IL
DECADENTISMO
Il
26 Maggio 1883 sul periodo parigino detto il gatto nero Paul Verlaine pubblicò
un sonetto dal titolo languore, nel quale paragonava il proprio stato d'animo a
quello dell'impero romano alla fine delle decadenza; periodo in cui gli uomini
erano incapaci di forti emozioni e gesta eroiche e in cui tutto era immerso
nella noia, stato d'animo che rispecchia quello diffuso in tutta la cultura del
suo tempo.
Il
decadentismo è quindi la cultura della crisi, la risposta culturale, che
corrisponde con gli anni '80 alla crisi della borghesia liberale. Il
riferimento all'ultimo ventennio è giustificato dal fatto che in quegli anni
(soprattutto in Francia) si registra la diffusione degli aspetti fondamentali
della cultura decadente: l'estetismo e il simbolismo. Questa delimitazione
cronologica è però riduttiva, in quanto il Decadentismo rinnova in maniera
originale motivi e temi già presenti nella cultura romantica.
Il
movimento trovò il suo portavoce nel 1886 in un periodico francese diretto da
Baju Le Decadént, ma queste riviste già negli anni precedenti interpretavano le
tendenze di questo movimento. Sul Lutec per esempio nel 1883 Verlaine presentò
le personalità più significative del gruppo in una serie intitolata I poeti
Maledetti.
Come
manifesto di queste nuove tendenze si presentò però il romanzo Controcorrente
di Huyusmans del 1884, che fissò in un vero e proprio codice i motivi del
movimento decadente.
Motivo
centrale del decadentismo è l'antipositivismo: la visione positivistica
sostenuta dall'opinione borghese che vedeva la realtà come un complesso di
fenomeni materiali regolati da leggi fisse, meccaniche e deterministiche, le
quali, attraverso la scienza possono essere individuate, garantendo così una
conoscenza assoluta della realtà, il progresso indefinito, il dominio dell'uomo
sul mondo è ora cambiata; per i decadenti ragione e scienza non possono dare la
conoscenza del reale in quanto la vera essenza di esso è al di là delle cose,
avvolta nel mistero che è dietro la realtà sensibile. Solo rinunciando alla
visione razionale è quindi possibile vedere oltre la realtà apparente delle
cose. In questa visione mistica tutti gli aspetti dell'essere sono legati tra
loro da analogie che sfuggono alla mente umana.
In
relazione all'antipositivismo vi è la crisi dello scientismo, connessa alle
scoperte di Einstein e Heiesenberg, i quali sancirono il declino della scienza
intesa come valore assoluto. Per la visione decadente soggetto e oggetto, io e
mondo si confondono in un'unità, qualcosa li unisce e questa unione avviene sul
piano dell'inconscio; l'individualità scompare e si unisce con il Tutto.
Se
l'essenza della realtà non può essere colta attraverso la razionalità, gli
strumenti privilegiati diventano tutti gli stati irrazionali: follia, malattia,
nevrosi, delirio, visione onirica. Questi stati esterni alla ragione possono
essere anche provocati artificialmente attraverso l'uso di alcool e droga.
Altre
forme di estasi che consentono questa esperienza nell'assoluto sono state
individuate nel panismo: l'annullamento dell'IO individuale nel Gran Tutto che
porta al potenziamento all'infinito della vita; e nell'epifania (la
rivelazione) che consiste nell'analisi di un qualsiasi particolare delle
realtà, il quale si carica di un misterioso significato che affascina come
rivelazione momentanea dell'assoluto.
Tra
i momenti privilegiati della conoscenza c'è l'arte, in questa visione il
pittore, il poeta, il musicista sono considerati veri e propri
"veggenti" capaci di spingere lo sguardo dove l'uomo non vede più
nulla, di rivelare l'assoluto. L'arte appare quindi come il valore più alto che
deve assorbire tutti gli altri. Questo culto dell'arte ha dato origine al
fenomeno dell'estetismo. L'esteta è colui che assume come principio regolatore
della sua vita non i valori morali, bensì il bello ed in base ad esso agisce e
giudica la realtà. La poesia, in quanto arte, diventa suggestione irrazionale e
rinuncia alla comunicazione di un significato razionale; di conseguenza solo
gli artisti sono in grado di comprenderla, e a volte diviene autocomunicazione,
rifiutando di rivolgersi ad un pubblico borghese, ritenuto mediocre e volgare.