NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE
Horace Walpole nacque a Londra il 24 Settembre del
1717, ultimo dei figli di Sir Robert Walpole.
Visse in un ambiente
aristocratico; fra il 1735 e il 1739 studiò al Trinity College di Cambridge e
proprio qui contrasse una serie di amicizie che durarono poi tutta la vita. Horace
viaggiava molto e fu’ con uno di questi suoi cari amici, Thomas Gray, che
intraprese un “grand tour” in Francia e in Italia. Fu’anche uno dei più
raffinati e colti collezionisti del 18° secolo.
Nel 1751 divenne membro
del parlamento, ruolo attraverso il quale tentò di riabilitare il nome paterno.
Nel 1765 pubblicò il suo
unico romanzo, The castle of Otranto, il quale ottenne un gran successo.
Il 2 Marzo 1797 Horace
Walpole muore a Londra, in Berkeley Square, fedele fino all’ultimo al suo
motto: “Il mondo è una commedia per coloro che pensano, una tragedia per coloro
che sentono.”
TITOLO: “Il Castello
d’Otranto”
TITOLO ORIGINALE: “The
Castle of Otranto”
TRADUTTORE: Oreste Del
Buono
CASA EDITRICE: S.p.A.
LUOGO E DATA
DI PUBBLICAZIONE:
Milano, 1996
CASA EDITRICE, LUOGO E
DATA DELLA PRIMA PUBBLICAZIONE: Thomas Lowds,
Londra, 24 Dicembre 1764
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1° SEQ. pagg. 47-48: introduzione su Manfredo e la
sua famiglia.
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2° SEQ. pagg. 48-54: morte del figlio Corrado e
successiva collera del padre verso un contadino.
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3° SEQ. pagg. 54-58: dialogo tra Manfredo e
Isabella.
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4° SEQ. pagg. 59-73: fuga di Isabella nei sotterranei
del castello dove viene aiutata da un contadino.
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5° SEQ. pagg. 74-84: dialogo tra Matilda e il
contadino. In Questa macrosequenza compare anche Bianca, la cameriera di
Isabella.
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6° SEQ. pagg. 85-99: il giovane contadino viene
messo a morte da Manfredo ma suo padre Girolamo lo salva.
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7° SEQ. pagg. 100-114: i tre cavalieri di Federico,
marchese di Vicenza, che vogliono indietro la principessa Isabella.
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8° SEQ. pagg. 115-124: Matilda salva Teodoro dalla
torre e lo fa fuggire in una foresta; lì il contadino incontra Isabella e vuole
assolutamente salvarla da Manfredo, ma colpisce con la spada Federico, il padre
della principessa.
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9° SEQ. pagg. 125-128: breve racconto di Federico
sul suo lungo pellegrinaggio.
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10° SEQ. pagg. 129-133: Teodoro racconta la sua
vita.
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11° SEQ. pagg. 134-142: Ippolita decide di dare
Matilda in sposa a Federico.
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12° SEQ. pagg. 142-147: Ippolita informa padre
Girolamo della sua intenzione di ritirarsi in monastero; in seguito il frate
accusa Manfredo di essere un principe indegno.
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13° SEQ. pagg. 148-155: Bianca spaventata racconta
a Manfredo e Federico ciò che ha visto con i suoi occhi: un gigante.
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14° SEQ. pagg. 156-167: Matilda viene uccisa dal
padre, il quale addolorato decide di rinunciare al principato d’Otranto.
La struttura narrativa di
questo romanzo Gotico è molto lineare e semplice: l’intera vicenda si svolge
attorno a un’unica struttura.
Compaiono infatti solo
un’esposizione, una serie di peripezie e uno scioglimento. L’esposizione ha
inizio con il primo capitolo del libro, quando c’è la descrizione del
principato d’Otranto, di Manfredo, della moglie e dei figli. Con la morte di
Corrado iniziano le varie peripezie: la fuga di Isabella, l’aiuto del contadino
Teodoro, padre Girolamo, il marchese Federico e tutti le visioni soprannaturali
che ci sono nel castello. Io, personalmente, penso che non esista un esordio, cioè
una vicenda più importante di altre, perché quasi tutto il romanzo è
caratterizzato da una serie di mutamenti tutti ugualmente importanti. Alla fine
del libro c’è un momento di massima tensione, Spannung, ovvero la morte di Matilda
cui poi segue lo scioglimento: Manfredo rinuncia al suo principato, ed è così
che si conclude il romanzo.
Il romanzo di Horace è
ambientato presumibilmente nel Medioevo, ciò possiamo dedurlo da molti aspetti
che in un romanzo più moderno non comparerebbero. I romanzi ambientati in
questo periodo, infatti, hanno una trama spesso simile: castelli pieni di
passaggi segreti e prigioni, fanciulle perseguitate, fatti di sangue, profezie
o matrimoni mancati, storie d’amore…
Anche la storia di
Horace è densa di questi particolari che rendono il suo romanzo interessante,
una storia in cui il lettore e’ sempre in cerca della fine che non arriva mai.
La storia de “Il castello d’Otranto” è
narrata in un arco di tempo molto breve, circa due giorni. E’, però,
caratterizzata da parecchi flash-back, cioè brevi storie che ci aiutano a
comprendere meglio ciò che succede nel romanzo. Ad esempio quando Teodoro
racconta di come mai Girolamo fosse suo padre, infatti, qui inizia un breve
racconto sulla sua vita.
