1- LA CRISI DEL 300.............................................................................................................................. 1
2 - L’EUROPA POLITICA
TRA IL 14° E IL 15° SECOLO.............................................................................. 3
3 - L’ITALIA NEL XIV E
XV SECOLO......................................................................................................... 4
4 - L’UMANESIMO E IL
RINASCIMENTO................................................................................................... 5
6- LE SCOPERTE
GEOGRAFICHE........................................................................................................... 6
7- POPOLAZIONE ED
ECONOMIA IN EUROPA NEL XVI SECOLO............................................................. 8
8 -LA RIFORMA LUTERANA.................................................................................................................... 9
9 – L’ETA’ DI CARLO V.......................................................................................................................... 12
10 - LA CONTRORIFORMA.................................................................................................................... 13
12 - ECONOMIA, CULTURA
E SOCIETA’ NEL SEICENTO........................................................................ 15
15 - L’ITALIA SOTTO LA
DOMINAZIONE ITALIANA................................................................................... 16
16 – L’EUROPA
OCCIDENTALE NELLA SECONDA META’ DEL XVII SECOLO.......................................... 17
18 -L’ESPANSIONE
COLONIALE IN ETA’ MODERNA.............................................................................. 18
1.1
L’EUROPA AGLI INIZI DEL TRECENTO: I
SEGNALI DELLA CRISI
Quali
sintomi di un’imminente crisi economica e demografica apparivano in Europa tra
la fine del 200 e gli inizi del 300?
¨
Dopo
tre secoli d’espansione e di progresso, nel 300 in Europa cominciarono i tempi
duri.
¨
DEMOGRAFIA:
nel 1300 la popolazione europea smise di crescere (70.000.000). i tassi di
natalità furono abbassati dai matrimoni posticipati, dagli aborti e dal
controllo delle nascite. Dall’altra le carestie e le epidemie operarono sui
tassi di mortalità. Esse erano causate dal deficit alimentare (che rendeva
deboli), e dal fatto che il difficile approvvigionamento (= rifornimento)
mettesse l’uomo in cammino, aumentando la possibilità di contagio. L’aumento
della mortalità rese difficoltosa la ripresa produttiva.
¨
SPAZI:
la cristianità, la bonifica di terreni, il dissodamento di terreni, non si
espandevano e si andavano arrestando; in certi casi arretrarono addirittura.
¨
CARESTIE:
avvenivano sempre più spesso, ma non erano una novità. Gli storici affermano
che anche precedentemente i raccolti erano sovente insufficienti e vi erano
delle carenze di cibo. Ma nel 300 la situazione era più grave e le carestie
erano seguite da periodi di depressione. La capacità di ripresa
dell’agricoltura europea era indebolita.
¨
COMMERCI:
l’espansione commerciale si stava arrestando. Gli spazi percorsi dai mercanti
non superavano quelli toccato nel 200.la crisi della politica mongola in Asia e
l’attacco dei Turchi rendevano impossibile il commercio con l’Asia.
¨
TENSIONI
SOCIALI: si fecero più forti. Nelle Fiandre, le difficoltà dell’industria
tessile sociale, provocò malessere sociale, che terminò in scioperi e rivolte
urbane, che si estesero alle campagne. Anche in aree francesi, italiane,
inglesi vi furono tumulti. L’origine di essi fu sempre una protesta contro il
peggioramento delle condizioni di vita. Spesso questi movimenti presero
caratteristiche religiose.
¨
EDILIZIA:
questo settore registrò un rallentamento. I costi aumentavano e molti lavori
furono interrotti (es. cattedrale di Narbona). Vi erano dei limiti
invalicabili, sia tecnici sia economici.
1.2
LE INTERPRETAZIONI DEGLI STORICI
Quali
sono state le principali interpretazioni avanzate dalla storiografia a
proposito della crisi del 300?
All’inizio
del 300 vi è un diffusa tendenza recessiva in Europa. La sua spiegazione è
incerta.
·
I FATTORI
CLIMATICI: studiosi, recentemente, hanno a loro attribuito una certa
importanza. In un’agricoltura di tipo medioevale, anche piccole variazioni del
clima potevano avere conseguenze disastrose. Si presume che all’inizio del 300
vi sia stata una piccola glaciazione, accompagnata da pioggia eccessiva, che
fece marcire i raccolti (in Europa sett.). Nell’Europa meridionale i problemi
sono sorti a causa della siccità eccessiva. Ma certe variazioni possono far
male a certe culture e non ad altre; quindi non si può essere sicuri nello
stabilire rapporti tra carestie e variazioni climatiche.
·
LE
CONTRADDIZIONI SOCIALI: studiosi pensano che furono i meccanismi della società
feudale ad ostacolare lo sviluppo dell’economia europea. I prelievi forzosi
fatti da clero e aristocrazia sui contadini raggiunsero i limiti massimi. La
situazione poteva essere sbloccata solo da processi capaci di alterare i
precedenti rapporti socio - economici. Questo avvenne nel corso del 300-400 con
la decadenza del feudalesimo e la nascita del capitalismo. Hanno ruolo
importante le rivolte sociali, che accelerarono il tutto.
·
LO
SQUILIBRIO TRA POPOLAZIONE E RISORSE: Thomas Robert Malthus (1766-1834)
sostiene che le popolazioni tendono ad accrescere più rapidamente delle risorse
disponibili, con conseguenti crisi d’equilibrio e demografiche. Gli storici
dicono: agli inizi del 300 il sovrappopolamento portò ad allargare le
coltivazioni anche su terreni marginali, ma presto anche qui le risorse
divennero insufficienti e dato che queste terre erano precedentemente incolte o
destinate all’allevamento, si ridusse l’apporto che i prodotti selvatici
fornivano all’alimentazione e il concime. Diminuirono le rese agricole e i
prezzi di questi prodotti aumentarono, tanto che la gente dovette spendere
l’intero reddito in alimentazione. Così calò la produzione manifatturiera e
crebbe la disoccupazione. La caduta demografica sarebbe il modo per
riequilibrare il sistema e porre le condizioni per la spinta propulsiva dei
secoli successivi. Questa è la spiegazione più condivisa, anche se non tiene
del tutto in piedi. Ceto è che la depressione demografica fosse già avviata
all’inizio del 300.
·
LE
GUERRE: storici pensano che siano le guerre ad aggravale le difficoltà
dell’economia europea, anche se pure queste non erano una novità. Comunque nel
300 le guerre furono più lunghe e sovente del solito (es. guerra dei 100’anni
fra Francia e Inghilterra). Queste guerre furono per la maggior parte
combattute da soldati mercenari, che saccheggiavano le regioni conquistate e
che si trasformavano sovente in briganti. Specialmente nelle campagne il
passaggio degli eserciti era una sciagura da cui non era facile risollevarsi.
1.3
LA PESTE
Cosa fu
e quali ripercussioni ebbe l’epidemia di peste che si abbatté sull’Europa alla
metà del 14° secolo?
Il morbo
della peste proveniva dalle regioni centrali dell’Asia e si diffuse rapidamente
in tutta l’Europa e nel Mediterraneo dalla primavera del 1348. Ebbe effetti
devastanti. La popolazione europea diminuì del 25-30% in pochi decenni.
§
INCIDENZA
GEOGRAFICA: accanto a regioni che furono quasi totalmente spopolate (Italia
centro-sett., Francia meridionale, Germania, Inghilterra), ve ne furono altre
nelle quali la mortalità non superò di molto i livelli consueti (Lombardia,
Boemia, Polonia).
§
INCIDENZA
SOCIALE: la peste fece le sue vittime specie fra le popolazioni povere, nei
conventi e nei monasteri, dove il concentramento di gente era maggiore e molte
persone vivevano in comune.
§
INCIDENZA
PER FASCE D’ETA’: i bambini e i giovani erano i più esposti (per maggior
fragilità ma anche per la disgregazione della famiglia); di conseguenza, la
stabilità di demografia che vi era, crollò in disastro.
§
LA
NATURA DELLA PESTE: solo oggi si sa cos’è la peste. È una malattia dovuta a un
bacillo che si riproduce nei roditori. Le pulci che mordono i roditori, mordono
anche l’uomo, contagiandolo con il sangue infetto e trasmettendogli la
malattia. Dopo un paio di giorni di febbre e dolori, compaiono dei bubboni
nelle zone delle ghiandole linfatiche (“peste bubbonica”). Può dar luogo a
infezioni polmonari (“peste polmonare”), che si possono trasmettere da uomo a
uomo (la peste bubbonica no).
§
LA
SCIENZA MEDICA DINANZI ALLA PESTE: tutto questo la medicina del 300 non lo
sapeva. Si pensava che la peste fosse provocata da una corruzione dell’aria,
dovute a sfavorevoli combinazioni astrologiche. Gli interventi terapeutici
erano inconcludenti o controproducenti (diete, salassi, purghe…). Si pensava addirittura che la peste fosse
causata da stati d’ansia eccessivi. L’unica precauzione davvero utile era
quella di fuggire via dai luoghi infetti.
§
L’INTERVENTO
DEI POTERI PUBBLICI: anch’essi decisero di intervenire individuando
nell’isolamento degli individui già colpiti la misura essenziale.
§
LA
RISPOSTA POPOLARE: dinanzi alla peste prevalsero due atteggiamenti:
se si considerava la peste un
castigo di Dio, per salvarsi bisognava fare penitenza (ricordiamo il movimento
dei flagellanti);
se si considerava la peste un dono
del demonio, si doveva individuare coloro che su suo incoraggiamento propagavano
il morbo, e colpirli senza pietà. La cristianità riconobbe questi come musulmani,
eretici, ebrei. Sullo scenario della morte nera vi furono i primi roghi.
§
I
RIFLESSI DELLA PESTE SULLA CULTURA: la peste influì nella fantasia del popolo e
influenzò le rappresentazioni artistiche. Cessò la fiducia nelle capacità
umane. Si ebbe l’invenzione del macabro. Gli scritti e i dipinti abbondarono di
richiami ai temi della sofferenza, della morte, della fragilità di ogni bene
terreno. Anche la rappresentazione di Cristo in croce, rappresentava ora la
sofferenza. La figura del diavolo divenne più grottesca. Restava nell’ombra il
tema della morte come passaggio verso il regno dei cieli. Gli uomini che erano
sopravvissuti alla peste avevano un accentuato attaccamento alle gioie terrene,
che si ricerca in molti modi.
1.4
LE CONSEGUENZE DELLA CRISI
DEMOGRAFICA NELLE CAMPAGNE
Quali
furono le conseguenze della crisi demografica sulle strutture agrarie e sulle
popolazioni rurali?
Il
crollo demografico ebbe conseguenze importanti.
v
I VILLAGGI
ABBANDONATI: scomparvero molti villaggi (percentuale degli insediamenti
abbandonati è del 30-50%), specie in Germania, Inghilterra, Italia merid. Le
cause furono: nei villaggi spopolati dalla peste, i pochi sopravvissuti
emigrarono in centri meno colpiti; la disponibilità di terreni redditizi,
appartenenti a defunti, fa abbandonare i terreni meno fertili; il passaggio
degli eserciti spinse a recarsi in località più sicure; molte terre coltivate
furono destinate ad allevamento.
v
ARRETRAMENTO
DELLE COLTURE: le terre meno fertili furono restituite all’incolto, sono abbandonati
gli insediamenti rurali (= agricoli).
v
ANDAMENTI
DI PREZZI E SALARI: dopo la peste vi furono fasi di generalizzato rialzo di
prezzi, perché aumentò la disponibilità di moneta pro capite. La mancanza di
manodopera fece aumentare i salari. Solo il prezzo dei cereali registrò un
declino (a causa della diminuzione di domanda). I prezzi d’altri generi
alimentari e della manifattura continuarono a salire (a causa di un tenore di
vita più alto e di un aumento della domanda dei beni di lusso). Il
miglioramento della dieta alimentare fu la base della ripresa demografica della
metà del 400.
v
TRASFORMAZIONE
DEL PAESAGGIO AGRARIO: a causa dell’elevato costo della manodopera e della minore
redditività dei cereali, molti terreni furono destinati alla coltivazione di
piante d’uso industriale (canapa, lino, robbia…). Nell’allevamento si diffuse
la pratica della pastorizia transumante (=mobile).
v
LA
CRISI DELLA SIGNORIA FONDIARIA: la trasformazione del paesaggio agricolo portò
a modificazioni nei rapporti sociali e ad un’acutizzazione dei conflitti. La
signoria fondiaria subì una riduzione dei redditi (cause: costo manodopera,
carico fiscale, ribasso cereali…). Molteplici le reazioni.
v
ESPANSIONE
DEI LATIFONDI: dove non c’erano città che proteggessero i contadini e il potere
monarchico era debole, i signori legarono con più forza i servi alla terra
(pene per i fuggitivi, censi e corvée maggiori). Ciò accadde prevalentemente
nell’Europa orientale. Le vaste aziende agrarie formatesi erano destinate a
prosperare per secoli. Anche in Italia merid. e nella Penisola Iberica, dove il
potere politico era debole, vennero a formarsi dei grandi latifondi.
v
ALTRE
RISPOSTE DEI PROPRIETARI FONDIARI: in alcuni casi i proprietari, per
valorizzare le loro terre, le diedero in affitto ai contadini in maggior
quantità e a condizioni più favorevoli che in passato (specialmente per gli
appezzamenti meno redditizi). Gli affitti servivano per migliorare la conduzione
dei terreni più redditizi. Nell’allevamento cominciarono a recintare le terre.
Altri proprietari aumentarono le esazioni cui erano assoggettati gli abitanti
della campagna. I censi pagati
dipendevano dell’amministrazione della giustizia locale, dai monopoli e dalle
privative, dalle imposte sui consumi. Dove i signori avevano meno potere, le
terre furono messe in vendita. Aumentarono così le terre dei cittadini (cioè
quelle non gestite attraverso rapporti servili). In Toscana e Francia, si
diffuse l’appoderamento (raggruppamento d’appezzamenti in un’unica azienda
gestita da una famiglia di contadini residente in una dimore rurale isolata) e
il contratto di mezzadria (il proprietario riceveva metà prodotti). Nell’Europa
occidentale la servitù scomparve e i ceti signorili allentarono il loro
controllo diretto sulla terra e sui lavoratori agricoli, puntando più sulla
rendita fondiaria che sulla gestione in prima persona delle aziende. I ceti
signorili andarono cercando altre fonti di reddito (amministrazione statale,
attività militari).
1.5
LE RIVOLTE CONTADINE
Quali
motivazioni e quali caratteri ebbero le rivolte contadine che si ripeterono tra
il 14° e il 15° secolo?
In
questo periodo nelle campagne europee vi furono molte rivolte contadine, anche
se non erano una novità. La spiegazione non è semplice perché comunque nel 300
le condizioni dei lavoratori rurali non peggiorarono.
Ø
LE
CAUSE DELLE RIVOLTE: la crisi si era fatta sentire anche sui piccoli
proprietari indipendenti con conseguenza che crebbe il numero dei contadini
privi di terre proprie. La risposta signorile alla crisi alimentò una difesa
delle “antiche” consuetudini da parte dei contadini. Tutte le ultime
trasformazioni avvenute inoltre provocavano una sensazione di precarietà e incertezza.
Si aggiunse a ciò l’aggravio della pressione fiscale da parte dei principi e
per il finanziamento delle guerre e delle distruzioni provocate dalle vicende
politico - militari.
Ø
RIVOLTE
IN FRANCIA: scoppiò nel 1358 ed ebbe grandi dimensioni. Dopo che la cavalleria
francese fu sconfitta dagli inglesi (1356 – Poitiers -), il Delfino
(primogenito figlio del re) – futuro Carlo V – aveva convocato gli Stati
Generali per ottenere i finanziamenti per la guerra. A capo della borghesia,
Etienne Marcel, chiese in cambio di nuove tasse, maggior potere. La tensione
tra il Delfino e la popolazione parigina, scoppiò nel 02/1358 in
un’insurrezione popolare. Nelle campagne dell’Ile-de-France scoppiò la rivolta
contadina. La rivolta contro i signori, perché non avevano protetto i cittadini,
assunse tono spaventosi. Gli Jacques francesi (contadini) saccheggiavano e
uccidevano. La ribellione dilagò al Nord del paese, ma non saldandosi con il
movimento della borghesia parigina, fu repressa. Marcel fu assassinato e il
principe e la borghesia ristabilirono il loro potere.
Ø
TENSIONI
SOCIALI IN INGHILTERRA
Ø
RIVOLTE
IN GERMANIA
1.6
I RIFLESSI DELLA CRISI
SULL’ECONOMIA E SULLE SOCIETA’ URBANE
Quali
furono le conseguenze della crisi trecentesca sulle strutture economiche delle
città e sulla configurazione delle società urbane?
q CADUTA DELLA PRODUZIONE
“INDUSTRIALE”: vi fu una riduzione della produzione manifatturiera a causa
della riduzione della popolazione, dell’aumento dei prezzi e dei salari, da
difficoltà economiche. Ogni città cercava di proteggere il proprio mercato
adottando politiche protezionistiche.
q FALLIMENTI BANCARI: già agli inizi
del 300 alcune compagnie finanziarie toscane fallirono (Bonsignori, Scali…) con
conseguente fallimenti di case commerciale e botteghe artigiane (aumenta la
disoccupazione). Causa del fallimento sono i prestiti fatti ai sovrani europei,
mai estinti.
q PENURIA MONETARIA: nella seconda
metà del 300, si esauriscono le miniere d’argento europee e vi sono difficoltà
di rifornimento d’oro (Africa), e vi è una carestia monetaria. Ciò diminuì i
prezzi e lo stimolo a produrre e a commerciare. Sorgono violenze verso i
mercanti stranieri, accusati di fare raccolta di monete pregiate.
q TRASFORMAZIONI NELL’ECONOMIA URBANA:
il declino di certi settori s’intrecciò con il progresso di certi antri; alle
vecchie forme economiche se ne sostituirono di moderne, di un nascente capitalismo.
-
la
decadenza della produzione laniera sollecitò la produzione d’altri tessuti meno
costosi che utilizzavano la lana spagnola al posto di quell’inglese, o il cotone
orientale. Ciò avvenne soprattutto nei centri minori. Importante fu la
diffusione del lavoro a domicilio. Ciò portò alla specializzazione e alla
divisione internazionale del lavoro.
-
In
Inghilterra si sviluppò la produzione di panni di lana.
-
Si espanse
la produzione d’articoli di lusso (tessuti in seta, broccati…). Ciò accadde ad
Arras (arazzi).
-
Nel
settore edilizio si costruirono palazzi più grandi e ricchi. Aumenta il divario
tra le classi sociali (è un motivo d’insicurezza).
-
Le
guerre stimolarono la nascita dell’industria metallurgica (produzione armi).
Importante per questo la Lombardia.
q TRASFORMAZIONI DEL COMMERCIO: il
declino d’alcune arre commerciali, segnò la fortuna di certe altre, e il
perfezionamento delle tecniche mercantili (es. decade la Fiera della Champagne
e nascono nuovi centri commerciali a Ginevra e Lione). Le fiere furono superate
dalle sedi fisse e dalle filiali delle grandi case commerciali. Il mercante è
diventato “sedentario” ed usa tecniche più sofisticate (assicurazioni, mezzi di
pagamento, trasferimento merce e capitale…). Decaddero le città anseatiche ed
ereditarono quelle olandesi. Peso ha ed avrà anche la penisola iberica
(tecniche nautiche, navi di stazza più grossa…).
1.7
IL MALESSERE SOCIALE NELLA CITTA’.
POVERTA’ E RIVOLTE
Quali
furono le manifestazioni del disagio sociale diffuso nelle aree urbane?
Y
I
POVERI: nelle città medievali ci furono sempre molti poveri. Nella metà del 300
la situazione peggiorò (causa: trasformazioni economiche). Il flusso degli
abitanti verso le città andava sempre aumentando, complicando i problemi
annonari e sanitari. La massa dei poveri comprendeva: vecchi, ammalati, vedove,
orfani, infortunati, disoccupati. Vi erano i “poveri vergognosi” (si
vergognavano a chiedere l’elemosina) che solitamente erano lavoranti… caduti in
miseria.
Y
POVERTA’
E ORDINE PUBBLICO: i poveri erano una minaccia per l’ordine pubblico. Il loro
comportamenti (al limite della legalità), spesso finiva in rivolte. Le classi
dirigenti o avevano pietà o usavano la forca. Cioè vi fu una miglior
organizzazione dell’assistenza ma anche una più severa politica di
sorveglianza.
Y
L’ASSISTENZA
AI POVERI: nacquero nelle città (grazie ad eredità) ospizi, ospedali,
orfanotrofi, congregazioni di carità, enti laici e religiosi che distribuivano
cibo, denaro… Tra i maggiori protagonisti vi sono gli Ordini mendicanti, i
Francescani (istituzione dei Monti di pietà, che concedevano prestiti contro
pegni; il primo fu a Perugia nel 1462).
Y
LE
RIVOLTE URBANE: solitamente furono violente e disordinate, causate da un
aumento di prezzo improvviso o cose simili. Nelle città con più solida
tradizione economica, le corporazioni (= arti, compagnie) avevano molto peso
politico, e n’approfittavano per varare riforme volte a salvaguardare gli
interessi dei datori di lavoro (diminuivano i salari e limitavano l’accesso di
nuovi membri alla professione). Ciò rese ancor più difficili per i lavoratori
salariati sopportare le proprie condizioni di lavoro. Le decisioni le prendeva
il proprietario e il governo cittadino non era attento alle richieste dei
lavoratori dipendenti, che sempre più spesso reclamavano il diritto di
costituire organismi propri (per contrattare e aver voce in capitolo). A Siena
nel 1371, i salariati della Compagnia del Bruco ottennero con la forza che
sette di loro partecipassero al Governo dei Quindici. Ma altri gruppi cittadini
si scagliarono contro di loro.
Y
LA
RIVOLTA DEI CIOMPI: a Firenze, i lavoratori del settore della produzione
laniera, era totalmente sottomessi ai proprietari, che governavano la città. In
occasione di una guerra con lo Stato della Chiesa, gli operai insorsero e
imposero, nel 1378, la costituzione di tre nuovi Arti (sarti, tintori, ciompi
[operai meno qualificati]), costituenti il “popolo di dio”. Siccome il potere
al governo di Firenze era in mano alle Arti, questo era un modo per prenderne
parte. Gli insorsi ottennero la nomina del loro capo (Michele di Lando, a
Gonfaloniere [ = portabandiera] di Giustizia) e altri favoreggiamenti alla
classe più povera. I Ciompi furono poi abbandonati dalle altre due Arti, e
Michele di Lando passò dalla parte dei ricchi (fu comprato). Così il potere
tornò nelle mani delle Arti maggiori (Sarti e Tintori furono annullati dalle
loro conquiste).
Y
LE
RAGIONI DELLA SCONFITTA: la rivolta dei Ciompi non diede risultati effettivi ma
fu il punto più alto tra le rivendicazioni sociali nel Medioevo. La richiesta a
partecipare al potere come Arte dei lavoratori, non teneva conto che la
struttura dell’Arte non era capace a funzionare come rappresentanza di classe.
la rivolta dei Ciompi appare inoltre inopportuna poiché ormai si andava verso
un governo più stabile.
2.1
LE ISTITUZIONI MONARCHICHE ALLA FINE DEL
MEDIOEVO: LA FRANCIA E L’INGHILTERRA
Qual era la concezione medievale del potere monarchico? Quale
la realtà monarchica nei secoli 12° - 14°?
Y
LA
CRISI DEI POTERI UNIVERSALI: il medioevo era stato per secoli strutturato
intorno ai poteri dell’impero e del papato; questi però, all’inizio del 300, erano
coinvolti in processi storici che ne modificarono profondamente l’identità e le
funzioni. I due poteri fondati sull’ideale unità della cristianità, cedevano il
passo alla realtà pluralistica dei Regni e della nazioni. Si stava sempre di
più affermando l’idea della regalità monarchica e i monarchi erano impegnati a
ricondurre sotto il loro dominio la pluralità dei poteri signorili e
cittadini.
Y
LA
CONCEZIONE TEOCRATICA DELLA REGALITA’: nel medioevo si era convinti che
l’ordine del mondo fosse proiezione della volontà divina: derivava da Dio anche
il potere del re. Il re doveva garantire la concordia tra i tre ordini del
popolo (ecclesiastici, cavalieri, lavoratori). Doveva difendere i deboli dai
forti. Lui era innalzato al di sopra dei suoi sudditi ed era un intermediario
tra Dio e il popolo. Si pensava che fosse anche capace di fare miracoli (in
Francia e Inghilterra si pensava che il re fosse capace di guarire dalle
malattie, col solo tocco delle mani). Ciò è conferma del potere teocratico che
vi era, secondo cui il potere si trasmette dall’alto al basso, da Dio verso i
sudditi.
Y
LA
CONCEZIONE FEUDALE DELLA REGALITA’: l’assegnazione al re di poteri sovrumani
derivava anche da antiche tradizioni germaniche. Nella consuetudine germanica,
il re era a capo dei suoi uomini armati e il suo potere derivava da un
riconoscimento attribuitegli dai suoi sudditi (o dai “grandi” del regno): da
qui deriva l’abitudine dell’approvazione popolare alla sua salita al trono. Dove
si affermò il principio della successione dinastica si pensava che solo chi
apparteneva ad una stirpe di re potesse fare il re. La nozione di stato
riaffiorò nel pensiero medioevale solo nel 13°secolo, con la rinascita della
tradizione giuridica romana. Alla concezione germanica feudale (il re non poteva
disporre senza autorizzazione della persone e dei beni dei suoi seguaci),
risaliva l’istituto degli organismi consultivi (parlamento, stati generali,
cortes…) che avevano la funzione di assistere il re nelle sue decisioni e di
controllare che egli non superasse i limiti dei suoi poteri.
