IL SISTEMA DEL PRESTITO
L'operazione di misurazione del latte permetteva
ai soci di stabilire, in base alle quantità prodotte, il destinatario
della 'giornata di latte'. La 'giornata di pascolo' e le ulteriori operazioni
venivano assegnate di conseguenza.
Quando due o più pastori stringevano un
contratto di 'società', verificavano le diverse quantità
di latte prodotto e, in base a questo, stabilivano il loro rapporto di
produzione. Una volta impostato questo rapporto, cioè in pratica
una volta calcolato quante volte il latte di un proprietario minore stava
in quello del proprietario maggiore, si stabiliva quante e quali 'giornate
di formaggio' sarebbero spettate all'uno e all'altro. Questo però
era un calcolo orientativo, e come tale poteva essere confermato o meno
dalle misurazioni quotidiane. Ricordo che per 'giornata di formaggio',
dì 'e casu, si intende l'appropriazione da parte di un socio di
tutta la produzione di latte di una giornata e il conseguente diritto del
medesimo alla lavorazione e appropriazione del formaggio.
Una volta stabilito che il pastore X produceva
una quantità di latte L(x) superiore a quella L(y) del pastore Y,
si utilizzava questa prassi: a X spettava tutto il latte per un certo numero
di giornate, sino a quando Y non avesse raggiunto la quota iniziale impostata
da X, L(x). Durante queste giornate, Y era tenuto a conferire, previa misurazione,
il proprio latte. Eventuali altri soci si comportavano nella stessa maniera
nei confronti di X che era il produttore maggiore in assoluto. Poichè
le quantità prodotte non erano costanti, il debitore, e solo lui,
effettuava quotidianamente la misurazione e la conseguente annotazione
sul bastoncino sino all'estinzione del proprio obbligo. Una volta avvenuto
il saldo, avrebbe ottenuto un nuovo 'prestito': una intera 'giornata di
latte' di tutto il gregge.
I rapporti di produzione venivano tradotti in
'giornate di formaggio':
- 'A mittàdi':
quando le quantità prodotte L(x) e L(y) erano ugual; in questo caso
le giornate di formaggio spettavano un giorno all'uno, un giorno all'altro
(a dì a dì).
- 'De tres una': quando L(y) era
1/2 di L(x), cioè quando L(y) era 1/3 della somma L(x) + L(y).
- 'De quattr'una': quando L(y) era 1/4 della
somma L(x) + L(y).
- 'De cinc'una': quando L(y) era
1/5 di L(x) + L(y).
I rapporti possibili erano vari; potevano esistere
infatti anche quelli de ses una, de setti una eccetera.
Oltre che la semplice misurazione, annotazione
e calcolo del latte, il bastoncino, dunque, aveva un ruolo fondamentale
nella ripartizione delle 'giornate di formaggio'. Riporto qualche esempio
di calcolo effettuabile coll'asticella, ma per ovvie ragioni esprimo le
quantità in litri. Vorrei ricordare che solamente chi effettua il
prestito è tenuto a segnare, mediante tacche, le misurazioni delle
quantità del proprio latte: nei casi che seguono X sarà sempre
il produttore maggiore: egli pertanto imposterà la quota di latte
che Y deve raggiungere per ottenere una 'giornata di formaggio'. Dunque
nei giorni in cui Y cercherà di raggiungere X, la produzione di
quest'ultimo sarà di nessuna importanza per il buon esito dell'operazione
di estinzione del prestito. Anche noi negli esempi eviteremo di scrivere
le cifre relative alla produzione di X nei giorni in cui Y gli conferisce
il proprio latte. Ricordo inoltre che, in una giornata, chi effettua il
prestito del latte non ne tiene per s‚ neppure un goccia: pertanto il termine
'presta', indicato negli esempi sottintende 'tutta la produzione di una
giornata' del pastore che effettua il prestito; inoltre quando negli esempi
si troverà la dicitura: 'prende tutto', tale formula indicherà
il totale delle quantità di latte prodotte in quella giornata da
entrambi i pastori.
TAB. 1
- A mittàdi:
X e Y producono entrambi 10 litri di latte al
giorno.
1ø giorno
L(x) = 10
L(y) = 10
giorni
1ø 2ø
ÚÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄ¿
X ³prende³rende ³
³tutto ³ 10 ³
ÃÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄ´
Y ³presta³prende³
³ 10 ³tutto ³
ÀÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÙ
Nel 1ø giorno, X prende sia il latte prodotto
dai propri animali che quello che gli presta Y. Il giorno successivo, spetterà
a Y che si vedrà restituita la quantità prestata il dì
precedente. I pastori indicano questo rapporto produttivo anche con la
formula a dì a dì (un giorno all'uno, un giorno all'altro).
TAB. 2
- De tres una:
X produce 10 litri di latte, e Y 5 litri. Pertanto
avremo:
Poich‚ L(x) > L(y), sarà X a prendersi tutto il latte prodotto nella
prima giornata.
1ø giorno
L(x) = 10
L(y) = 5
giorni
1ø 2ø 3ø
ÚÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄ¿
X ³prende³prende³rende ³
³tutto ³tutto ³ 10 ³
ÃÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄ´
Y ³presta³presta³prende³
³ 5 ³ 5 ³tutto ³
ÀÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÙ
Nel 1ø giorno è X ad impossessarsi
del latte. Y ne produce solo 5 litri che presta ad X. Il 2ø giorno
Y raggiunge i 10 litri prodotti il 1ø giorno da X; ciò gli
permetterà di avere per s‚ tutto il latte del 3ø giorno.
TAB. 3
- De quattr'una:
X produce 12 litri di latte, e Y 4 litri.
1ø giorno
L(x) = 12
L(y) = 4
giorni
1ø 2ø 3ø
4ø
ÚÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄ¿
X ³prende³prende³prende³ rende³
³tutto ³tutto ³tutto ³ 12 ³
ÃÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄ´
Y ³presta³presta³presta³prende³
³ 4 ³ 4 ³ 4
³tutto ³
ÀÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÙ
TAB. 4
- De cinc'una:
X produce 16 litri di latte, e Y 4.
1ø giorno
L(x) = 16
L(y) = 4
giorni
1ø 2ø 3ø
4ø 5ø
ÚÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄÂÄÄÄÄÄÄ¿
X ³prende³prende³prende³prende³ rende³
³tutto ³tutto ³tutto ³tutto ³ 16 ³
ÃÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄÅÄÄÄÄÄÄ´
Y ³presta³presta³presta³presta³prende³
³ 4 ³ 4 ³ 4
³ 4 ³tutto ³
ÀÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÁÄÄÄÄÄÄÙ
Questi sono dei casi che, per la verità,
potevano verificarsi ben di rado; infatti non solo abbiamo, per ipotesi,
mantenuto costanti le quantità prodotte ma le abbiamo considerate
volutamente in cifre tonde e soprattutto sono stati presi in esame calcoli
privi di resto: la quota L(x) è, in ciascun esempio, multiplo di
L(y). Nelle situazioni concrete le quantità variavano quotidianamente
e spesso agli interi (i musròjus) si aggiungevano frazioni di intero;
basti pensare che una situazione come quella descritta denominata a mittàdi,
che
pone in teoria il dubbio su chi debba iniziare a prendere il latte, nella
pratica non poteva esistere: sicuramente uno dei due pastori avrebbe prodotto
una benchè minima quantità di latte in più rispetto
all'altro. Siccome i tempi erano piuttosto duri e non ci si poteva permettere
di sprecare neanche una goccia del prezioso prodotto, is cuillèddas,
cioè le parti frazionarie dei musròjus, dovevano essere tenute
in conto e dunque sommate agli interi. Per far ciò, una volta segnato
il numero dei musròjus nell'apposita porzione di asticella, e cioè
in alto oltre la grossa tacca (Fig. 3), se avanzava un po' di latte in
quantità inferiore all'intero la si contrassegnava direttamente
sulla zona bassa dello stesso bastoncino. A questa piccola quantità,
sa cuillèdda, si sarebbero sommate, durante i giorni successivi,
altre eventuali cuillèddas sino a raggiungere l'intero, su musròju
(Fig.3).
