Campo estivo "Il Paese dei Pozzi"

Alla ricerca delle sorgenti dell'Acqua Viva, della vera Vita. Un percorso stimolante alla ricerca di una spiritualità perduta. Per tornare alle origini, per tornare ad essere uomini, per ricostruire partendo da noi stessi

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Campo estivo "Il paese dei pozzi"

Alla ricerca dell'acqua vera nel magico paese dei pozzi.

1° Giorno "Fotografia di un paese"

Obiettivo:Ripartiamo insieme con una nuova avventura facendoci guidare giorno per giorno dalla Parola di Dio, roccia sicura; essa ci unisce e costruisce la nostra amicizia e il nostro stare insieme.

Storia

Oh! Sorpresa. Che cos’è questa stranezza tanto assolata e arida? Cielo, sabbia, pozzi, caldo... forse siamo in un deserto.Non certo quello dell’Arabia e dei suoi pozzi. Questi sono pozzi normali, familiari. I pozzi che si ritrovano ancora qua e là, sparsi nelle campagne o nelle fattorie. O anche in qualche villa!Ricordi “benemeriti” di un tempo meno progredito. Hanno infatti quell’aria “umana” che assumono le cose utili e sapienti: cose “vissute”... Per questo forse il loro volto “parla” e “vive”. E’ un incanto che sorprende, ma si gradisce sempre... Quasi una fiaba che si rinnova per chi ci crede e ancora si mette ad ascoltare.Ascoltare è accorgersi e riaccogliere il segreto di una presenza, di una esistenza.Scoprire il senso, la storia, il dono.Ecco, per questo i nostri pozzi ci guardano, vogliono raccontare di se ciascuno a modo suo con la sua faccia triste o allegra, franca o spiritosa, aristocratica o derelitta, timida, prepotente, maschile, femminile, ecc.Ciascuno con la propria verità di pozzo sprofondato nel terreno, incatenato al suolo, costretto a quel deserto e alla compagnia degli altri: l’inevitabile “vicinato”.Ecco, da vicino, ogni pozzo si caratterizza meglio. Ciascuno si rivela un tipo. Uno, il più ravvicinato, è di razza bianca, nobile e distinto, si arriccia i baffi in stile con l’elegante aureola che lo adorna. Pare gradisca il silenzio, dignitoso e disdegnoso, chiuso in sé. Volta le spalle al pozzo di razza nera piantato proprio accanto a lui e, guarda caso, di ceto ben diverso... rappezzato. E’ evidente che tra loro non ride simpatia: il nero adocchia di sbieco il ricco coinquilino. Nello sforzo di stare più alla larga, i due meschini divergono le schiene, pendendo dolorosamente. Il terzo più ciccione, sorride apertamente divertito. E dietro, il grasso si annoi sbadigliando. Ce n’è un altro consistente verso il fondo: smorfeggia anche lui meditabondo. Il cielo afoso pesa. All’orizzonte, un po’ smorzata, s’intravede l’idea di una montagna. Il suolo si screpola dovunque bruciato dall’arsura. Pare un controsenso tra tanti pozzi! che ne dite? Sembra lo stia dicendo anche questo Signor Rosso che non ne può più. Si preoccupa per la sua tinta così diligente e dignitosa: un intarsio di bianco e di rosso color mattone che si sta scrostando tutto. Si corrode impotente, estrae le braccia dal vuoto del suo corpo in un gesto disarmato che richiama l’attenzione. Nulla... Non succede nulla. I pozzi accanto, a loro volta muti e indifferenti, non lo degnano di un cenno. Spostando però lo sguardo, a qualche passo verso destra, si incontra un nucleo di pozzi più dinamico e loquace. Meno male! Pareva proprio d’essere giunti nel villaggio degli incomunicabili. Qui i nostri pozzi hanno l’aria di intrattenersi vivacemente - ciascuno con il suo interlocutore - tanto che il tono del discorso varia da coppia a coppia. In primo piano un estroverso intraprendente arriva addirittura ad una cordiale stretta di mano. Ma l’amico dirimpetto, pur senza rifiutare, non incoraggia troppo l’espansione. Tutto sommato, impegna a un legame. Meglio ritirarsi quel tanto che consente la debita distanza. Ovvero: la propria indipendenza e libertà. Poveri pozzi: il loro chiacchierare li reprime e li frastorna troppo in fretta. Sembrano fatti apposta per raccogliere e incanalare i suoni. Ma poi, ogni rumore rintrona, si fa assordante, si ripercuote, moltiplicato e confuso contro le pareti. Sono costretti a raccomandarsi di abbassare il tono, o di zittire addirittura, perché le voci non riecheggino, così frantumate in mille onde, dentro quel loro corpo vuoto e senza vita. E c’è di peggio: chi viene sorpreso dalla nausea, chi, dal disgusto, viene oppresso fino alle vertigini. E’ il caso qui descritto: i pozzi perdono l’equilibrio presi dal capogiro. Come fare a sopravvivere in questo stato e in questo luogo? Rassomigliano a tronchi svuotati, corrosi dall’interno. Sono ridotti all’involucro di una corteccia rinsecchita, inutile. Un contenitore privo del suo contenuto. Un’apparenza in preda alle sue crisi d’ansia. Pare proprio che nel Paese dei pozzi accade esattamente quanto avviene tra gli uomini: che il conformismo sia il suo male più diffuso. Ecco un simpaticone del tutto conformista ma “originale”. Un distinto intenditore di mercato e specialista nell’arte di scovare gli articoli di moda a lui più congeniali. Non è forse legittimo, d’altronde, coltivare una propria personalità? “Io amo la musica, sono un musicomane,. un allegro”, ci dichiara felicemente il pozzo. Abbandonato alle sue note, vive estraniato sul ritmo frenetico del jazz. Non ha bisogno d’altro: la cuffia magica lo inebria di modernità e di classe: ha un prodotto d’alta qualità! Più solitario e forse più sensibile, questo pozzo si presenta acceso dalla voglia di emozioni. Un rosso intenso lo pervade tutto. Si distorce nel gesto di chi, ripiegato su di sé, conosce il fremito esaltato di droga, fumo e siringa: ecco il suo universo. All’interno c’è soltanto aridità: Unico testimone all’orizzonte è il profilo silente della montagna che si eleva, contrapposta al suo braccio, ceduto invece alla morfina.