Y
L’EFFETTIVA
REALTA’ DEL POTERE MONARCHIO: per secoli il legame tre la regalità medievale e
la tradizione germanica, operò in maniera duratura e corrispose a lungo
all’effettivo modo di funzionare del potere regio.
Y
LA
MONARCHIA FEUDALE: per indicare i tratti della monarchia medievale si parla di
“monarchia feudale”. I rapporti feudali servirono a ricucire le magie del
potere lungo un processo difficile. I rapporti che i re intrattenere con i
propri vassalli feudali furono sempre di collaborazione e di concorrenza dove
prevaleva la collaborazione si accentuò l’aspetto feudale (la monarchia era
forte ma aveva poteri limitati) [accadde in Inghilterra]; dove prevaleva il
contrasto, si accentuò la teocrazia (la monarchia faticò ad affermarsi ma alla
fine fu assoluta) [accadde in Francia].
Y
LA MONARCHIA INGLESE: i sovrani inglesi
(discendenti prima dal duca di Normandia e poi dalla dinastia dei
Plantageneti), per rafforzare la loro dominazione sulle popolazioni dell’isola,
cercarono di mantenere un rapporto di collaborazione con i loro vassalli
(discendenti dai conquistatori normanni), che a loro volta avevano bisogno
della protezione monarchica, che quindi non tentarono di indebolire. Ma le
tensioni non mancarono: ricordiamo quella tra i baroni normanni e il re
Giovanni senza Terra, che si concluse con la concessione da parte del sovrano
della Magna Carta (1215). Inoltre era nata la camera dei Comuni (città
borghesi) accanto alla Camera dei Lords (pari), che aveva rafforzato il potere
della Corona (si era rinsaldata l’unità del paese intorno alla monarchia).
Y
LA
MONARCHIA FRANCESE: I Re di Francia riuscirono solo con gran lentezza ad
estendere il proprio controllo su altre regioni del Regno e riuscirono anche
grazie al sostegno della Chiesa francese. I progressi avvennero nel 13° sec.
con la vittoria di Filippo 2° su inglesi e tedeschi: la Corona recuperò dei
territori e l’amministrazione centrale divenne più efficace. Nel 300 al
monarchia, con Filippo 4°, impose la sua volontà al papa Bonifacio 8°
costringendo il clero francese a contribuire alle spese del Regno.
Y
LE
ORIGINI DEL CONFLITTO TRA L’INGHILTERRA E LA FRANCIA: i sovrani di Inghilterra
e Francia erano nemici già da tanto. All’origine della loro avversione vi era
che i re d’Inghilterra tenevano a feudo territori nel regno di Francia, già dal
12° sec. I francesi si erano ripresi parte di questi territori, ma ancora molti
ne restavano agli inglesi, che volevano in ogni modo sempre prendersene di più.
2.9
LA CHIESA: DALLA “CATTIVITA’ AVIGNONESE”
ALI SCISMI
Quali furono le difficoltà che la chiesa
attraversò tra la fine del 300 e gli inizi del 400 e come loro furono superate?
LA CRISI DEL PAPATO AGLI INIZI DEL 300: la
crisi del papato si manifesta:
-
Nei
rapporti con gli stati (la divisione in nazioni… erodevano l’unità della
“christianitas” che aveva come chiave il papato);
-
all’interno
dello stato della chiesa (le case aristocratiche diventavano più autonome);
-
All’interno
della Compagine Ecclesiastica (dove c’era una compagnia anti ereticale);
Bonifacio 8°, aveva provato a
ripristinare il potere del papa sull’aristocrazia romana, ma si scontrò con Filippo 4° di Francia e dovette
trasferire la sede del papato ad Avignone. Ciò testimonia la sconfitta
dell’universalismo del Papa davanti al particolarismo degli stati.
IL
PAPATO AVIGNONESE: ha sede tra il 1305/1377 e vi sono sette papi francesi; vi
furono momenti di nepotismo (favoreggiamento dei familiari) …, ma anche di vita
più austera (dura, severa). Si affermò un’amministrazione centralizzata della
chiesa: la Curia aumentò il suo potere ma per mantenere il ritmo
amministrativo, le risorse non erano mai sufficienti. La corruzione del Papa
era sempre maggiore e si pensava che trasferendo il papato a Roma si sarebbe iniziata
la riforma.
L’INIZIO
DEL GRANDE SCISMA: Gregorio 11° riportò il papato a Roma ma quando morì vi fu
una nuova crisi. Vi furono difficoltà per l’elezione del nuovo papa perché i
romani facevano minacce se il novo papa non fosse romano o italiano. Fu eletto
Urbano 6° di Bari, ma dopo poco fu eletto un nuovo papa, di Ginevra, Clemente
7°. Sostenevano Urbano 6°: impero, Inghilterra, Polonia, Ungheria, Italia
sett.. Sostenevano Clemente 7° (che riportò la residenza ad Avignone): Francia,
Scozia, Castiglia e Aragona. I due papi elessero entrambi dei nuovi cardinali e
anche quando morirono il Grande Scisma non finì perché entrambe le chiese
nominarono dei successori.
TENTATIVI
DI SOLUZIONE: l’università di Parigi aveva proposto, fin dal 11381, le
dimissioni di entrambi i contendenti e la convocazione di un concilio generale,
ma non si sapeva che avesse il diritto di convocarlo. Nel 1409 i cardinali di
ambedue gli schieramenti convocarono il concilio a Pisa, il quale dichiarò
decaduti i due papi (che non riconobbero però legittima la decisione) e ne fece
uno nuovo. Così la cristianità ebbe tre papi. Il papa Alessandro 5°, pisano,
s’impegnò con il concilio, a fare una riforma ecclesiastica.
PROPOSTE DI RIFORMA DELLA CHIESA: Wycliffe
dichiarò che l’uomo è predestinato a Dio, e per salvarsi non ha bisogno delle
cerimonie esteriore che provocano solo ricchezza agli ecclesiastici. Egli
rivalutò il ruolo dei poteri laici nelle cose di Chiesa. Per far rispettare le
leggi evangeliche agli ecclesiastici. Hus, predicò sulla riforma morale del
clero e sulla difesa del popolo ceco nei confronti dei tedeschi; egli esortò la
popolazione a ribellarsi contro la vendita delle indulgenze. Wycliffe e Hus si espressero in volgare. I
Lollardi (seguaci di Wycliffe) sopravvissero fino al 15° sec. Dopo l’esecuzione
di Hus, i suoi seguaci (Hussisti), crearono i quattro articoli di Praga
(libertà di predicazione della Parola, denuncia ed eliminazione dei peccati
contro la legge compiuti dai chierici, comunione sotto entrambe le specie per
chierici e laici, espropriazione dei beni ecclesiastici e abolizione dei poteri
temporali del clero). Le idee Hussiste furono estremizzate dai Taboriti.
IL
CONCILIO DI COSTANZA: l’imperatore di Lussemburgo convocò a Costanza, nel 1414,
un concilio universale, per discutere dello scisma, delle eresie, della riforma
della chiesa. Lo scisma fu risolto con
l’elezione di Martino 5°. Si disse inoltre che il governo della chiesa spettava
non al papa ma al concilio, che si doveva riunire ogni 10 anni.
IL
CONCILIO DI BASILEA: quando fu convocato questo concilio, il pontefice ne
sospese i lavori e lo trasferì a Ferrara e pi a Firenze. Molti padri conciliari elessero un nuovo
papa: nacque il “piccolo scisma”. Alla
fine vinse il papato, e la sua superiorità fu sancita nel 1460 dalla bolla
“execrabilis” di Pio 2°.
LA
RIUNIFICAZIONE FRA CATTOLICI E GRACO-ORTODOSSI: il concilio di Firenze sancì la
riunificazione tra chiesa d’occidente e d’oriente, che però durò pochissimo.
2.10
CRISTIANITA’ E RELIGIOSITA’ TRA 300 E
400.
Quali nuovi atteggiamenti religiosi venivano
maturando nel mondo cattolico verso la fine del medioevo?
TURBAMENTI
NELLACOSCIENZA RELIGIOSA: tra i fedeli si crearono dubbi, diffidenze, distacco
rispetto alle gerarchie tradizionali. L’atteggiamento generale era quello
anticlericale, che però non segna la caduta della fede, che però necessitava
d’immediate rassicurazioni. Aumentarono le persecuzioni agli ebrei, ci si
abbandonava alla magia, alla stregoneria….
LE
VIE DEL MISTICISMO: molti fedeli risolsero la situazione ricercando un rapporto
immediato con Dio. Ricordiamo “i
fratelli del libero spirito”, che seguivano una religiosità intimistica e
sentimentale. Ricordiamo anche Johannes Eckhart.
CHIESA
E REALTA’ NAZIONALE: emersero delle cristianità “nazionale”. Anche dal punto
religioso l’universalismo del Medioevo stava cedendo il passo al particolarismo
degli stati.
3.1
LA FORMAZIONE DELLE SIGNORIE IN ITALIA
Come si giunse nelle città comunali all’istituzione delle
signorie e quali ne furono i caratteri?
õ
NUOVI
PROCESSI POLITICI: durante i secoli 14° e 15°, le forze politiche italiane
diedero luogo ad un duplice processo: quello di consolidamento istituzionale
(nuovi ordinamenti quali signorie e principati) e quello d’assoggettamento dei
poteri locali (espansione territoriale attuata dai centri maggiori).
õ
INSTABILITA’
ISTITUZIONALE DEI COMUNI: agli inizi del 300, le istituzioni comunali avevano
una partecipazione poco paritaria di tutti i ceti, alla vita politica. I
contrasti tra le categorie sociali, le interferenze dei comuni vicini… crearono
un perenne stato di conflitto, che aveva spesso conseguenze estreme. L’istituzione
podestarile, dato che la carica era limitata nel tempo e sottoposta a molti
vincoli, non era riuscita a risolvere il problema.
õ
NASCITA
DELLE SIGNORIE: spesso una famiglia s’impossessava del potere cittadino. Questo
avveniva spesso con l’attribuzione ad un signore di poteri straordinari, per
far fronte ad esigenze particolari. Eli però sovente finiva con esercitare
sulla vita della città un’effettiva egemonia. Quasi tutta l’Italia del Centro
Nord, assisté ad un germogliare di signorie. Ricordiamo gli Estensi e i Da
Romano, i Visconti (Verona), gli Scaligeri, i Gonzaga, i Malatesta (Rimini), i
Montefeltro (Urbino), i Da Polenta (Ravenna), i Da Carrara (Treviso), i
Marchesi di Saluzzo e i marchesi del Monferrato. Ciò avvenne a causa della
sopravvivenza del prestigio e del potere delle casate signorili e del fatto che
la loro attitudine militare conferiva a loro la forza necessarie per imporsi. Spesso
le signorie però non erano durature, ma altrettanto sovente esse misero le
radici.
õ
LA
POLITICA ESTERA DELLE SIGNORIE: la pacificazione forzatamente ottenuta
all’interno, permise ai principali signori di intraprendere un’aggressiva
politica estera (per estendere i propri domini). Non si poteva più contare
sulle milizie urbane ed allora si ricorse alla truppe mercenarie. Le guerre
continue, le pestilenze e le difficoltà economiche ebbero gravi conseguenze
sulla vita delle popolazioni italiane.
3.2
L’ITALIA DEI PRINCIPATI E DEGLI STATI
REGIONALI
Come si attuò il passaggio delle signorie ai principati e
quali ne furono le conseguenze sull’assetto politico della penisola italiana?
DALLA
SIGNORIA AL PRINCIPATO: la stabilizzazione del potere dei signori si completò
con un formale riconoscimento del papa o dell’imperatore. La signoria diventava
principato: il potere di fatto, diventava potere di diritto, sancito da
un’investitura dall’alto. Questo passaggio testimonia che il signore aveva
conquistato un ruolo indipendente dalle forze politiche cittadine e che egli
era autonomo. Il signore svolgeva uno stile di vita regale e attorno a se aveva
una vera corte.
LA
FORMAZIONE DEI PATRIZIATI CITTADINI: i rappresentati del più antico patriziato
urbano formarono con i cortigiani burocratici un’oligarchia: l’unica condizione
per tutti era la fedele obbedienza al principe. Si costituì dappertutto un
nuovo patriziato cittadino, la proprietà terriera tornò ad essere la condizione
che dava l’agio di dedicarsi alla politica, alle lettere, alle arti.
LA
POLITICA TERRITORIALE DEI PRINCIPATI: sia nelle repubbliche, sia nei
principati, la città dominante aggregò sotto di se delle dominazioni signorili,
così che si delinearono degli stati di dimensioni regionali (ducato di Milano,
repubbliche di Firenze e Venezia…). La loro espansione non eliminò però i micro
potentati (= piccoli regni). Infatti nelle aree periferiche alcune dominazioni
signorili d’origine feudale rimassero indistruttibili. Con queste dominazioni
le autorità centrali vennero solitamente a patti.
PERSISTENZA
DI PARTICOLARISMI: la riduzione dei particolarismi (=favoritismi), fu
l’obiettivo perseguito dagli stati italiani, ricorrendo ad una burocrazia più
capillare, ma quest’obiettivo fu raggiunto solo in forme limitate. I precedenti
nuclei periferici furono inseriti nella nuova cornice dello stato regionale,
all’interno del quale sopravvisse una pluralità di giurisdizioni, poco compatte
(Stato, comune cittadino, signore feudale, vescovo).
IL
SIGNIFICATO STORICO DEL PRINCIPATO: i principati italiani pur operando un
superamento dei preesistenti particolarismi non riuscirono a costituire
strutture salde.
3.4 GLI ALTRI STATIDELL’ITALIA
SETTENTRIONALE. LA REPUBBLICA DI VENEZIA.
§
LA
POTENZA COMMERCIALE DI VENEZIA: la vera regina dei mari era Venezia, la più
ricca città europea del 3-400. Essa dominava sull’Adriatico, e al suo porto
arrivavano le preziose mercanzie dell’Oriente. Una “seconda Venezia” fioriva
negli insediamenti dei Veneziani a Costantinopoli, Alessandria….
§
ECONOMIA
E SOCIETA’ VENEZIANA: si svilupparono anche le attività manifatturiere (specie
articoli di lusso). La diffusa ricchezza, giungeva anche ai ceti bassi e questo
spiega perché Venezia conobbe in modo limitato le lotte sociali e politiche.
§
LE
ISTITUZIONI DI VENEZIA: le riforme istituzionali del 1297/1323 avevano
costituito una classe dirigente (formata dai più ricchi e potenti). Quest’aristocrazia,
leale verso lo Stato e compatta, governò Venezia tramite un sistema di
magistrature limitantisi l’un l’altra. Ciò assicurò stabilità alla politica
veneziana.
§
LA
POLITICA ESTERA DI VENEZIA: questa continuità si manifestò anche nella politica
estera di Venezia, che fu dominata dalla rivalità con Genova (neanche le
ripetute guerre non servirono ad assegnare all’una o all’altra la definitiva
supremazia).
3.5
FIRENZE
ü
GLI
ORDINAMENTI ISTITUZIONALI: le leggi antimagnatizie varate a Firenze alla fine
del 200 non impartirono ordine né stabilità. Le lotte tre le fazioni proseguirono
con impeto (es. quelle tra Bianchi e Neri), ma nel complesso il 300 vide la
resistenza delle istituzioni comunali,
dirette dalle Arti, che rappresentavano i ceti mercantili e artigiani. A fianco
di queste però vi era il Raggruppamento di Parte Guelfa. La massa dei
lavoratori non aveva potere politico, che costituiva il “popolo minuto”,
protagonista di tentativi volti a modificare la situazione. Nel quadro di un
irrigidimento delle istituzioni emerse un ceto aristocratico di grandi
famiglie. La famiglia dei Medici si propose come alternativa popolare a questa
evoluzione aristocratica.
ü
GLI
INIZI DELLA SIGNORIA MEDICEA: lo svuotamento delle istituzioni comunale avvenne
molto lentamente. Anche quando nacque la signoria dei Medici (1434), le
tradizioni e le istituzioni della repubblica fiorentina restarono formalmente
in vigore. Cosimo dei Medici face allora sì che alle massime magistrature
cittadine fossero eletti uomini a lui fidati; egli non si trasferì in un
palazzo pubblico, ma rimase nella sua dimora. Ciò gli permise di reggere
stabilmente le redini del governo cittadino per un trentennio. Sotto la famigli
dei Medici si avviò la costruzione della splendida Firenze rinascimentale.
ü
L’ESPANSIONE
TERRITORIALE: la politica fiorentina
verso l’esterno divenne dinamica ali inizi del 400, dopo lo spavento provato
dinanzi alla minaccia viscontea. Conquistò Pisa e Livorno, raggiungendo do
sbocco al mare e acquistando dimensioni regionali.
3.6
LO STATO PONTIFICIO
Nei territori tra Roma e la Romagna, l’autorità politica
non aveva mai avuto un gran potere.
L’AVVENTURA
DI COLA DI RIENZO: la situazione peggiorò durante la “cattività avignonese” del
Papato. Cola di Rienzo era un cittadino di Roma, che nel 1347, con l’appoggio
di milizie popolari, fu eletto tribuno della città. Egli vagheggiò la
restaurazione imperiale di Roma e si propose di fare dell’urbe la capitale di
un’Italia riunificata. Egli instaurò un governo sempre più personale e alla
fine fu cacciato. Successivamente fu ucciso.
4.1
L’UMANESIMO E GLI UMANISTI
Quali furono le idee principali che gli umanisti
ricavarono dallo studio dell’antichità classica?
Il termine Umanesimo deriva da humanae litterae,
espressione con la quale si designavano gli studi letterari e filosofici. Gli
umanisti furono coloro che si occuparono di questi studi.
õ
IL
RECUPERO DEI CLASSICI LATINI: tra il 14-15° sec. la passione per l’antichità,
fu all’origine di una fortunata attività di ricerca e di ritrovamento d’opere
che da vari secoli non erano più note. Significative furono le scoperte di
Poggio Bracciolini (opere di Lucrezio, di Quintiliano, di Cicerone…). Il
risultato dell’intensa attività di ricerca fu che il patrimonio delle opere
latine conosciute allora, è lo stesso di quelle che noi conosciamo adesso.
õ
IL
METODO FILOLOGICO: gli autori classici erano stati consultati anche nel
Medioevo, ma in quel periodo furono loro attribuite riflessioni incompatibili
con l’epoca in cui gli autori classici erano vissuti. Adesso, gli umanisti
scoprirono, attraverso la filologia, la storicità delle opere umane. La
filologia mirava a ricostruire criticamente i testi e ad eliminare da loro
aggiunte e falsificazioni. Scaturirono nuovi orientamenti culturali, quale
l’ammirazione per i valori della classicità. La filologia è la “filosofia”
dell’Umanesimo. Essa fece aprire gli occhi degli uomini su mondi diversi, quali
quello greco e quello latino. Gli umanisti, inoltre, s’ispirarono agli autori
classici.
õ
LA
LEZIONE DEI CLASSICI: lo scrupolo filologico con cui si smantellarono credenze
ed opinioni fin lì pigramente accettate e ripetute si estese in ogni direzione.
La lezione dei classici insegnò un più aperto atteggiamento verso la vita
terrena e favorì la riconciliazione dell’uomo con il mondo esteriore. Tra il
15-16° sec. vi fu un ampliamento degli interessi conoscitivi verso l’indagine
naturalistica, vennero rivalutate la famiglia, le professione e la politica.
4.2 ASPETTI DELLA CIVILTA’ UMANISTICA E
RINASCIMENTALE
In che modo si realizzò il rinnovamento nelle arti, nelle
scienze, nella riflessione pedagogica e storica?
§
UMANESIMO
E RINASCIMENTO: il termine Rinascimento non simboleggia un’unica realtà ed è
quindi in pratica impossibile dare una definizione corretta ed assoluta di
questo termine.
§
IL
CARATTERE COMPLESSO DELLA CIVILTA’ UMANISTICO-RINASCIMENTALE: a livello storico
tra il 400/500 crolleranno le “libertà politiche” in Italia, mentre a livello
culturale nuove inquietudini attraversarono l’umanesimo e il Rinascimento
(riflessioni sugli uomini, sul destino…). Il quadro d’insieme è mutato rispetto
al Medioevo: ora l’uomo occupava una sua centralità. L’uomo aveva il compito di
interrogare se stesso, di trarre lezione dalla storia… e nel farlo acquistavano
significato esemplare le forme espressive della classicità.
§
LE ESPERIENZE
LETTERARIE: ricordiamo: “Il Morgante” di Luigi Pulci, “Orlando furioso” di
Ludovico Ariosto, il “Galateo” di Giovanni della Casa.
§
LE
SCIENZE NATURALI: le attuali “Scienze della natura” erano allora comprese nella
“filosofia naturale”. In quest’ambito ricordiamo Niccolò Copernico e Andrea Vesalio.
§
LE
ESPERIENZE PEDAGOGICHE: l’educazione ebbe molta attenzione da parte degli
umanisti. Guarino da Verona, propose un’educazione basata sulla libera formazione
umana e sulla conoscenza dei classici; essa era articolata in elementare,
grammatica e retorica. Vittorino da Feltre, ottenne che la scuola, detta
Giocosa, fosse aperta anche ai giovani di famiglie meno abbienti. Vanno
ricordate, oltre a queste, anche le scuole d’interesse “pratico” (botteghe
d’abaco e quelle d’artigiani ed artisti).
§
LA
RIFLESSIONE POLITICA: in quest’ambito ricordiamo le riflessioni di Machiavelli
e Guicciardini. Essi affermarono che per fondare e reggere uno stato si
richiedono al principe prudenza, scaltrezza, decisione e durezza, cioè di non
cedere alle debolezze degli uomini. L’agire dell’uomo in questo campo, può
essere giudicato solo in funzione della congruità dei mezzi adoperati rispetto
alle finalità perseguite.
4.3
L’UMANESIMO EVANGELICO
Quali esiti ebbe la filologia applicata ai testi sacri e
alla tradizione cristiana?
La filologia fu applicata anche ai testi sacri. L’umanesimo
cristiano ebbe come maggior rappresentante Erasmo da Rotterdam. All’inizio del
500 si pensava che si potesse arrivare ad una riforma della Chiesa, ma in
realtà non fu così.
ñ
IL
TEMA RELIGIOSO IN ALCUNI UMANISTI: Lorenzo Valla associò il concetto epicureo
del piacere, a quello cristiano di beatitudine. Lui sostiene che la natura è
sempre opera di Dio e che l’uomo non deve cercare di modificarsi. Niccolò
Cusano ritiene che all’uomo non è dato avere conoscenza piena delle cose
divine. È però, soprattutto grazie a Marsilio Ficino, che gli umanisti giunsero
a ritenere possibile il dialogo tra cristianesimo e classicità e a credere
nell’instaurazione di una pace religiosa universale.
ñ
L’ESPERIENZA
D’ERASMO: gli intellettuali che avviarono il tentativo di rinnovare il
cristianesimo e la società cristiana attraverso un ritorno allo spirito del
Vangelo, si rifecero ai principi dell’Umanesimo. Tra questi ricordiamo Erasmo
da Rotterdam, che si dedicò all’impresa di restaurare il pensiero cristiano
riconducendolo alla lettera umanisticamente ritrovata delle Sacre Scritture. Egli
criticò il comportamento dei religiosi, e propose una riforma della società
cristiana attraverso l’ideale di una vita vissuta come testimonianza di fedeltà
da Cristo. Erasmo ebbe tre repulsioni: l’oscurantismo (= ostilità al
progresso); il paganesimo e il giudaismo.
ñ
L’ESPERIENZA
DI MORE: Thomas More, com’Erasmo, criticò la società del suo tempo e lo fece
nella sua opera Utopia.
4.4
LA CULTURA ITALIANA IN EUROPA
In quali forme si esercitò l’influenza italiana nella
cultura e nell’arte del rinascimento europeo?
Y
I
PRINCIPALI CENTRI DELL’UMANESIMO EUROPEO: nel 1530 fu creato una nuova
istituzione culturale, il college des
lecteurs royaux. Inizialmente vi furono impartiti 3insegnamenti di greco, due
d’ebraico e uno di matematica. Successivamente vennero a formarsi delle scuole
umanistiche un po’ ovunque.
Y
L’INFLUENZA ITALIANA: riguardo ai generali
aspetti della cultura e dell’arte, l’influenza italiana operò sia dal punto di
vista intellettuale (neo - platonismo fiorentino), sia attraverso i mercanti,
gli artigiani, gli artisti. Nel 500, sono molti gli italiani che lavorano
presso signori stranieri. Degli italiani si ammiravano l’abilità, la
diplomazia, il bonton, l’arte.
4.5
L’INVENZIONE DELLA STAMPA
In che modo la stampa influenzò il lavoro degli
intellettuali?
ü
GLI
ANTENATI DELLA STAMPA: in Cina erano note fin dal 6° sec. tecniche per
riprodurre scritti e disegni, inchiostrando matrici in rilievo utilizzando la
carta (xilografie), tecniche che arrivarono in Europa solo nel 14° sec.. Questo
sistema tuttavia presentava dei grossi difetti e quindi gran parte della
produzione di libri era ancora affidata agli amanuensi.
ü
LA
NASCITA DELLA STAMPA MODERNA: il fondatore dell’arte tipografica moderna è
Gutenberg, che ebbe il merito di applicare alla stampa i caratteri mobili. Erano così risolti molti inconvenienti
(quali gli errori), ma ne restava uno (per stampare una sola pagina servivano
molti caratteri); questo problema fu risolto da Gutenberg con la “funzione a
ripetizione”. Il primo libro prodotto con questo metodo fu la Bibbia.