Riportiamo alcune esempi: indicheremo con P.T.
('prende tutto') il pastore a cui spetta la 'giornata di latte'; con le
cifre arabe (le uniche che compariranno all'interno
Fig. 3
della tabella) invece saranno indicati i litri
di latte prestati. Per indicare le quantità di latte prodotte da
X e
Y rispetto alle varie giornate, useremo L(x,1ø)
e L(y,1ø) per la prima giornata, L(x,2ø) e L(y,2ø)
per la seconda ecc. Come vedremo Y raggiungerà più volte
X, estinguendo pertanto il suo debito, ma senza pareggiare i conti: le
quantità che avanzano sono crediti di Y che vanno poi a sommarsi
alle misurazioni dei giorni successivi. Con la lettera I. ('imposta') ho
voluto indicare la nuova quantità di latte che X presta a Y nella
giornata in cui a quest'ultimo spetta tutto il latte prodotto.
Nell'esempio che segue usiamo per comodità
cifre senza decimali e consideriamo una produzione, in litri, costante
nel tempo.
TAB. 5
X produce 10 litri di latte, e Y ne produce 8.
1ø giorno
L(x) = 10
L(y) = 8
giorni 1ø
2ø 3ø 4ø 5ø
6ø 7ø 8ø 9ø
ÚÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄ¿
³
³ ³ I. ³ ³ I. ³
³ I. ³ ³ ³
X ³P.T.³P.T.³
10 ³P.T.³ 10 ³P.T.³ 10 ³P.T.³ 10 ³
ÃÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄ´
³
³ ³ ³
³ ³ ³
³ ³ ³
Y ³ 8
³ 8 ³P.T.³ 8 ³P.T.³ 8 ³P.T.³
8 ³P.T.³
ÀÄÄÄÄÁÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄ´
³ ³ ³
³ ³ ³
³ = ³
crediti di Y ³
+6 ³ ³ +4 ³ ³ +2
³ ³PARI³
ÀÄÄÄÄÙ ÀÄÄÄÄÙ
ÀÄÄÄÄÙ ÀÄÄÄÄÙ
1ø Giorno: la prima
'giornata di latte' spetta a X
poichè L(x) > L(y). X ha impostato (I.) 10 litri.
2ø Giorno: la
seconda 'giornata di latte' spetta a X per lo stesso motivo: nella giornata
precedente la quota L(x) non è stata raggiunta dalla quota L(y).
3ø Giorno: il
latte spetta a Y che ha raggiunto e superato di 6 litri (attivo)
quota L(x): L(y,1ø) + L(y,2ø) = L(x) + 6.
4ø Giorno: 6 <
L(x); prende X.
5ø Giorno: prende
Y; infatti 6 + L(y,4ø) > L(x).
Y ora ha all'attivo 4 litri, infatti 6 + L(y,4ø)
= L(x) + 4.
6ø Giorno: prende
X poichè 4 < L(x).
7ø Giorno: il
latte spetta a Y: 4 + L(y,6ø) > L(x). Al pastore Y restano all'attivo
2 litri, perchè 4 + L(y,6ø) = L(x) + 2.
8ø Giorno: X prende
il latte; infatti 2 < L(x).
9ø Giorno: 2 +
L(y,8ø) = L(x): prende Y. Il prestito è estinto. Il ciclo
è completato.
Si tratta di un ciclo che al suo interno contiene
dei sotto-cicli. Verrebbe descritto così dai pastori: una de tres
una e tres a dì a dì: una 'giornata di formaggio' col rapporto
di produzione de tres una e tre 'giornate di formaggio' col rapporto di
produzione a dì a dì (a mittàdi).
Ecco un altro esempio: manteniamo ancora cifre
senza decimali, ma facciamo oscillare nel tempo le cifre relative alle
quantità.
TAB. 6
X nella prima giornata munge 12 litri di latte,
e Y 5 litri; durante le altre giornate facciamo casualmente variare di
un litro: in difetto per X e in eccesso per Y.
1ø giorno
L(x,1ø) = 12
L(y,1ø) = 5
giorni 1ø
2ø 3ø 4ø 5ø
6ø 7ø 8ø 9ø
ÚÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄ
³
³ ³ ³ I. ³
³ ³ I. ³ ³
³
X ³P.T.³P.T.³P.T.³
12 ³P.T.³P.T.³ 11 ³P.T.³P.T.³
ÃÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄ´
³
³ ³ ³
³ ³ ³
³ ³ ³
Y ³ 5
³ 6 ³ 6 ³P.T.³ 5 ³ 6 ³P.T.³
6 ³ 6 ³
ÀÄÄÄÄÁÄÄÄÄÁÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÁÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÁÄÄÄÄÁÄ
³ ³
³ ³
crediti di Y
³ +5 ³ ³
+4 ³
ÀÄÄÄÄÙ
ÀÄÄÄÄÙ
giorni
10ø 11ø 12ø 13ø 14ø
15ø 16ø
ÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄ
³ I. ³ ³ ³ I. ³
³ ³ I. ³
X ³ 11 ³P.T.³P.T.³ 12 ³P.T.³P.T.³
12 ³
ÃÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄ´
³ ³ ³
³ ³ ³
³ ³
Y ³P.T.³ 5 ³ 5 ³P.T.³
5 ³ 5 ³P.T.³
ÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÁÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄÁÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄ
³ ³
³ ³
³ ³
crediti di Y ³
+5 ³ ³ +4 ³
³ +2 ³
ÀÄÄÄÄÙ
ÀÄÄÄÄÙ
ÀÄÄÄÄÙ
giorni
17ø 18ø 19ø
ÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄÂÄÄÄÄ¿
³ ³ ³
³
X ³P.T.³P.T.³ 12 ³
ÃÄÄÄÄÅÄÄÄÄÅÄÄÄÄ´
³ ³ ³
³
Y ³ 5 ³ 5 ³P.T.³
ÄÁÄÄÄÄÁÄÄÄÄÅÄÄÄÄ´
³ = ³
crediti di Y
³PARI³
ÀÄÄÄÄÙ
1ø Giorno: L(x,1ø)
> L(y, 1ø). X ha impostato 12 litri. Il latte spetta a X.