2° Giorno "Un gioco pericoloso"

“Avere per apparire”: quanto la realtà che ci circonda influenza le nostre scelte.

Storia

Che succede a questi pozzi? Sono fuochi artificiali o stan giocando a spogliarello? A lungo (o corto) termine anche le cose cambiano di moda. Allora ciascuno si pone a rovistare per rifare il suo inventario o per rinnovare il guardaroba. Qui i nostri amici fanno tutto allo scoperto; così ciascuno può permettersi di controllare i capitali del vicino, mentre procura di dar prestigio ai suoi. L’ansia dell’affermarsi possedendo trova stimoli soltanto nel competere: altrimenti non c’è gusto, il gioco non diverte. Infatti tra tutti i litiganti è inevitabile che a uno solo spetti il gran primato. Allora il “campione” gioca ad atteggiarsi tra il finto modesto e il prezioso. Più interessante ancora diventa la reazione dei vicini, dei colleghi: progressivamente gli sguardi non tendono che a lui. Ma il loro non è l’occhio dei semplici. Guardano per invidiare... e per malvolere. Tutto il loro cuore è teso a quel “modello”: possedere di più, di più. E così ogni successo dell’”avere” scatena attorno a sé rivalità. Non di rado diventa maldicenza, più o meno sussurrata, camuffata o esplicita. Oppure, se la situazione è favorevole, crea coalizione e schieramenti per l’opposizione. E’ la lotta di classe: triste, malnata solidarietà degli uni contro gli altri; i poveri contro i ricchi, i bianchi contro i neri, i “buoni” contro i “cattivi”. Una guerra di cuori e di parole, la guerra del “noi” contro il “voi”. E’ lo squallore. Si può manifestare all’improvviso quando tutto l’agitarsi dell’esterno tace, si sopisce. La superficialità perde il suo prestigio. Il gioco smette di attirare, si dichiara futile, inconsistente. Allora si rientra in se, ci si guarda “dentro”, ci si accorge che il pieno delle cose, ad un tratto, cede il passo al vuoto del profondo. Niente più ha importanza, presenza, consistenza; è la vertigine del nulla. Disorientati ci si interroga: perché avere radici tanto profonde se si perdono nel buio? Perché essere fatti capacità se il vuoto le devasta?