ü
LA
PRIMA PRODUZIONE TIPOGRAFICA: ora si producevano più libri e a prezzi più
bassi. Inizialmente tipografo, editore, fonditore di caratteri, erano la stessa
persona; successivamente queste funzioni si specializzarono. Le possibilità di
profitto offerte dall’industria del libro ne favorirono i rapidi progressi e le
dettero spesso un precoce carattere capitalistico.
ü
LA
STAMPA E LA NUOVA CULTURA: la stampa determinò la diffusione e il
consolidamento degli orientamenti della nuova cultura. La stampa assicurò ai
libri nuovi un’ampiezza e una rapidità diffusione mai visti prima. Con la
stampa si accrebbe il numero di lettori, la circolazione d’idee, determinò
l’opinione pubblica, tanto che i poteri politici intrapresero le censure e
modificarono lo stile di lavoro degli intellettuali.
-
prima
della stampa, l’intellettuale aveva a disposizione pochi libri; successivamente
all’invenzione della stampa, aveva a sua disposizione molti libri,
individuabili attraverso cataloghi e rassegni bibliografiche. Inoltre la stampa
permette di accompagnare alle parole scritte le illustrazioni.
La stampa
eliminò il pericolo che i libri andassero perduti. Inoltre la messa in
circolazione di dizionari, cronologie, tavole illustrate, rese stabile e
standardizzata la conoscenza del mondo antico, latino, greco ed ebraico.
Inoltre la sicura conoscenza di quanto già stato fatto, favoriva la produzione
del nuovo.
6.1
LE SCOPERTE GEOGRAFICHE
Quali furono le grandi scoperte geografiche e quali
motivazioni furono alla base di esse?
ü
LE
SPEDIZIONI DEI PORTOGHESI: agli inizi del 400 dal Portogallo erano partite
spedizioni che avevano fatto rotta verso le coste africane, con la speranza di
raggiungere però l’India (terra ricca). Nel frattempo i Genovesi erano stati
espulsi dalle loro basi nell’Egeo, a Costantinopoli e nel mar Nero mentre i Veneziani
non avevano perduto i loro scali. I
portoghesi si spinsero fino ali Golfo di Guinea, dove trovarono l’oro. Negli
empori che furono costruiti lungo le coste, si commerciavano anche l’avorio e
gli schiavi (in cambio, per questi, era data alle popolazioni locali merce
scadente di vario genere).
ü
L’OPERA
DI ENRICO IL NAVIGATORE: i principi portoghesi sostenevano e finanziavano
queste spedizioni. Il principe Enrico venne chiamato “il Navigatore” in quanto
aveva fondato scuole e reclutato personale specializzato di altri paesi. Con
Giovanni 2° i portoghesi penetrarono nell’interno dell’Africa e con B. Diaz
superarono l’estrema punta meridionale del continente. Si pensava che si poteva
raggiungere l’India circumnavigando l’Africa e così partì una nuova spedizione
con a capo Vasco de Gama.
ü
LE
INIZIATIVE SPAGNOLE: con l’espulsione dei musulmani dalla penisola Iberica
(1492), anche gli spagnoli avevano imboccato la via degli oceani. Il Portogallo
si rifiutò di finanziare una spedizione in India e così, il genovese Cristoforo
Colombo, nel 1492 aprì le porte del Nuovo Mondo.
ü
IL
VIAGGIO DI COLOMBO: Colombo ottenne dai sovrani spagnoli i poteri e i
riconoscimenti personali che la monarchia portoghese non gli conferì; egli
partì così da Palos, si fermò un po’ nelle isole Canarie e raggiunse il Nuovo
Mondo. Passarono degli anni prima che si capisse però che le terre scoperte non
erano l’avamposto dell’Asia ma una terra nuova.
ü
L’ACCORDO
ISPANO-PORTOGHESE: quando Colombo tornò in Europa tra Spagna e Portogallo si aprì
un conflitto circa i rispettivi diritti sulle nuove terre. L’accordo fu trovato
prima con la Bolla Inter (di papa Alessandro 6°) e poi con il Trattato di
Tordesillas del 1494: i Portoghesi ottennero che il loro confine di proprietà
fosse a 370 leghe ad ovest delle Isole del Capo Verde, vedendo così riconosciuti
i loro diritti sul Brasile.
ü
ALTRE
ESPLORAZIONI IN AMERICA: Colombo e gli spagnoli continuarono la scoperta delle
terre degli arcipelaghi caraibichi del Centro America; un italiano, Caboto, nel
1497 raggiunse il litorale nordamericano e nel 1500 il portoghese Cabral,
arrivò alle coste del Brasile. Amerigo Vespucci esplorò il Sud America e chiarì
che non si trattava dell’Asia. Così, dal suo nome, il nuovo continente venne
chiamato America.
ü
LA
CIRCUMNAVIGAZIONE DEL GLOBO: nel 1513, fu avvistato il Pacifico: ora
l’obiettivo era quello di trovare il passaggio tra l’Atlantico e questo nuovo
oceano. Ferdinando Magellano individuò lo stretto che ancora porta il suo nome,
e raggiunse l’Asia. Magellano morì in uno scontro con le popolazioni indigene
ma una sua nave riuscì a far ritorno in Spagna, doppiando il Capo di Buona Speranza.
Era così stato compiuto il primo periplo intorno al mondo.
ü
MOTIVAZIONI
DELLE SCOPERTE: non si sa quali sono i fattori che resero possibili queste
scoperte.
ü
MOTIVAZIONI
ECONOMICHE: queste motivazioni sono importanti.
ü
MOTIVAZIONI
RELIGIOSE: erano di due tipi: si voleva diffondere il cristianesimo e si voleva
combattere l’Islam.
ü
MOTIVAZIONI
CULTURALI: si pensava che i geografi e i cartografi umanisti convinsero Colombo
che la terra fosse rotonda, ma questo si sapeva già da tempo; si pensava però
che il viaggio per raggiungere l’Asia fosse troppo lungo, siccome era senza
possibili tappe. Però Colombo partì da calcoli errati e ritenendo che il viaggio sarebbe stato più breve del
previsto: il caso volle che la terra vicina ci fosse davvero, solo che non era
l’Asia ma l’America.
ü
REQUISITI
TECNICI: per rendere possibili le scoperte occorrevano delle capacità tecniche.
Furono migliorate le conoscenze dei venti e delle correnti, l’uso delle
velature e furono costruiti degli scafi.
ü
LE
NAVI: le navi usate sulle rotte oceaniche sono riconducibili alla caracca, al
galeone e alla caravella, e sono degli incroci tra le marinerie mediterranee e
quelle nordeuropee. Inoltre a bordo delle navi vi era la presenza di pezzi di
artiglieria.
ü
GLI
STRUMENTI NAUTICI: ricordiamo l’uso della bussola (già nota dal 300) e lo
sfruttamento degli alisei e dei monsoni.
ü
NUOVA
MENTALITA’: i marinai dovettero abituarsi a navigare per giorni senza la vista
della terra, in balia di venti e correnti sconosciuti e imprevedibili.
6.2
LE CIVILTA’ PRE-COLOMBIANE
Quali erano le civiltà esistenti nel continente americano
prima dell’arrivo degli europei e quali erano i caratteri delle principali di
esse?
Y
LE
ORIGINI DELLE POPOLAZIONI AMERICANE: i progenitori di questi popoli erano
giunti molto probabilmente dalle steppe della Siberia asiatica in successive
migrazioni risalenti almeno a 30.000-40.000 anni fa. Essi rimasero isolati in
America in quanto il lembo di terra da dove vi erano arrivati, era stato
sommerso da acqua. Così alcuni di queste popolazioni si spostarono nel Messico (antenati di Maya e
Aztechi), altri si spinsero a sud ….
Y
LE
PRIME SOCIETA’ AMERICANE: la trasformazione dei cacciatori nomadi in pueblos
(popolazioni stanziali dedite all’agricoltura), avvenne lentamente. Le civiltà
dei Maya, degli Inca e degli Aztechi nacquero dal ricco sostrato di esperienze
compiute dalle popolazioni vissute in precedenza nelle rispettive aree di insediamento
e poi scomparse.
Y
CARATTERI
DELLE CIVILTA’ PRECOLOMBIANE: le società precolombiane erano società
gerarchiche e teocratiche. Il potere politico era connesso con quello
religioso: presso i Maya vi era un élites sacerdotale, presso gli Aztechi il
regno era guidato dall’aristocrazia guerriera; presso gli Inca vi era un Impero
accentrato. Non si conoscevano animali da traino; i sacerdoti maya compivano
dei riti sacrificali; dalla capitale Inca posta su un altura partivano quattro
strade reali; non si conosceva l’aratro; non si conosceva il carro e per moneta
si usavano chicchi di cacao o conchiglie. Nonostante tutto vi erano dei grandi
centri commerciali, come Tenochtitlàn.
Y
LE
CITTA’ MAYA: I Maya diedero vita alla civiltà più antica. Essi si stabilirono
nel Guatemala e bello Yucatàn, dove sorsero le città del periodo classico. Erano
dei luoghi di culto, sede degli organi del governo e in certi giorni
diventavano centri di scambio commerciale. Intorno alla città monumentale si
estendeva quella residenziale; seguivano
i campi frazionati e poi la foresta. I Maya si organizzarono in città –
stato. La guida politica era tenuta dai sacerdoti. Professavano una religione
di tipo animistico.
Y
SCRITTURA
E CALENDARIO: praticavano la scrittura geroglifica, su pietra. Nel computo del
tempo i sacerdoti maya ottennero risultati sorprendenti. I calendari erano di3
tipi: lunale, civile e sacrale. L’anno civile era di 365 gg (18 mesi da 20 gg +
5 gg vissuti con angoscia).
Y
LE
TRASFORMAZIONI DEL 10° SECOLO: nel 10° sec. le popolazioni si trasferirono
sull’altopiano settentrionale dello Yucatàn.
Sorsero delle nuove città sotto forma di principati. Vi fu una
emancipazione del potere civile da quello sacerdotale. Le città avevano mura
difensive e anche in centro vi erano i palazzi signorili. Tuttavia il sistema
delle città - stato rimase fragile. In questa situazione di debolezza politica
sopraggiunsero gli spagnoli.
Y
IL
TERRITORIO DEGLI AZTECHI: il centro degli Aztechi fu la fertile valle intorno
al lago salato Texcoco (dove ora c’è Città del Messico). Fino al 9° sec. si sviluppò la raffinata e
pacifica civiltà di Teotihuacàn. Poi vi si insediò il popolo guerriero dei
Toltechi.
Y
L’ORGANIZZAZIONE
POLITICA AZTECA: gli Aztechi giunsero a nord alla fine del 12° sec., si
impadronirono di tutta la regione e si estesero verso sud, fino al mare. La
loro capitale sorgeva in mezzo al lago. Quando divenne sovrano Montezuma 2°,
essa era un città ricca e fiorente. Il potere era in mano ai nobili di ascendenza
guerriera ed era esercitato dal Consiglio dei Quattro (capo per gli affari
della tribù, il sommo sacerdote, il controllore dei mercati, il comandante
dell’esercito).
Y
RELIGIONE:
gli Aztechi veneravano diversi dei.
Y
IL
TERRITORIO DEGLI INCA: sotto il regno di Capac (1493-1527), il regno inca era
molto esteso, diviso in 4 regioni e aveva come centro la capitale Cuzco. Prima
dell’arrivo degli Spagnoli Capac morì e si aprì una contesa per la successione
tra i suoi due figli.
Y
IL
SISTEMA POLITICO: gli Inca realizzarono un potere statale che riunificava le
varie realtà etniche e dove la produzione e la distribuzione della ricchezza
era organizzata. Il problema politico fu risolto da un rigido accentramento e
dal culto dell’imperatore (Inca unico) che rappresentava il Dio Sole. Gli
uomini (25/50 anni) e le loro famiglie erano raggruppati in centurie, che erano
controllate da funzionari statali. Alla base della piramide vi erano le
comunità ayllu e ai vertici vi erano i governatori delle quattro regioni, che
collaboravano con l’imperatore. La
struttura economica era regolata dalla reciprocità e dalla redistribuzione.
Y
ECONOMIA
E SOCIETA’: nella civiltà Inca vi erano attività diversificate. La proprietà
della terra era divisa in 3 parti: una all’Inca unico (imperatore), una al Dio Sole,
e la terza era delle comunità. Non vi era la moneta e il tributo dovuto
all’Inca unico, era di 3 tipi: il lavoro collettivo, la mita (lavori pubblici),
la lavorazione di lana e cotone. I prodotti finiti erano restituiti dall’Inca
ai sudditi in caso di necessità (redistribuzione). Per le strade che univano le
4 regioni vi erano dei corrieri e delle stazioni che permettevano all’Inca di
avere sempre tutto sotto controllo.
Y
LA
RELIGIONE: la divinità suprema era il Sole. Poi era venerato il dio legato alla
terra, all’acqua e alle coste (Viracocha).
6.3
LA CONQUISTA DELL’AMERICA CENTRALE E
MERIDIONALE
Come avvenne la conquista europea dell’America centrale e
meridionale?
§
LE
RAGIONI DI UNA CONQUISTA: gli Aztechi e gli Inca non seppero organizzare fin
dall’inizio una risoluta e tempestiva difesa militare. Gli europei ebbero dalla
loro parte la superiorità militare (armi da fuoco, cavalli…). Inoltre le
vittorie degli europei furono facilitate dalle divisioni politiche ed etniche
presenti negli imperi precolombiani.
§
GLI
SPAGNOLI NELLE ANTILLE: per tutti i conquistadores la base di partenza furono
le Antille. Una volta che le Antille furono stabilmente occupate, ebbe inizio
l’esplorazione dell’America centrale e meridionale.
§
LE
PRIME CONQUISTE: il primo conquistadores fu Vasco Nùnes de Balboa, che creò un
impero sul territorio di Panama (chiamato “Castilla de oro”). Nel 1513 aprì la
via d’accesso all’oceano Pacifico, guidando la traversata dell’istmo.
§
LA
CONQUISTA DEL MESSICO: verso lo Yucatàn meridionale partirono due spedizioni in
ricognizione da Cuba (1517/1518), per volontà del governatore: non vennero
posti insediamenti militari. Nel 1519 ve ne fu una terza, con a capo Cortés,
nel golfo del Messico, e questa volta si era intenzionati a costruire un impero
e a rompere col governatore. Infatti
arrivò alla capitale Azteca, volse a suo favore i tributi e con Montezuma 2° e
il suo popolo sfruttò il mito di Quetzalcoatl, riuscendo a tenere vivo il
dubbio sulla vera natura degli Spagnoli. Montezuma, immobilizzato da presagi e
da profezie, decise di inviare ambasciatori con munifici doni e di attendere. Intanto
Cortés si fece degli alleati ma quando scoprì un complotto fece una strage di
indios. Sull’altare del più antico tempio dedicato a Quetzalcoatl, fu posta
l’immagine della nuova divinità dei vincitori: la Madonna con il bambino. Successivamente
giunse notizia che la guarnigione spagnola fosse stata attaccata da nobili
indigeni e Cortés, temendo di rimanere bloccato, prese Montezuma 2° come
ostaggio. Po Cortés dovette allontanarsi per affrontare le truppe spagnole del
governatore, inviate per arrestarlo e la città indigena si ribellò. Rientrato
in città Cortès cercò di difendersi usando Montezuma, che comunque venne
lapidato. Nel 1520 gli Spagnoli dovettero abbandonare la città. Cortès ritentò
la conquista del Messico ed ebbe anche il vaiolo come alleato. Gli Aztechi resistettero
a lungo, ma alla fine furono annientati.
§
LA
SOTTOMISSIONE DEI MAYA: dopo la conquista del Messico, gli spagnoli
procedettero a quella del Guatemala e dello Yucatàn (1523), appartenenti ai
Maya. Questa volta l’occupazione fu meno difficile.
§
LA
CONQUISTA DEL PERU’: la conquista del Perù partì da Panama e fu guidata da
Francisco Pizarro e Diego Almagro. Pizarro, dopo aver visto le pareti in oro
del tempio dedicato al dio Sole, si fece dare dal re il tiolo di governatore. Poi,
con Almagro e Valverde, cominciò a inoltrarsi nel territorio. Per la conquista
Pizarro puntò soprattutto sull’Inca unico, che alla fine venne ucciso. Molti
indios vennero sterminati.
6.4
L’ESPANSIONE COLONIALE SPAGNOLA
NELL’AMERICA MERIDIONALE
Quali furono i connotati della conquista coloniale?
DALLA
CONQUISTA ALLA COLONIZZAZIONE: nel 1556 i termini “conquista” e “conquistatori”
vennero ufficialmente sostituiti con quelli di “scoperta” e di “colonizzatori”.
GLI INSEDIAMENTI DEGLI SPAGNOLI: gli
insediamenti spagnoli non erano ben collegati tra loro e ciò fece si che i
costi di trasporto rimanessero altissimi, compromettendo certe possibilità di
sviluppo. Una delle principali cure della Spagna fu quella di fondare delle
città, che avevano le funzioni di inquadramento limitare ed amministrativo del
territorio circostante.
UN’AMERICA
MULTIRAZZIALE: la colonizzazione del
nord America procedeva lentamente mentre quella del centro sud era avvenuta
improvvisamente. Al centro sud per far fruttare terre e miniere furono usati
come mano d’opera gli indigeni e successivamente ne fu importata altra
dall’Africa. Si delineò così un America multi razziale.
LA
PIRAMIDE SOCIALE: ai vertici della società vi erano dei funzionari che volevano
sfruttare al massimo l’America; poi vi erano i discendenti dei primi conquistatori
che impedirono agli Ebrei di immigrare nelle colonie e favorirono l’arrivo di
Spagnoli, denominati creoli. Gli spagnoli diventarono proprietari delle grandi
haciendas agricole. Alla base della società vi erano gli indios (usati come
lavoratori dei campi e delle miniere); poi vi erano gli indios bravos che
sopravvivevano in piccole comunità sulla cordigliera andina.
GLI
INTERVENTI DELLA CORONA SPAGNOLA: durante la prima fase di conquista la corona
Spagnola emanò le leggi di Burgos (1512) con cui si voleva abolire la schiavitù
e salvaguardare gli indigeni (lingua e cultura); ma in realtà non fu così. Quello
degli schiavi era un vero commercio con licenze e contratti di monopolio
(asientos). Gli schiavi vivevano in condizioni disumane. Ai livelli intermedi
della gerarchia vi erano i sanguemisti: mulatti e meticci.
GLI
ORGANI CENTRALI DELLA AMMINISTRAZIONE SPAGNOLA: dal punto di vista
amministrativo le Indie erano considerate proprietà dei re di Castiglia come
diceva la Bolla di papa Alessandro 6° (1493). Dal 1503 esisté a Siviglia la
Casa de Contractaciòn, che si occupava delle relazioni marittime e commerciali
tra il Vecchio e il Nuovo mondo. Poi fu istituito il Consiglio delle Indie, che
si occupava ed emanava disposizioni alle colonie.
L’AMMINISTRAZIONE
COLONIALE: in America il potere del re era esercitato dalle audiencias e dai
vicereami. Le audiencias avevano potere giudiziario ed amministrativo. I viceré
comandavano le truppe spagnole e vigilavano la politica verso gli indigeni e
questioni religiosi. Alle loro dipendenze vi erano i capitani generali
affiancati dalle audiencias locali. Le città erano amministrate da un consiglio
(cabildo).
L’ORGANIZZAZIONE
ECONOMICA: le colonie dovevano cercare di raccogliere maggior ricchezza
possibile. E le colonie smerciavano a prezzi di monopolio i prodotti iberici
(olio e vino). Le terre occupate erano date dal re agli occupanti sotto il nome
di encomiendas (1/5 del rendimento doveva essere dato al re). La conquista e le
encomiendas portarono l’instaurarsi di una aristocrazia latifondista, dove la
ricchezza veniva sperperata solo a vantaggio dei commercianti iberici.
I
METALLI PREZIOSI: gli spagnoli erano soprattutto interessati alla ricchezza
mineraria della regione.
IL
RUOLO DELLA CHIESA: la croce fu il simbolo sotto cui si svolge la conquista. L’azione
della Chiesa portò alla conversione degli indios al cattolicesimo.
L’AZIONE
DEI GESUITI: ruolo importante nella conversione ebbero gli ordini religiosi e
soprattutto i Gesuiti. Questi fecero anche delle missioni (reduciones) dove gli
indios lavoravano e abitavano in piccoli centri. L’opera dei gesuiti terminò
dopo il trattato tra Spagna e Portogallo nel quale vennero cedute queste terre
al regno Lusitano. Alcuni Indios resistettero al cedimento delle terre e furono
appoggiati da alcuni padri: fu così che i gesuiti vennero espulsi dall’America
e l’ordine fu soppresso.
6.5
L’ESPANSIONE COLONIALE PORTOGHESE
Y
I
PORTOGHESI IN ASIA: dopo che Diaz ebbe raggiunto l’estremità meridionale
dell’Africa il Portogallo organizzò una spedizione verso l’India (De Gama). Nel
1500 partì una flotta che scoprì le coste del Brasile e raggiunse le coste
dell’India, dove fu stabilita una colonia commerciale. Successivamente partì
un’altra spedizione con la quale si sconfisse il sultano d’Egitto. Vi fu una
supremazia portoghese per un po’ di tempo. Alla fine del 1520 i portoghesi
raggiunsero anche le isole indonesiane, la nuova Guinea e la Cina.
Y
UN
IMPERO COMMERCIALE: il commercio delle spezie diventò un monopolio portoghese. L’impero
portoghese in Asia era di tipo commerciale in quanto voleva commerciare beni
prodotti dagli indigeni o sfruttare le piccole isole dove si producevano
spezie.
6.6
VECCHIO E NUOVO MONDO A CONFRONTO
§
I
CONTRIBUTI DELLA ANTROPOLOGIA E DELLA ETNOSTORIA: dato che mancavano
testimonianze dirette dei vinti circa gli effetti prodotti dalla conquista, gli
storici hanno ritenuto opportuno avvalersi degli apporti dell’antropologia e
dell’etnostoria. Queste due discipline consigliano di non spiegare il successo
riportato da un numero ristretto di Europei su migliaia di indios sulla base
della pura distinzione tra popoli primitivi e popoli civilizzati ed invitano a
considerare anche altri elementi (mentalità…).
§
LA
CONCEZIONE CICLICA DEL TEMPO: era tipica delle civiltà centro americane e
peruviane ed aveva favorito nella comune mentalità degli uomini la disponibilità
a pensare ai regni e degli imperi sotto il profilo di una nascita, di uno
sviluppo, di un termine.
§
IL
RITORNO DEGLI ANTICHI DEI: la mentalità collettiva credeva al ritorno degli
antichi dei e questo era alimentato dalla tradizione sacerdotale che riguardava
il mitico dio civilizzatore che aveva assunto le sembianze umane di un re. Così
quando gli Spagnoli arrivarono da dove sarebbe dovuto ritornare il loro dio,
molti indios rimasero paralizzati a causa del dubbio sulla possibile natura
divina degli spagnoli.
§
LA
REAZIONE PSICOLOGICA DELLA CONQUISTA: la conquista fu vista dagli indigeni come
un evento traumatico e di perdita. Così la colonizzazione fu vista con
rassegnazione e ciò spiega anche il crollo demografico (aumento della
mortalità, diminuzione della natalità).
§
ACCULTURAZIONE
O DESTRUTTURAZIONE?: acculturazione indica il lento processo di interazione
attraverso il quale il modello più debole di civiltà si riorganizza nello
scambio con più forte. Destrutturazione evidenzia il fallimento di quel
medesimo processo, dato che gli elementi delle precedenti civiltà si mantengono
nel successivo contesto solo come frammenti e schegge disarticolate. Nel
rappresentare la colonizzazione si preferisce usare il termine destrutturazione.
§
CATTOLICESIMO
E RELIGIONI INDIGENE: in materia religiosa le due cultura si integrarono
lentamente, con lo sviluppo del meticciato. Ci furono dei missionari che
parlarono a favore dei vinti; i Gesuiti si sforzarono di comprendere i costumi
e le usanze degli indigeni, ma al tempo della conquista lo spirito di crociate
contro gli infedeli ebbe il sopravvento sull’evangelizzazione.
§
INQUIETANTI
INTERROGATIVI: gli europei si porsero delle domande riguardanti l’origine degli
indiani, la loro natura, i loro usi e costumi, le loro pratiche religiose e la
loro organizzazione politica. A consentire le acquisizioni teoriche più
rilevanti, non furono tanto i Maya, gli Aztechi e gli Inca, ma i selvaggi, i
cosiddetti homines sylvestres, gli indigeni che, pur non avendo leggi, vivevano
in società.
§
IL
DIBATTITO SUI SELVAGGI IN EUROPA: nel 16° / 18° sec., in Europa si sviluppò un
dibattito sulle risposte ai vari quesiti dell’epoca della conquista fino
all’età dell’Illuminismo. Vi erano diverse opinioni riguardanti gli indigeni:
chi li difendeva e chi gli andava contro…. Per tentare di risolvere il
contrasto tra le opposte tesi circa la riduzione in schiavitù degli indigeni,
fu nominata una commissione di teologi e gi giuristi, che però non riuscì a
prendere alcuna decisione, a causa del peso esercitato sulla questione da
molteplici interessi di natura politica ed economica.
§
IL
DIBATTITO SUL RAPPORTO TRA STATO E SOCIETA’: tra il 500/700 vi fu un dibattito
che riguardò i fondamenti della vita religiosa e politica. Una delle più importanti
questione fu quella del rapporto società – Stato.
§
LE
ACQUISIZIONI CULTURALI: con tutti questi eventi, gli Europei divennero
coscienti che nel mondo vi sono delle “diversità” (religione, cultura, lingue,
morale, tradizioni, usi…).