2ø Giorno: Nel
1ø giorno, Y ha prestato 5 litri di latte a X; deve raggiungere
L(x, 1ø) = 12 litri.
3ø Giorno: L(y,1ø)
+ L(y,2ø) < L(x,1ø). Il latte spetta ancora a X.
4ø Giorno: L(y,1ø)
+ L(y,2ø) + L(y,3ø) > L(x,1ø). Y ha diritto ad una
giornata di latte. Ha inoltre in credito 5 litri di latte. In questa data
X imposta (I.) la nuova quota da raggiungere, che è L(x,4ø)
= 12.
5ø Giorno: Y ha
all'attivo solo i 5 litri della giornata precedente. Pertanto i 5 litri,
L(y,5ø), che produce oggi li presta a X.
6ø Giorno: 5 +
L(y,5ø) < L(x,4ø). Il latte spetta a X.
7ø Giorno: 5 +
L(y,5ø) + L(y,6ø) > L(x,4ø). Il latte spetta a Y.
Restano all'attivo di Y 4 litri: 5 + L(y,5ø) + L(y,6ø) =
L(x,4ø) + 4. X presta ad Y 11 litri: è la quota che X deve
raggiungere (I.).
8ø Giorno: Y ha
all'attivo solamente 4 litri. Il latte spetta ad X.
9ø Giorno: 4 +
L(y,8ø) < L(x,7ø). Il latte va a X.
10ø Giorno: 4 +
L(y,8ø) + L(y,9ø) > L(x,7ø). Il latte viene preso
da Y che è in attivo di 5: 4 + L(y,8ø) + L(y,9ø) =
L(x,7ø) + 5.
X presta ad Y 11 litri (I.):
L(x,10ø) = 11.
11ø Giorno: 5 < L(x,10ø).
Il latte spetta a X.
12ø Giorno: 5 + L(y,11ø)
< L(x,10ø): il latte spetta a X.
13ø Giorno: 5 + L(y,11ø)
+ L(y,12ø) > L(x,10ø).
5 + L(y,11ø) + L(y,12ø) = L(x,10ø) + 4. Y prende il
latte ed è in vantaggio di 4 litri. X presta a Y 12 litri: L(x,13ø)
= 12 (I.).
14ø Giorno: 4 < L(x,13ø).
X prende il latte. Y ne presta 5 litri.
15ø Giorno: 4 + L(y,14ø)
< L(x,13ø). Il latte spetta ancora a X.
16ø Giorno: 4 + L(y,14ø)
+ L(y,15ø) > L(x,13ø). Y prende il latte ed è in credito
di 2 litri. X presta a Y 12 litri. L(x,16ø) = 12 (I.) è la
nuova soglia da raggiungere per Y.
17ø Giorno: 2 < L(x,16ø).
Y produce e presta i 5 litri che munge dalle sue capre.
18ø Giorno: 2 + L(y,17ø)
< L(x,16ø). X prende il latte.
19ø Giorno: 2 + L(y,17ø)
+ L(y,18ø) = L(x,16ø). Y ha pagato per intero il suo debito
con X e dunque gli spetta questa giornata di latte. Il ciclo è concluso.
I pastori indicherebbero così il ciclo
appena completatosi: una de quattr'una e cincus de tres una: una 'giornata
di latte' col rapporto di produzione de tres una e cinque 'giornate di
latte' col rapporto di produzione de tres una.
B 2.4 Somma e differenza delle quantità
del latte
Su musròju, oltre che essere strumento
di misurazione del latte e strumento di annotazione del prestito, era allo
stesso tempo strumento per sommare con precisione le quantità di
latte.
Per calcolare la somma degli interi detti musròjus
o làunas prenas, bastava un colpo d'occhio sulla zona alta del bastoncino
(vedi Fig. 3): gli interi (quantità discrete) venivano infatti semplicemente
annotati e poi contati. Le parti frazionarie degli interi, is cuillèddas
o coettèddas, rappresentavano quantità continue e non potevano
essere sottoposte a numerazione, almeno finchè non avessero raggiunto
un'unità: unu musròju. Però era ugualmente possibile
sommare, vale a dire unire, sa cuillèdda di un giorno particolare
a quelle dei giorni precedenti.
Eccone un esempio:
TAB. 7
1ø Giorno
(X)
(Y)
ÚÄ¿
ÚÄ¿
³Ä³ M5
³ ³
³Ä³
³ ³
³Ä³
³ ³
³Ä³
³ ³
³Ä³
³Ä³ M1
ÃÄ´
ÃÄ´
ÃÄ´
ÃÄ´
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³Ä³ t1
³ ³
³ ³
ÀÄÙ
ÀÄÙ
In figura indichiamo due bastoncelli relativi
ai pastori X e Y. La situazione di partenza presenta il produttore X all'attivo
di cinque musròjus tondi, che indicheremo con M5; il produttore
Y munge un musròju (M1) più una parte frazionaria che viene
contrassegnata con una tacchetta, che noi indichiamo con t1. Secondo la
regola, il pastore X, in qualità di produttore maggiore, ha diritto
di prendere tutto il latte sino a quando Y non raggiungerà i cincus
musròjus.
Ecco la simbologia utilizzata nell'esempio:
ÚÄ¿
ÀÄÙ indica la grossa
tacca che identifica l'unità
di misura.
- è una tacchetta: la
sua forma, anche nella realtà, non varia sia che si indichino interi
sia che identifichi la somma di parti frazionarie. Ciò che cambia
è la porzione di bastoncino in cui viene praticata.
* individua la cancellazione
di tacchette: indica che il segmento compreso tra la base del bastoncino
e tale tacca è stato già utilizzato per effettuare una somma
e pertanto ci dev'essere un'altra tacca attiva, indicante l'attuale livello
delle somme del latte. L'utilizzo della cancellazione fa esclusivamente
parte dell'operazione di somma; pertanto non viene usato nell'annotazione
degli interi. Non è però impossibilie incontrarne qualcuna
nella porzione di bastoncino dedicata alle suddette annotazioni; vedremo
poi quali sono i motivi di ciò.
Nella realtà, l'operazione di annullamento
di una tacchetta veniva effettuato con una contro-tacca: una tacca rovesciata;
così unite esse formavano una figura circolare che non poteva essere
scambiata con una tacca valida. La figura 4 illustra la modalità
di esecuzione della somma delle quantità di latte di due giorni.
Poichè non vi erano numeri, era necessario riprodurre una copia
del segmento della quantità di latte da sommare e aggiungerlo alla
misurazione della giornata, una volta riportata quest'ultima sul bastoncello.
