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Pirandello

 

Pirandello realizzò una vera e propria rivoluzione sul piano delle tecniche narrative e dei moduli espressivi accompagnata da un continuo attacco alle istituzioni, ai valori, alle convenzioni. Non ostante questo, P. ebbe una vita "borghese": nacque nel 1867 a Girgenti (Agrigento), si laureò a Bonn, sposò, seguendo il volere dei genitori, una compaesana; nel 1934 gli venne conferito il premio Nobel e dopo due anni morì a Roma. Ebbe una formazione patriottico - risorgimentale legata alla tradizione garibaldina della famiglia ed è anche a causa del contrasto tra gli ideali risorgimentali e la realtà deludente della realtà politica di fine '800 che P. attaccò i valori contemporanei. Nel 1924, dopo il delitto Matteotti, prese la tessera fascista sottraendosi, però, da ogni obbligo ufficiale continuando ad approfondire i suoi temi, lontani da quella che era l'ideologia fascista.

POETICA

Un testo fondamentale per capire la poetica di P. è il saggio L'umorismo (1908) [T163]; in esso l'autore dichiara di valorizzare il ruolo che, nella produzione artistica, gioca la RIFLESSIONE che si pone davanti al sentimento, diventandone giudice, analizzandolo; da questa analisi viene messo in evidenza un altro sentimento: il SENTIMENTO DEL CONTRARIO. Esso permette di cogliere attraverso la riflessione la complessità della realtà, di percepire le contraddizioni che la compongono, di andare oltre ciò che, a primo impatto, colpisce i nostri sensi ed è usando la riflessione, il sentimento del contrario che l'umorista si distingue dal comico.

L'utilizzo della riflessione porta a:

· superamento della concezione di una realtà oggettiva concepita come un fatto autonomo da rappresentare;

· la negazione del valore conoscitivo della ragione (=scienza) àvisione dialettica del reale.

Già nel suo primo romanzo, L'esclusa, si può notare questa concezione pluralista della realtà: il contrasto tra apparenza e realtà, la presenza di tante verità quanti sono coloro che pensano di possederla, l'assurda condizione dell'uomo costretto ad essere catalogato dalla società e legato ad una forma che lo soffoca (RELATIVISMO GNOSEOLOGICO = la conoscenza della realtà è impossibile da cogliere poiché è impossibile conoscere ogni singolo aspetto dell'uomo).

Quest'ultimo punto porta i personaggi pirandelliani all'esperienza della DEPERSONALIZZAZIONE, consistente nella scoperta e nella consapevolezza del valore apparente delle forme che ci alienano da noi stessi (Fu Mattia Pascal; Uno, nessuno e centomila). Mettendo a nudo la convenzionalità dei valori accettati, in particolar modo la famiglia, P. compie, inoltre una demistificazione di essi, procedendo tuttavia con un atteggiamento di PERPLESSITÀ. La consapevolezza della rovesciabilità della realtà fa si che l'umorista possa disprezzare o demistificare, comprendere o compatire la realtà. In questo modo ci troviamo di fronte ad altri due aspetti della poetica di P.: il GROTTESCO e la PIETÀ. Se da un alto i personaggi pirandelliani sono segnati dalla loro condizione umana, sono deformati dall'afa della vita, dall'altro l'accanimento grottesco volto a rivelare le incongruenze delle convenzioni, tramite la poetica dell'umorismo, si trasforma nella pietà, nella comprensione [T164].

FORME NARRATIVE

La narrativa pirandelliana comporta una destrutturazione delle forme narrative precedenti e l'adozione di modalità volte a rendere la perplessità dell'autore e la molteplice contraddittorietà del reale.