7.1 SITUAZIONE E COMPORTAMENTI
DEMOGRAFICI
Qual’era
la situazione demografica in Europa agli inizi dell’età moderna?
_
LA
RIPRESA DEMOGRAFICA: nel Cinquecento si ebbe un deciso aumento della
popolazione e la crescita proseguì, in maniera peraltro assai rallentata e
differenziata, anche nel secolo successivo. Il progresso demografico andò di
pari passo con la ripresa economica delineatasi a partire della metà del
Quattrocento. Essa fu dovuta all’aumento della produttività agricola, alla
crescita di nuove attività economiche, alle occasioni offerte dalle scoperte
geografiche.
_
UNA
CRESCITA CONTENUTA: i tassi della crescita demografica europea rimasero però
attestati su livelli di gran lunga inferiori a quelli consentiti dalle mere
potenzialità riproduttive delle popolazioni e a quelli registrati in altre
regioni del mondo.
_
LA
MORTALITÀ INFANTILE: il parto, pur svolgendosi di solito sotto il controllo
delle levatrici o di altre donne esperte, era un momento ad alto rischio sia
per la madre sia per il nascituro. Carenze igieniche ed alimentari erano poi al
primo posto nella mortalità dei piccoli, ma un peso importante lo aveva anche
il tragico e diffuso costume dell’infanticidio.
_
LE
MALATTIE: alcune malattie medievali, come la lebbra, erano praticamente
scomparse, ma altre, come la peste, si erano stabilmente installate in Europa
ed altre ancora, come la sifilide, vi fecero la loro comparsa a seguito
dell’incontro con le popolazioni americane.
_
LA
MEDICINA: la medicina dell’epoca era attestata sulle antiche teorie umorali,
per cui l’intervento terapeutico consisteva solitamente nel favorire con purghe
e salassi l’espulsione degli umori eccedenti. Inoltre essa era ostacolata nel
suo sviluppo dal permanere di una rigida divisione tra la figura professionale
del medico-fisico, studioso di formazione universitaria, socialmente stimato e
lautamente pagato, ma dotato di una preparazione soltanto teorica, e quella del
barbiere-chirurgo, cui spettava intervenire direttamente sul corpo del
paziente.
_
L’AZIONE
DEI POTERI PUBBLICI: i risultati più consistenti nella lotta contro le epidemie
vennero dai progressi compiuti nel campo della pubblica amministrazione dagli
Stati, alcuni dei quali si dotarono fin dal XV secolo di uffici di sanità, col
compito specifico di emanare regolamenti igienico-sanitari e di operare
controlli di carattere preventivo. Dalla loro azione dipesero l’adozione
sistematica della pratica della quarantena nei confronti dei sospetti portatori
di contagio e l’istituzione dei lazzaretti nei quali ricoverare i malati
contagiosi.
_
IL
MATRIMONIO RITARDATO: il fattore che inibì una eccessiva crescita demografica
delle popolazioni europee sembra essere stato il permanere della natalità a
livelli contenuti. Ciò non dipese evidentemente da un ricorso sistematico a
pratiche anticoncezionali (proibito da tutte le Chiese), ma dall’età media dei
matrimoni che si mantenne piuttosto elevata rispetto all’età della maturazione
sessuale. La procrastinazione delle nozze dipendeva in primo luogo dal fatto
che sposarsi significava metter su casa e questo non era possibile finché i
giovani non avevano messo da parte qualcosa o nono erano venuti in possesso
delle proprietà dei genitori.
_
LA
FAMIGLIA: il modello dominante in gran parte dell’Europa nella prima età
moderna era quello “nucleare” e “neoresidenziale”: i giovani che si sposavano,
specialmente in ambente popolare e contadino, non andavano ad abitare coi
genitori e a formare grandi famiglie patriarcali, ma si stabilivano per conto
proprio. Invece nelle famiglie patrizie, deve si cercava di trasmettere da una
generazione all’altra il patrimonio, il titolo e la dimora della casata,
prevalevano modelli d’altro tipo, con matrimoni combinati in tenera età e
residenza della giovane coppia nel palazzo di famiglia. Allora la famiglia era
essenzialmente un’unità di produzione. Il luogo di lavoro coincideva di regola
con il luogo di abitazione.
7.2
L’AUMENTO DEI PREZZI
In che cosa consisté e da che cosa fu provocato il rialzo
dei prezzi verificatosi in Europa nel Cinquecento?
Ø
L’INFLAZIONE
CINQUECENTESCA: nel XVI secolo si verificò in Europa un generale rialzo dei
prezzi. L’aumento fu più consistente nei paesi dell’Europa occidentale, in
primo luogo in Spagna, e fu più sensibile sui prodotti di largo consumo.
Ø
LA
SPIEGAZIONE “METALLISTICA”: il livello generale dei prezzi è direttamente
proporzionale alla quantità di moneta disponibile ed alla sua velocità di
circolazione e che, essendo allora le monete correnti coniate in oro e in
argento, un aumento della disponibilità do questi due metalli, poté innescare un
processo inflazionistico.
Ø
UNA
SPIEGAZIONE DIVERSA: oggi si ritiene che sia stato decisivo l’aumento
complessivo della domanda di beni, dovuto alla crescita demografica e ai più
alti livelli di consumo, non accompagnato da un equivalente aumento della produzione
e dell’offerta.
Ø
I
RIFLESSI SULLA SOCIETÀ: come sempre accade nei periodi di inflazione,
risultarono svantaggiati tutti coloro che avevano introiti fissi o che comunque
non erano in grado di accrescerli nella stessa misura e con la stessa rapidità
con cui cresceva il costo della vita. Al contrario, trassero benefici tutti
quelli che potevano speculare sul rincaro dei prodotti immessi sul mercato.
7.3
L’AGRICOLTURA
Qual era il quadro dell’agricoltura europea?
LE
STRUTTURE AGRARIE: sebbene in tempi e con modalità diverse, la tradizionale
divisione delle tenute agricole in una parte signorile, coltivata grazie alle
corvées contadine, e in una parte data in affitto era scomparsa dalle campagne
dell’Europa occidentale, sostituita dal più mobili rapporti tra proprietari e
coltivatori: l’affitto, la mezzadria.
UNA
DIVERSA PARABOLA DEGLI ORDINAMENTI SIGNORILI: nella parte occidentale
dell’Europa le ristrutturazioni agrarie del Basso Medioevo avevano portato
altresì al restringimento dei poteri signorili: essi sopravvivevano
nell’esercizio della giustizia “bassa” e delle funzioni di polizia, nella
riscossione delle decime e delle imposte, nel monopolio di determinate
attrezzature, nel godimento esclusivo dei diritti di caccia. Assai diversa era
la situazione nelle campagne nell’Europa orientale, dove prevalevano rapporti
sociali marcatamente feudali, con l’asservimento dei contadini, l’obbligo di
residenza, le corvées.
LA
CRESCITA DELLA PRODUZIONE AGRICOLA: durante il XVI secolo l’agricoltura europea
fu sollecitata ad accrescere la produzione dall’espansione demografica e
dall’aumento dei prezzi agricoli. La maggiore produzione fu ottenuta dai
contadini europei grazie con l’allargamento delle aree coltivate a cereali con
disboscamenti e bonifiche.
LE
AREE DELL’INNOVAZIONE AGRICOLA: in alcune zone la maggiore produzione fu dovuta
invece a perfezionamenti di tecniche che aumentarono la produttività della
terra e del lavoro (Paesi Bassi, Italia settentrionale).
INTENSIFICAZIONE
DEI RAPPORTI COMMERCIALI: un altro elemento di novità nell’agricoltura europea
fu la formazione di circuiti di scambio legati ad un’intensificata divisione
internazionale del lavoro.
UNA
CRESCITA COMPLESSIVAMENTE LIMITATA: una crescita della produttività del settore
agricolo poteva essere ottenuta, e di fatto nel Settecento fu ottenuta, con
l’aumento della varietà delle culture e soprattutto con l’espansione
dell’allevamento. Nel Cinquecento la via battuta nel settore agricolo conduceva
nella direzione opposta: verso l’uniformità cerealicola anziché verso la
varietà delle culture.
LE
CONSEGUENZE SULLE SOCIETÀ RURALI: l’aumento della popolazione e la connessa
maggior richiesta di prodotti agricoli acrebbero il valore della terra: molti
capitali di origine urbana e mercantile furono allora investiti in acquisti
fondiari. Infatti i proprietari terrieri, purché non si imitassero a vivere
della rendita dell’affitto delle loro proprietà, potevano trarne redditi
crescenti. Viceversa peggiorarono le condizioni dei contadini, la cui forza
contrattuale era diminuita dalla stessa crescita demografica.
7.4 LE
ATTIVITÀ MANIFATTURIERE
Quali furono le novità manifestatesi nel settore
manifatturiero?
¯
IL
SETTORE MINERARIO: la produzione non agricola registrò nel Cinquecento una
vistosa espansione. Una forte crescita si ebbe in tutto il settore minerario.
¯
LE
TECNICHE ESTRATTIVE: in quest’epoca si passò dalle miniere “a giorno” allo
scavo di gallerie in profondità, risolvendo complessi problemi di sollevamento
della terra e di pompaggio dell’acqua. Si introdussero anche forme più moderne
di organizzazione del lavoro, con forme più moderne di organizzazione del
lavoro, con cicli continui di lavorazione e turni.
¯
LA
METALLURGIA: vennero messe a punto nuove tecniche per la lavorazione
dell’argento, del rame e soprattutto del ferro, con l’introduzione degli
altiforni.
¯
LA
PRODUZIONE TESSILE: più tradizionale, ma quantitativamente più rilevante, era
il settore tessile, che impiegava centinaia di migliaia di lavoratori, sia in
opifici urbani talvolta di grosse dimensioni, sia in campagna. Il lavoro era
effettuato a domicilio su materia prima fornita da mercanti-imprenditori che
poi ritiravano il prodotto finito o semilavorato e lo commercializzavano. Il
sistema di fabbrica e quello a domicilio non erano alternativi, ma più spesso
complementari.
¯
L’EDILIZIA:
un altro ramo in notevole espansione nel Cinquecento fu quello dell’edilizia,
sostenuto dalla crescita demografica e dal successo di nuovi stili di vita che
invitavano ad abbandonare o a modificare le antiche dimore.
¯
ALTRI
SETTORI: diverse attività minori furono favorite dalla particolare congiuntura
del secolo: erano quelle legate alla produzione di generi alimentari, del
cuoio, del legno, del vetro, della ceramica, del sapone, degli strumenti
musicali. Ricordiamo in particolare la fabbricazione delle carrozze e le
stamperie.
¯
SOPRAVVIVERE
DI ELEMENTI TRADIZIONALI: molteplici aspetti del sistema manifatturiero
rimasero legati alla tradizione.
¯
DIMENSIONI
RIDOTTE: le manifatture conservarono di solito dimensioni modeste.
¯
MODELLI
ARTIGIANALI: le lavorazioni avvenivano secondo modelli ancora artigianali, cioè
con una ridotta divisione del lavoro e con un impiego limitatissimo di macchine
utensili.
¯
FONTI
DI ENERGIA TRADIZIONALI: il lavoro fisico degli uomini e degli animali,
l’acqua, il vento, il legno. Nel Cinquecento si ebbe un maggior impiego del
carbone, in forni, fornaci, vetrerie.
¯
REGOLAMENTI
CORPORATIVI: la produzione continuò ad essere regolata, nelle città, dagli
ordinamenti delle Corporazioni che ne fissavano i criteri e il volume
complessivo e miravano a frenare la concorrenza, disincentivando pertanto le
innovazioni.
¯
INSICUREZZA
DEGLI INVESTIMENTI: gli investimenti nel settore manifatturiero erano
estremamente aleatori a causa delle guerre, dei disordini sociali, delle interferenze
imprevedibili e spesso arbitrarie dei poteri pubblici, della carenza di
informazioni attendibili e tempestive circa l’andamento dei prezzi sui mercati.
¯
PENURIA
DI CAPITALI: nonostante l’afflusso dei metalli preziosi americani ed il
crescente impiego di “monete fiduciarie” sostitutive di quelle metalliche,
l’Europa soffriva di carenza di denaro circolante, né c’erano strutture di
credito che raccogliessero i risparmi privati e li convogliassero verso
investimenti produttivi.
¯
RISTRETTEZZA
DELLA DOMANDA: la stragrande maggioranza della popolazione era troppo povera
per accedere in modo regolare al mercato dei manufatti. La maggior parte delle
manifatture lavorava perciò per una clientela molto ristretta, la quale esigeva
standard qualitativi compatibili più con le lavorazioni artigianali che con
sistemi “massificati”.
7.5 IL
COMMERCIO E LA FINANZA
Quali furono le nuove caratteristiche delle attività
commerciali e finanziarie?
Ö
I
GRANDI MERCATI CAPITALISTI: nell’insieme dei fatti economici caratterizzati
dalla circolazione della moneta sembra opportuno distinguere tra quelli in una
certa misura tradizionali, come il commercio su scala locale e su itinerari
consueti o la compravendita al dettaglio, e quelli che avevano per protagonisti
i grandi mercati capitalisti che operavano sulle lunghe distanze del commercio
internazionale. Questi uomini d’affari, che erano contemporaneamente mercanti,
industriali, banchieri, salirono alla più grande potenza. Era il commercio del
denaro, soprattutto, quello che li proiettava più in alto e ne faceva, con la
caduta delle interdizioni medievali contro il prestito ad interesse, i
ricercati ed invidiati protagonisti d’epoca.
Ö
LA
POTENZA DI FUGGER: quella di Fugger era una famiglia di origine contadina che
nell’arco di poche generazioni salì ad una potenza straordinaria. I Fugger
erano titolari di una vero impero economico, comprendente commercio e
produzione di tessuti, commercio di spezie, di pellicce, di minerali, attività
bancarie ramificate su tutte le principali piazze d’affari d’Europa.
I
NUOVI CENTRI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE: i centri finanziari più importanti
erano Anversa, Londra, Siviglia, Firenze, Venezia. La loro dislocazione
rifletteva le novità e le permanenze delle direttrici dei traffici
internazionali.
8.1 LUTERO
GIOVANE
Quale fu l’esperienza religiosa si Lutero?
¨
MARTIN
LUTERO (1483-1546): nacque ad Eisleben, in Sassonia, da una famiglia di origini
modeste. Lutero compì un regolare corso di studi e frequentò l’Università di
Erfut, dedicandosi alla filosofia, ma restando sostanzialmente estraneo alle
raffinatezze di una cultura umanistica.
¨
LA
SCELTA MONASTICA: nel 1505, a seguito di un incidente che lo turbò
profondamente, maturò improvvisamente la scelta di prendere i voti monastici ed
entrò nel monastero agostiniano di Erfut. Nel 1507 fu ordinato sacerdote e
condusse, per anni, una vita dedita allo studio delle Scritture e
all’insegnamento.
¨
L’ESPERIENZA
RELIGIOSA DI LUTERO: nel 151 dovette recarsi a Roma. La visione del fasto
mondano della capitale del cristianesimo lasciò in lui una impressione duratura
e sgradevole, anche se non è opportuno esagerare l’importanza di questo viaggio
sulla maturazione delle sue idee. Lutero pensava che l’uomo, dopo la caduta del
peccato originale, fosse intrinsecamente peccatore, del tutto incapace di
annientare in sé gli stimoli carnali della concupiscenza. Perciò un Dio giusto,
che giudicasse gli uomini secondo i loro meriti effettivi, non avrebbe potuto
fare a meno di condannarli.
¨
IL
PROBLEMA DELLA SALVEZZA: intorno al 1515 si colloca la “scoperta” della Lettera
ai Romani di San Paolo. In essa egli trovò la risposta alla sua angoscia e
quello che doveva diventare il pernio della dottrina protestante. Nella lettera
di Paolo Lutero rilesse che il Vangelo «è una forza di Dio per la salvezza di
chiunque crede […]. In lui si rivela la giustizia di Dio, per mezzo della fede
e continuando nella fede, secondo sta scritto: “Il giusto vivrà per mezzo della
fede”».
¨
LA
GIUSTIFICAZIONE PER FEDE: meditando queste parole, Lutero comprende che
l’espressione “giustizia di Dio” non significa che Dio dà all’uomo secondo
quanto ha meritato, perché, se così fosse, nessun uomo potrebbe salvarsi, bensì
che Dio rende giusto, cioè giustifica, l’uomo che ha fede in Lui, che a Lui si
affida interamente, senza riserve: quest’uomo, per quanto peccatore, Dio non lo
abbandonerà. In questa fede l’uomo trova la sua pace e da questa fiducia in Dio
seguono sicuramente le buone opere, quelle che la Legge prescrive, ma che
nessun uomo, con le sole sue forze, potrebbe mai realizzare.
8.2 LUTERO,
IL RIFORMATORE
Quali furono i punti essenziali della Riforma luterana?
☻ LA VENDITA DELLE INDULGENZE IN GERMANIA:
per far fronte alle spese di edificazione della nuova Basilica di San Pietro la
Curia romana aveva intensificato la concessione ai vescovi, dietro pagamento,
della dispensa dall’obbligo di residenza nelle diocesi loro assegnate. Di una
tale concessine aveva usufruito Alberto di Brandeburgo, che, per recuperare la
somma, era stato autorizzato a promuovere nei suoi territori una vendita delle
indulgenze, dal cui ricavato avrebbe potuto trattenere per sé la metà.
☻ IL DISSENSO DI LUTERO: non furono i
risvolti economici a smuovere Lutero, ma il significato che la pratica delle
indulgenze aveva assunto: essa attribuiva al papa la potestà non solo di
ridurre o cancellare le pene imposte dalla Chiesa ai vivi che avevano ottenuto
con la contrizione la rimessa dei peccati, ma anche di ridurre e cancellare le
pene che trattenevano i defunti in Purgatorio, in taluni casi si parlava di una
potestà alla remissione della colpa stessa.
☻ L’OPPOSIZIONE DI LUTERO ALLE INDULGENZE:
Lutero, convinto che solo il sacrificio di Cristo poteva redimere l’uomo, era
colpito dalla facilità con cui veniva trattata la materia della colpa della
penitenza. La sua teologia crucis rinviava infatti non alle opere, ma alla
fede, e questa fede aveva bisogno della grazia, non del papa o della legge
canonica.
☻ LE 95 TESI: fu così che, nel 1517,
videro la luce le famose Tesi: 95 proposizioni che esprimevano tutti i dubbi di
Lutero e sulle quali egli desiderava aprire una discussione.
☻ IL CONSENSO ALLE TESI IN GERMANIA: il
consenso venne dai signori e dai principi, preoccupati per il continuo e
massiccio travaso di risorse finanziarie dai loro territori verso Roma, venne
dalle masse popolari, che si sentivano sfruttare dal clero, venne infine da
quanti, di ogni condizione sociale, dotti o analfabeti, sognavano una Chiesa
più vicina al modello e all’insegnamento di Cristo. Intorno a Lutero si strinse
un primo gruppo di discepoli, mentre da Wiettenberg partivano i primi
“missionari” della Riforma.
☻ LA PRIMA REAZIONE DI ROMA: in un primo
tempo la questione luterana non destò alcun interesse nella corte romana di
Leone X. Successivamente, quando apparve ormai chiara la portata di quanto
stava accadendo in Germania, Leone X assunse un atteggiamento di assoluta
intransigenza e chiese a Lutero la ritrattazione delle sue opinioni.
☻ LA DOTTRINA LUTERANA: il credente è
salvato da Dio per la sua fede e tale fede è possibile perché Dio si è rivelato
attraverso la Scrittura. Solo alla scrittura il cristiano deve perciò fedeltà
ed obbedienza. Da questo criterio discende la drastica riduzione dei sacramenti
ai tre soli di cui, secondo Lutero, si fa effettivamente menzione nella
Scrittura: il battesimo, l’eucarestia e la confessione. Ma, nel caso degli
ultimi due, con notevoli differenze rispetto alla dottrina cattolica.
☻ IL LIBERO ESAME: la Parola di Dio,
consegnata nella Scrittura, deve essere accostata con umiltà del credente,
senza essere filtrata attraverso il magistero ecclesiastico. Cade così ogni
autorità della Tradizione: dal momento che nessuno può imporre legittimamente
una interpretazione vincolante per gli altri, la lettera e l’interpretazione
della Parola si fanno libere.
☻ IL SACERDOZIO UNIVERSALE: ogni credente
è sacerdote e non abbisogna di intermediari nel suo rapporto col Padre.
☻ IL RUOLO DELLE AUTORITÀ SECOLARI SECONDO
LUTERO: egli considerò il potere delle autorità secolari come lo strumento
istituito da Dio per tenere gli uomini peccatori sotto l’imperio della legge.
☻ ERASMO E LUTERO: Erasmo da Rotterdam
aveva portato a termine una nuova traduzione del Nuovo Testamento della quale
Lutero ampiamente si servì. Egli e gli umanisti cristiani avevano molto in comune
con la Riforma; ma l’affermazione luterana che la salvezza dipende unicamente
dall’intervento divino era in contrasto con la fiducia che gli umanisti
riponevano nella libertà dell’uomo. Questo contrasto, che restò in ombra nei
primi tempi, venne in piena luce nel 1525.
☻ LA DIETA DI WORMS: il 15 giugno 1520
Leone X emanò la bolla Exsurge Domine che condannava le Tesi luterane e
chiedeva al riformatore una ritrattazione; Lutero, che rifiutò, fu scomunicato
il primo gennaio del 1521. Ma Carlo d’Asburgo preferì agire ancora con cautela
e nel mese di aprile Lutero fu convocato nella città di Worms per essere
interrogato e chiarire le sue posizioni. La Dieta si concluse con un nulla di
fatto perché egli si rifiutò di ritrattare.
☻ LUTERO ALLA WARTBURG: Lutero fu messo al
sicuro nella fortezza di Wartburg dal suo protettore, il duca Federico di
Sassonia, qui procedette alla traduzione tedesca della Bibbia.
8.3 LA
RIFORMA E IL MONDO TEDESCO
Quali furono in Germania le ripercussioni politiche e
sociali della predicazione luterana?
<
RADICALIZZAZIONE
DELLA RIFORMA: durante l’assenza del riformatore ad Wittenberg, alcuni
discepoli, non tenendo conto della raccomandazione di lasciare il tempo alle
nuove idee di metter radici, presero delle posizioni che apparvero a Lutero erronee.
<
LA
RIVOLTA DEI CAVALIERI: nel 1522 scoppiò una rivolta di cavalieri svevi e
renani, guidata dall’umanista Ulrico von Hutten e da Franz von Sickingen. In
nome della lotta contro la Chiesa di Roma, i cavalieri aspiravano a recuperare
una posizione sociale compromessa dagli sviluppi politici che erano in atto nel
territorio tedesco e a tale scopo cercarono di occupare le terre
dell’arcivescovo di Treviri. Il movimento dei cavalieri fu sconfessato da
Lutero e sconfitto militarmente dai principi.
<
LA
RIVOLTA DEI CONTADINI: essa fece avvertire i suoi primi segnali agli inizi
dell’estate del 2524 nella Germania meridionale e si estese rapidamente fino
alla Sassonia, alla Turingia, alla Corinzie, al Tirolo. Nelle rivendicazioni
dei ribelli si mescolavano richiami ad antiche consuetudini, echi evangelici,
motivi luterani.
<
LUTERO
DI FRONTE ALLA RIVOLTA DEI CONTADINI: fra i rivoltosi più radicali che si
accostarono ai rivoltosi vi fu Thomas Münzer, il quale aveva sostenuto anche in
precedenza che il cristiano deve sentirsi attivamente responsabile delle
condizioni di vita del prossimo e impegnarsi per togliere dal mondo l’empietà e
l’ingiustizia. Lutero, che in un primo momento aveva riconosciuto valide alcune
richieste dei contadini, lanciò il suo attacco contro i ribelli.
<
LA
SCONFITTA DEI CONTADINI: i contadini avevano subito a Frankenhausen, in
Turingia, una sconfitta decisiva ad opera degli eserciti dei principi. Lo
stesso Münzer, catturato, fu torturato e ucciso.
<
CONSEGUENZE
POLITICHE: la sconfitta dei cavalieri prima e quella dei contadini poi
lasciarono unici vincitori i grandi principi territoriali, che realizzarono a
proprio vantaggio la confisca dei beni ecclesiastici.
<
LA
DIFFUSIONE DEL LUTERANESIMO IN GERMANIA: negli anni tra il 1525 e il 1529 il
luteranesimo si consolidò in molte regioni tedesche e cominciò a penetrare nei
paesi del Nord, come la Svezia, la Norvegia, la Danimarca, la Finlandia, zone
in cui le strutture della Chiesa cattolica erano meno vigorose.
<
LA
DIETA DI AUGUSTA E LA CONFESSIONE AUGUSTANA: la prima Dieta imperiale di Spira
(1526) prese atto dei contrasti religiosi esistenti e rinviò al futuro concilio
generale il loro superamento. Ma alle successive diete di Spira del 1529,
contro le cui decisioni protestarono i principi riformati, e di Augusta del
1530, lo scisma in atto risultò insuperabile. La Confessione Augustana era
stata redatta da Zelantone, il fedele collaboratore di Lutero, con perizia e
cautela e fu respinta dal legato pontificio.
<
LA
FORMAZIONE DELLA LEGA DI SMALCALDA: da Augusta i principi riformati tornarono
consapevoli della necessità di darsi una organizzazione militare da
contrapporre all’imperatore: nel febbraio del 1531 nacque così la Lega di
Smalcalda.
8.4 LA
RIFORMA A ZURIGO E A MÜNSTER
Quali orientamenti assume la riforma religiosa
anticattolica in Svizzera? Chi erano gli anabattisti e quali furono i loro
rapporti con le altre confessioni cristiane?