Ora non restava che segnare la tacca del totale e annullare quelle degli
addendi. Più precisamente, allo scopo di riprodurre un segmento
che identificasse la misurazione del giorno precedente (osserva Fig. 4),
nella maggioranza dei casi, se il legnetto era abbastanza fresco, veniva
scorticata una porzione di corteccia dalla zona alta dello stesso (A);
questa parte alta del bastoncello era piuttosto lunga proprio per poter
utilizzare la sua corteccia. La porzione di corteccia veniva poi dimensionata
in base alla distanza che intercorreva tra la base del bastoncino e la
tacchetta da sommare, sa cuìlla (la rimanenza) del dì precedente
(B). Tale segmento veniva poi poggiato sulla superficie dello stesso bastoncello,
in modo tale da aderirvi bene, facendo coincidere una sua estremità
con la tacca indicante la misurazione del giorno corrente (C). A questo
punto bastava segnare una nuova tacca sul bastoncino, in corrispondenza
dell'estremità della porzione di corteccia, per ottenere la somma;
ottenutala, era obbligo cancellare con una contro-tacca le tacchette già
utilizzate come addendi (D). Talvolta si utilizzava una particolare foglia
dalla forma allungata e piatta, ideale per la sovrapposizione al bastoncello,
nel caso in cui la corteccia di quest'ultimo non fosse tanto fresca, presentasse
anomalie morfologiche o fosse già stata impiegata nei giorni precedenti.
Nell'esempio descritto in tab. 7, il pastore
X misura cinque recipienti pieni, pertanto effettua cinque misurazioni;
questo avviene solamente durante la prima
Fig. 4
giornata ( ): infatti per un certo numero di giorni
sarà solo il pastore Y a misurare il proprio latte, col fine di
raggiungere i cinque musròjus.
Per quattro giorni il pastore Y effettuerà
due misurazioni quotidiane, perchè le sue capre offrono solitamente
un musròju più un altro tanto che varia di giorno in giorno.
TAB. 8
1ø Giorno
2ø Giorno
L(y,1ø)
L(y,2ø)
ÚÄ¿
ÚÄ¿
ÚÄ¿
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
M2 ³Ä³
M2 ³Ä³
M1 ³Ä³
³Ä³
³Ä³
ÃÄ´1
ÃÄ´1
ÃÄ´1
ÃÄ´
ÃÄ´
ÃÄ´
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³ t1
 ³Ä³ t2+t1
³ ³
³ ³
³ ³ ³
³ ³
³Ä³ t2 0 Á
³*³
³Ä³t1
³Ä³ t1
³*³
³ ³
³ ³
³ ³
ÀÄÙ0
ÀÄÙ0
ÀÄÙ0
1ø Giorno
2ø Giorno
L(x,1ø) = M5
L(y,2ø) = M2 + (t2 + t1)
L(y,1ø) = 1M + t1
Nella seconda giornata per Y si presenta la necessità
di sommare sa cuìlla del giorno precedente (t1) a quello appena
misurato (t2). Per far ciò ha bisogno di aumentare t2 del segmento
0-t1; utilizza pertanto un tratto di corteccia che riproduce il segmento
0-t1 e lo 'aggiunge' a t2.
TAB. 9
3ø Giorno
L(y,3ø)
ÚÄ¿
ÚÄ¿
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
M3 ³Ä³
M3 ³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
ÃÄ´1
ÃÄ´1
ÃÄ´
ÃÄ´
³ ³
³ ³
³ ³
t3  ³Ä³ t3+t2+t1
³ ³
³ ³ ³
³ ³
³ ³ ³
³ ³
³ ³ ³
³Ä³ t2+t1
0 Á ³*³
³Ä³ t3
³*³
³*³
³*³
³*³
³*³
³ ³
³ ³
ÀÄÙ0
ÀÄÙ0
3ø Giorno
L(y,3ø) = M3 + (t3 + t2 + t1)
Nella terza giornata Y effettua una nuova misurazione:
un intero, che riporta nella zona alta e t3, che segna sul punto di misurazione.
Volendo sommare t3 alle quantità parziali già annotate dovrà
riprodurre il segmento 0-t3 e riportarlo sopra la tacca relativa alla vecchia
somma (t2+t1).
TAB. 10
4ø Giorno
L(y,4ø)
ÚÄ¿
ÚÄ¿
ÚÄ¿
³ ³
³ ³
M5 ³Ä³
M4 ³Ä³
M4 ³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
³Ä³
ÃÄ´1
t4 Â ÃÄ´1 = t4+t3+t2+t1
ÃÄ´1
ÃÄ´
³ ÃÄ´
ÃÄ´
³ ³
³ ³ ³
³ ³
³Ä³ t3+t2+t1
0 Á ³*³
³*³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³*³
³*³
³*³
³*³
³*³
³*³
Ã*´ t4
³*³x 2
³*³
³*³
³*³
³*³
³ ³
³ ³
³ ³
ÀÄÙ0
ÀÄÙ0
ÀÄÙ0
4ø Giorno
L(y,4ø) = M4 + (t4 + t3 + t2 + t1) = M5
Il quarto giorno Y segna sul suo bastoncino un
altro intero (M4) e una piccola quantità (t4) coincidente con una
vecchia tacca cancellata. Per evitare confusioni, Y ruota un poco il bastoncino
e segna la tacca. Effettua la somma riportando il segmento 0-t4 sulla tacca
attiva del giorno precedente e raggiunge perfettamente la tacca dell'intero,
unu musròju. In questo modo, sommando quotidianamente le quantità
parziali di musròju, Y ha raggiunto X in quattro giorni; ora a lui
spetta una giornata di latte.
In questo esempio X ha prodotto cinque musròjus
tondi, Y inoltre ha raggiunto tale quantità senza superarla. Entrambi
questi fatti dovevano essere piuttosto rari, ma comunque possibili. Nell'esempio
successivo ci soffermeremo sulla procedura di riporto dei segmenti che
sopravanzavano l'intero per mostrare come con su musròju si potessero
effettuare operazioni di sottrazione.
Se nel quarto giorno dell'esempio precedente,
il livello de sa cuìlla t4 si fosse trovato in una posizione superiore,
il pastore Y avrebbe dovuto riportare in basso il segmento superante il
livello dell'intero: la differenza tra la tacca t4+t3+t2+t1 - 1 = tr; il
pastore Y ha così restituito a X i cinque musròjus ed è
inoltre in credito di un tanto di latte pari a 0-tr.
TAB. 11
ÚÄ¿
ÚÄ¿
ÚÄ¿
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
t4+t3+t2+t1  ³Ä³  tr
M5 Ã*´
M4 ³Ä³
³ ³Ä³ ³
³Ä³
³Ä³
³ ³Ä³ ³
³Ä³
³Ä³
³ ³Ä³ ³
³Ä³
³Ä³
³ ³Ä³ ³
³Ä³
ÃÄ´1
³ ÃÄ´1 Á
ÃÄ´
ÃÄ´
³ ÃÄ´
ÃÄ´
³ ³
³ ³ ³
³ ³
³Ä³ t3+t2+t1
0 Á ³*³
³*³
³Ä³ t4
³*³
³*³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³ ³
³*³
³*³
Ã*´tr
³*³
³*³
³*³
³*³
³*³
³*³
³*³
³*³
³*³
³ ³
³ ³
³ ³
ÀÄÙ0
ÀÄÙ0
ÀÄÙ0
(t4+t3+t2+t1
- 1) = tr
B 2.5 Sa muda 'e corru: una giornata di
latte in più
Gli esempi fatti nel terzo paragrafo di questo
capitolo (tab 5. e tab. 6) servono a spiegare il meccanismo della distribuzione
del latte e pertanto sono indicativi di situazioni possibili ma non largamente
diffuse. La maggior parte dei rapporti di produzione, in realtà,
si effettuava secondo la modalità a mittàdi e quella de tres
una. I pastori solitamente sceglievano i loro soci sulla base di eventuali
rapporti di amicizia o parentela, ma anche cercando dei soggetti che gestissero
quantità simili di bestiame. Il rapporto di produzione al quale
i pastori tendevano maggiormente era pertanto quello denominato a mittàdi
cioè quello in cui i soci producevano quantità simili (ma
chiaramente non uguali, vista la precisione quasi maniacale utilizzata
nelle misurazioni). Questa formula permetteva di gestire il lavoro alternando
giornalmente le attività necessarie: se i soci erano due si alternavano
quotidianamente nelle operazioni di pascolo e lavorazione del formaggio
(più la gestione dell'ovile); se erano tre, suddividevano in tre
anche le attività da svolgere: pascolo, confezione del formaggio
e gestione dell'ovile. Su questi aspetti ci soffermeremo nel prossimo capitolo.
