LA
"GIORNATA DEI DEFUNTI"
Le
popolazioni italo-albanesi commemorano Sabato 17 febbraio la
giornata dei defunti , appuntamento molto sentito nelle
comunitą ancora legate al rito orientale, ad eccezione di quelle
in cui esso č stato assorbito dal
latino.
La
ricorrenza rientra nel ciclo delle feste mobili proprie dellanno
liturgico bizantino, ossia oscilla in dipendenza delle festivitą
pasquali, e pił esattamente si tiene il sabato prima della domenica di
Carnevale e quindici giorni prima della Quaresima.
Quella
di sabato, giornata molto malinconica, č lultima
di una settimana dedicata alla memoria di chi ci ha lasciati ,
iniziata la domenica precedente e
chiamata del Figliol Prodigo.
Durante
tutta la settimana non cč stata
abitazione, colpita da un lutto recente o
passato, allinterno della quale un cero o un lume alimentato ad
olio non sia stato tenuto acceso. Questo, in quanto ancora sopravvive la
suggestiva credenza secondo la quale le anime dei morti, in quella che
č la loro settimana di commemorazione, lasciate le dimore eterne ,
tornano nei luoghi che frequentavano
in vita.
Nelle
prime ore della mattinata di sabato 17, secondo la tradizione,
i papąs assieme ai fedeli si
recano in processione nei cimiteri, intonando canti funebri in
lingua albanese...
A
S. Demetrio Corone, nel viale che porta in camposanto, č consuetudine che
grandi e piccoli depongano un sasso sul margine di una stele funebre
innalzata alla memoria dei caduti in guerra...
Il
rituale, probabilmente, ha preso avvio dalla convinzione di poter in
questo modo esorcizzare la paura di
una morte violenta e prematura (come
quella dei morti in guerra), lasciando una parte di se stessi come
pegno pagato in cambio della salvezza.
Arrivati
in cimitero, che dalle prime ore della mattina si anima di visitatori,
nella cappella principale viene celebrata la liturgia in suffragio dei
defunti,. quindi il sacerdote procede
alla benedizione delle tombe.
Unaltra
peculiaritą si riscontra nellusanza, ancora praticata anche se in tono
minore rispetto al passato in diversi centri, di spiegare una tovaglia
sulle tombe dei propri estinti e consumare allaperto un boccone di pane
e salame, con del buon vino locale, "assieme ai defunti".
Lasciato
il cimitero, il corteo fa ritorno in
paese, dove il papąs viene invitato dalle famiglie che hanno subito un
lutto a benedire le "panagjie"
(Tutta Santa) o "collivi", il grano bollito, contenuto in
un piatto, simbolo della resurrezione dei corpi (il chicco di grano che
marcisce sotto terra , torna
in primavera a nuova vita), posto su di
un tavolo coperto da una bianca tovaglia in cui vengono sistemate
anche una bottiglia di vino, due pani (simboli sacramentali), due cucchiai
, un coltello e una candela accesa (simbolo dellimmortalitą
dellanima). Sotto il piatto del grano bollito trova posto anche una
offerta in denaro per il sacerdote. Dopo la benedizione, il papąs spegne
la candela immergendola sul grano, quindi offre un pezzetto di pane con
del grano bollito ai parenti
dello scomparso, che prima di ingoiarlo esclamano in albanese ascolta o
Signore. Laltro pane, invece, spetta
al sacrestano.
Di
sera, lultimo "atto" per ricordare i cari
estinti. Sul solco di millenarie tradizioni
pagane, secondo le quali il giorno in cui venivano ricordati, i morti
"partecipavano" ai banchetti preparati dai vivi,
in tutti i centri arbereshė, gli uomini si ritrovano
a gruppi per consumare una cena a base principalmente di salame,
formaggi e vino locale, lasciando una sedia libera in quanto "riservata"
al defunto.
Adriano
Mazziotti