¯
ALTRE
ESPERIENZE RIFORMATRICI: in molte
regioni, in cui struttura politica era caratterizzata dall’esistenza di città libere
e gli influssi umanistici si avvertivano in misura molto forte, fiorirono varie
iniziative riformatrici.
¯
UMANESIMO
E RIFORMA IN ZWINGLI: Zwingli riuscì a convincere le autorità cittadine a dare
avvio alla riforma della Chiesa: furono emanate disposizioni con le quali si
faceva obbligo agli ecclesiastici di basare la loro predicazione solo sulla
Scrittura, si aboliva l’obbligo del celibato ecclesiastico, si combatteva il
culto della Madonna, dei Santi e di ogni immagine sacra, si riformava la Messa,
si introduceva il tedesco nella liturgia. Zwingli era privo di quel senso
profondo ed angoscioso del peccato e quindi ammetteva il dogma della
predestinazione.
¯
LA
DOTTRINA DELL’EUCARESTIA: Zwingli sostenne che l’eucarestia è solo una
commemorazione dell’ultima cena e del sacrificio del Cristo e che, nella
celebrazione, i credenti costituiscono il corpo di Cristo.
¯
IL
CONTRASTO TRA LUTERO E ZWINGLI: Lutero e Zwingli si fronteggiarono a Marburgo
nel 1529. L’anno seguente, ad Augusta, sulla dottrina eucaristica, i luterani
fecero fronte comune con i cattolici contro i seguaci del riformatore svizzero.
Dopo il fallimento della Dieta si giunse allo scontro aperto con i cattolici e
i sguaci di Zwingli furono sconfitti a Keppel nel 1531. Le sue idee in parte
confluirono poi nel calvinismo e in parte sopravvissero in taluni riformatori
italiani.
¯
I
PRIMI GRUPPI ANABATTISTI: accanto ai profeti della lotta armata altri
predicatori avevano svolto un discorso non violento e pacifista. Essi non
attribuivano nessun valore al battesimo dei bambini perché privo di impegno
personale di rigenerazione interiore e, nel caso che il battesimo fosse stato
somministrato in questa forma, ritenevano che dovesse essere ripetuto.
¯
LA
FEDELTÀ AL VANGELO: gli anabattisti si rifiutarono di indossare le armi e di
prestare giuramento nei tribunali civili. In questi atteggiamenti le autorità
del tempo scorsero dei reati di insubordinazione da perseguire con decisione.
¯
GLI
ANABATTISTI A MÜNSTER: nel 1533 gli anabattisti avevano ricevuto l’autorizzazione
a professare la propria fede nella città di Münster. La notizia causò un
massiccio afflusso di anabattisti da regioni diverse, soprattutto dai Paesi
Bassi. Alle elezioni municipali del 1534 i “veri credenti” ottennero la
maggioranza e organizzarono la vita cittadina secondo i loro principi. Quanti
non accettarono il nuovo ordine furono cacciati dalla città.
¯
LA
SCONFITTA DEGLI ANABATTISTI: man mano che questo esperimento di comunismo
totalitario ed evangelico procedeva, più forti si facevano le minacce contro di
esso da parte dei signori esterni; più pressanti erano queste minacce, più il
regime di Münster si radicalizzava per farvi fronte. Nel 1535 il luterano
Filippo d’Assia, d’accordo con i principi tedeschi, mosse l’esercito verso la
città: Münster fu presa, gli abitanti massacrati, i capi torturati e uccisi.
8.5 LO
SCISMA ANGLICANO
In cosa consisté lo scisma anglicano e come si giunse ad
esso?
♣
SITUAZIONE
RELIGIOSA IN INGHILTERRA: agli inizi del Cinquecento la situazione religiosa in
Inghilterra non differiva sostanzialmente da quella degli altri paesi.
♣
ENRICO
VII: si limitò inizialmente a restaurare una maggior disciplina nel clero,
senza interferire nelle questioni del dogma. Anzi: nel 1521 si meritò dal Papa
l’appellativo di defensor fidei per un’opera composta in polemica con Lutero.
♣
LA
VICENDA MATRIMONIALE: Enrico aveva sposato la vedova del suo fratello, Caterina
d’Aragona, zia dell’imperatore Carlo V. Dal matrimonio non erano nati figli
maschi e restava in vita solo una figlia. Inoltre la politica estera inglese
aveva preso un orientamento antispagnolo e per questo il matrimonio con
Caterina aveva perso di significato. Enrico V si innamorò di una dama di corte
e chiese a Roma l’annullamento del suo precedente matrimonio, ma Clemente VII
apparve restio ad accogliere tale istanza. Nel 1531 il re nominò cancelliere
Thomas More,riuscì a far nominare Thomas Cranmer arcivescovo di Canterbury e
primate della Chiesa inglese, ottenne da Cranmer l’annullamento del matrimonio
e sposò segretamente la Balena.
♣
L’ATTO
DI SUPREMAZIA: con essi si riconosceva al re l’autorità suprema su tutti i
cittadini del Regno, fossero essi laici o ecclesiastici, e si tagliavano i
legami di dipendenza della Chiesa inglese da Roma.
♣
LO
SCISMA ANGLICANO: il clero e i fedeli non opposero molta resistenza, ma vi fu
comunque chi non si piegò, come gli Irlandesi, per i quali la fedeltà a Roma
divenne incentivo a resistere ai conquistatori inglesi, o come Thomas More, che
si rifiutò di prestare il giuramento richiesto e pagò con la vita il suo gesto.
♣
CONSEGUENZE
DELLO SCISMA: la riforma anglicana si configurò come uno scisma e non come
un’eresia, perché niente fu modificato dell’edificio dogmatico e teologico
cattolico. Di particolare importanza fu la soppressione dei monasteri, che mise
nelle mani della Corona un ingentissimo quantitativo di terre.
♣
RAFFORZAMENTO
DEL POTERE MONARCHICO: Enrico V dovette procedere nella riforma con l’appoggio
del Parlamento, la cui autorevolezza risultò quindi rafforzata dall’ampliamento
delle competenze parlamentari in materia religiosa.
♣
LA
SUCCESSIONE AL TRONO INGLESE: Anna Bolena diede al re un’altra figlia,
Elisabetta, e nel 1536, vittima di un complotto, fu decapitata. Dal matrimonio
con Jayne Seymour Enrico ebbe l’atteso erede maschio, Edoardo. A lui Enrico,
morendo, lasciò il regno nel 1547.
8.6 IL MONDO CATTOLICO TRA ESIGENZE DI
RINNOVAMENTO E RIFORMA LUTERANA: SPAGNA, FRANCIA E ITALIA
Quale fu la situazione religiosa che si delineò in
Spagna, in Francia e in Italia agli inizi del Cinquecento sotto l’urgere delle
spinte riformatrici?
☼
CIRCOLI
RIFORMATORI: la figura più significativa fu, agli inizi del Cinquecento, quella
del cardinale Francisco Jiménez de Cisneros, generale dell’ordine francescano
spagnolo e vescovo di Toledo, energico promotore di una restaurazione della
vita e degli studi religiosi.
☼
L’INFLUENZA
DI ERASMO IN SPAGNA: l’avvento al trono spagnolo del giovane sovrano Carlo
d’Asburgo accellerò i processi in corso. La Spagna fu il paese dove l’opera
umanista di Rotterdam parve attecchire più solidamente, alimentando una
spiritualità di intonazioni mistiche, che ebbe due esponenti di rilievo in
Alfonso de Valdés, letterato e segretario imperiale, e in suo fratello Juan. Il
pacifismo di Erasmo fornì una coerente giustificazione ideale al sogno di
restaurare un Impero universale che fosse portatore di ordine e di pace nel
mondo travagliato e diviso della cristianità.
☼
IL
DECLINO DELL’INFLUENZA ERASMIANA: anche in Spagna la stagione erasmiana si
chiuse progressivamente dopo la Dieta di Augusta e nel successivo decennio. A
partire dagli anni intorno alla metà del secolo, l’identificazione del paese
spagnolo con la causa della croce e della crociata tornò a prendere il
sopravvento.
☼
I
CIRCOLI RIFORMATORI IN FRANCIA: agli inizi del secolo, anche in Francia, si
diffusero idee di rinnovamento religioso, alimentate dal nuovo gusto umanistico
per la lettura dei testi antichi e dal bisogno di una religiosità più intima e
spirituale. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i dotti umanisti francesi
rimasero legati alla Chiesa di Roma, respingendo gli inviti ad unirsi alle
nuove Chiese.
☼
FRANCESCO
I E IL MOVIMENTO RIFORMATORE: Francesco I, alla ricerca di alleati contro Carlo
V, non disdegnò di allacciare rapporti con i principi tedeschi aderenti alla
Riforma e questa scelta diplomatica non poteva non riflettersi, almeno
inizialmente, in una certa tolleranza verso i protestanti all’interno del
paese. Ma dal 1534, nonostante il perdurare di rapporti di natura politica con
il mondo protestante, iniziarono le persecuzioni contro i sostenitori francesi
della Riforma.
☼
ATTESE
DU RIFORMA IN ITALIA: il V concilio Lateranense non mancò di emanare i decreti
di riforma: sulla vita religiosa, sulla predicazione, sui benefici e sui doveri
del clero.
☼
STERILITÀ
DEI PROGETTI RIFORMATORI: il concilio altro non poté fare che rimettere tutto
nelle mani del pontefice: infatti , la supremazie del papa e la sacralità delle
istituzioni gerarchiche erano state riconfermate a pieno titolo.
☼
DIFFICOLTÀ
CHE SI OPPONEVONO AL CAMBIAMENTO: molti uomini di Chiesa, che pure erano
convinti della necessità di riformare i costumi cristiani, scelsero ed
indicarono la strada della rigenerazione interiore.
☼
I
PROTAGONISTI DELL’EVANGELISMO ITALIANO: dal 1517 al 1542, si sviluppò il
cosiddetto “evangelismo” italiano. Con tale termine sono denotati i contributi
offerti da singoli personaggi e da piccoli gruppi religiosi per rinnovare la
vita cristiana, rendendola più aderente ai principi del Vangelo.
☼
CARATTERI
E CONTRADDIZIONI DELL’EVANGELISMO ITALIANO: l’evangelismo si caratterizzò
proprio nei gruppi più significativi per un atteggiamento che non fu né
antiecclesiastico né antiromano riguardo ai problemi teologici, bensì
tendenzialmente polemico verso la Curia e decisamente antintellettualistico. Anzi,
fu proprio la svalutazione del momento dottrinario a favore di una fede più
intima e calda che consentì a questo movimento di essere sia la manifestazione
di un nuovo fervore religioso, sia l’espressione di simpatie filo-protestanti.
☼
LA
POSIZIONE DELLA CHIESA DI FRONTE ALLA RIFORMA: inizialmente la risposta di Roma
alla rivolta protestante era stata piuttosto incerta. Si può datare con gli
inizi del pontificato di Paolo III l’inizio di un’azione volta a contenere gli
influssi della Riforma che si espresse, per alcuni anni ancora, lungo due
orientamenti che apparvero in un primo momento complementari ma che, alla fine,
si rivelarono alternativi.
☼
SPINTE
INNOVATRICI: il primo orientamento fu a favore del rinnovamento. Esso è
testimoniato da una serie di iniziative: la promessa formale all’imprenditore
di convocare al più presto un concilio; il credito concesso dal papa ad un
gruppo di prelati di formazione erasmiana; l’approvazione di nuovi ordini
religiosi; la stesura di un ampio progetto di riforma. Questa line di apertura
culminò con la decisione di partecipare a Ratisbona all’apertura dei colloqui
di religione con i protestanti.
☼
SPINTE
CONSERVATRICI: il secondo orientamento sviluppò invece, una tendenza difensiva.
☼
LA
CRISI DEGLI ANNI 1540-42: tra il 1540 e il 1542 la situazione già piegava verso
la Controriforma lungo una precisa sequenza di avvenimenti: il fallimento nel
1541 dei colloqui di Ratisbona, l’istituzione a Roma del Sant’Uffizio per
l’Inquisizione, le fughe di Ochino e di Curione nel 1542 e due anni dopo del
Vermigli. Nel 1544 il Trattato utilissimo del Beneficio del Cristo fu censurato
e nel 1547 definitivamente condannato.
☼
VALUTAZIONE
GLOBALE DELL’ESPERIENZA DELL’EVANGELISMO ITALIANO: ad esso era mancata la forza
di affrontare fino in fondo un argomento fondamentale, quello della libertà del
cristiano, e di sviluppare tutte le implicazioni ad esso connesse, si in
relazione al rapporto con la gerarchia ecclesiastica, sia in relazione ad una
promozione civile dell’intera società. In realtà, quel progetto si era
prevalentemente risolto in proponimenti di rigenerazione interiore.
8.7 CALVINO
Quale fu l’opera svolta da Calvino e quale la sua
importanza nella storia della Riforma?
©
LA
RIFORMA PROTESTANTE IN DIFFICOLTÀ: verso la metà degli anni Trenta molte erano
le difficoltà che travagliavano il movimento riformatore: il progressivo
irrigamento gerarchico del luteranesimo in forme di Chiese territoriali
soggette alle autorità secolari, la proliferazione di confessioni religiose
diverse, il primo delinearsi di una decisa intraprendente risposta cattolica.
©
LA
FORMAZIONE DI CALVINO: Giovanni Calvino nacque in Francia e, indirizzato dal
padre, compì i primi studi teologici a Parigi. Completò la sua formazione in
diritto civile e canonico ad Orléans ed a Bourges. La sua formazione avvenne in
un periodo fervido di idee e di propositi e si perfezionò in ambienti di acuta
sensibilità religiosa, nei quali l’umanesimo cristiano e l’evangelismo si
incrociavano con le suggestioni luterane. Calvino trasse dai principi dell’Evangelo
l’obbligo di una coerente testimonianza cristiana, che investisse, la stessa
società civile.
©
LA
FUGA DALLA FRANCIA E LA ISTITUTIO CHRISTIANAE RELIGIONIS: dopo aver dovuto
lasciare la Francia nel 1534, a causa dell’inasprimento della politica di
Francesco I contro i riformatori, Calvino giunse a Basilea e qui, nel 1536,
dette alle stampe la Istitutio christianae religionis. Quest’opera era una vera
e propria summa del pensiero riformato e fu dedicata a Francesco I.
©
CALVINO
A FERRARA: nei primi mesi del 1536, Calvino si recò a Ferrara, dove la duchessa
cugina del re di Francia era nota per le sue simpatie protestanti. Allontanato
dal duca di Ferrara, riprese la via di Strasburgo, ma fu costretto a deviare
per Ginevra.
©
CALVINO
A GINEVRA: guida dei riformatori ginevrini era Guillaume Farel che comprese
quanto l’energica personalità di Calvino sarebbe stata utile a consolidare e
organizzare la nuova Chiesa cittadina e lo convinse a fermarsi, facendolo
nominare predicatore.
©
L’ESPULSIONE
DA GINEVRA: in questa cittadina non tutti erano soddisfatti delle invadenti
iniziative del forestiero e nel 1538 Calvino fu espulso.
©
IL
RITORNO A GINEVRA: nel 1541 egli fu richiamato dal Consiglio della città, a
causa dei disordini che vi si erano nel frattempo verificati. A Ginevra rimase
fino alla morte, precisando le linee della sua teologia e soprattutto ordinando
la Chiesa e la città secondo un modello di estremo rigore politico-religioso
che raggiunse, in quegli anni, caratteri di vera e propria intolleranza. Nel
1559 fu fondata l’Accademia teologica, che sotto la guida di Théodor de Bèze
divenne un luogo di formazione culturale e religioso che attrasse studenti da
tutti i paesi riformati. Al momento della morte di Calvino, nel 1564, le sue
dottrine si erano largamente diffuse in Svizzera, Germania, Paesi Bassi,
Scozia, Polonia, Ungheria.
©
LA
DOTTRINA DI CALVINO: organizzare una società cristiana che offrisse ad un
tempo, così nelle istituzioni civili come nei costumi dei singoli, la
testimonianza della fede e la verifica di un’elezione.
©
L’ONNIPOTENZA
DI DIO: al centro della teologia calvinista è il concetto biblico, soprattutto
veterotestamentario, della gloria di Dio, sovrano assoluto. Dio salva. Dio
condanna. Dio “chiama”. Alle singole creature egli assegna il compito che
vuole, in forza di un’onnipotenza i cui decreti restano inaccessibili al
giudizio umano.
©
L’ELEZIONE.
IL LAVORO COME VOCAZIONE PROFESSIONALE: la natura umana è, secondo Calvino,
irrimediabilmente peccatrice. Segni di tale predestinazione sono la fede totale
nella Parola di Dio e la comunione con Cristo nella Chiesa. Anche attraverso le
opere, gli eletti offrono la verifica dell’efficacia della grazia. Calvino non
si lascia paralizzare dall’incertezza circa la sua sorte ultraterrena: agisce
nel modo e nella disciplina dell’operosità quotidiana trova quella serenità
interiore che gli testimonia l’appartenenza al numero degli eletti.
©
LA
DOTTRINA EUCARISTICA: sotto i segni del pane e del vino al credente è offerta
la possibilità di una reale partecipazione al corpo e al sangue di Cristo; ma
chi non ha fede riceve soltanto il pane e il vino.
©
LA
CHIESA: Calvino attribuì grande importanza alla Chiesa, sia come comunità
invisibile di tutti gli eletti, nota a Dio soltanto, sia soprattutto come
comunità visibile di quanti, credendo in Cristo, partecipano ai sacramenti ed
ascoltano la sua Parola.
©
L’ORGANIZZAZIONE
DELLA VITA ECCLESIASTICA E CIVILE:
-
a
capo di essa era il Concistoro:12 anziani scelti dalla comunità dei fedeli e un
certo numero di Pastori. Gli anziani avevano il compito di assicurare la
disciplina e sorvegliavano la condotta dei membri;
-
vi
erano poi i Dottori, il cui compito era l’insegnamento;
-
i
Diaconi, che si occupavano dell’assistenza ai poveri e ai malati
-
i
membri che trasgredivano e venivano colti in fallo erano giudicati dal
Concistoro.
©
LA
GINEVRA CALVINISTA: Calvino non esigeva dal cittadino obbedienza pronta alle
autorità pubbliche, ma riteneva che esse, volute ed istituite da Dio, fossero
vincolate alla Parola e soggette quindi alla Chiesa che ne era l’interprete
sulla base della Scrittura. Coerentemente con questa impostazione teorica,
Calvino riuscì a fari quasi coincidere l’ordinamento pubblico di Ginevra con
quello ecclesiastico e il Concistoro si affermò come la massima autorità
cittadina.
8.8 LA
DIFFUSIONE DELLA RIFORMA
Dove e
come si diffuse il movimento protestante?
_
LA
LEGA DI SMALCALDA E CARLO V: nel 1531 si riunirono nella Lega di Smalcalda i
principi e i rappresentanti dei territori tedeschi che erano stati conquistati
dalla ribellione luterana. La Lega non fu però capace di imprimere una
direzione unitaria alla politica dei suoi membri. Viceversa, i principi
protestanti trovarono sicuri punti di intesa con i principi cattolici nel
boicottare la politica di Carlo V. Lo scontro tra gli smalcaldici ed i
cattolici non ebbe dunque i caratteri di un’intransigente guerra di religione.
_
LA
BATTAGLIA DI MÜHLBERG: dopo la pace di Crepy del 1544, Carlo V si rivolse con
decisione contro i protestanti tedeschi e li sconfisse a Mühlberg nel 1547. Ma
non fu una vittoria decisiva e l’imperatore dovette rassegnarsi alla
conclusione che fu sancita ad Augusta.
LA
PACE DI AUGUSTA: sottoscritta nel 1555, regolò la vita religiosa tedesca per i
successivi sessant’anni e riconobbe la spaccatura prodottasi nella cristianità.
In pratica questo significò attribuire ai signori dell’Impero il diritto di
imporre nei propri territori la propria scelta religiosa. Ai dissidenti veniva
garantita soltanto la facoltà di emigrare liberamente. I dispositivi della pace
di Augusta non attuarono, perciò, un regime di tolleranza religiosa.
9.1 LE TRE
EREDITA’ DI CARLO D’ASBURGO
Nella penisola iberica si era avuta nel 1469 l’unione
delle corone di Castiglia e di Aragona col matrimonio tra Isabella e Ferdinando.
La Castiglia era terra di grandi latifondisti aristocratici, avvezzi alla
guerra e al potere, di contadini poveri e di allevatori di pecore. La vocazione
storica del Regno d’Aragona era invece l’espansione mediterranea (dominava
sulla Sicilia e su Napoli). In ciascuno dei due regni il potere della Corona
era limitato: in Castiglia dal permanere di estese signorie territoriali e in
Aragona dalle tradizioni medievali che assegnavano alle Cortes un importante
ruolo politico.
Alla morte di Isabella nel 1504 non si era certi se i due
Regni avrebbero conservato la loro autonomia in quanto Ferdinando rivendicò
l’eredità della moglie mentre l’aristocrazia castigliana appoggiava le pretese
del genero Filippo d’Asburgo che aveva sposato Giovanna la figlia di Ferdinando
e Isabella. In seguito, però, Filippo morì (1506) e la moglie sprofondò in una
malattia mentale, allora Ferdinando si impose anche in Castiglia.
Un ruolo importante lo svolse in questi anni
l’arcivescovo di Toledo Francisco Jiménez de Cisneros: egli propose una riforma
della Chiesa spagnola e una campagna discriminatoria a danno degli Ebrei
residenti in Spagna e dei musulmani. La limpieza de Sagre (appartenenza
all’autentico popolo spagnolo) e l’integrità della fede cattolica divennero i
criteri di riferimento dell’identità nazionale del Regno che si stava formando.
Ma l’espulsione degli Ebrei (abitanti economicamente attivi) e la conversione
forzata dei musulmani contrassero ulteriormente le basi di un’economia già di
per sé appesantita dal predominio dei grandi latifondi nobiliari.
La monarchia spagnola poté però avvalersi del largo
controllo concessole dal papato sulle istituzioni ecclesiastiche, inoltre essa
aveva dalla sua parte il nuovo ceto dei funzionari e dei giuristi (letrados,
che però era ancora troppo fragile). Il maggior elemento di debolezza della
Spagna si profilava a livello culturale; il disprezzo per il lavoro e
l’aspirazione a condurre una vita “signorile” inflazionavano i ranghi del
clero, della nobiltà, dei funzionari, a scapito di altre più produttive
attività.
Ferdinando d’Aragona desiderava che, alla sua morte, dei
due nipoti gli succedesse Ferdinando che, a differenza di Carlo, era stato
educato presso di lui. Essendo però molto timorosi i grandi di Castiglia
puntavano sulla successione di Carlo. Al giovane Carlo spettò quindi nel 1516
la corona di Castiglia e di Aragona e divenne re con il nome di Carlo I.
Carlo era già duca di Borgogna in quanto figlio di
Filippo d’Asburgo che, a sua volta, era figlio di Maria di Borgogna andata
sposa all’imperatore Massimiliano I d’Asburgo. Maria era anche erede della
contea di Borgogna (Franca Contea), l’Artois, il Lussemburgo, le Fiandre, il
Bramante, l’Olanda e altri territori minori. Il ducato di Borgogna era stato
annesso al regno di Francia.
Per gli
Asburgo era molto difficile controllare questi territori ed inoltre
Massimiliano d’Asburgo e Maria di Borgogna per avere dei diritti sull’eredità
di Carlo il Temerario, dovettero concedere agli Stati Generali di Borgogna dei
diritti che limitavano il loro potere.
L’investitura ufficiale a duca di Borgogna fu conferita a
Carlo quando divenne maggiorenne nel gennaio del 1515.
Il nonno paterno di Carlo, Massimiliano d’Asburgo, oltre
che re di Germania e imperatore del Sacro Romano Impero era anche titolare dei
tradizionali possedimenti dinastici degli Asburgo. Egli cercò di rivitalizzare
la struttura imperiale sia all’interno che all’esterno. All’interno egli mirò a
realizzare una più stretta integrazione tra i diversi principati tedeschi,
cercò di mantenere la pace (creò un fondo finanziario comune e istituzionalizzò
una dieta generale). Comunque il fulcro della potenza di Massimiliano rimase
nei territori di famiglia, lungo il Reno e soprattutto in Austria. Massimiliano
poi aveva molti progetti ma, siccome non riuscì ad ottenere l’appoggio dei
tedeschi, questi si risolsero spesso con un nulla di fatto.
Massimiliano morì all’inizio del 1519. Suo nipote Carlo
ne ereditò i possedimenti di famiglia, aggiungendo il titolo di arciduca
d’Austria. Restava in sospeso la successione imperiale.
9.2 LA FRANCIA AGLI INIZI DEL
CINQUECENTO
La Francia agli inizi del Cinquecento, con i suoi 16
milioni di abitanti e la sua consolidata tradizione monarchica, era il più
forte stato dell’Occidente. Il re, capo dello Stato, era affiancato da un Consiglio Reale che era il più
importante organo istituzionale del Regno; esisteva poi anche il Consiglio degli Affari che si occupava
degli affari di tutti i giorni. L’attuazione delle direttive sovrane (a livello
centrale e periferico) era assicurata da un corpo di funzionari. Il settore in
cui il potere regio si affermò maggiormente fu quello della giustizia, mentre
maggiori difficoltà presentava il settore delle finanze: alle spese crescenti
si cercava di far fronte con le risorse fornite dalla terra del re e da entrate
(imposte dirette e indirette). I rapporti con la Chiesa furono regolati da un
Concordato, nel 1516, in base al quale il re aveva controlli stretti. Anche per
quanto riguarda l’esercito il re non aveva più potere in quanto erano più
affidabili le compagnie di ordinanza reclutate dal Regno e i mercenari
assoldati all’estero.