Anche quando i soci producevano quantità
di latte molto prossime fra loro, la registrazione quotidiana delle misurazioni
consentiva di applicare il criterio distributivo delle giornate di formaggio.
Is cuillèddas ovvero i resti, le parti frazionarie di musròju,
venivano infatti annotate e sommate minuziosamente ogni giorno. Erano le
piccole quantità a stabilire, in questi casi, le priorità:
il socio relativamente maggiore che, con la somma dei resti prestati in
più giornate, eguagliava o superava la quantità prodotta
in una giornata da uno degli altri soci si accapparrava una giornata di
formaggio straordinaria. La presa di possesso del latte di due giorni (quella
che spettava secondo il turno distributivo e in più quella straordinaria
dovuta alla somma delle cuillèddas) prendeva il nome di muda 'e
corru (muda di corno). Ciascuno dei pastori, soprattutto se si trattava
di un rapporto di produzione a mittàdi, rincorreva una giornata
di latte in più; a tal fine la misurazione e la memorizzazione venivano
esercitate con estrema precisione: <<Chi furìant a cantu 'e
a pari, oppùru unu ndi 'ogàt dus o tres litrus de latti in
prus, non di fìant contu e vaffancùllu; tandu du lassàt
a perdi. Ma chi fìant po' contu 'e interèssu, su chi du cuillàt
si du marcàt in sa misùra e a atra dì d'agattàt,
fìncias a fai cuddu tanti po' muda 'e corru. Oi innànti cettànt
puru po' una dijèdda 'e latti; furìat prus a fàmini
sa cosa e ndi fìant prus interessòsus. Immòi, podit
essi po' una parìga 'e litrus de latti non di fàint contu
e poi... immòi est un atru sistema: dognùnu versat su latti
'e cosa sua>> ( ), Umberto Piras.
L'espressione muda 'e corru, che significava
due giornate di formaggio, contiene il termine muda che, come sappiamo,
identifica il turno di pascolo: infatti la regola generale stabilisce che
non si possa ottenere una giornata di formaggio senza aver prima condotto
le capre al pascolo. In base a ciò la giornata di muda 'e corru
(la seconda 'giornata di latte', poichè la prima faceva parte dell'alternanza
a dì a dì, cioè a giorni alterni) doveva essere preceduta
da una giornata di pascolo: il socio 'maggiore', durante la giornata precedente
sa muda 'e corru, era in dovere di occuparsi sia del pascolo che della
lavorazione del formaggio. Secondo la regola, il pastore che si trovava
in questa situazione era tenuto a portare le capre al pascolo; della lavorazione
del suo latte si sarebbe occupato uno dei soci: <<Su casu, tandus,
du fìat su cumpàngiu: s'arrangiànt; furìant
associàus po' igùssu: po' s'aggiudài>> ( ), afferma
il sig. Murtas. Tale offerta di aiuto non era un obbligo per nessuno dei
soci: solo in caso di buoni rapporti, se non proprio di amicizia, il pastore
che aveva bisogno otteneva l'aiuto (vedi il paragrafo dedicato all'aiuto:
B 3.5). Se i soci non erano disposti o erano impossibilitati ad offrirgli
la propria assistenza, questi doveva cercarlo al di fuori della società:
a quel punto poteva avvalersi della collaborazione di un figlio o di un
servo pastore: <<O ci mandàt su zeràccu o di fìant
su casu is atrus. Tandus si pottàt sempri unu zeracchèddu:
candu unu fìat su casu, su zeracchèddu cummenzàt a
billài; dogna sòciu tenìat unu zeracchèddu>>
( ).
Il sig. Piras spiega così il funzionamento
de sa muda 'e corru: <<Sa muda 'e corru est a candu funti cumpàngius
chi 'ògant latti giài a cantu 'e a pari, e cussu a forza
de accumbulài ndi 'òddit su latti de duas dìs. Sa
muda 'e corru est su prus chi ndi 'ògat. Chi funti tres cumpàngius
e du pìgant a dì a dì, unu 'ògat pagu 'agu
latti in prus, dogna deji dìs nd'acciàppat una dì
'e latti in prus, una dì 'e casu. S'importànti est chi nd'essit
'ogàu unu tantijèddu in prus, unu; cussu, dogna 'otta chi
d'onàt a igùddu, si nd'accumbulàt una dì unu
tanti, un'atra dì unu tanti e in tres dìs si fìat
unu musròju; in ses dìs ndi fìat dusu, superàt
su latti 'e iguddu e du pigàt in prus. Sa muda 'e corru fudi ca
ndi 'ogàt prus e tandus toccàt a du pigài de prus
su latti>> ( ).
Ecco un esempio fornito dal sig. Aledda: <<Nosus
seus a latti paris; cun custa diffarènzia de custu tantijèddu
'e latti, a candu arrìbu a su tanti chi ses boghèndu, ca
tanti su latti est giài uguali, custa est una muda 'e corru: da
pigu in prus. Tui mi 'onas nois litrus de latti, deu ti ndi 'ongu deji:
tui abàrras in gèpidu de unu litru 'e latti. Dopu deji dìs
deu ti ndi piscu, cun custu litru 'e latti in prus chi ti 'òngu,
un'atra dì de latti>> ( ).
Il sig. Piras pone in chiaro come il pastore
che riscuoteva due giornate di latte consecutive avesse l'obbligo di occuparsi
anche delle due relative giornate di pascolo: <<Cummenti pigàt
su casu, pascìat: sa dì chi pigàt muda 'e corru, cuddus
furìant senze nì crabìttus, nì casu, nì
crabas; deppìat pensài tottu 'su chi ndi pigàt sa
muda 'e corru. Si pigàt su casu duas dìs deppìat pigài
su bestiàmini puru duas dìs>> ( ).
