IL
VERISMO
Il
naturalismo Francese diffuso principalmente da Zola, si diffuse in Italia nei
primi anni settanta, in particolare negli ambienti di sinistra a Milano. I
primi scrittori che accolsero il Naturalismo, introducendolo nei propri lavori
furono Capuana e Verga.
Capuana,
critico letterario del Corriere della Sera, aiutò la diffusione delle ideologie
Naturaliste di Zola in Italia. Capuana però si distingue dall'autore Francese
nella concezione del romanzo; infatti egli, concorde con Verga, non intende il
romanzo come "mezzo di diffusione di elementi scientifici", bensì
crede che questo debba rimanere un'opera d'arte nella quale sia presente
l'elemento scientifico, che lo influenzi esclusivamente nella forma.
VERGA
Condivide
il punto di vista di Capuana sul romanzo, ma rimane coerente alla riproduzione
di fatti e avvenimenti assolutamente reali. Per attuare il suo intento, Verga
adotta la tecnica narrativa dell'Impersonalità del narratore, ovvero egli
esclude se stesso dalla narrazione affinché il lettore possa confrontarsi con i
fatti senza vederli attraverso "la lente dello scrittore". L'autore
quindi si immedesima in un personaggio anonimo interno all'ambiente sociale
descritto ma non coinvolto nella vicenda, così che Verga riesca a "vedere
le cose con i loro occhi ed esprimerle con le loro parole".
Dal
1878 in poi Verga applica la sua tecnica narrativa e le sue ideologie ai
lavori. Innanzi tutto scompare il narratore onnisciente, e la "voce"
che racconta è interna all'ambiente rappresentato, allo stesso livello con gli
altri personaggi; l'autore si mimetizza tra i personaggi adottando il loro modo
di pensare, influenzato da atteggiamenti primitivi e da superstizioni, e il
loro modo di parlare, semplice con l'uso di proverbi e forme dialettali. Ne I
MALAVOGLIA o nelle NOVELLE, ad esempio, l'ambientazione è popolare e l'autore
elimina la figura dell'intellettuale borghese, quale era, per immedesimarsi
nella classe sociale rappresentata. Il narratore interno alla vicenda non
descrive i personaggi né gli ambienti a loro circostanti (al contrario di
quanto faceva Manzoni), bensì il lettore li scopre tramite i commenti e i
giudizi degli altri personaggi.
Alla
base dell'impersonalità dell'autore c'è il pessimismo di Verga. Egli, convinto
della certezza assoluta e l'immutabilità delle leggi scientifiche, applica il
Darwinismo sociale all'umanità. La "lotta per la vita" applicata
all'uomo e resa immutabile dalle sue convinzioni, dipinge una visione
dell'umanità tesa alla sopraffazione e all'eliminazione del concorrente,
deviata da interessi economici ed egoistici. Affermando che questo concetto è
immutabile, Verga esprime l'inutilità di ogni intervento giudicante; di
conseguenza allo scrittore non resta che esprimere la realtà così com'è e proporla
al lettore senza alcun intervento da parte di persone esterne alla vicenda.
Il
pessimismo di Verga lo pone in una posizione conservatrice, contro le ideologie
progressiste e socialiste con l'utopia del progresso o del miglioramento
sociale. Egli infatti pensa che ogni tentativo di cambiamento sia vano e
inutile in quanto la realtà è regolata dalla legge della sopravvivenza, la
quale non si può cambiare, perché scientifica.
Verga
è quindi convinto che ogni cambiamento, sia in positivo che in negativo, sia
impossibile; comunque egli è ben consapevole che la realtà sociale, in
particolare quella popolare del meridione, sia in condizioni disastrose. Ciò
nonostante Verga rimane neutrale rispetto ai miti che si andavano diffondendo
in quell'epoca: il mito del progresso, che secondo la sua opinione è solo
un'utopia; e il mito del popolo, visto come ultimo conservatore dei valori
sociali e come esempio per la corrotta borghesia industriale, però Verga
applicando il Darwinismo all'intera umanità, afferma che tutti sono regolati
dalla legge del più forte e la generosità, i valori ideali o la pietà non
esistono se non per un doppio fine. Sono quindi assenti nello scrittore il
pietismo verso il popolo e la mitizzazione dello stesso.
Nel
confronto tra Verga e Zola si notano le principali differenze tra il
Naturalismo Francese e il Verismo (che non era inteso come vero e proprio
movimento letterario, come era il primo). Zola esprime senza alcuna limitazione
il proprio punto di vista riguardo al mondo popolare, ponendosi come narratore
borghese che analizza la condizione del popolo dal proprio punto di vista, non
è quindi uno studio oggettivo della materia.
In
questo tema, l'impersonalità, c'è la principale differenza tra i due scrittori.
Per Zola l'impersonalità significa assumere il distacco della "scienziato
che si allontana dall'oggetto per osservarlo dall'esterno"; per Verga
significa invece immergersi nell'oggetto.
Zola
ha piena fiducia nel progresso, ottimismo che ha le radici nell'immagine
positiva del suo paese, visto come stato in crescita. Verga, al contrario, vede
una realtà Italiana agli albori dell'industrializzazione, con grosse differenze
tra Nord e Sud ed una condizione delle classi lavoratrici e proletarie
disastrosa; situazione presente al momento della diffusione delle idee
Naturaliste, che affermavano l'immutabilità delle leggi naturali, legate al
Darwinismo, con l'interpretazione di Verga, rendevano questa disastrosa
condizione sociale come qualcosa di certo e impossibile da migliorare.