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Giuseppe Garibaldi

Generale e patriota (Nizza Marittima 1807-Caprera 1882), fu uno degli artefici dell'Unità d'Italia.

Figlio di Domenico, capitano mercantile di origine genovese, e di Rosa Raimondi. A 26 anni entrò nella Giovine Italia. A Marsiglia conobbe il Mazzini e decise di partecipare alla rivolta di Genova (1834). Fallito il moto e condannato a morte in contumacia, dovette riparare in Brasile (1835), dove comandò la flotta da guerra nell'insurrezione di Rio Grande do Sul contro il governo brasiliano e creò un corpo italiano (le camicie rosse) nel movimento indipendentista uruguagio.

Tornato in Italia nel 1848, con un gruppo di volontari si batté contro gli Austriaci (Luino, Morazzone), ma fu poi costretto a rifugiarsi in Svizzera. Dopo la proclamazione della Repubblica romana, si recò in quella città ed ebbe il comando della Legione italiana contro il corpo di spedizione francese di Oudinot.

Dopo la caduta di Roma si sottrasse alla cattura riparando a San Marino. Fuggendo verso Venezia, perdette, uccisa dalle fatiche, la moglie Anita. Dopo il suo secondo esilio (Tangeri, New York, Perú), nel 1854 era di nuovo in Italia e nel 1856 aderiva alla Società Nazionale di La Farina. Nominato generale dell'esercito piemontese da Cavour, per la guerra del 1859 arruolò 5000 volontari (i Cacciatori delle Alpi), vinse gli Austriaci a Varese e a San Fermo, entrò trionfalmente in Brescia; ma l'armistizio di Villafranca e, soprattutto, la cessione di Nizza alla Francia lo amareggiarono profondamente e raffreddarono i suoi rapporti con il governo sardo.

Nel 1860, alla notizia della rivolta scoppiata a Palermo, organizzò a Genova la leggendaria spedizione in seguito detta 'dei Mille': salpati da Quarto nella notte tra il 5 e il 6 maggio e sbarcati a Marsala l'11, i volontari occuparono tutta l'isola; quindi, attraversato lo Stretto di Messina, raggiunsero Napoli il 7 settembre. Dopo l'incontro a Teano con Vittorio Emanuele, Garibaldi si ritirò a Caprera. Ma non aveva rinunziato al proposito di fare di Roma la capitale d'Italia, e nel 1862 marciò verso la città. La minaccia di un'azione da parte di Napoleone III convinse però il governo italiano a stroncare l'iniziativa: sull'Aspromonte Garibaldi fu battuto, ferito e fatto prigioniero da soldati italiani. Trasferito a La Spezia, fu liberato poco dopo.

Nel 1866, allo scoppio della guerra, Garibaldi accettò di nuovo il comando dei volontari, che guidò, in Trentino, alla vittoria di Bezzecca (21 luglio). Dopo questa campagna, tornato all'antico proposito, più che mai attuale, di liberare Roma, Garibaldi diede inizio a un'intrepida azione, che però -- dopo un successo contro i papalini a Monterotondo -- si concluse infelicemente a Mentana (3 novembre 1867).

Seguirono la prigionia e il ritiro a Caprera. Dall'isola Garibaldi si allontanò solo una volta, nel settembre 1870, per offrire i suoi servigi alla Francia, contribuendo alla liberazione di Digione (1871).

Deputato (1881), favorì negli ultimi anni della sua vita l'affermarsi della I Internazionale e del movimento operaio.