Il sig. Murtas spiega il significato dell'espressione
muda 'e corru in questi termini: <<Candu unu andàt crabàju
duas dìs e du bìat un atru, di narànt: -e itta cos'est?-;
-eh, m'est toccàu muda 'e corru-, naràt. Eccu, custa muda
'e corru furìat ca pigàt su latti duas dìs pàris>>
( ). Ed ecco come spiega il meccanismo mediante il quale un pastore giungeva
a guadagnarsi una muda 'e corru: <<Poni chi 'èssint in dus;
unu ndi bogàt unu tanti e unu chi nd'èssit 'ogàu unu
tanti e una cosa aìcci. Candu du fu' cussa differènzia diaìcci,
fìant a dì a dì fin'e chi nci assusàt po' pigài
sa muda 'e corru. Una dì ti nd'appu 'onàu custu tanti in
prus; agòa po' 'su de duas dìs si misuràt e lompìat
a innòi; in duas dìs non ci d'appu fatta a ricuperài
custu tanti, ci at bòffiu tres dìs. A pustis tres dìs
chi èus pigàu a cad'e tres dìs su casu, a sa quarta
dì tòccat a mimi: duas dìs pàris, poitta nd'appu
assusàu un'atra dì>> ( ).
B 2.6 su stibalimèntu: contratto con una
stima di produzione media
Su musròju, come abbiamo visto, era uno
strumento che consentiva varie applicazioni: tramite esso si effettuava
la misurazione, si annotavano le quantità e si operavano calcoli;
attraverso una lettura comparata dei bastoncini, poi, si stabilivano oneri
e diritti che si componevano in una sorta di calendario operativo, ponendo
in relazione il conteggio del latte alle giornate lavorative.
Ogni pastore, col proprio bastoncino, aveva inoltre
la possibilità di effettuare una sorta di calcolo anticipatorio
cercando di prevedere il numero di giornate che lo separavano da sa dì
'e casu. Egli non doveva far altro che riportare lungo lo strumento di
misurazione la quantità della sua produzione media giornaliera,
per il numero di volte necessario al raggiungimento della quota impostata
dal produttore maggiore. In questo modo anticipava le misurazioni che avrebbe
realmente effettuato nei giorni successivi. Tale metodo di anticipazione
poteva essere utilizzato da ciascun socio, ma non v'era nessuna necessità
di render pubblica la previsione; n‚ vi era una qualche utilità.
C'era però anche un'altro impiego di questo calcolo anticipatorio
che funzionava proprio come la stima di una produzione media; si tratta
di quei casi in cui quantità esigue di bestiame venivano affidate
dai piccoli proprietari del villaggio ai pastori. Di norma si trattava
di capi di proprietà di contadini, artigiani, minatori o comunque
di persone che svolgevano attività diversa da quella pastorale.
Solo in rari casi queste persone potevano quotidianamente essere presenti
al momento della misurazione; a causa della loro assenza, costoro assistevano
ad un'unica misurazione iniziale che dava luogo ad una stima di produzione
media.
Effettuata tale misurazione, si riportava la
quantità misurata lungo il bastoncino per un numero di volte, sino
al raggiungimento della quantità impostata in quella giornata dal
produttore maggiore. Così si otteneva la data esatta in cui il piccolo
proprietario avrebbe riscosso la sua parte di latte (l'intera giornata
produttiva). La procedura era identica a quella utilizzata nel caso della
somma di cuillèddas: la quantità di latte misurata veniva
materialmente riportata lungo l'asticella mediante un pezzetto di corteccia
o di foglia piatta. Siccome la quantità di bestiame del piccolo
proprietario era notevolmente inferiore a quella del socio maggiore (ovvio
referente), si soleva utilizzare un'asticella più lunga del solito,
nella quale risultava più comodo sommare in maniera chiara le quantità
stimate in base all'unica misurazione. Sia la misurazione che il calcolo
delle date venivano fatte una volta per tutte: la data in cui al proprietario
dell'esiguo numero di bestiame sarebbe spettata l'intera giornata di formaggio
veniva fissata subito e non si modificava più:
<<Deu ti ndi ingollìa una craba,
ti ndi ingollìa duas, tres; is mias podìant essi centu, is
tuas podìant essi tres: tui 'ogàst unu tanti 'e latti. Cun
custu dinghèllu de leschijèdda de linna du misùras,
cantu dìs ti nci pàssat po' arribai fìnzas a innòi:
cummènti pòdint essi cincu pòdint essi deji, cummènti
pòdint essi deji pòdint essi quìndiji, cummènti
pòdint essi quìndiji pòdint essi binti. Est unu stibalimèntu.
Si du i furìat su meri du podìat misurài dogna dì;
chi non du furìat su meri, e issu andàt una 'otta dogna dus
mesis: -ecco su tanti 'e su latti chi as 'ogau oi est custu-; est un'approssimativa.
-In media anti fattu custu tanti de latti, tottu su tempus chi non d'eus
misuràu- e si fait su contu cantu dis ci passàt: oi est binticìncu:
tra unu mesi ti 'ongu una dì 'e casu. Issu andàt e si fìat
su casu a comodèsa>> ( ).
<<E a candu, moi, -precisa Umberto Piras-
ndi du 'essit unu chi bogàt unu tantijèddu 'e latti, tandus
si du fìant su latti: si du ìat una craba allèna o
duas, po' non du pottài dogna dì a misura, tandus ci du accoppiàa
quattru tantis de innòi in una prèttia longa; agòa
pigàa custu e du marcàstis tottu a tacchèddas, sempri
tottu a una misùra. Agòa contàst in cantu dis ndi
da 'oddìat, e tandus du scìat. Aìcci su pastòri
puru, chi furìat a solu, non pensàt de misurài, pensàt
de mulli fetti: cussu si fìat po' essi una cosa prus lestra>> (
).
L'asticella più lunga era estremamente
comoda per il riporto delle piccole quantità, soprattutto perchè
in questo modo le tacche erano più chiare e non c'era pericolo che
si confondessero con quelle eventualmente cancellate. Inoltre tale strumento
perdeva la sua funzione misuratrice e si specializzava in quella di annotazione
e calcolo.
Accadeva talvolta che i pastori approfittassero
dell'inesperienza di chi affidava loro i pochi capi posseduti, soprattutto
nell'ambito della misurazione. La persona che invece mostrava di avere
dimestichezza con le pratiche pastorali o di sapersi ugualmente arrangiare
godeva di una stima non indifferente. Il sig. Aledda rammenta di un caso
in cui, sebbene l'individuo interessato non conoscesse perfettamente la
tecnica di misurazione e annotazione de su musròju, riuscì
a cavarsela molto bene coll'ausilio di un metro: <<Unu ferrèri
tenìat duas o tres crabas, moi est mottu; cuss'omini das sas donàt
dus o tres crabas, bàstit chi d'èssint 'onàu su crabìttu
e un arroghèddu 'e casu. Su pastòri d'at nau diaìcci:
-bàndit òi a fai su latti, ma però mancu di cumbènit
ca mancu ndi cumprèndit po' andài a misurài su latti-.
S'ingòllit su metru... D'at nau diaìcci: -custu est su latti
tùu?-. Di 'èttat su metru, at castiàu: -su latti tùu
est tanti!-. Agòa mùllint is suas: -su latti miu est tanti-.
Di fàint su contu...>> ( ), e sperimentano -sottintende il sig.