3° Giorno "Voglia di essere pozzo"

“Andare in fondo a se”: il profondoscopio per andare al di là delle apparenze.

Storia

Molli, spente le braccia si lasciano calare all’interno, penzolando tristemente fino al fondo senza risposta. Poi... uno scatto: come la corrente elettrica, si insinua nelle dita la sensazione fredda, indefinibile dell’acqua. E’ un contatto imprevisto, inatteso, sconosciuto. Immediatamente il pozzo è tutto un sussulto di inquietudine e di sorpresa. Le braccia si ritraggono impaurite. E l’inafferrabile scoperta scivola liquida tra le mani. Che pensare? Come comportarsi? Incertezza mista a disgusto invade la coscienza risvegliata del pozzo in allarme. La notizia non tarda a diffondersi e a contagiare. Ritoccare l’acqua però sta diventando un’impresa tanto più difficile quanto più il pozzo si presenta ingombro e ricco. Incomincia la selezione; c’è chi si sforza e chi si ritira, chi affronta la fatica e chi desiste, si arrende. Ma quando l’esperienza è fatta, diventa un gran bisogno raccontarla, comunicarla, commentarla. E come?... Se intorno ti risponde scetticismo e delusione... Tu sai la tua scoperta. Indichi convinto la direzione da intraprendere. Mostri il tuo distacco, la noncuranza per le cose futili che hai lasciato. Tu sai qual’è il segreto affidato alle tue radici, il segreto della tua profondità. Ma gli altri conoscono solo le apparenze, quello che emerge in superficie, le povere barriere innalzate a reciproca difesa e divisione. Comunque la curiosità si insinua. Lentamente anche i diffidenti vivono la tentazione di indagare... Magari evitando di esporsi immediatamente al rischio di una esplorazione diretta e un po’ avventata... Con più cautela e prudenza mettendo a frutto, per esempio, i prodotti della scienza. Un cannocchiale, e perché no? sarebbe inutile avventurarsi senza garanzie! E’ importante che un piccolo pertugio si faccia tra cose e cose e che l’occhiolino indagatore possa capire a distanza eventuali tracce del tesoro nascosto. L’esperimento si dimostra convincente. Il pozzo ha colto il fascino della profondità. Sì, questo segreto lo attira, ma esige tutta la sua dedizione. Così decide: in uno slancio generoso, totale, sbarazza il campo da ogni cosa posseduta. E più libero, lo spirito ritrova subito distensione. Il volto e lo sguardo ritornano alla limpidezza di una coscienza nuova. Finalmente gode una pace chiara. E’ premio e forza di chi ha scelto senza grettezza, né ripensamenti. Eccolo: calmo solo, concentrato si immerge nel silenzio luminoso che lo abita. Cerca... trova! Un ristoro misterioso riaffiora lentamente, emerge, gorgoglia, spumeggia...

