dunque è partendo da queste prime considerazioni che letteralmente possiamo definire l'ipertesto come un metatesto.

In ogni modo anche secondo da un punto di vista, più sostanziale, l'ipertesto è definibile come metatesto, in quanto fenomeno di metacomunicazione. L'ipertestualità, come ho avuto modo di mostrare per tutto questo elaborato, ci induce ad una riflessione più generale sulla natura del testo, ci spinge ad andare in profondità alle radici antropologiche della testualità stessa. Il problema che si pone è quello di capire se la testualità tradizionale, lineare e sequenziale, sia qualcosa di naturale o di culturale. In fondo le intuizioni di Bush sull'archiviazione delle informazioni partivano proprio dalla considerazione che la mente umana "funziona per associazione. Con una sola informazione in suo possesso, essa scatta immediatamente alla prossima che viene suggerita per associazione di idee, conformemente a un’ intricata rete di percorsi sostenuta dalle cellule del cervello" (Bush, 1992), questa osservazione indurrebbe a ritenere che, da un punto di vista prettamente cognitivo, il tradizionale  testo lineare non rispecchia i processi associativi con cui procede la mente umana. Si è pertanto portati a supporre, per dirla con McLuhan, che sia stato il medium a determinare il messaggio, ovvero la natura tecnica del supporto, la carta, la pergamena, il volumen, il libro stampato, etc., ha determinato le caratteristiche semiostrutturali della testualità, per forza lineare e sequenziale. 

L'avvento di una tecnologia digitale e degli ipertesti induce a rovesciare e riconsiderare dunque i rapporti fra il testo e il suo supporto, visto che l'ipertestualità consente di esplicitare le connessioni ed i processi associativi, in base ad una struttura vicina a quella dei processi cognitivi della mente. Come nota lo psicologo Giuseppe Mantovani "gli ipertesti e gli ipermedia, in quanto adottano il paradigma non sequenziale, si propongono come più aderenti e fedeli alle caratteristiche dei processi del pensiero", e consentono "di superare la frattura, propria del funzionamento cognitivo umano, tra processi di pensiero, non sequenziali, e modalità di trasmissione dell'informazione, sequenziali e vincolate da un ordine" (Mantovani, 1995). Si sarebbe tentati dunque di proporre una sorta di dialettica fra il testo classico, prodotto della cultura, e l'ipertesto digitale, paradossalmente più "naturale", in quanto più aderente al funzionamento dei processi cognitivi umani. 
 
 

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