IL MERCATO

I momenti principali del ciclo produttivo annuale sono strettamente legati sia ai ritmi naturali della campagna e a quelli del bestiame, sia alle esigenze dei pastori, talvolta derivate dal gusto personale ma sempre più spesso dalle esigenze del mercato.
I prodotti caseari cominciarono ad entrare nel circuito di scambio mondiale già dal secolo scorso (cfr. Angioni 1989: 16) mentre le carni, soprattutto nei piccoli centri montani, hanno avuto un mercato molto limitato sino a tent'anni fa, quando ancora il circuito di scambio era lo stesso paese.
Attualmente il prezzo delle carni caprine è superiore a quello delle carni ovine; viceversa il prezzo del latte caprino è inferiore a quello del latte ovino. E' chiaro che il baricentro della produzione di un'azienda pastorale caprina risulta piuttosto spostato rispetto al passato o rispetto a quello di un'attuale azienda ovina. In passato, infatti, la produzione di carne integrava quella del latte; oggi, la produzione di latte caprino non è incentivata, visto il prezzo nettamente inferiore a quello del latte di pecora, mentre c'è molta richiesta delle carni dei capretti, soprattutto nei periodi di festa. Nonostante ciò, non vi è una specializzazione verso uno dei due prodotti principali: i pastori cercano di incentivare allo stesso modo sia la produzione di latte che  quella di carne.
Un tempo, parte dei prodotti dell'allevamento (la carne in principal modo) erano scambiati con quelli derivati dal mondo agricolo, che viveva in una sorta di simbiosi con quello pastorale. I periodi di maggior circolazione dei beni erano legati in una certa misura ai ritmi delle operazioni dell'agricoltura, a quelli della pastorizia, alle festività o in qualche modo alla vita sociale della comunità.
Oggi le richieste di mercato, legate a scadenze e a ritmi di consumo che non hanno origine nei piccoli centri produttori ma che spesso giungono da oltre i confini nazionali, non possono non incidere nella organizzazione dei singoli pastori. Il reddito di ogni pastore dipende dunque sia dalla vendita del latte che della carne, e in misura minore da quella dei cagli. Il latte viene conferito al caseificio e la carne e i cagli sono venduti direttamente ai macellai.
La vendita della carne (dalla quale, come si è visto, i pastori ricevono il maggiore compenso) è legata alle maggiori festività religioso-commerciali: il Natale e la Pasqua. La vendita del latte è invece legata alle date di apertura e di chiusura dei caseificii. Tali date fisse, non dipendenti dalla volontà dei pastori, formano una griglia calendariale nella quale ogni pastore programma il proprio lavoro. La tendenza ad assecondare tali date fa coincidere le date del ciclo operativo di diversi pastori.
Per poter sfruttare al meglio la richiesta di carni nel periodo di maggior smercio ma anche quella del latte (legata alle date di apertura del caseificio), che rimane pur tuttavia un canale fondamentale della resa pastorale, è occorso applicare tutta una serie di compromessi e aggiustamenti nell'organizzazione pastorale. Questi espedienti sono penetrati profondamente nella organizzazione del lavoro dei pastori e nei collaudati equilibri tradizionali. Oggi sempre più, il mercato, influendo sulle scelte produttive dei pastori, giunge a modificare abitudini e tradizioni consolidate.
Diversi sono oramai i pastori che fanno parte di cooperative, legate per lo più ai caseifici.
Il modello di produzione estensivo, produce, ancora oggi, un discreto reddito senza la necessità di investire ingenti capitali per l'acquisto di terre e per la loro coltivazione.
 

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