4° Giorno "Voglia di essere pozzo"

“Significato della parola: autenticità”

Storia

Attratto da una forza irresistibile, che viene dal profondo, il pozzo recupera un vecchio secchio e attinge senza posa. E più ne prende più ce n’è. Appare finalmente in superficie... E inonda, trabocca, si riversa. Frescura prodigiosa, bene insospettato. “E’ ristoro, beatitudine, pienezza e gratitudine inaudite”, sembra dire il pozzo. Solleva istintivamente lo sguardo come a cercare lassù risonanza e risposta; una spiegazione a questo miracolo di benessere riscoperto in sé, a questa ricchezza, fecondità incontenibile ritrovata dentro, a questo meraviglioso senso e dono affidato al proprio esistere. Nulla: il cielo non risponde. Soltanto la montagna del deserto sembra assistere e raccogliere l’evento, ma nel più grande silenzio. Intanto attorno, gli altri pozzi continuano a preoccuparsi di allargare il proprio serbatoio, di potenziare la propria immagine promuovendo le apparenze, decorando la facciata. Quella febbre non guarisce, anzi si ostina. Mentre li vede sempre più preoccupati e competitivi...lui si ritrova a scavare in profondità, beatamente immerso nel tesoro di quell’acqua. Il suo refrigerio già, all’intorno, vincendo l’arsura del deserto. La stessa montagna tende a colorarsi come di erba appena nata, e il pozzo sembra soddisfatto di averla alle sue spalle, presenza amica e rispettosa, quasi protettiva nel suo slancio calmo puntato verso il cielo.

5° Giorno "Voglia di essere pozzo"

“La legge del dono di se”: donare me stesso cambia la mia realtà e quella degli altri.

Storia

Non appena quel verde giovanissimo regala la grazia, ancor più cara, di corolle vive tra tante aridità, il pozzo bianco comprende, intuisce pienamente le ragioni del suo essere: acqua per la sete del deserto, acqua per la vita del deserto. Impara il gesto più grande e più felice di tutta la sua esistenza: dare di sé. E così la legge dei pozzi in quel paese si ritrova visibilmente capovolta... Inverte il gesto dominante: non prende più, dona. E’ una rivoluzione culturale, come si usa dire in termini sociali. Un cambiamento di mentalità che modifica il comportamento; la vera conversione, direbbe un buon cristiano. Davvero la cosa non può scorrere tranquilla e non passa affatto inosservata: lo scandalo comincia a serpeggiare e la contestazione si afferma in mille modi. L’acqua dei pozzi brilla in piena evidenza. Hanno un bel ripeterlo i proprietari fortunati. I molti testimoni spettatori oppongono un massiccio scetticismo. Ora è rifiuto: “non mi interessa”. Ora un silenzio o una derisione: “Sciocco, che te ne fai dei fiori?”. Ora è una ostilità: “Minchioni, e chi ve lo fa fare? Noi ci godiamo i nostri capitali!”. Così la resistenza si estende fredda, grigia. In qualche contrada, per protesta, si scatena addirittura più accanita l’avidità dell’avere. I pozzi stringono con maggior forza e sarcasmo i loro beni. Si schierano solidali per un fronte più compatto, perché la paura di perdere risveglia in loro risorse assopite e li agguerrisce. Più o meno combattuti, alcuni pozzi rompono il conformismo e si decidono al sacrificio di quello che possiedono. Appena liberi si placano, del tutto a proprio agio in quella nuova identità che è subito feconda. Non importa se gli altri accanto si chiudono in rifiuto. Anzi: in clima di pluralismo il diritto di scelta si consolida, diventa convinzione, rispetto, coerenza.

6° Giorno "Il segreto del paese"

“La riscoperta degli altri”: i legami; essere io per primo propositivo.

