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 CANTO VII ( canto dal verso 82) :

 

( Dante e Virgilio sono ancora in compagnia di Sordello). Sordello accompagna Dante e Virgilio su una piccola altura, dalla quale potranno vedere " I gesti e gli atti" dei principi negligenti, che dimorano all’interno di una piccola valle, detta appunto la valletta dei principi. E attraverso una rassegna che Sordello fa da questa altura, Dante può esprimere tutta la sua delusione nei confronti della nuova generazione dei principi che non ha affatto ereditato le virtù dei padri. Da qui il giudizio negativo sui principi, che all’inizio del 1300 governano in Europa.

 

TRADUZIONE LETTERALE E COMMENTO:

Sul verde e sui fiori, io vidi anime che sedevano e cantavano "Salve Regina" ( è un canto liturgico che i cristiani rivolgono dopo il vespro alla Madonna, alla quale chiedono di condurre a buon fine la loro espiazione, che dovrà portarle verso Dio), questa, a causa di un piccolo avvallamento, non si potevano vedere stando fuori. Sordello che ci aveva condotti disse:<< prima che il sole tramonti, non vogliate che io vi faccia scenderei in mezzo a loro. Da queste alture voi potrete conoscere meglio gli atti e i volti di tutte queste anime, che sono riunite dentro la valletta. Colui che siede più in alto e mostra, nel suo sembiante, d’aver trascurato ciò che avrebbe dovuto fare, e che non canta insieme alle altre anime, fu Rodolfo d’Asburgo (era nato nel 1219 e aveva ricoperto la carica di imperatore del Sacro romano impero dal 1278-1291, anno della sua morte. A lui Dante muove il rimprovero di non essere mai venuto in Italia per far da paciere soprattutto a Firenze, lacerata dalle lotte fra guelfi bianchi e guelfi neri), il quale avrebbe potuto sanare le piaghe che hanno ucciso l’Italia, così che appare tardivo il tentativo di altri imperatori. ( Pare che Dante alluda al tentativo di Arrigo VII di Lussemburgo, il quale, in veste di paciere era sceso in Italia nel 1310. Tentativo questo che non porterà ad alcun risultato, dal momento che lo stesso Arrigo VII morirà tre anni dopo a Bonconvento, nei pressi di Siena). L’altro che dimostrò di volerlo confortare governò la Terra di Boemia: ebbe nome di Ottocaro II e sin da fanciullo rivelò di essere migliore di suo figlio Venceslao IV barbuto, e che vive nella lussuria e nell’ozio (Ottocaro II fu Re di Boemia dal 1253-1278 anno in cui morì combattendo contro Rodolfo d’Asburgo. Dante, dicendo poi che Ottocaro fu migliore del figlio Venceslao introduce un tema importantissimo in questo canto: il rammarico che la virtù dei padri non è stata trasmessa nei figli.) E quello dal piccolo naso che è a stretto colloquio con colui che ha un benevole aspetto, morì ritirandosi dalla battaglia e disonorando così lo stemma di Francia: osservate come si percuote il petto! . Guardate l’altro che ha appoggiato la sua guancia sul palmo della mano e sospira per il dolore. Sono rispettivamente il padre e il suocero del male della Francia: sono a conoscenza della sua vita corrotta e disonesta, e da ciò deriva il dolore che li sconvolge. ( Quel nasetto è Filippo III l’ardito, Re di Francia, fu padre di Filippo IV il bello, detto da Dante il mal di Francia. L’altro, suocero di Filippo IV il bello, che sposò la figlia Giovanna, viene detto da Dante "di benigno aspetto" perché era grasso. Filippo III l’ardito aveva secondo Dante disonorato lo stemma di Francia, quando sconfitto a Perpignano da Pietro III d’Aragona nel 1289 era stato costretto a ritirarsi). Quello che sembra così muscoloso e che si accorda, cantando, con colui dal naso virile, fu cavaliere di ogni virtù, e se dopo la sua morte avesse ereditato il trono quel giovinetto che ora siede dietro a lui, la virtù paterna si sarebbe trasmessa nel figlio, la stessa cosa non si può dire degli altri due eredi; Giacomo e Federico hanno ereditato i Regni; e nessuno dei due possiede le qualità del padre. Rare volte l’intelligenza dei padri è trasmessa nei figli; ed è Dio stesso che vuole queste cose, affinché la si richieda a lui. ( Il personaggio "che par si membruto è Pietro III d’Aragona, mentre "il nasuto" è Carlo II d’Angiò, re di Napoli e di Sicilia dal 1266-1285). Il mio rimprovero va a Carlo I d’Angiò quanto Costanza ha motivo di vantarsi del proprio marito Pietro III d’Aragona, più di quanto non ne abbiano Beatrice di Provenza e Margherita di Borgogna, rispettivamente prima e seconda moglie di Carlo I d’Angiò ( Carlo II lo zoppo è inferiore a Carlo I d’Angiò, quanto Carlo I d’Angiò è inferiore a Pietro III d’Aragona . Costanza, moglie di Pietro III, è la figlia di Re Manfredi) guardate poi, seduto da solo, Arrigo III d’Inghilterra: costui è stato più fortunato nella riuscita dei suoi figli. Colui che siede più in basso e guarda verso l’alto è Guglielmo VII marchese di Monferrato, per la cui politica il Monferrato e il Canavese ora sono in guerra. ( Il canto si chiude con una nota drammatica: l’incapacità politica dei principi della nuova generazione di cui parla Dante è pagata a caro prezzo dal popolo, il quale è costretto a vivere nel dolore e nel lutto).