Destra: la parte più conservatrice dello schieramento politico / la fazione più moderata all’interno di un partito o di uno schieramento politico.
Centro: il
raggruppamento in cui si incontrano le forze politiche moderate
Sinistra: le parti politiche che rappresentano le tendenze radicali rispetto a quelle conservatrici. E’ da notare che l’antica tradizione religiosa che colloca i reprobi alla sinistra del Signore ha sempre determinato un’istintiva connotazione negativa nei confronti delle voci e delle locuzioni che si riferiscono a quel lato delle assemblee. Essere di sinistra, essere di destra, parteggiare per ideologie di sinistra o di destra (ma da qualche tempo in seguito alle condizioni diverse del costume e della vita politica, la distinzione tra destra e sinistra appare a molti più sfumata, meno netta rispetto al passato). / Nell’ambito di un partito o di un movimento, anche moderato o di centro, la parte più radicale, che si pone come innovatrice.
Destra: insieme delle
forze politiche moderate, conservatrici o reazionarie, così detto per la
posizione che i suoi rappresentanti occupano tradizionalmente in parlamento,
alla destra del presidente.
·
Destra storica: gruppo politico moderato di ispirazione
liberale che fu al governo in Italia dal 1861 al 1876. Nato dalla fusione di
forze preesistenti che avevano il loro punto di riferimento in C. Cavour, formò
un gruppo relativamente compatto, sebbene costituito da politici spesso
differenti per ispirazione e per origine (piemontesi Q. Sella, G. Lanza;
toscani B. Ricasoli, U. Peruzzi; meridionali S. Spaventa, A. Scialoja, ecc.…) e
attuò una politica di accentramento amministrativo e di forte pressione fiscale.
Centro: aggruppamento
politico di tendenza moderata.
Sinistra: insieme delle forze politiche
democratiche e progressiste,
generalmente di ispirazione socialista./ Ala radicale, progressista in un
partito o raggruppamento.
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Sinistra storica: denominazione del
raggruppamento di orientamento liberal-progressista, formatosi al parlamento
italiano subito dopo l’Unità. Costituito inizialmente dal nucleo originario dei
democratici già presenti nel parlamento subalpino, raccolse gli esponenti del
partito d’azione, nonché singoli intellettuali, per lo più di origine
meridionale. La sinistra giunse al potere nel 1876 e attuò una serie di riforme
significative: legge Coppino sull’istruzione elementare obbligatoria e
gratuita, abolizione della tassa sul macinato, ampliamento del corpo
elettorale.
“I termini destra e sinistra hanno fatto
il loro ingresso nel linguaggio politico moderno durante la Rivoluzione
francese, nel periodo della Costituente, e precisamente in occasione del
dibattito sul diritto di veto del re: quanti erano favorevoli a concedere al
monarca il diritto di veto incondizionato sui lavori dell’assemblea sedevano a
destra, i contrari sedevano a sinistra. La destra fu quindi identificata con i
realisti e divenne sinonimo di conservazione, reazione e gerarchia; la sinistra
fu identificata con le forze rivoluzionarie e dunque associata a progresso,
uguaglianza, innovazione.
Da allora la scena politica ha subito le
trasformazioni più straordinarie, che ne hanno radicalmente modificato la
fisionomia; la distinzione destra/sinistra è però rimasta a dividere in due il
campo della politica, identificando e connotando azioni, movimenti, ideologie e
regimi… Naturalmente i contenuti e i significati attribuiti alla dicotomia si
sono modificati, sostituendosi e in parte sovrapponendosi a quelli originari,
mutando di segno e invadendo sfere in precedenza sottratte alla connotazione
politica”.