Il potere dei Sovrani francesi era limitato da alcune
istituzioni intermedie. Ad esempio le assemblee regionali e nazionali dei
rappresentanti dei tre ordini della società, chiamate Stati Provinciali e Stati
Generali dovevano essere convocate dal sovrano per dare la loro approvazione
alla sua politica, vi erano poi le città che godevano di privilegi e autonomie
ereditate dal passato, infine vi era l’istituzione caratteristica dei
Parlamenti; essi erano organi giudiziari cui spettava registrare le ordinanze
regie dopo che erano state giudicate corrette.
Comunque nel periodo compreso tra la fine della Guerra
dei Cent’anni e l’inizio dei conflitti di religione, il potere regio si
rafforzò.
Quando lo raggiunse la notizia della morte del nonno
Massimiliano d’Asburgo, Carlo era in Spagna alle prese con grosse difficoltà in
quanto gli Spagnoli non si mostravano ben disposti verso il giovane sovrano,
che appariva loro come uno straniero. Nel frattempo tra nobili e città si
riaccendevano delle ostilità: si trattava della rivolta dei Comuneros
(rappresentanze cittadine) indirizzata contro i soprusi della élite dirigente
borgognona e contro le prepotenze dell’aristocrazia.
Comunque Carlo si impegnò per la successione imperiale. La
sua candidatura aveva numerosi avversari, ma grazie all’abilità del cancelliere
Mercurino da Gattinara e ai prestiti concessigli dai banchieri tedeschi Fugger
e Welser (per comprare i voti) Carlo il 28 giugno del 1519 fu eletto imperatore
con il nome di Carlo V. Egli apprese la notizia a Barcellona e non esitò a
muoversi verso la Germania. L’elezione imperiale veniva a completare il suo
disegno provvidenziale, cioè quello di riprendere la funzione che era già stata
di Carlo Magno: assicurare l’ordine e la pace a tutto il mondo cristiano e
guidarlo contro i suoi nemici. Riaffiorava nei progetti dell’imperatore il
sogno di un Impero universale; sogno condiviso da quanti speravano
nell’instaurazione di una pace generale ed auspicavano che in questa pace la
cristianità trovasse il tempo e la forza per riformare se stessi.
Per questo Carlo si impegnò per tutta la vita con tutte
le sue forze ma, alla fine, dovette riconoscersi sconfitto. Le provincie che
formavano l’Impero non furono mai un’unità organica; in quanto Carlo ne era
venuto in possesso per successione dinastica non come conquistatore, quindi
doveva lasciare intatte le loro autonomie, le loro istituzioni…
9.4 LA PRIMA
FASE DEL CONFLITTO TRA CARLO V E LA FRANCIA
La
scena politica europea fu dominata per secoli dallo scontro tra Carlo V e i re
di Francia. Oggetto della contesa furono inizialmente la Borgogna e la
Lombardia e, la prima fase della guerra fu combattuta principalmente in Italia.
Dopo l’elezione di Carlo V la guerra apparve inevitabile,
ma fu ritardata dai tentativi di entrambi i contendenti di assicurarsi
l’appoggio del re inglese Enrico VIII. Questo, poi, doveva risolvere alcune
questioni tra cui la definizione dei rapporti con il Papato; essa sembrò
risolta quando, alla morte di Leone X, la tiara pontificia fu assegnata ad
Adriano VI. Egli non si mostrò succube della politica di Carlo V e morì presto,
sostituito da un nuovo esponente dei medici che assunse il nome di Clemente
VII.
Le ostilità si aprirono nel 1521 lungo la frontiera
pirenaica. Fu in Italia che si verificarono i fatti più importanti: i Francesi
persero Milano, e il 24 febbraio del 1525 subirono presso Pavia una pesante
sconfitta (Francesco I fu fatto prigioniero). L’Inghilterra passo dalla parte
dei Francesi temendo che l’intera Europa si riducesse sotto la signoria di
Carlo V. Francesco I (re di Francia) firmò nel 1526 la pace di Madrid, che prevedeva la rinuncia per la Francia di Milano,
Napoli, Borgogna, ai territori dell’Artois e delle Fiandre. Carlo intanto si
sposò con l’infanta del Portogallo, Isabella.
Quando Francesco I fu liberato, egli allestì una vasta
lega antiimperiale, la lega di Cognac,
cui aderirono Clemente VII, Venezia, gli Sforza, i Medici ed alla quale Enrico
VIII promise la sua protezione.
Intanto i rapporti tra l’imperatore e il Papa erano
divenuti molto tesi. In questo clima alcuni reparti di mercenari tedeschi
(lanzichenecchi), in prevalenza luterani, alle dipendenze dell’imperatore si
spinsero di propria iniziativa verso Roma. La città fu sottoposta per mesi ad
un sistematico saccheggio e il papa rimase asserragliato in Castel Sant’Angelo.
Il Sacco di Roma apparve ai luterani come la giusta
vendetta di Dio sulla novella Babilonia e fu giudicato dai cattolici come un
ultimativo avvertimento della necessità di procedere ad una riforma della
Chiesa.
La
Lega di Cognac ebbe poca fortuna; la pace, preparata dai colloqui tra
Margherita d’Austria, zia di Carlo V, e Luisa di Savoia, madre di Francesco I,
è detta “pace delle due dame”, fu conclusa a Cambrai nell’agosto del 1529. Essa
confermò le clausole della precedente pace di Madrid, tranne per quanto
riguarda la Borgogna, ma la Francia rinunciava ad ogni pretesa in Italia.
Gli affari italiani furono sistemati nel novembre del
1529 al congresso di Bologna: lo
Sforza fu riconfermato a Milano, Venezia restituì alcune terre pontificie e
meridionali, i Medici furono restaurati a Firenze. Il Congresso di Bologna
sancì la riduzione dell’Italia sotto la piena egemonia di Carlo V; poi nel
febbraio del 1530 Carlo V ricevette a Bologna la corona imperiale.
9.5 L’IMPERO OTTOMANO
L’Impero
ottomano viveva in quel tempo il periodo della sua massima potenza. I sultani
di Costantinopoli avevano a disposizione somme superiori a qualsiasi altro
sovrano cristiano e godevano di grandissimo prestigio in tutto l’Islam.
Questi successi furono resi possibili anche dall’abilità
dei Turchi di trarre profitto dai contatti con il mondo cristiano (ad es.
appresero l’uso dei più moderni ritrovati bellici). Un gran numero di
occidentali accettò di porsi al loro servizio e questo costrinse i sultani ad
un’accorata politica di equilibrio tra i diversi gruppi etnici.
Nel terzo decennio del Cinquecento gli Ottomani tornarono
a minacciare gli Stati cristiani. L’esercito ottomano vinse buona parte dei
conflitti conquistando molte terre europee. La dominazione turca durò per
secoli nel sud – est europeo.
In seguito i turchi proseguirono nell’espansione in Asia con
la conquista dell’Iraq e completarono l’occupazione del litorale nord –
africano.
Con Solimano I (signore dell’Islam) l’Islam ortodosso
tornò a riunirsi sotto un’unica autorità.
In questa situazione, tra il nuovo padrone dell’Europa,
Carlo V, e il signore dell’Islam, entrambi sicuri della propria missione
provvidenziale, il conflitto non era evitabile.
Da
ricordare l’harem e la scuola per i paggi (essi erano fanciulli cristiani
ridotti in schiavitù). Nella parte esterna del palazzo erano le sedi delle più
importanti amministrazioni centrali, la sala di riunione, divano, consiglio di
governo presieduto dal gran visir (capo del governo).
Le provincie erano governate dai beylerbeyi e i distretti
dai sanjaq beyi. Le forze militari erano organizzate territorialmente dai
sipahi (cavalieri cui era concessa la riscossione di una parte delle rendite
delle terre) essi però non erano proprietari. Il più famoso tra i corpi
permanenti era quello dei Giannizzeri: era composto da fanciulli cristiani
votati al celibato, disciplinati e fedeli al sultano.
La base dello Stato era fornita dal Corano. L’interpretazione
dei testi era affidata ai giudici (gadi), formati in apposite scuole (medrese)
da prof. esperti di legge coranica (ulema).
La popolazione delle diverse regioni era dal punto di
vista etnico composita: i Turchi costituivano la maggioranza in Anatolia,
mentre nella parte balcanica era imponente il numero di Greci, Bulgari, Serbi e
Arabi.
Le
ostilità tra Francia e Impero si riaccendono nel 1536, allorchè, dopo
l’annessione di Milano all’Impero, Francesco I occupa la Savoia. E’ di nuovo
guerra nel 1542. Quando, nel 1551, il re francese Enrico II fa causa comune con
i principi tedeschi, già sconfitti dall’imperatore a Muhlberg (1547), Carlo V
rinuncia al suo sogno di supremazia universale cristiana. Nel 1555 abdica in
favore del figlio Filippo (che eredita domini spagnoli e Paesi Bassi) e del
fratello Ferdinando (erede dei domini asburgici). La pace di Augusta chiude il
conflitto con i protestanti e la pace di Caueau-Cambrésis (1559) quello con la
Francia: Enrico II ottiene Metz, Toul, Verdun e riacquista Calais dagli
Inglesi; a Filippo II è riconosciuto il predonminio in Italia. La pace durerà
per quasi un secolo.
10.1
OSSERVAZIONI PRELIMINARI
L’ETÀ DELLA CONTRORIFORMA: il periodo che va dal Concilio
di Trento (1545-1563) alla fine della Guerra dei Trent’anni (1648). Nell’ambito
della storia religiosa, esso è contrassegnato dalle molteplici iniziative messe
in atto dalla Chiesa di Roma per riorganizzarsi al suo interno e per proporsi
all’esterno con un programma di restaurazione cattolica. Quelle iniziative
furono in primo luogo orientate ad impedire l’ulteriore diffusione del
prostentantesimoe a ricondurre all’antica fede le popolazioni che vi avevano
aderito.
“CONTRORIFORMA” E “RIFORMA CATTOLICA”: il termine
“Controriforma” fu introdotto da un giurista tedesco di Gottinga per indicare
la strategia della Chiesa romana, diretta ad arginare con tutti i mezzi
possibili il prostentantesimo.
AMBIGUITÀ DEL TERMINE “RIFORMA CATTOLICA”: esso fu
avanzato dal protestante Wihelm Maurenbrecher per segnalare quei tentativi
cattolici, già operati nel secolo XV, volti a promuovere una riforma della
Chiesa che peraltro non ne modificasse i principi dottrinali.
I CARATTERI DELLA
CONTRORIFORMA: a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento, la Chiesa romana
intraprese indiscutibilmente un programma di riaffermazione della propria
influenza e del proprio potere, con metodi che fecero prevalere la
controffensiva sia verso il protestantesimo, sia contro posizioni, antiche e
recenti, di autonomia religiosa ed intellettuale.
10.2 I NUOVI
ORDINI RELIGIOSI
LA NASCITA DI NUOVI ORDINI RELIGIOSI: il desiderio di
correggere la dubbia moralità del clero e la volontà di intervenire nella
società, per meglio orientarla in senso cristiano, portarono nel corso del
Cinquecento alla formazione di nuovi Ordini religiosi. I fondatori furono
singoli personaggi, preoccupati di organizzare forme di assistenza e di carità,
di fornire elementi di istruzione religiosa, di riavvicinare la popolazione
all’osservanza dei precetti ecclesiastici e delle pratiche del culto.
LA NASCITA DELL’ORDINE DEI GESUITI: concepito come milita
Christi, l’Ordine dei Gesuiti fu fondato da Ignazio di Loyola (1491-1556). Era
questi un nobile spagnolo che nel 1521, partecipando alla difesa di Pamplona,
fu ferito ad una gamba. Durante la convalescenza lesse testi religiosi che
alimentarono in lui la fantasia mistica e l’ardore di emulare le imprese dei
santi. Condusse per più di un anno una vita di ascetiche privazioni e iniziò la
stesura degli Esercizi spirituali. Nel 1534 fondò con alcuni amici e seguaci di
origine spagnola il primo nucleo di quell’Ordine che fu chiamato Compagnia di
Gesù e che fu riconosciuto nel 1540 da Paolo II.
L’AZIONE DEI GESUITI: agirono in prima linea nella lotta
contro i protestanti e i dissidenti religiosi, ricoprirono cariche inquisitoriali,
furono abili negoziatori, fondarono collegi, riorganizzarono la cultura
politica sulle fondamenta del tomismo, divennero ascoltati confessori di molti
sovrani, svolsero una intensa opera missionaria in tutti i continenti.
L’ORGANIZZAZIONE DELL’ORDINE: la struttura era gerarchica
e centralizzata. Ne facevano parte:
i professi: pronunciavano i voti stabiliti ad erano
impegnati direttamente nel proselitismo;
i coadiutori temporali e i coadiutori spirituali:
direzione delle case e dei collegi;
il Proposito generale (“papa nero”): responsabile unico,
eletto a vita.
Per entrare nella Compagnia di Gesù era necessaria una
lunga preparazione, che avveniva in appositi collegi. La scelta dei professi, i
loro incarichi e le eventuali revoche erano decisi dal Preposito generale.
L’OBBLIGO DELL’OBBEDIENZA: oltre ai tre voti tradizionali
di povertà, castità ed obbedienza, cui erano legati i coadiutori, i professi
pronunciavano un quarto voto: consegnarsi perinde ac cadaver (come un corpo
morto) nelle mani del papa, vincolandosi ad eseguire incondizionatamente le sue
direttive.
LA PREDICAZIONE: non si ebbe una vera educazione
religiosa, ma piuttosto un processo di acculturazione che portò al progressivo
e sistematico soffocamento della cultura folklorica.
I GESUITI E L’EDUCAZIONE: la Ratio studiorum (1598)
rimase il modello di istruzione superiore più diffuso nell’Europa cattolica. Gli
alunni erano divisi in classi ed avviati a tre corsi fondamentali:
grammaticale, filosofico e teologico.
I GESUITI E LE MISSIONI: la loro valida preparazione e
l’ardente apostolato fecero sì che la Campagnia ottenesse un notevole successo
nell’attività delle missioni: nelle Americhe, in India, in Giappone, in Cina.
LA MORALE GESUITA: nello stesso mondo cattolico la loro
dottrina morale fu sottoposta a critiche, perché fu considerata viziata di
lassismo (disponibilità dei Gesuiti nel tenere in eccessiva considerazione le
debolezze umane) e troppo incline alla casistica (propensione a prescindere dal
riferimento a principi generali nella valutazione dei comportamenti umani).
LE RICHIESTE DI UN CONCILIO:
dai protestanti, per far valere le proprie argomentazioni
basate sulla Scrittura;
dai protagonisti dell’evangelo, per promuovere una
rigenerazione della Chiesa e cercare una riunificazione della cristianità;
da Carlo V, per ricominciare i dissidi religiosi e
politici che rendevano mal governabili i terreni tedeschi e per assicurare
all’Impero la possibilità di garantire una pace universale.
INCERTEZZE DI PAOLO III: nel 1536 Paolo III indisse un
Concilio a Mantova nel quale aveva parlato della necessità di instaurare in
Europa la pace e di lottare contro l’eresia. I protestanti, sentendosi già
pregiudizialmente messi sotto accusa, reagirono con la proposta di un Concilio
nazionale tedesco. Negli anni immediatamente seguenti il progetto di Paolo III
si arenò per vari motivi. Frattanto, nel 1541 fallirono i colloqui di Ratisbona
e nel 1542 fu riorganizzata l’Inquisizione romana.
LA CONVOCAZIONE DEL CONCILIO: Paolo III fissò per il
novembre 1542 la convocazione del Concilio di Trento. Lo stesso imperatore non
nutriva più molte speranze di giungere ad una possibile riconciliazione;
intensificò i preparativi militari e nel 1547 ottenne sulla Lega di Smalcalda
la vittoria di Mühlberg.
LO SVOLGIMENTO DEL CONCILIO:
1545-1548, a causa di un’epidemia di peste manifestasi a
Trento, il Concilio venne spostato a Bologna;
1551-1552, il Concilio tornò a riunirsi a Trento, deve
nel 1551 fecero una rapida comparsa alcuni esponenti protestanti.
1562-1563, partecipò ai lavori del Concilio un episcopato
maggiormente rappresentativo delle varie realtà nazionali.
L’ORGANIZZAZIONE DEI LAVORI CONCILIARI: Carlo V
desiderava che gli argomenti di natura pastorale avessero la precedenza. Il papa
chiedeva invece che fossero affrontati in primo luogo i nodi teologici. I padri
conciliari discussero contemporaneamente, in modo organico, le due questioni.
LA PRIMA FASE DEL CONCILIO: i problemi dottrinari
affrontati nella prima fase furono quelli concernenti la Sacra Scrittura, il
peccato originale, la giustificazione, i sacramenti. La Sacra Scrittura fu
recepita nell’integrità dei libri dell’Antico e del Nuovo Testamento e fu
riconosciuta valida la versione datane da San Girolamo nella Vulgata. Circa il
peccato originale si affermò che il battesimo, per i meriti del Cristo, lo
cancellavano. La stesura del decreto sulla giustificazione fu particolarmente
laboriosa, perché riproponeva la questione, sollevata da Lutero, della
giustificazione per la sola fede, con esclusione delle opere. I sacramenti
furono riproposti nel numero di sette, tutti istituiti da Gesù Cristo, e si
ribadì che la loro efficacia dipendeva dal fatto stesso di essere somministrati
e non esclusivamente dalla fede di chi li riceveva.
LA SECONDA FASE DEL CONCILIO: durante la seconda fase si
discusse dell’eucarestia e dell’estrema unzione. Nel decreto sull’eucarestia si
ribadì la tesi della transustanziazione, ossia della trasformazione della
specie del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo. All’estrema
unzione fu riconosciuto piene carattere sacramentale.
LA TERZA FASE DEL CONCILIO: in questa fase furono
discusse, a livello dottrinario, le questioni concernenti la comunione, la
messa, il Purgatorio, il sacramento del matrimonio e il sacramento dell’ordine.
Circa la comunione, fu stabilito che fosse amministrata ai fedeli solo
attraverso l’ostia, pur essendo presente Dio in entrambe le specie. Quanto alla
messa, fu ad essa riconosciuto il carattere di sacrificio reale, nel senso che
sull’altare ogni volta si ripetono la passione e la morte di Cristo, anche si
in forma incruenta. Contro le ironie di Lutero sul “terzo luogo dell’eternità”,
fu ribadita l’esistenza del Purgatorio. Del matrimonio si decretò il carattere
do vincolo “perpetuo e indissolubile”. Per quanto riguarda il sacramento
dell’ordine, tra i provvedimenti pastorali fu decretato che i vescovi dovevano
svolgere personalmente le funzioni legate al loro ministero, tra cui visitare
annualmente la propria diocesi, convocare ogni tre anni i sinodi provinciali ed
ogni anno quelli diocesani. Nella XXII sessione fu richiesta l’istituzione in
ogni diocesi di un seminario, per provvedere alla formazione teologica e morale
del clero. Il Concilio fu chiuso in forma solenne il 4 dicembre 1563. Immediatamente,
nel gennaio 1564, con la bolla di Beneductus Deus, Pio IV approvò i decreti.
LA RIORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA POST-TRIDENTINA: nel
novembre 1564, Pio IV promulgò una breve ma precisa ricapitolazione delle tesi
ortodosse, nota come Professio fidei Tridentinae, e ne impose l’osservanza a
tutti i membri del clero secolare e regolare, nonché agli studenti degli
istituti di istruzione superiore. Quanto al progetto di centralizzazione
formulato dal Concilio, esso si espresse attraverso alcune tempestive
iniziative: l’istituzione di una congregazione cardinalizia e l’introduzione
del catechismo romano, del breviario romano, del messale romano.
10.4 L’INQUISIZIONE E L’INDICE
GLI STRUMENTI DELLA RESTAURAZIONE CATTOLICA:
l’Inquisizione romana e l’Indice dei libri proibiti furono gli strumenti
istituzionali che a metà del Cinquecento la Chiesa cattolica predispose per
rendere operativo il proprio intento di combattere l’eresia, di ostacolare e
scoraggiare la manifestazione di ogni inquietudine religiosa, infine di
recuperare, o far tacere per sempre, quegli autori le cui idee essa, con
giudizio insindacabile, riteneva erronee e perniciose per i credenti. Il
Sant’Uffizio dell’Inquisizione generale fu istituito il 21 luglio 1542 da Paolo
II dopo il fallimento dei colloqui di Ratisbona e su pressione del Carafa e di
Ignazio di Lodola.
IL SANT’UFFIZIO: era formato da sei cardinali e da un
commissario scelto nell’Ordine dei Domenicani; posto sotto la presidenza del
pontefice, era diretto da un inquisitore generale. Aveva il compito di vagliare
tutti i casi di eresia, patente o sospetta, al fine di riaffermare il ruolo
della Chiesa romana come unica interprete della verità cristiana e di
salvaguardare l’intangibilità dei dogmi.
LE VITTIME DEI PROCESSI INQUISITORIALI: sotto il peso dei
processi inquisitoriali caddero in migliaia, uomini di cultura e gente
semplice, individui e gruppi: alcuni riuscirono a fuggire, altri ritrattarono,
altri subirono le condanne previste in relazione alle colpe loro attribuite. Per
ottenere l’indicazione di eventuali complici Paolo IV autorizzò l’uso della
tortura.
L’ESECUZIONE DELLE CONDANNE: sull’esempio spagnolo
invalse l’usanza di celebrare gli autodafè, vere e proprie cerimonie spettacolo
durante le quali gli inquisitori proclamavano le sentenze, le condanne
capitali, le censure di libri e oggetti proibiti.
IL CONTROLLO SUI LIBRI: rispetto alla tradizione
medievale, la novità dell’Indice emanato da Paolo IV risiedeva nel fatto che
per la prima volta la Chiesa romana si proponeva di esercitare in forma
ufficiale un controllo diretto su tutta la produzione libraria. Anche in questo
caso il potere civile doveva rendere operative le sanzioni ecclesiastiche,
distruggendo le opere condannate, imponendo ammende o arresti agli stampatori.
I LIBRI CONDANNATI: nella prima pubblicazione furono
colpiti soprattutto autori considerati eretici o sospetti di eresia, tra cui
Juan de Valdés, oppure giudicati pericolosi, come Niccolò Macchiavelli.
LE CONSEGUENZE SULLA CULTURA ITALIANA: in Italia, per la
presenza congiunta dell’apparato curiale romano e della dominazione spagnola,
la censura sui libri e il rigido controllo sugli autori ebbero particolare
efficacia. Le conseguenze furono durevoli e negative, nel senso che
l’esperienza religiosa finì per esprimersi in forme consuetudinarie e
devozionali, mentre la cultura italiana risultò emarginata rispetto allo
sviluppo del pensiero europeo, trattenuta, per così dire, al di qua delle Alpi.
10.5 ASPETTI
DELLA VITA RELIGIOSA ITALIANA NELL’ETÀ DELLA CONTRORIFORMA
IL CONTROLLO SUI FEDELI: la pressione dell’Inquisizione e
il vigile controllo sui comportamenti delle persone tacitarono le dissidenze e
facilitarono la disposizione all’obbedienza, mentre il rinnovato impegno del
clero dava nuovo lustro alle cerimonie collettive, alle pratiche devozionali,
alle processioni, al culto dei santi. Nella cornice del secolo barocco, la
Chiesa cattolica propose di sé l’immagine di un’istituzione ad un tempo
autorevole e benefica: i fedeli furono convinti a riporre in essa la loro
devota e concorde fiducia, per riceverne assistenza morale e rassicurazioni
spirituali.
L’AZIONE DEI VESCOVI: nell’ambito dell’attività
episcopale, costituì un modello l’opera di Carlo Borromeo. Un sincero zelo
pastorale animò i vescovi post-tridentini; essi sollecitarono i parroci nella
cura delle anime, reintrodussero la clausola stretta nei conventi, promossero
opere assistenziali, agirono per dare attuazione ai deliberamenti del Concilio.
IL CONTROLLO SUI MATRIMONI: un decreto conciliare aveva
stabilito che il vincolo matrimoniale doveva considerarsi legittimo se il
consenso degli sposi era reso manifesto in facie Ecclesiae, ossia se il
matrimonio era celebrato, previa triplice pubblicazione, alla presenza del
parroco e di due testimoni. Ai parroci fu fatto obbligo di tenere aggiornati i
registri su cui dovevano essere annotati i battesimi, i matrimoni e le morti.
LA
CONTRORIFORMA E LA RELIGIOSITÀ POPOLARE: nell’età della Controriforma la
religiosità fu incanalata verso le pratiche liturgiche e le devozioni e che le
forme di pietà si espressero prevalentemente a livello emozionale. Del resto,
ben poco, se non attraverso le spiegazioni del curato, la maggioranza della
popolazione conosceva dei testi sacri, né aveva la possibilità di comprendere
il significato delle parole latine con le quali erano officiate la messa e le
più importanti funzioni religiose. Si produsse quindi facilmente un
ripiegamento sulla vena sentimentale, destinata ad oscillare tra le lacrime del
pentimento e quelle dell’estasi.
12.1 ECONOMIA EUROPEA NEL 17° SECOLO
-
Nel
600 la crisi economica europea si fece più evidente: caduta demografica,
discesa dei prezzi, guerre. Alcuni paesi persero la precedente prosperità (Spagna,
Germania…); altri registrarono un progresso (Inghilterra, Province Unite…).
-
Alcuni
paesi venne bloccata ogni trasformazione economica e sociale, secondo il
principio che la quantità dei beni disponibili in una società fosse limitata e
immodificabile.