In questo romanzo ci
sono parecchi dialoghi, con ciò deduciamo che il tempo della storia sia spesso
uguale a quello del racconto. Infatti, non compaiono troppe accelerazioni della
storia, è per questo che la durata del romanzo è solo di due giorni.
Riguardo
allo spazio non c’è molto da dire, infatti, Horace non si sofferma a descrivere
attentamente i luoghi in cui si svolgono le vicende; penso che preferisca che
sia il lettore a farsi un immagine personale su tutto, in modo che sia lui a
costruirsi nella mente un film proprio. Poche informazioni abbiamo riguardo
allo spazio del romanzo; a parte un castello, un monastero e poi il tipico
paesaggio di foresta che sta attorno al castello e che compare spesso durante
inseguimenti o combattimenti. Da ciò si può dedurre come lo spazio abbia solo
ed esclusivamente un significato simbolico e quasi mai realistico.
Manfredo ha un carattere molto irascibile, è una persona impaziente e irragionevole, non sa cos’è la modestia. E’ sicuramente il protagonista del libro, attorno a lui gira tutta la storia.
- Ippolita: è la moglie di Manfredo, una donna sensibile, molto bella e pia. Si preoccupa spesso per suo marito e pur non essendo trattata molto bene da lui, gli è sempre devota. Non compare spesso nel romanzo, ma da quelle poche volte che c’è si può notare che donna generosa e altruista sia. Ha un grande amore per sua figlia Matilda.
- Matilda: è la figlia di Manfredo e Ippolita, una splendida fanciulla anche lei molto pia e devota alla religione. Per sua sfortuna (dico sfortuna perché a causa di ciò verrà poi uccisa) s’innamora di un giovane, il contadino Teodoro. E’ una principessa molto ubbidiente al padre e anche lei, come la madre, non ha un ruolo ben preciso nel romanzo; non si può’ definire un’antagonista né un’aiutante (pur obbedendo sempre a suo padre, non vuol dire che era sempre d’accordo con lui).
- Isabella: è la “vedova” di Corrado (vedova non con un significato legale, infatti non si erano sposati) una donna molto bella, però anche meno pia di Matilda e Ippolita; infatti non era assolutamente d’accordo sulla decisione di Matilda di ritirarsi in un convento. Isabella può’ essere considerata l’oggetto del romanzo, è infatti il personaggio desiderato (era desiderata da Manfredo) che mette in moto l’azione.
- Teodoro: è il contadino che aiuta sempre Isabella (si può’ considerare un aiutante, ma anche un avversario) a fuggire da Manfredo; s’innamora di Matilda e rischia molte volte di essere messo a morte dal principe a causa della sua troppa audacia . E’ un giovane molto bello, coraggioso e sincero, anche se a causa di questa dote rischia troppo spesso la vita. Viene spesso notata la sua somiglianza con un antenato della famiglia: Alfonso.
Questi che ho appena descritto erano i personaggi principali del libro. Non bisogna pero’dimenticare padre Girolamo (un frate spesso contrario alle assurde decisioni di Manfredo; ama molto Ippolita e quando può la difende), la cameriera Bianca (donna pettegola e loquace; viene licenziata da Manfredo per aver detto troppe cose al marchese Federico), il marchese Federico (che compare solo alla fine; è il padre di Isabella e vuole portarsi via sua figlia).
La tecnica di presentazione dei personaggi usata da Horace è poco concentrata sulla descrizione; sono, infatti, caratterizzati tramite indizi con cui il lettore deve riuscire a farsi un’idea di loro.
GIUDIZIO PERSONALE
SULL’OPERA
Il mio giudizio personale su questo romanzo è assolutamente positivo anche se in genere non mi hanno mai fatto impazzire i romanzi ambientati nel Medioevo, con storie fantastiche e spesso troppo irreali. Pur essendo anche questo un romanzo irreale, immaginario, con una storia molto simile ad altre; mi è piaciuto veramente tanto. Horace ha un modo di scrivere particolare, non va troppo nei particolari e questo permette al lettore di ricrearsi nella mente una storia propria, “personalizzata”. Molti scrittori hanno un modo di scrivere che va fin troppo nei particolari, descrivono troppo i personaggi, i luoghi, gli avvenimenti e spesso inconsciamente ti danno anche dei loro pareri. Ciò non penso sia sbagliato ma per far si che un lettore s’immedesimi pienamente nel romanzo non ci dovrebbero essere giudizi, descrizioni troppo precise che potrebbero in qualche modo disturbare la mente del lettore: esso, infatti, non si sentirebbe più “a suo agio con il libro” (nel senso che non riuscirebbe a farsi trasportare liberamente).
Un’altra cosa che mi ha particolarmente colpito di questo romanzo e’ il tempo del racconto: il fatto che un romanzo di centosettanta pagine abbia una storia che duri due giorni circa, mi ha colpito. All’inizio pensavo di non aver capito la storia ma arrivata alla fine avevo le idee più chiare. Anche questo modo di scrivere mi è piaciuto perché, con questa sua “lentezza”, Horace dà la possibilità al lettore di andare a fondo nella storia e quindi di apprezzarla di più.