Aledda- che la misurazione col bastoncino e il calcolo del fabbro conducono
allo stesso risultato. E conclude:
<<Bisi: naràddi ca furìat
ignorànti, mancài non èssit cumprèndiu su musròju.
Però...un òmini attivu, un omini propriu de bella favella
furìat, non furìat chi fèssit ignorànti. Deu
nau sa beridàdi: non tengu scola, seu ignoranti, bisi: su metru
chi du bìu du connòsciu, però non du cumprèndu
miga troppu troppu. Ah, cun custa cosa, chi seus aìcci, faccia a
pari, non mi facciu cullunài de tui, mancài tengas una certa
scola. Funti cagadùras ma comunque càstia, benèndu
a du misurài dogna dì, est cummenti su metru. Deu mancu du
connòsciu. Su metru càstias is deji centimetrus, cinquanta
centimetrus; custu est uguali: tui pigas su metru, du misùras e
ti nàrat custu est cincu centimetrus, deji centimetrus...>> ( ).
Ecco come si manifesta la stima di un pastore nei confronti di chi, sebbene
con mezzi sconosciuti, riesce ad entrare adeguatamente nel mondo delle
sue operazioni. Ed ecco come lo stesso Giuseppe Aledda indica la grande
utilità di un sistema di misurazione tanto 'semplice' quanto 'giusto':
<<Funti cazzàdas, funti cosas sèmplicis,
funti sèmplicis sèmplicis. Insomma su metru non s'usàt,
s'usàt custu musròju. Cun custu musròju tui non sgarràst
mancu cantu est su nìu de s'unga. Funti cosas ignorantamènti
ma funti cosas giùstas>> ( ).
<<Io, adesso, saranno una trentina
d'anni (che non lo faccio più, ndr.), perchè si faceva il
formaggio; da quando è nato il caseificio è caduta in disuso
questa cosa>>, G. Aledda.
Il significato del termine muda è
muta, cambiamento. Il Wagner riporta anche questo significato riferendosi
al modo di dire campidanese 'a mmùdas ammùdas': a vicenda.
Questo mi pare possa essere il senso più vicino a quello inteso
dai pastori villasaltesi per indicare il turno di pascolo. Cfr. Wagner
1960-1964.
Si tratta di quantità simili ma
non uguali. La misurazione del latte veniva svolta molto accuratamente.
Proprio sulla differenza, benchè minima, della produzione del latte
dei soci si basava, come vedremo, il sistema distributivo di oneri e diritti.
<<I pastori quando si abbinavano
insieme (associavano, ndr.) avevano la stessa quantità di bestiame>>,
S. Murtas.
L'esistenza di questa pratica era già
stata notata da G. Angioni (cfr. Angioni 1989: 123), ma i prestiti sembravano
legati più a contingenze e necessità particolari e stagionali
che a normali regole di gestione del gregge: <<I pastori, infatti,
usano prestarsi il latte a vicenda, per motivi vari, ma soprattutto quando
fanno il formaggio e non ne hanno in quantità tale che valga la
pena mettersi a farlo>>.
<<Si usava l'oleandro poichè
si tratta di un legno al quale si può facilmente asportare la corteccia
per fare la differenza del latte: è un legnetto tenero, si lavora
bene>>, G. Aledda.
P. Atzeni descrive un sistema di annotazione
di crediti, effettuato con un bastoncino (sa tessia), relativo ad operazioni
di acquisto di grano macinato, quando la maggior parte delle donne non
sapeva nè leggere nè scrivere. Il rametto, di oleandro anche
in questo caso, veniva longitudinalente diviso in due parti. Al momento
dell'acquisto a credito del grano, le due parti di bastoncino venivano
unite nuovamente per poter segnare, con un coltello, le tacche relative
alla quantità di grano acquistato. In questo sistema, il bastoncello
aveva lo scopo di memorizzare i dati (mentre su musròju era anche
strumento di misurazione e calcolo); sa tessia, al contrario de su musròju,
si avvaleva di segni differenziati (tacche a linea o a croce) atti ad indicare
s'imburu o sa quarra (due unità di misura di capacità).
Sia il venditore di grano che l'acquirente conservavano
metà bastoncello in modo che nessuno dei due potesse apporre modifiche
alle cifre segnate. (Cfr. Atzeni 1989: 130-133).
<<Poniamo che uno mungesse tre musròjus;
allora segnava tre tacche qui; l'altro mungeva un musròju e se lo
segnava nel bastoncino: sino a che non mungeva tre musròjus, quello
non glielo dava il latte, il formaggio. Quando raggiungeva tre musròjus,
allora glielo dava il latte>>, U. Piras.
<<Ora noi (per esempio, ndr.) siamo
soci; di làuna si usa o la mia oppure la tua; tu possiedi uno di
questi (bastoncini, ndr.), lo inseriamo qui (dentro il recipiente, ndr.)
e vediamo: (la grossa tacca, ndr.) deve stare sempre al di sotto (del bordo,
ndr.) della làuna>>, G. Aledda.
<<Risultava preciso perchè
non c'era alcun inganno; perchè come lo immergevi nel latte gli
lasciava il segno e tu gli facevi una tacchetta>>, U. Piras.
Ricordiamo che su musròju significa
sia il bastoncino come strumento di misura, sia l'unità di misura
che corrisponde a un làuna intera.
<<Quando si vedeva che aveva molte
tacche, perchè (la tacca, ndr.) poteva cadere sempre sempre (più
volte, ndr.) qui sopra, e a furia di fare tacche, dopo non si capiva più,
allora lo cambiavano. Allora ne facevano un altro nuovo, ma non c'era problema,
perchè quello era uguale ed era come l'uno era l'altro>>, U. Piras.
Può trattarsi della prima giornata
in assoluto di una nuova società ma può anche essere la prima
giornata di un nuovo ciclo di prestiti, dopo che è stato estinto
il debito (senza alcun resto). Può infine trattarsi anche della
prima giornata della stagione del latte (dopo la pausa estiva) di una società
già avviata.
<<Se erano quasi pari oppure uno
ne mungeva due o tre litri di latte in più, non ne tenevano conto
e va fà 'n culo; allora lo lasciava perdere. Ma se erano per conto
di interesse (ma se lavoravano per l'interesse, ndr.), ciò che gli
rimaneva se lo segnava nella misura (bastoncino, ndr.) e al giorno successivo
lo ritrovava, sino a fare quel tanto per la muda 'e corru. Prima litigavano
pure per una 'giornatina' di latte; era più a fame la cosa e ne
erano più interessati. Adesso, può essere (che, ndr.) per
un paio di litri di latte non ne tengano conto e poi... ora è un
altro sistema: ognuno versa (al caseificio, ndr.) il proprio latte>>, U.
Piras.
<<Il formaggio, allora, lo faceva
il compagno: si arrangiavano; erano in società per quello: per aiutarsi>>,
S. Murtas.
<<O ci mandava il servo o gli facevano
il formaggio gli altri. Allora si aveva sempre un servo pastore: quando
uno faceva il formaggio, il servo cominciava a sorvegliare (pascolare,
ndr.); ogni socio aveva un servo>>, S. Murtas.