-
In
altri paesi (Olanda, Inghilterra) si
affermarono i ‘borghesi’ che ritenevano che la ricchezza potesse venire incrementata
dal lavoro degli uomini, a patto che le liberà fossero assicurate. In questi
paesi si affermò una società nella quale le innovazioni economiche non erano
ostacolate e il denaro divenne l’effettiva misura di ciò che il singolo poeta o
meno fare.
-
La
popolazione europea aumentò poco nel 600. In Francia, Inghilterra, Olanda… la
popolazione aumentò consistentemente; nell’Europa centrale invece diminuì. Le
ragioni furono le guerre, le epidemie, l’andamento negativo della produzione
agricola….
-
Al
declino dell’agricoltura in alcune regioni, fece riscontro il progresso di
altre. L’Inghilterra e l’Olanda si specializzarono in attività manifatturiere e
di allevamento. Gli agricoltori ora lavoravano per vendere i propri prodotti
(privatizzazioni, capitalismo). Questi processi causarono l’espulsione di un
gran numero di lavoratori agricoli dalle campagne, consentendo un aumento della
quota di popolazione occupata nelle attività non agricole, ma causando anche
dei problemi.
-
In
Spagna e in Italia centro meridionale, avvenne una ‘rifeudalizzazione’, cioè il
ripristino dei diritti signorili sui contadini e sulle comunità rurali, con
conseguenze negative per l’agricoltura.
-
Nell’Europa
orientale, la tendenza al rafforzamento del servaggio dei contadini si
accentuò. I paesi dell’Occidente soddisfacevano il loro fabbisogno alimentare
acquistano i cereali a basso prezzo dell’Europa Orientale, e si dedicarono alle
colture più specializzate e redditizie.
-
In
alcuni casi al produzione manifatturiera subì un tracollo (Venezia, Firenze). Nel
complesso comunque le regioni meridionali e centrali dell’Europa entrarono in
una fase di ristagno produttivo. In Inghilterra e in Olanda, si svilupparono
nuove attività economiche (commercio e moderne attività produttive).
-
Nel
600 si sviluppò anche la pesca, che specie in Olanda, fu una delle voci più
significative dell’economia.
-
La
decadenza dei paesi mediterranei si manifestò anche nel settore del commercio. Nel
Mediterraneo le navi Inglesi e Olandesi svolgevano maggior parte dell’attività.
Complessivamente, le generali difficoltà economiche e le guerre restrinsero il
volume dei traffici europei. Il commercio col mondo extraeuropeo permise alla
marina mercantile inglese e olandese di svilupparsi oltre misura e poterono
addirittura avvalersi di specifiche istituzioni come le compagnie privilegiate
e le banche nazionali (1609 fu fondata la Banca di Amsterdam).
12.2 LE SOCIETA’ EUROPEE
-
La
società europea, prima della rivoluzione industriale, era costituita in 3
ordini o stati: clero, nobiltà e terzo stato.
-
Ma
questa costituzione per ordini, non corrispondeva all’effettiva stratificazione
della società dal punto di vista del potere economico.
-
La
mobilità sociale era piò agevole da un ordine all’altro piuttosto che tra
livelli diversi all’interno del singolo ordine.
-
Il
clero deteneva una parte notevole della proprietà terriera e i vertici
ecclesiastici avevano delle buone rendite. Il clero era numeroso e nel 600
registrò un notevole incremento a causa dei privilegi fiscali, economie e
giurisdizionali.
-
Il
ceto nobiliare europeo , nonostante le molte famiglie cadute in rovina, rimase
considerevole anche nel 600.
-
La
nobiltà era un fatto di nascita. L’egemonia sociale dell’aristocrazia si
reggeva su 4 pilastri: la ricchezza, il potere sugli uomini, i privilegi
politici e giuridici, lo stile di vita.
-
Alla
nobiltà antica, la nobiltà di spada, fiera delle sue ascendenze cavalleresche,
si affiancò nel 600 una nobiltà nuova che traeva origine dai servizi al
monarca, la nobiltà di toga.
-
Il
terzo stato era formato da gruppi sociali molto differenti tra loro: (A) le
famiglie borghesi, che controllavano la vita economica e amministrativa delle
città e davano lavoro ai cittadini; (B) i gruppi delle professioni
intellettuali (medici, notai, avvocati); (C) gli artigiani; (D) i contadini
proprietari di fondi; (E) i lavoratori salariati, sia in campagna, sia in
città; (F) i poveri, che stavano al gradino più basso della società.
12.3 LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
-
Il
600 fu il secolo della rivoluzione scientifica. Tra il 1610 (‘Il ragguaglio
astronomico’ di Galilei) e il 1687 (‘Principi matematici di filosofia naturale’
di Newton), l’immagine del mondo fisico mutò. Decaddero le forme del sapere
antico e medievale, e il sapere magico astronomico alchemico. L’universo venne
configurato come una macchina, il cui funzionamento era descritto da leggi
matematiche che stabilivano relazioni quantitative tra grandezze misurabili.
-
Nei
metodi proposti da Bacon, Galilei, Descartes, noti rispettivamente come metodi
induttivo, sperimentale e matematico deduttivo, gli autori si preoccuparono di
escludere ogni interferenza soggettiva nell’analisi della realtà.
-
La
rivoluzione scientifica coinvolse principalmente l’astronomia e la fisica. Nel
1610, Galilei attribuì all’ipotesi copernicana il valore di descrizione
veritiera del cosmo. Nel 1632, Galilei confutò le obiezioni rivolte contro i
moti di rotazione e di rivoluzione della terrà, contestando la fisica
aristotelica (venne per questo condannato a morte). Enunciò il ‘principio di
inerzia’ e si cimentò in argomenti relativi alla cinematica e alla dinamica.
-
Descartes
illustrò l’origine del sistema solare attraverso la geometria analitica e il
calcolo algebrico applicato. Attraverso la sua ipotesi l’universo era spiegato
in base a due soli parametri: materia e movimento.
-
Nell’astronomia
fece progressi Kepler (3 leggi sul moto dei pianeti).
-
Newton
saldò la dinamica terrestre con quella celeste in un sistema unitario di leggi
(teoria della gravitazione universale).
-
Lo
studio di tutti questi fenomeni divenne sempre più accurato grazie ai progressi
matematici e della fisica (Torricelli, Pascal).
-
Tutto
questo fu reso possibile anche grazie alla mente umana che la cultura
umanistica aveva contribuito a liberare dall’obbligo di rispettare il principio
d’autorità.
-
La
nuova mentalità scientifica cominciò ad affermarsi anche nei campi della
medicina e della biologia. Ricordiamo Harvey, Boyle, Borelli, Redi…
12.4 SCUOLE E ISTITUZIONI CULTURALI
-
Nel
600 era diventato normale, specie per i ragazzi maschi di buone condizioni
sociali, frequentare le scuole. La domanda aumentò per una pluralità di cause
(Umanesimo, Stato, Chiesa…).
-
Iniziò
una ‘rivoluzione educativa’. Nel 600 la famiglia comincia a modernizzarsi e si
nutre un maggior interesse per l’avvenire dei figli. Ora ci si preoccupa di
toglierli da ogni promiscuità con gli adulti e si creano dei luoghi apposta
per i ragazzi: la scolarizzazione al
posto dell’apprendistato.
-
Comenio,
educatore di origine boema, formulò una didattica che privilegiava il metodo
induttivo e l’osservazione diretta della realtà sensibile. Egli distinse vari
livelli di scuola, corrispondenti alle tappe dell’evoluzione naturale
dell’uomo. Propose un insegnamento di tipo ciclico: in ogni livello scolastico
dovevano essere insegnate le stesse materie, in forme progressivamente più
ampie.
-
Si
pensa tuttavia che il grado di alfabetizzazione fosse, nel 600, solo del 50%. L’Olanda
e l’Inghilterra ebbero tassi di analfabetismo inferiori.
-
L’istruzione
superiore, a differenza di quella elementare, fu molto organizzata: il modello
prevalente fu il collegio privato (Collegi dei nobili, tenuti dai Gesuiti). L’insegnamento
era prevalentemente umanistico – letterario.
-
Nell’ambito
cattolico ricordiamo gli istituiti degli Scolopi, aperti a giovani di
estrazione sociale più modesta, e le scuole oratoriane. Ricordiamo anche le
scuole di Port-Royal, ispirate dai giansenisti.
-
Nell’ambito
protestante furono creati dei collegi di pietà, rivolti soprattutto ai ragazzi
del popolo, dove era riservato molto spazio alle discipline scientifiche e alla
pratica del lavoro manuale.
-
Le
Università divennero luoghi di pigra ripetizione del sapere tradizionale,
specialmente a causa dei controllo politici.
Così gli intellettuali cominciarono a frequentale luoghi meno
controllati, quali le corti e le Accademie.
-
Nelle
Corti europee gli intellettuali misero a frutto la lezione dell’Umanesimo. Abbellirono
le dimore regali, organizzarono feste, spettacoli, realizzarono musei e
biblioteche…
-
Sotto
la protezione di qualche potente, specie in Italia e Spagna, fiorirono le
Accademie, dove prevalevano gli interessi letterari. Alcune accademie
promossero comunque impegnative
ricerche filosofiche e scientifiche. Le maggiori accademie sorsero però in
Francia, Olanda e Inghilterra.
12.5 REPRESSIONE E DISCIPLINAMENTO DELLA CULTURA
FOLKLORICA
-
Molte
furono le trasformazioni che si verificarono nella cultura folklorica e nel suo
rapporto con le cultura ‘alta’. La cultura folklorica e la cultura delle classi
colte divennero estranee. L’intervento dei rappresentanti della cultura
ufficiale sul folklore popolare divenne autoritario. La circolazione degli
scambi tra le due culture fu sempre meno una circolazione a doppio senso. I risultati a tutto ciò furono il parziale
annientamento della cultura folklorica e la sua progressiva destrutturazione. Contribuirono
a questo: le trasformazioni in campo religioso, la nascita della scienza
moderna, lo sviluppo di una ‘civiltà delle buone maniere’, la diffusione della
stampa, la scolarizzazione…
-
Nei
confronti della religiosità popolare si era levata la protesta degli umanisti e
dei seguaci della Devotio moderna. Lutero e Calvino avevano attaccato la
superstizione, le feste, i giochi, gli spettacoli della tradizione
popolare, in nome di una salvezza
dell’uomo affidata solo alla fede.
-
Nei
paesi protestanti si ebbero un netto arretramento del magico ed un sensibile
disciplinamento dei costumi.
-
Nel
modo cattolico si affermò la Riforma e si intervenne principalmente sulla
tradizione folklorica.
-
La
cultura folklorica non fu vinta facilmente e si protrasse fino al 19-20 secolo.
La manifestazione più tragica della volontà di sradicare questo tipo di
credenze si ebbe con la caccia alle streghe.
15.1 LA DECADENZA ITALIANA
-
L’assetto
politico territoriale della Penisola Italiana, dopo il congresso di Bologna
(1529) e la pace di Cateau Cambrésis (1559) rimase inalterato per più di un
secolo.
-
Sul
piano politico vi fu un gran declino: gli stati italiani contarono sempre meno
a livello europeo. Solo Venezia fece eccezione (potenza nel Mediterraneo
orientale).
-
Il
cattolicesimo si caratterizzò per il conservatorismo in campo culturale, per la
difesa dei beni e dei privilegi della Chiesa, per fare investimenti non
produttivi, per il sostegno al mantenimento degli equilibri sociali esistenti.
-
Il
tono generale della vita economica si abbassò. Vi fu un declino commerciale e
produttivo nelle grandi città. Anche l’impulso che ebbero nelle campagne per la
coltivazione del gelso e la produzione di seta può essere un indizio di
decadenza. L’Italia tendeva a collocarsi sul mercato internazionale come fornitrice di materie prime o semilavorate.
-
Una
spiegazione della decadenza economica della penisola è da ricercare nella nuova
geografia commerciale (il Mediterraneo fu via via marginalizzato). Inoltre
mancarono le sollecitazioni a trasformare i meccanismi di produzione (si
producevano specialmente beni di lusso, quindi solo per una élite ristretta). Così
si preferirono modi di vita più ‘oziosi’ e ‘nobili’, e si abbandonarono man
mano le attività mercantili e produttive.
-
Durante
il processo di ‘rifeudalizzazione’ la pressione dei ceti nobiliari sulle
campagne si aggravò e le condizioni di vita delle popolazioni rurali
peggiorarono. Nel 600 le carestie furono molte e si diffuse il banditismo nelle
campagne italiane. Vi fu inoltre l’infeudamento delle terre appartenute alle
comunità rurali. Gli apparati statali furono costretti a venire a patti con le
élites localmente dominanti, che stavano prendendo l’egemonia.
-
Furono
comunque molti i divari tra le diverse aree italiane. Il declino di alcuni centri
produttivi fu compensato da successi di località minori. Il divario era
particolarmente forte tra l’Italia settentrionale e quella meridionale: al nord
si impiantarono i primi nuclei di imprenditorialità agraria mentre a sud si
affermò un ceto di latifondisti arretrati.
15.2
L’ITALIA
SPAGNOLA
-
La
Spagna amministrava i suoi possedimenti in Italia (Meridione, Sicilia,
Sardegna, Milanese, Toscana meridionale) attraverso il Supremo Consiglio
d’Italia (sede a Madrid). Il potere in Italia era di fatto esercitato da 3
viceré residenti a Napoli, Palermo e Cagliari e da un governatore a Milano. A
fianco dei viceré vi erano i Parlamenti. La politica estera era gestita da
Madrid. I territori italiani avevano infatti grande importanza strategica per
la Spagna.
-
Durante
il periodo di dominazione spagnola, nel milanese si registrò una decadenza
economica. Tuttavia la decadenza delle attività produttive tradizionali favorì
il decollo di centri minori e un trasferimento di capitali verso l’agricoltura.
Le aristocrazie cittadine valorizzarono le potenzialità produttive di aree
rurali e nelle campagne si dislocavano attività manifatturiere rinnovate. La
Sardegna rimase una regione arretrata, dominata da grandi latifondisti feudali
e tagliata fuori dai circuiti economici. La stessa cosa in Sicilia e nella
maggior parte del Mezzogiorno dove la preponderanza del ceto feudale non
consentì la modernizzazione delle strutture agrarie. Per questo si ebbe un
continuo flusso migratorio verso la capitale (Napoli).
-
Le tensioni raggiunsero il punto critico nel
1647/1648 quando la pressione fiscale determinata dalle esigenze finanziarie
della Spagna divenne insostenibile. A Napoli, il popolino, con a capo Tommaso
Aniello (Masaniello) insorse contro il governo spagnolo e trovò appoggio presso
i ceti superiori. Il viceré fu costretto a fuggire e la città rimase nelle mani
dei popolani (detti ‘lazzari’). Le loro violenze spaventavano però i ceti medi
e Masaniello fu assassinato. Dopo alcuni mesi la ribellione fu liquidata dai
soldati spagnoli e fu restaurato il dominio della Spagna. Anche la rivolta
scoppiata a Palermo nel 1647 non ebbe maggior fortuna.
15.3
L’ITALIA
NON SPAGNOLA: GENOVA, FIRENZE, ROMA, IL DUCATO DI SAVOIA.
-
Il
ducato di Savoia, posto a cavallo delle Alpi occidentali era stato per secoli
diverso nelle sue strutture feudali dalle regioni circostanti, nelle quali si
erano avuti sviluppi urbani e mercantili.
Nel 16 secolo i duchi di Savoia orientarono verso l’Italia le
prospettive della dinastia. Con la pace di Cateau Cambrésis il dicato ricevette
un assetto stabile. Emanuele Filiberto trasferì la capitale da Chambéry
(Savoia) a Torino. Il trattato di Lione (1601) tra Carlo Emanuele I e il re di
Francia, ribadì questa scelta, con la cessione alla Francia di alcuni territori
transalpini e l’acquisto del marchesato di Saluzzo. Con Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele e I lo Stato sabaudo
allargò i suoi confini e si sottrasse al dominio forestiero. All’interno i
duchi di Savoia rafforzarono le istituzioni centrali dello Stato e fu creato un
esercito statale, basato sulla coscrizione dei cittadini e non su forme di
reclutamento feudale. I duchi di Torino cercarono di favorire lo sviluppo
economico dei loro territori e adottarono misure politiche mercantilistiche. Di
conseguenza i ceti feudali piemontesi non disdegnarono di impegnarsi in
attività economiche moderne.
16.1 Lo
stato nella prima età moderna
ü
L’AFFERMAZIONE
DELLO STATO: durante il 500 vi sono accorporamenti territoriali e accentramenti
di potere che portano, nel 17° secolo, all’affermazione dello stato. Fu il
successo duraturo di quella struttura che chiamiamo Stato assoluto, Stato
centralizzato, Stato amministrativo, Stato moderno.
ü
I
CONNOTATI DELLO STATO MODERNO: i suoi lineamenti essenziali possono essere così
descritti: vi è un’autorità unitaria relativa ad una popolazione data che vive
in un territorio definito da precisi confini. Da essa dipendono degli ufficiali
pubblici, i quali garantiscono il rispetto e l’attuazione delle norme emanate
dall’autorità. Essi possono usare la forza, in quanto è legittimata
dall’autorità. Quest’autorità viene chiamata Sovranità, può emanare leggi e
tutti le devono obbedire. Lo stato assoluto si occupava della produzione ed
esecuzione delle leggi, punizione dei reati, difesa dell’ordine interno e
protezione verso l’esterno, ordinato prelievo di risorse finanziarie e non
permetteva a nessun altro ente (Chiesa, città) di occuparsi di queste cose se
non nei limiti da essa stabiliti.
ü
LE RESISTENZE…:la
concentrazione di queste funzioni negli organismi dello Stato portò alla
diminuzione di potere dei tradizionali centri di potere, infatti i ceti feudali
furono progressivamente tolti dalle loro funzioni politiche, giudiziarie e
militari; nelle città, gli ordinamenti comunali furono svuotati di contenuti
effettivi; la Chiesa era costretta a venire a patti (concordati) col nuovo
potere. In questo periodo vi era un conflitto tra monarca e gli altri detentori
del potere che si risolse con la piena affermazione del primo, al contrario del
periodo del Medioevo in cui vi era un equilibrio tra i due.
ü
… E
LE DIFFICOLTA’: il sovrano doveva far i conti con l’opposizione dei poteri
tradizionali, con le difficoltà finanziarie, carenza di personale qualificato,
precarietà e lentezza delle comunicazioni. A livello periferico l’autorità
locali tradizionali si fecero strumento del potere centrale a condizione di
riceverne concrete contropartite. Venne affiancato il personale dello stato con
cui a volte entrava in competizione. Lo Stato assoluto di basò sull’esercito,
la burocrazia, la finanza e la mitologia (culto della personalità).
ü
L’ESERCITO:
l’organizzazione di un esercito permanente alle dipendenze dello stato portò ad
un maggiore accentramento del potere e promosse un maggior sforzo di
organizzazione amministrativa e finanziaria. Contemporaneamente alla
costruzione dell’esercito vi fu lo smantellamento delle forze armate e delle
fortezze private dei feudatari, praticamente vi fu lo svuotamento del ruolo
militare dell’aristocrazia. Vi furono cambiamenti nelle tecniche militari:
crescita d’importanza della fanteria e artiglieria, eserciti e flotte più
grossi.
ü
LA
BUROCRAZIA: nel 600 s’instaurarono strutture burocratiche più stabili, infatti
nacquero le figure dei funzionari statali, pagati, specializzati ed istruiti
che costituivano la pubblica amministrazione. Gli impieghi pubblici erano
ricercati per il prestigio ad essi connesso e per le offerte di arricchimento
personale che offrivano: questo portò all’ampliamento della corruzione. I
pubblici ufficiali (nobiltà di toga) si differivano dalla vecchia aristocrazia
(nobiltà di spada) in quanto quest’ultima aveva una propria autonoma potenza,
mentre gli altri traevano la propria eminenza dall’ufficio ricoperto.
ü
LA FINANZA:
lo Stato necessitava di soldi per le forze armate e per la burocrazia. Si andò
delineando il principio che lo Stato esercitava funzioni di interesse
collettivo perciò tutti dovevano regolarmente contribuire. Ci volle tempo per
la trasformazione dei sudditi in contribuenti. La figura del gabelliere era
odiata dalla popolazione che cercava con il contrabbando, frode e violenza di
sottrarsi agli obblighi fiscali aggiunti a quelli imposti dai proprietari
terrieri e dalle Chiese. La deliberazione dei contributi finanziari spettava
agli Stati Generali, Cortes e Parlamenti. Essi tentarono di salvaguardare
questa loro prerogativa, ma spesso persero la battaglia. Per far fronte al
fabbisogno finanziario vi fu l’estensione del prelievo fiscale attraverso imposte
dirette e indirette; la vendita degli uffici e titoli nobiliari; riscossione
dazi doganali; sfruttamento risorse minerarie; vendita di alcuni diritti di
monopolio commerciale; controllo delle zecche; il ricorso al prestito
internazionale e dilatazione debito pubblico.
ü
LA
“MITOLOGIA”: i sovrani si presentarono come tutori dell’ordine pubblico,
amministratori della giustizia, custodi della religione e pubblica moralità e
promotori del benessere economico dei sudditi. Fondarono scuole e accademie ed
affidarono ai letterati e agli artisti il compito di elaborare temi e soggetti
che esaltassero la figura del sovrano. Vi furono cerimoniali di corte che
portarono al “divismo” monarchico.
16.2 Il
mercantilismo
§
L’INTERVENTO
DELLO STATO IN ECONOMIA: l’intervento dello stato in campo economico venne
ampliato; proprio in questo periodo nacque il termine “economia politica” in
quanto lo stato poteva svolgere un’azione economica fondamentale. Questo
indirizzo politico prende il nome di mercantilismo.
§
I
CAPISALDI DEL MERCANTILISMO: i principi del mercantilismo sono: la ricchezza di
uno Stato dipende della quantità di moneta (metalli preziosi) di cui esso
dispone perciò bisogna incentivare le attività che portano ad entrate monetarie
(esportazione di prodotti finiti, soprattutto pregiati) e scoraggiare quelle
che portano ad uscite (esportazione materie prime e acquisto di merci costose).
Vennero fatte perciò leggi che limitassero i consumi di lusso (leggi
suntuarie). Bisognava proteggere le imprese nazionali dalla concorrenza estera
ed imporre i propri prodotti all’estero. Questa politica venne attuata
soprattutto nelle colonie a cui s’imponeva il monopolio della madrepatria. L’esportazione
dipendeva anche dal volume della produzione perciò bisognava che i salari non
fossero troppo alti affinché i costi rimanessero competitivi e tutti i sudditi
lavorassero, per questo venne attuata un politica di accrescimento demografico.
§
MERCANTILISMO
E POLITICA ESTERA: il mercantilismo ebbe le sue applicazioni solo negli stati
più forti come Inghilterra, Francia e Olanda. Questo perché l’espansione economica di un paese poteva
attuarsi solo a danno di quelli limitrofi.
16.4
L’Olanda
La
repubblica delle Province Unite visse, nel 600, il suo momento di splendore.
Infatti l’Olanda e le altre province ebbero il massimo successo politico,
economico e culturale.
¨
TERRITORIO,
POPOLAZIONE E RELIGIONE: il territorio aveva un’estensione di 25000 km,
composto da 7 province autonome: Frisia, Groninga, Gheldria, Overijssel, Utrecht, Olanda e Zelanda. L’Olanda era nata
dalla guerra contro gli spagnoli. Non c’era un’omogeneità etnica e linguistica.
Il calvinismo era la religione ufficiale della repubblica, ma non rappresentava
un punto di unità infatti esistevano sette religiose consentite (battisti, luterani,
cattolici ed ebrei). Le autorità religiose furono distinte da quelle politiche.
¨
LE
ISTITUZIONI: le Province Unite non furono mai un’unità nazionale centralizzata.
I Parlamenti, costituiti su base elettive, ebbero ampie autonomie. In essi
sedevano i rappresentanti della nobiltà e delle città, riuniti in delegazioni,
ciascuna con un voto a disposizione. Ogni città affidava al proprio Pensionario
i compito di guidare la delegazione e tutelare i suoi interessi e
giurisdizioni. Le decisioni venivano prese all’unanimità. I Parlamenti
Provinciali avevano funzioni legislative sotto la direzione del Pensionario
degli Stati Generali della provincia. Il potere federale e legislativo era
affidato al Parlamento dell’Unione. Il potere esecutivo federale era esercitato
dal Consiglio di Stato, formato da
membri elettivi. Tra essi emergeva la figura dello statolder Generale
(comandante delle forze militari). Vi erano principalmente partiti: quello orangista che mirava alla
centralizzazione dei poteri e quello repubblicano che difendeva i ceti
mercantili e borghesi.
¨
L’AGRICOLTURA:
la popolazione era prevalentemente composta da fittavoli e piccoli proprietari
che praticavano un’agricoltura intensiva, specializzata, rivolta al mercato e
con alti livelli di produttività in terre fertili strappate alle paludi e al
mare (polder). Venivano inoltre importati cereali dalle regioni baltiche.
¨
IL
COMMERCIO: le grandi fortune erano costruite sul commercio. Le flotte olandesi
viaggiavano in ogni parte del mondo ed erano padrone dei lucrosi traffici con
le Indie Orientali. Secondo gli Olandesi chiunque poteva intraprendere
liberamente qualsiasi rotta commerciale; proprio per questo combatterono volte con gli Inglesi ( 1652-54 con esiti
negativi, 1665-67 vittoriosamente) e furono in contrasto con gli altri paesi. Le
oligarchie mercantili che occupavano le magistrature cittadine tutelavano i
propri interessi per la libertà di commercio.