Storia

E’ coinvolgente: quanti ormai i pozzi risanati? (ma quanti ancora inquinati). C’è di più: uno spruzzo guizzante, spiritoso, emerge da ogni superficie, quasi annuncio di gioia nuova, di nuove sorprese e scoperte. Le radici affondate nella terra s’accorgono di non essere isolate. Non sono più divise: una corrente comune li percorre, le rallegra. I pozzi sono in contatto...I pozzi comunicano, si cercano, si incontrano; segretamente si riallacciano con entusiasmo, salutano la gioia di una festa indicibile: è l’unione! Le loro mani si stringono più forte proprio attraverso il vincolo profondo e misterioso che intercorre tra loro, che li alimenta di vita. L’emozione si fa intensa poiché nasce la più incredibile consapevolezza: quella di essere fratelli. Là sullo sfondo, la grande montagna sembra condividere l’evento: anch’essa discende con le sue pendici fino quasi a riallacciare nuovamente in sé la parentela riscoperta di quei pozzi. A poco a poco, pur in comunione, ognuno scopre di poter colorare le sue acque come vuole, con i suoi gusti, i suoi colori, i suoi umori. E’ l’energia che vivifica quel mondo interiore, tutto proprio, si adatta a ogni singolo, ne assume il carattere e il volto, la quiete e l’allegria, la vita e il sapore. Questa certezza sa di miracolo e assorbe intimamente i nostri pozzi, che ne gustano tutto il privilegio. L’ascoltano, lo coltivano, lo studiano...

7° Giorno "La Grande Montagna"

“La scoperta di Dio sorgente”: Dio creatore-sorgente dell’uomo e dell’amore.

Storia

d un tratto però nasce un’idea. Perché non esplorare più a fondo il corso dell’acqua che li unisce? Perché non andare oltre, percorrendo la corrente, per scoprire i contatti sotterranei e raggiungere magari la sorgente? Si passano la notizia a gran voce molto scossi dall’idea di quell’avventurarsi nuovo e intelligente. Si aiutano, si consigliano per orientare esattamente la ricerca lungo l’intreccio dei percorsi, ciascuno indica all’altro la strada da seguire, con l’entusiasmo di chi si sente utile e può collaborare. Finché impensatamente toccano l’origine. E’ là, nella Montagna maestosa. Incredibile, sfolgorante si mostra ora nel suo splendore segreto: è lei l’inesauribile gratuita sorgente. Lei la madre che li genera e li nutre... Lo sfavillare riconoscente della gioia non sorprende, anzi non si distingue se la sua luce dilaghi maggiormente in superficie o dentro quei canali di vita che scorrono nel profondo... Tutto è certezza ormai. Le mani toccano la sorgente, gli occhi vedono la Montagna e il cuore apprende, riconosce grato. Finalmente “Signora” e riscoperta, la Montagna è ora l’unico totalizzante interesse dei suoi pozzi d’acqua. Lo sguardo proteso e spalancato, il corpo in ginocchio, tutto l’atteggiamento di ciascuno si rivolge a lei estatico. Come non averlo compreso prima? Non essersi accorti prima di lei, interessati prima alla sua presenza maestosa e silenziosa insieme? Certo, dall’esterno non c’era somiglianza alcuna tra lei e loro. Soltanto la vita profonda, rintracciata dentro, insieme al lavoro solidale delle loro mani, ricongiunte in comunione, li aveva guidati al suo mistero... A confronto con la grande Montagna i pozzi sembrano piccoli pigmei. Era quella la dimensione a cui si erano abituati; guardarsi in faccia l’un l’altro, più o meno benevolmente, osservare con cura quanto avveniva tra loro dal più vicino al più lontano nel breve raggio consentito dalla distanza della vista; tutto entro un palmo di terra e, soprattutto, a una spanna da terra. Nessuno aveva loro insegnato a cercare gli orizzonti più liberi, più vasti ed elevati dove abitava la grande Cima. Il suo vertice giocava lassù nel cielo della luce, oppure a nascondino con le nuvole. Ma il suo sguardo non smetteva mai di amare il piccolo paese dei “pigmei”. Di ciascuno sapeva e custodiva tutto. Anche quando la sua luce abbagliava più del sole, essi ne raccoglievano soltanto il riflesso, più fastidioso che mai, dalla terra. Ben pochi tra loro conoscevano le stelle e nessuno, forse, ne aveva sfidato lo splendore, resistendo con lo sguardo che sorride alla forza dei loro raggi. Se ne stavano inghiottiti dall’arsura a lamentarsi, a sgretolarsi o a proteggersi con l’ombra delle cose possedute. Perché non cercare gioia nell’azzurro invitante e sconfinato, appena lì, sopra di loro? Perché non credere e sperare in quella neve feconda che la Montagna teneva in serbo e avrebbe disciolto per loro? Perché non lasciarsi amare dal suo sorriso così rassicurante? Molti pozzi non avvertivano nessun altro richiamo, se non quello delle cose. Continuavano a preoccuparsi, a curarsi, a distrarsi e a vantarsi “con” e “per” le cose. Quella era ormai la loro stabile e unica passione: identificarsi con quanto possedevano, sfidare la posizione del vicino e insieme difendersi dalla follia di quelli che andavano predicando il nuovo paradiso del distacco... Soltanto i pozzi d’acqua avevano scoperto insieme allo spazio orizzontale a fior di terra anche la loro dimensione verticale e ne godevano in pienezza i benefici. La trasparenza limpidissima dell’acqua in superficie era tutt’occhi per riflettere il cielo e la calma accogliente, profonda; nel cuore del pozzo si faceva specchio ininterrotto all’immagine della grande Montagna. Esso la vedeva la godeva in tutte le sue apparizioni: ora svelate e chiare, ora nascoste, offuscate, misteriose. Quando quel volto buono scompariva, la certezza della sorgente, il contatto vivo che sperimentavano in sé, ne sostituiva la luce. Contemporaneamente però, quella dimensione verticale aveva dato ai pozzi d’acqua la possibilità di stabilire contatti molto più reali e ben più estesi con gli altri, loro fratelli. Si sentivano rinati, potenziati al di sopra di ogni attesa. Soltanto ora s’accorgevano di come fosse angusto e limitato il loro piccolo punto di vista precedente. Ora nessun confine più alla loro vita ed espansione: dalla sorgente al sole, dalla propria intimità a quella del fratello più lontano. Tutto in condivisione totale: sapevano infatti, tutti i pozzi d’acqua, che la legge della sorgente li voleva colmi e felici tutti allo stesso modo: grandi e piccoli, corti o lunghi, larghi o stretti... Così la gioia sconfinava indisturbata e tutti contribuivano al prodigio.