<<Sa muda 'e corru è quando
(ci, ndr.) sono compagni che mungono già lo stesso latte e quello
(socio maggiore, ndr.), a forza di accumulare, ne raccoglie il latte di
due giorni. Sa muda 'e corru è il più che ne munge. Se sono
tre compagni e lo prendono a dì a dì, uno munge poco poco
latte in più, ogni dieci giorni ne acchiappa (si accaparra, ndr.)
una giornata di latte in più, una giornata di formaggio. L'importante
è che uno ne avesse munto un tantino in più; quello, ogni
volta che lo dava all'altro, ne accumulava un giorno un tanto, un altro
giorno un tanto e in tre giorni si faceva unu musròju; in sei giorni
ne faceva due, superava il latte di quello e lo prendeva in più.
Sa muda 'e corru era che (il produttore maggiore, ndr.) ne mungeva in più
e allora bisognava prendere latte in più>>, U. Piras.
<<Noi siamo a 'latti pari' (uguali
quantità di latte, ndr.); con questa differenza di questo tantino
di latte, quando arrivo al tanto che stai producendo, poichè tanto
il latte è press'a poco uguale, questa è una muda 'e corru:
la prendo in più. Tu mi dai nove litri di latte , io te ne do dieci:
tu sei in debito di un litro di latte. Dopo dieci giorni io te ne pesco
(ti conquisto, ndr.), con questo litro di latte in più che ti dò,
un'altra giornata di latte>>, G. Aledda.
<<Come prendeva il formaggio, pascolava
(così come aveva il diritto di farsi il formaggio, così aveva
il dovere di pascolare, ndr.): il giorno che prendeva muda 'e corru, quelli
erano senza capretti, nè formaggio, nè capre; doveva pensare
a tutto quello che prendeva sa muda 'e corru. Se prendeva il formaggio
due giorni doveva portare pure il bestiame per due giorni>>, U. Piras.
<<Quando uno andava capraro (a pascolare,
ndr.) due giorni e un altro lo vedeva, gli dicevano: -e che cosa è?
(che è successo?, ndr.)-; -eh, mi è toccata muda 'e corru,
diceva. Ecco, questa muda 'e corru era che prendeva il latte per due giorni
pari (consecutivi, ndr.)>>, S. Murtas.
<<Metti che fossero in due; uno
ne mungeva un tanto e uno che ne avesse munto un tanto e una cosa così
(una frazione di intero, ndr.). Quando c'era quella differenza così,
facevano un giorno l'uno, un giorno l'altro fino a che lo superava per
prendere sa muda 'e corru. Un giorno ti ho dato questo tanto in più;
dopo, per quello del secondo giorno si misurava e giungeva qui; in due
giornate non ce l'ho fatta a recuperare (in effetti non si tratta di un
recupero ma del tentativo di un doppiamento, ndr.) questo tanto, ci son
voluti tre giorni. Dopo tre giorni che abiamo preso tre giornate di formaggio
a testa, alla quarta giornata spetta a me: due giornate pari (consecutive,
ndr.), perchè ho superato (guadagnato, ndr.) un'altro giorno>>,
S. Murtas.
<<Io ti custodivo una capra, te
ne custodivo due, tre; le mie potevano essere cento, le tue potevano essere
tre; tu mungevi un tanto di latte. Con questo diavolo di bacchetta di legna
lo misuri, quanti giorni ti passano per arrivare sino a qui: come possono
essere cinque possono essere dieci, come possono essere dieci possono essere
quindici, come possono essere quindici possono essere venti. E' una stima.
Se c'era il padrone (delle tre capre, ndr.) lo poteva misurare ogni giorno;
se non c'era il padrone, e lui andava una volta ogni due mesi (il produttore
maggiore gli diceva, ndr.): -ecco il tanto del latte che hai munto oggi
è questo-; è un'approssimazione. -In media hanno fatto questo
tanto di latte, per tutto il tempo che non lo abbiamo misurato- e si fa
il conto di quanti giorni ci passavano: oggi è venticinque: tra
un mese ti dò una giornata di formaggio. Lui andava (nel giorno
stabilito, ndr.) e si faceva il formaggio in tutta comodità>>, G.
Aledda.
<<E quando, ora, ce ne fosse stato
uno che mungeva un tanto di latte (una quantità esigua, ndr), allora
glielo facevano il latte (fare il latte significa occuparsi della sua misurazione
e dei relativi calcoli per stabilire la data della giornata di formaggio,
ndr.): se c'era una capra forestiera o due, per non portarlo (il latte,
ndr.) ogni giorno a misura, allora ci accoppiavo (sommavo, ndr.) quattro
tanti (quattro unità di misura, ndr.) da qui in una asta lunga;
dopodichè prendevo questo (la lunga asta, ndr.) e lo marcavamo tutto
a tacche, sempre tutto a una misura (secondo l'unità di misura,
ndr.). Dopo contavi in quante giornate la raccoglieva (la giornata di formaggio,
ndr.) e allora lo sapeva. Così anche il pastore, se era da solo,
non pensava a misurare, pensava a mungere e basta: quello si faceva per
essere una cosa più veloce>>, U. Piras.
<<Un fabbro possedeva due o tre
capre, ora è morto; quell'uomo le dava (le affidava in custodia,
ndr.) due o tre capre, basta che gli avessero dato il capretto e un pezzo
di formaggio. Il pastore gli ha detto così: -ci 'vada oggi' (al
più presto, ndr.) a fare il latte (a misurarlo, ndr.), ma però
neanche le conviene ch‚ neanche ne capisce per andare a misurare il latte-.
(Il fabbro, ndr.) si porta il metro... Gli ha detto così: -è
questo il tuo latte?- immerge il metro, ha guardato: -il tuo latte è
tanto!-. Dopo mungono le sue: -il latte mio è tanto-. Gli fanno
il conto (i pastori effettuano la misurazione con su musròju, ndr.)...>>,
G. Aledda.
<<Vedi: digli che era ignorante,
seppure non avesse capito su musròju. Però... era un uomo
attivo, un uomo proprio di bella favella, non era che fosse ignorante.
Io dico la verità: non ho scuola, sono ignorante, vedi: il metro
se lo vedo lo riconosco, però non lo capisco mica bene bene. Ah,
con questa cosa (col bastoncino, ndr.), se siamo così, faccia a
faccia, non mi faccio infinocchiare da te, magari tu abbia una certa scuola.
Sono cagate (le operazioni fatte col bastoncino, ndr.), ma comunque guarda,
misurando ogni giorno è come il metro. Io neanche lo conosco. Col
metro guardi i dieci centimetri, cinquanta centimetri; questo (il bastoncino,
ndr.) è uguale: tu prendi il metro, lo misuri e ti dice questo è
cinque centimetri, dieci centimetri...>>, G. Aledda.
<<Sono stupidaggini, sono cose semplici,
sono semplici semplici. Insomma il metro non si usava, si usava questo
musròju. Con questo musròju tu non potevi sbagliare neppure
quanto è il 'nido dell'unghia' (una quantità piccolissima,
ndr.). Sono cose da ignoranti ma sono cose giuste>>.
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