Ci troviamo di fronte, quindi, ad un personaggio scisso, FORESTIERE DELLA VITA che, incapace di avere un rapporto fiducioso con la realtà, finisce con il sembrare un INETTO, incapace di realizzare la propria identità e che, alla fine, non può fare altro che narrarsi esprimendo tutte le sue contraddizioni e il suo io; questo può creare uno stile non armonioso poiché non lo è neanche l'io dell'individuo (vd. Vitangelo Moscarda di Uno nessuno e centomila e Mattia Pascal de Il fu Mattia Pascal). Gli inetti di P. non sono, però i vinti del Verga; questi ultimi sono coloro che, travolti dalla "fiumana del progresso", sono attratti dalla novità ed escono da "l'ostrica", i secondi, invece, sono incapaci di vivere in modo attivo la vita, di scegliere e in questo gioca un ruolo fondamentale il CASO.

I personaggi di P. sono quasi sempre dei piccoli borghesi, soffocate dalle convenzioni, alle quali il più delle volte si adattano passivamente, anche se, talvolta, prendono coscienza della loro situazione e reagiscono con gesti apparentemente bizzarri, che non trovano sbocco se non nella pazzia (Enrico IV T167) o nella rassegnazione. Nella prosa di P. spicca spesso il DISCORSO INDIRETTO LIBEROche mette a nudo l'interiorità dei personaggi; a ciò si aggiunge il capovolgimento della SUCCESSIONE CRONOLOGICA. Oltre a questi, altri temi pirandelliani possono essere l'inconoscibilità del reale, la presa di coscienza delle convenzioni che opprimono l'uomo, il vagheggiare un'evasione impossibile, l'impasto tra grottesco e pietà, LA PENA DI VIVERE, ossia l'impossibilità di poter realizzare la propria identità.

Unica opera di carattere politico - storico è I vecchi e i giovani, scritto intorno al 1906, tratta del conflitto tra la vecchia generazione risorgimentale e la nuova, insoddisfatta di fronte alla realtà politica che gli si presenta, cerca nuove strade. Rispetto a Pascoli e a D'Annunzio, che permearono di una visione egocentrica la crisi dei valori ottocenteschi, P. perviene ad una consapevolezza più profonda della crisi di quel periodo, dello stato di disorientamento in cui vive l'uomo. Consapevolezza che si traduce nello scetticismo, un sentimento di impotenza.

IL TEATRO

Nella produzione teatrale di P. ritornano i temi già visti per la prosa; come era successo per la narrativa, anche nel teatro usa e allo stesso tempo trasforma i materiali della produzione a lui precedente (usa spesso il triangolo lui lei l'altro per svuotarlo e renderlo utile alla sua produzione).

Non si può dividere in due fasi distinte la produzione narrativa da quella teatrale dal momento che si integrano a vicenda e che derivano entrambe dall'umorismo fondato sullo scontro, sulle valutazioni e punti di vista opposti.

Il teatro pirandelliano si distingue dal precedente per:

1.s'introduce una visione dialettica del reale, ossia una realtà interpretabile da più punti di vista e perciò priva di consistenza oggettiva (T165)

2.i suoi personaggi caratterizzati tutti da un carattere raziocinante (CELEBRALISMO) àdialogo filosofico.

Il ragionare dei personaggi di P.(punto 2) nasce dal tentativo di rompere la solitudine, di stabilire un colloquio, ma, fallendo in queste aspirazioni, può solo accettare la sua solitudine la maschera che imprigiona la vita reale.

Ultima novità del teatro di P. è il METATEATRO , realizzato attraverso effetti di straniamento che gli permettono di riflettere su una pièce, frantumando il patto che con il teatro precedente si era creato tra attori e spettatori.

RAPPORTI CON IL VERISMO

Già a partire dall'Esclusa, P. smantella la visione univoca della realtà tipica del verismo, ma, d'altro canto, resta fedele ad un ambiente ben preciso che è quello dell'uomo siciliano, "l'uomo di Girgenti": la sicilianità diventava modello della contemporaneità. Inoltre, nell'Esclusa, si può notare ancora l'influenza verista nella cornice esteriore e nella desolata rappresentazione della realtà siciliana, però i tormenti e le ossessioni dei personaggi diventano esempi della condizione umana frustrata.