(Destra/sinistra, di Franco Ferraresi e Anna Elisabetta Galeotti)
“… esistono tre grandi discriminanti. La prima è costituita dall’opposizione fra progresso e disponibilità a cambiare della sinistra e fra tradizione e conservazione della destra. La seconda, dall’opposizione fra istanze egualitarie/antiegualitarie. La terza, dalla concezione delle differenze: gerarchica e “verticale” per la destra (diverso = inferiore, oppure: le differenze sociali sono “naturali”), “orizzontale” per la sinistra. Quest’ultima prende atto dalle differenze di sesso, lingua, religione, capacità, intelligenza, senza che ciò dia luogo ad una classificazione gerarchica (più importante/meno importante; superiore/inferiore). Poi, a prescindere da queste differenze, dice che ogni individuo è diverso dall’altro. Karl Marx arrivò a coniare la famosa massima: “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i sui bisogni” , che è appunto il riconoscimento della diversità degli individui. La sinistra difende questa diversità, che è poi la singolarità di ciascuno, e contemporaneamente si scaglia contro le differenze che vengono create dalla società: differenze economiche, di grado di influenza politica, di opportunità fra gruppi di individui e altri. Non arriva a dire “tutti uguali in tutto”, si preoccupa però che le differenze di reddito, di posizione sociale, di istruzione, non affliggano sempre le stesse persone e cerca di distribuire le risorse collettive in modo tale che il maggior numero di persone possibile ne possa usufruire. La destra, al contrario tende a difendere e a creare le differenze sociali, economiche, politiche, perché ritiene che il sistema così com’è vada bene e, difendendolo, accentua le disparità già esistenti.
Volendo, le opposizioni fra destra e
sinistra sono infinite. Facciamo degli altri esempi:
·
La destra difende i valori della patria e può arrivare ad
essere nazionalista/ la sinistra è internazionalista;
·
La destra considera la guerra come uno strumento di
politica estera per difendere gli interessi nazionali/ la sinistra è
tendenzialmente pacifista, anche se il pacifismo è un universo piuttosto
variegato;
·
La destra si oppone ai mutamenti sociali, perché la
tradizione dice che ciascuno ha un suo posto nella società/ la sinistra
appoggia i movimenti femministi ed è disposta a sperimentare dei mutamenti, per
esempio, nell’organizzazione del lavoro (lavoro di gruppo);
·
La destra è individualista, competitiva, “vinca il
migliore” dice/ la sinistra tende a fare riferimento non la singolo individuo
ma ai gruppi con problemi e interessi comuni (i sindacati, i disoccupati, i
lavoratori, ecc.);
·
La destra crede che il mercato e l’iniziativa individuale
sino gli unici elementi creatori di un ordine efficiente, perché garantiscono
il successo ai più capaci e ai migliori/ la sinistra sostiene la necessità di
un’economia che permetta ai migliori di emergere, ma che contemporaneamente
offra possibilità ai nuovi soggetti;
·
La destra favorisce in tutti i modi il mercato e
l’integrazione mondiale nell’economia capitalistica, il suo problema principale
è di continuare a produrre di più a costi minori (per essere competitiva
rispetto ai concorrenti) e guadagnare di più/ la sinistra si pone il problema
delle disuguaglianze di ricchezza a livello mondiale e di modelli di sviluppo
produttivo differenziati e in armonia con la cultura e le risorse di ciascuna
realtà;
·
La destra sostiene lo “Stato minimo”, cioè poca
burocrazia e il minor intervento possibile dell’ente pubblico nell’economia e
nella società. Quindi meno tasse per mantenere uffici e servizi / la sinistra sostiene invece lo “Stato sociale”, cioè
un ruolo attivo dello Stato nel ridurre le disparità esistenti fra gli
individui e i gruppi. Quindi più tasse al fine di assicurare più servizi alla
collettività e conseguentemente più uffici e più personale pubblico. E così
via.
Destra e sinistra vengono definite in
vario modo. Per la prima vengono usati come sinonimi nuova destra o
neoliberalismo; per la seconda, nuova sinistra o progressisti. Al di là dei
termini o delle parole, le differenze tra le due posizioni non sono piccole e
non sono piccole le conseguenze che governi di destra o di sinistra possono
produrre sulla nostra vita di tutti i giorni, sulla possibilità o meno di avere
un buon livello culturale e una qualità di vita soddisfacente”.
(Il presente come storia, di Paola Castagnetti, ed. Clio)