¨
LA
SOCIETA’ OLANDESE: la ricchezza era piuttosto diffusa in Olanda; il numero dei
poveri era contenuto; la maggioranza della popolazione apparteneva al ceto
medio ed aveva un buon tenore di vita; il cibo era abbondante; le case ben
tenute ed arredate con semplicità; l’abbigliamento era dignitoso; il senso
della vita, famiglia e lavoro era severo e religioso. L’Olanda aveva molti
nemici perché era troppo ricca, diversa e libera. Fu terra d’asilo per i
perseguitati (ebrei, sociniani, anabattisti, ugonotti, uomini politici e di
scienza). Il “secolo d’oro” terminò con la guerra del 1672 con Luigi XIV e
l’Inghilterra, da cui si salvò. Iniziò il “secolo delle parrucche”: i regimi
cittadini e provinciali si fecero più oligarchici; la coesione sociale cominciò
a infrangersi e l’esercizio del potere di fece più duro; pagò la pace e la
sicurezza con la rinuncia ad ogni politica troppo ambiziosa.
16.5
Sviluppi del pensiero politico nel XVII secolo
û
LA
RIFLESSIONE POLITICA: l’affermazione dell’assolutismo monarchico e la
rivoluzione inglese stimolarono un riflessione con alcune premesse del pensiero
politico moderno. I punti fondamentali erano:
1.
La
comunità politica è qualcosa di “naturale”, lontana da riferimenti trascendenti
(ciò che è divino);
2.
L’uomo
è creatore della propria storia ed artefice del proprio destino;
3.
Secondo
il metodo scientifico teorizzato da Cartesio si mira a rintracciare per via
razionale e deduttiva le caratteristiche della comunità politica;
4.
Concreta
esperienza della crescita del ruolo dello Stato e dei suoi apparati, con il
rischio che tale processo poteva limitare i diritti degli individui;
5.
La
convinzione che soltanto la sottomissione ad un unico sovrano e legge preserva
gli uomini dall’anarchia.
Queste idee si sistemarono attorno ai
cardini del giusnaturalismo e del contrattualismo.
û
GIUSNATURALISMO
E CONTRATTUALISMO: il giusnaturalismo è la concezione secondo cui esistono
norme di origine naturale, universalmente valide, superiori all’ordinamento
positivo (storicamente esistenti), tali che neppure Dio può alterare. Esso mirò
a laicizzare l’idea dello Stato. Il contrattualismo consiste invece nella tesi
secondo cui il passaggio dallo stato di natura all’istituzione della società
civile avviene grazie ad un contratto che gli uomini stipulano liberamente per
motivazioni razionali.
û
HOBBES:
Thomas Hobbes (1588-1679) sostenne, nelle sue opere politiche (Il cittadino e
Leviatano) che gli uomini agiscono per la ricerca del loro piacere perciò nello
stato di natura si trovano in una guerra generalizzata in cui ogni uomo è
contro gli altri. In questa situazione la loro esistenza è in pericolo perciò
si devono sottomettere tutti quanti ad un potere vincolante. Esso è stato
istituito per la convivenza sociale, rinunciando però ai loro diritti naturali.
Esso è potere assoluto perciò nessuno ha il diritto di opporsi; ha il compito
di garantire ordine e pace.
16.6 La Francia
L’ETA’
DI MAZARINO E DELLE FRONDE: il cardinale Richelieu morì nel dicembre 1642 e
pochi mesi dopo anche Luigi XIII. L’erede al trono fu Luigi XIV di appena 5
anni. Il rischio di una crisi politica era elevato, perciò la regina Anna d’Austria
nominò primo ministro il cardinale Giulio Mazarino. La Francia era impegnata
nella fase conclusiva della Guerra dei Trent’Anni e l’opposizione
all’assolutismo era diffuso. Gli esponenti dell’aristocrazia volevano sfruttare
a proprio vantaggio la situazione della reggenza, mentre il popolo protestava
contro la miseria e il fiscalismo regio. Con la protesta della nobiltà di toga,
essa voleva garantire i propri privilegi e contrastare l’attribuzione alla
nuova burocrazia statale l’esazione delle imposte e il controllo delle finanze.
Nel 1649 il Parlamento di Parigi e parte della popolazione insorsero,
costringendo la regina, Luigi e Mazarino alla fuga (Fronda Parlamentare). Per
piegare la rivolta, la regina chiese l’aiuto militare dell’aristocrazia, il cui
capo era Luigi di Condé che tentò di scalzare Mazarino. Nacque una nuova guerra
civile denominata Fronda dei Principi. Nonostante queste guerre Mazarino riuscì
a concludere la Guerra dei Trent’Anni e successivamente una campagna militare
contro la Spagna. Fu completata la riorganizzazione interna dello Stato in
senso assolutistico. Negoziando la pace dei Pirenei, la Spagna venne esclusa
dalla politica europea e definito il matrimonio tra Luigi e l’Infanta di Spagna,
Maria Teresa.
L’AVVENTO
AL TRONO DI LUIGI XIV: dopo la morte di Mazarino (marzo 1661), Luigi XIV, detto
il Re Sole, assunse il potere. Egli avrebbe regnato da solo consigliandosi con
persone da lui scelte senza alcun primo ministro, avvalendosi della facoltà di
decidere nel rispetto delle leggi fondamentali del Regno (Legge Salica e leggi
concernenti le libertà). Egli regnò dal 1661 al 1715 compiendo la costruzione
dello Stato assoluto e realizzò il pieno controllo sullo stato aiutato da alti
funzionari dello Stato.
L’ASSOLUTISMO
DI LUIGI XIV: le caratteristiche di questa politica assolutistica erano:
1.
Il re
poté imporre tributi e decidere le spese perché aveva pieni poteri in materia
finanziaria e s’avvaleva di una burocrazia dipendente dal potere centrale;
2.
Gli
Stati Generali non furono mai convocati;
3.
I
Parlamenti furono ridotti all’impotenza dall’editto reale del 1673. Mantenevano
comunque il diritto di rimostranza (rilevare eventuali irregolarità del potere
regio), ma potevano solo fare obiezioni successivamente;
4.
Venne
formato un esercito stipendiato dalla Corona, eliminando le milizie fornite dai
nobili;
5.
I
funzionari erano nominati e stipendiati dal re. Importanti erano gli intendenti
che svolgevano la funzione di controllo di tutti i settori della pubblica amministrazione;
6.
Il re
impresse una direzione unitaria in campo economico, religioso e culturale;
7.
Il re
assunse la guida della politica estera: nominò ambasciatori nelle capitali
europee e seguì la realizzazione del sistema difensivo.
LA
SOCIETA’ FRANCESE: con questo tipo di politica doveva esserci il pieno
controllo dei ceti sociali. Il popolo venne disciplinato con l’aiuto della
Chiesa e col ricorso alla forza. La borghesia accettò l’assolutismo in quanto
portatore di ordine interno e sostegno alle loro iniziative economiche, anche
se continuava a negare i diritti politici. L’aristocrazia dovette rinunciare ai
loro poteri tradizionali; in cambio il re concesse di dividere con lui la
residenza di Versailles, diede nomine onorevoli e redditizie nell’apparato
dello Stato purché riconoscessero la sua autorità. La nobiltà restò un ordine
privilegiato in quanto era esonerata da molte imposizioni fiscali e conservava
diritti di varia natura nei propri feudi.
LE
ISTITUZIONI E GLI UOMINI: Luigi XIV escluse dal potere i familiari, i principi
di sangue e gli ecclesiastici; nominò solo ministri e consiglieri provenienti
dalla nobiltà di toga e dalla borghesia. Essi formavano il Consiglio supremo di
Stato che decidevano le linee generali della politica interna ed estera;
inoltre facevano parte del Consiglio di Stato con la funzione consultiva. Le
figure più importanti furono quelle del cancelliere a capo del settore
giudiziario, del controllore generale delle finanze, dei segretari di Stato. Il
ministro che spiccò di più fu Jean Baptiste Colbert che divenne controllore generale
delle finanze e segretario di Stato.
LA
POLITICA ECONOMICA: Colbert diresse la politica economica secondo i principi
mercantilistici. Per rimettere a posto le cose egli ridusse i dazi interni e
procedette al loro accorpamento; diminuì l’onere dello Stato; progettò, ma non
realizzò un nuovo sistema di esazione delle tasse; esaltò le attività
manifatturiere e commerciali. Questa nuova politica riportò il bilancio in
attivo. Colbert ricorse a tariffe doganali protettive e concesse privilegi
speciali per favorire la nascita di manifatture nazionali e proteggerle dalla
concorrenza. Per imparare meglio alcune
tecniche produttive fece venire in Francia operai stranieri. Vi furono
iniziative rivolte allo sviluppo del commercio internazionale che portarono
alla distruzione del monopolio olandese. Fu incentivata la colonizzazione in
India, Africa ed America. Furono costruite strade e canali navigabili per facilitare
i commerci all’interno dello stato. Colbert mirò a proteggere i contadini dai
grandi, ma represse le rivolte duramente. Questa politica economica portò ad un
aumento di risorse finanziarie, che vennero riassorbite dalla politica militare
di Luigi XIV.
LA
POLITICA RELIGIOSA DI LUIGI XIV: in campo religioso, Luigi XIV s’ispirò al
gallicanesimo. La Chiesa, secondo i francesi, doveva avere una sua autonomia. Il
re osteggiò gli ugonotti e i giansenisti costringendoli a convertirsi al
cattolicesimo, in quanto non doveva esserci nessun tipo di pluralismo
all’interno dello stato, quindi neanche quello religioso. Inoltre, la sua lotta
contro i protestanti poteva aiutarlo a Roma per assumere maggior controllo
della Corona sulla Chiesa francese. Perciò ridusse la libertà di culto e
concesse speciali premi a chi si convertiva. Inoltre nel 1685 venne emesso
l’editto di Fontainebleau che vietò la professione di fede protestante. Gli
ugonotti fuggirono nei paesi nemici della Francia. Nei confronti dei
giansenisti si comportò diversamente perché essi non potevano essere
considerati eretici in quanto sostenevano posizioni teologiche simili a quelle
dei protestanti, ma erano stati condannati da Roma. Nel 1709 però chiuse con la
forza i centri del movimento.
Il trattato di Tordesillas del 1494,con cui Spagna e
Portogallo si erano spartite le nuove terre del mondo, rifletteva la situazione
di fatto esistente in quel momento. Dalla 2^ metà del 500, entrarono in lizza
nella competizione coloniale, la Francia, l’Olanda e l’Inghilterra.
Il commercio
marittimo. Mentre i Portoghesi si erano in pratica
dovuti adattare a convivere con la concorrenza esercitata, da mercanti arabi,
indiani, malesi, cinesi, l’Olanda e l’Inghilterra realizzarono un controllo
molto + stretto ed efficace su tutto il commercio marittimo della regione. nel
corso del secolo si modificò la natura del commercio asiatico: non solo + spezie, ma anche tessuti, carte da parati,
lacche e porcellane, ventagli ecc.
Le compagnie
commerciali. Lo strumento utilizzato dai paesi
europei x il controllo del grande commercio internazionale furono le compagnie
privilegiate. Erano società costituite allo scolpo di mettere in comune gli
sforzi e le risorse, evitando la concorrenza tra i mercanti di uno stesso
paese, che ricevevano dallo Stato poteri speciali. Furono fondate in
Inghilterra, Olanda; Francia, Danimarca, Germania, Austria, Svezia, Scozia; le
+ famose ed importanti furono le Compagnie delle Indie Orientali di Inghilterra
e Olanda.
·
La
Honourable East India Company fu costituita nell’anno1600 da Elisabetta I, allo
scopo di armare le navi e organizzare i viaggi.
·
La
Vereenigde Oostindische Companie fu costituita nel 1602, x decreto degli Stati
Generali, allo scopo di coordinare tutte le imprese commerciali olandesi già
operanti in oriente. Le fu attribuito il monopolio di tutto il commercio con le
Indie, l’esenzione dalle tasse di importazione, l’autorizzazione a possedere
terre, il diritto a mantenere a proprie spese un esercito e una flotta armata,
ecc.
Dovunque le 2 compagnie di incontravano era scontro
aperto (massacro di Amboina, 1623).
Modernità
delle compagnie commerciali. Le compagnie
dotate di un capitale collettivo formato da quote prestate da singoli
risparmiatori, furono le progenitrici delle moderne società x azioni a
responsabilità limitata. I soci non erano solo mercanti, aristocratici,
appaltatori d’imposta, ricchi borghesi, funzionari pubblici, cittadini, anche
stranieri.
La fine
delle Compagnie commerciali. Con la fine del XVII secolo le rimostranze contro i
monopoli e le prerogative delle compagnie si fecero + insistenti, da parte sia
dei sostenitori del diritto dello Stato a intervenire in modo diverso
nell’ambito dell’economia, sia di quegli operatori che non riuscivano a farsi
strada in settori totalmente controllati da queste compagnie, sia infine degli
abitanti di talune colonie che erano svantaggiati da queste condizioni di monopolio.
L’America e la colonizzazione europea
La penetrazione di nuovi Stati europei in America dovette
fare i conti con la presenza della Spagna, del Portogallo. Si orientò x tanto,
v/o le regioni che non erano state ancora colonizzate, o dove gli insediamenti
ispano-portoghesi non erano fortemente stabilizzati.
Gli Inglesi
in America. I primi inglesi, agli inizi del 500, si
impegnarono nella esplorazione delle coste nordamericane; dopo la vittoria
navale sull’Invencible Armad (600), gli Inglesi costituirono i primi insediamenti
ufficiali, presto perduti, lungo alcuni tratti costieri dell’America
meridionale. Successivamente si stabilirono nelle Barbados, nelle Bahamas e a
Giamaica, dove era possibile coltivare canna da zucchero e tabacco.
La 1^
colonia inglese. Nell’America del Nord il primo
insediamento inglese fu costituito dalla Virginia. Nella colonia sorsero estese
piantagioni di tabacco che utilizzavano lavoratori poveri immigrati
dall’Inghilterra e dalla Germania devastata dalla Guerra dei 30 anni. Parte
della manodopera era fornita da prigionieri condannati alla deportazione.
Le colonie
del New England. Un secondo insediamento inglese in
America del Nord avvenne nella regione che si chiamerà poi New England. Ne
furono protagonisti degli Inglesi che lasciavano la loro terra x motivi prevalentemente
politici e religiosi. La gran parte di essi erano puritani che sfuggivano alle
leggi di Laud e miravano a costruire una società nella quale fosse assicurato a
ciascuno il diritto di guadagnarsi da vivere col proprio lavoro, di professare
la propria religione, di partecipare alla pari con tutti gli altri
all’esercizio del potere politico. Le colonie che nacquero nella Nuova
Inghilterra furono formate da liberi contadini e da piccoli commercianti e
imprenditori, uniti dal vincolo dello zelo religioso puritano e da un forte
spirito antiautoritario. Non v’erano grandi disuguaglianze xchè ogni comunità
procedeva all’assegnazione in proprietà delle terre in maniera abbastanza
egualitaria. Nel 1636 fu fondata la 1^ università ad Harvard.
Le colonie
inglesi nella zona centrale. Un 3^ insediamento inglese si formò
nella zona intermedia tra Nord e Sud; in queste colonie centrali accanto a
piccoli proprietari esistevano alcuni grandi latifondisti. Nel complesso ebbero
maggiori affinità con le colonie settentrionali che con quelle del Sud.
I rapporti
tra l’Inghilterra e le colonie. Negli ultimi decenni del 600, negli
insediamenti ormai saldamente radicati, vennero rafforzati i provvedimenti
mercantilistici che proibivano ai coloni americani qualsiasi commercio che non
fosse con la madre patria. Non vi furono tuttavia una resistenza o
un’opposizione.
Le colonie
francesi. I Francesi avevano iniziato
l’esplorazione e la penetrazione nell’America del Nord fin dai primi decenni
del 500. Fu Jacques Cartier a fondare nel 1534-1535 i primi stanziamenti
francese in Canada. L’attenzione della Francia v/o il Nuovo Mondo fu stimolata
dalle guerre di religione della 2^ metà del 500.
I
Francesi penetrarono in America in occasione della guerra dei trent’anni quando
il cardinale Richelieu promosse la conquista delle isole delle Antille.
Seguirono poi lo stanziamento a Santo Domingo (1655) e l’esplorazione del
bacino del Mississippi (1682).
Gli
Olandesi cominciarono ad essere presenti nell’America del nord, in Brasile,
nell’America spagnola e nei Caraibi alla fine del 500. Gli insediamenti
americani erano utilizzati come basi per il contrabbando nelle colonie spagnole
e portoghesi e come luoghi strategici per colpire i concorrenti nel mercato
asiatico.
L’AFRICA
LE REGIONI
OCCIDENTALI
Il
Sahara costituì per secoli una barriera insormontabile per ogni tentativo di
espansione territoriale.
Tra il IX e il X secolo si svilupparono nella zona
attraversato dal Niger: l’IMPERO DEL GHANA, DEL MALI E DEL SONGHAI. Furono
costruzioni politiche centralizzate dominate da aristocrazie guerriere che
assicuravano l’ordine e la pace su territori immensi. Essi trassero la loro
prosperità dai tributi e dalle imposte. Le capitali degli imperi erano città
ricche e popolose grazie ai commerci.
L’arrivo degli Europei segnò un netto cambiamento delle
vie commerciali con la conseguente decadenza degli imperi nigeriani.
Nell’Africa
orientale esisteva l’IMPERO ETIOPE: il più saldo e potente stato africano. Le
sue popolazioni di pastori nomadi e agricoltori conservò la religione cristiana
respingendo la pressione dell’Islam..
L’Africa
centrale era abitata da popolazioni più primitive, dedite alla caccia e alla
pastorizia.
GLI EUROPEI
E L’AFRICA
Inizialmente
l’interesse per l’Africa era motivato dall’esplorazione di una nuova via per le
Indie e dalla ricerca dell’oro e di altri prodotti esotici come l’avorio. Ma
successivamente essa divenne soprattutto fornitrice di schiavi.
I portoghesi agirono da battistrada siccome possedevano
sia colonie americane sia africane si gestirono il commercio degli schiavi.
Gli spagnoli anche interessate alla manodopera nera
ricorsero all’asiento ovvero si
affidarono a compagnie private che richiedevano in cambio di ogni schiavo un
tributo. Nacquero così compagnie commerciali francesi e inglesi dediche a
traffico dei negri.
IL COMMERCIO
DEGLI SCHIAVI
Gli
schiavi erano adibiti a lavori agricoli. Con l’arrivo degli europei i metodi
utilizzati dai negrieri mutarono: i modi per procurarsi gli schiavi,
trasportarli, venderli e farli lavorare erano brutali.
Gli
schiavi erano di proprietà del padrone il quale l’unica considerazione che
aveva era quella di tipo economico. Anche se esistevano statuti che
proteggevano gli schiavi almeno dagli abusi, essi riconoscevano legale il
sistema della schiavitù.
GLI
INSEDIAMENTI NELL’ESTREMO SUD
Gli
olandesi si fecero promotori dell’estremo sud dell’Africa: il Capo di Buona
Speranza.
La postazione nella Città del Capo popolata da emigranti
olandesi e da ugonotti francesi fu utilizzata come scalo commerciale lungo la
rotta per le Indie o come colonia agricola.
L’ASIA
L’INDIA
Fine 400
la penisola indiana era in uno stato di frammentazione politica: parte
settentrionale vi erano tanti staterelli mentre nella parte meridionale vi era
l’impero indù di Vijayanagar.
Essa
fu invasa dalla popolazione musulmana degli Uzbechi guidati da Babur, il quale
sottomise l’India settentrionale e diede inizio all’Impero moghul.
L’IMPERO
MOGHUL
Si
riaccese con l’arrivo dei musulmani il problema religioso di convivenza tra la
religione induista e musulmana. I musulmani rifiutavano il politeismo indù, la
divisione in caste, il regime vegetariano, il libero abbigliamento delle donne.
Agli indù era inaccettabile i corrispettivi atteggiamenti. L’islam è una
religione monoteista che pone come fine supremo la glorificazione di Allah,
mentre l’induismo propone ai fedeli il raggiungimento della salvezza praticando
meditazione e ascesi personali.
LA CINA
Dalla
metà del 300 al 600 la Cina si riunificò sotto la dinastia dei Ming.
Quest’epoca
segnò un forte sviluppo culturale ed economico. Nel 500 l’impero s’impegnò
contro le incursioni dei Mongoli e l’aggressione giapponese.
I
MANCIU’
Agli
inizi del 600 l’impero cinese subì un’offensiva dei Manciù una popolazione che
viveva ai confini della Cina.
I
mancesi riuscirono ad abbattere la precedente dinastia a proclamare imperatore
Schun-chih. Questa nuova dinastia rafforzò la Cina in particolare nell’accordo
con i russi per fissare i confini al fiume Amur e nel mantenere l’autorità sul
regno di Corea e sul Tibet.
LA
SOCIETA’ CINESE
I manciù
furono coinvolti in un processo di cinesizzazione.
Importante
nella società cinese era la classe dei letterati funzionari al servizio
dell’Impero: i mandarini che erano
reclutati tramite un sistema di esami.
Mancava
in Cina un’aristocrazia ereditaria di tipo militare.
Esistevano
latifondisti, contadini e sull’ultimo gradino della scala sociale i
nullatenenti senza fissa dimora.
La
popolazione era attaccata all’antica religione: il confucianesimo, il buddismo
e il taoismo.
Sul piano politico vi era una rispettosa subordinazione
alle gerarchie politiche.
L’andamento
della natalità. Il progresso economico accrebbe le
occasioni di lavoro e abbassò l’età media dei matrimoni. Questo aumentò la
natalità ed annullò le pratiche per le limitazioni delle nascite. Cambiarono
gli atteggiamenti di fronte alla morte e caddero alcune credenze come quelle
nel diavolo e nell’inferno.
L’ECONOMIA
EUROPEA NEL SETTECENTO.
Il XVIII
secolo fu , in Europa, un periodo di progresso economico. Si registrarono
crescita demografica, intensificarsi degli scambi, innovazioni tecniche e
investimenti. Gli esiti però furono differenti: in alcuni casi la congiuntura
favorevole produsse trasformazioni durevoli, in altri i mutamenti si limitarono
alla messa a coltura di nuove terre o ad un inasprimento dello sfruttamento dei
contadini.
La rivoluzione agraria. I cambiamenti furono i seguenti.
1.
Miglioramento
delle rese agricole;
2.
Introduzione
di nuove culture,
3.
Miglioramento
delle attrezzature agricole;
4.
Recinzione
delle terre;
5.
Azione
di bonifica di terre paludose;
6.
Integrazione
dell’agricoltura con il mercato;
7.
Collegamento
maggiore tra agricoltura e manifatture.
Le conseguenze della “rivoluzione agraria”.
I progressi
agricoli ebbero queste conseguenze:
1.
Assicurarono
adeguati rifornimenti alimentari alla
popolazione;
2.
La
forza-lavoro passò dalle campagne alle città;
3.
Consentirono
alle aziende di procurarsi più materie prime,
4.
Permisero
alle manifatture di allargare i l commercio dei prodotti nelle campagne;
5.
Quantità
crescenti di reddito collettivo vennero destinate all’acquisto di manufatti.
L’espansione del commercio. Il salto di qualità del settecento
è confermato dalla grande espansione del commercio e dal peso sempre maggiore
delle attività finanziarie. Nelle città si svilupparono le botteghe che offrivano le loro merci. Inoltre era
molto fitta la rete di scambi con l’America. Una merce molto redditizia erano
gli schiavi: nacque così il “commercio triangolare”.
Lo sviluppo delle attività finanziarie. La crescita delle attività
assicurative e bancarie è congiunta all’incremento dell’economia di mercato. Le
attività economiche trassero vantaggio della nascita delle banche di emissione
e dalla circolazione delle banconote. Nel 1694 fu creata a Londra la Banca
d’Inghilterra.
L’esperimento finanziario di Law. Nel 1716, in Francia, il banchiere
Law elaborò un progetto per risanare il debito pubblico e introdurre la
circolazione cartacea. Nel 1718 la banca divenne pubblica, con il nome di Banca
Reale, e accrebbe l’emissione dei biglietti. Ben presto, però, questo aumento
indusse i possessori a chiederne la conversione in moneta metallica. Il
risultato finale fu che si produsse una sfiducia verso la moneta di carta e le
banche. Solo nel 1776 nacque una nuova banca autorizzata ad emettere moneta
cartacea. Nel frattempo il sistema monetario si era affermato in Danimarca,
Russia e Austria.
LA
SOCIETA’ SETTECENTESCA TRA VECCHIO E NUOVO.
Quali elementi di novità e quali elementi
di continuità è possibile riscontrare nelle società europee del Settecento?
I
progressi del Settecento furono frenati dagli ordinamenti dell’ancien regime.
Il ceto aristocratico. L’aristocrazia conservò la sua
egemonia sulla società. Essa godeva di numerose prerogative, che erano
considerati dai nobili come il segno del
loro ceto. Alla salvaguardia di questa supremazia sociale erano
finalizzati anche gli istituti del maggiorascato e del fidecommesso, grazie ai
quali il patrimonio familiare si trasmetteva indiviso di padre in figlio.
Le diversità regionali. Tra le aristocrazie dei diversi
paesi c’erano molte differenze: diversa era la percentuale dei nobili, diverse
erano le caratteristiche nazionali, diverse erano ancora le funzioni.
La difesa delle prerogative nobiliari. Le aristocrazie svolsero un ruolo
conservatore sul piano economico e sociale. Nelle campagne le trasformazioni
collegate alla crescente commercializzazione dell’agricoltura portavano alla
messa fuori legge delle attività che i contadini avevano esercitato da tempo
sui terreni soggetti a usi civili. Inoltre ci fu un’altra questione , quella
del libero commercio dei grani. Alcuni auspicavano la piena libertà del
commercio del grano, ma i regolamenti sostenevano il contrario e quindi
all’aumento dell’offerta seguiva la caduta dei prezzi.