8° Giorno "Insieme torniamo a casa"

“Trasferire nel quotidiano quanto vissuto al campo”.

Storia

L’acqua è finalmente la loro vera felicità, l’unico tesoro da acquistare, fosse pure a prezzo di tutti gli altri beni. Lo sa chi lo comprende. E lo dimostra: non lo può nascondere. Le sue scelte sono così diverse! Se gli uni curano le apparenze esterne, se si spendono per ingrandire, per abbellire, per rafforzare i muri esterni senza comprendere che edificano la loro stessa prigione, gli altri scavano di dentro. Si liberano degli impedimenti che la natura stessa del terreno a volte costruisce, oppure delle incrostazioni del tempo, da ogni loro limite o difetto. Fanno spazio all’acqua per comunicare in modo più abbondante con la vitalità feconda ed erompente della Sorgente. Ma questa è una vita incontenibile: fa parte della sua natura! Nata dalla gratuità totale della grande Montagna, non può che spendersi allo stesso modo. Esplode quindi la gara di chi dona di più. E forse mai un altro prodigio si è potuto rivelare tanto magico: questo dono aumenta tanto più quanto più si spende; è l’unico capitale che si moltiplica per divisione, perché si chiama Amore. Più se ne sottrae e più se ne guadagna, rifluisce. Anche l’effetto collaterale però lascia altrettanto sbigottiti: la terra circostante corrisponde ed entra nel circuito delle gare. Moltiplica a sua volta la Vita nelle forme più svariate. Trasforma il dono ricevuto in dono partecipato finché tutta la sua superficie ride, in sintonia con il creato, la beatitudine di essere feconda.