I tabernacoli dei frati minori cappuccini delle Marche

 
Nelle Marche, fra il XVII e il XVIII secolo, la tradizione degli ebanisti locali viene arricchita dall'esperienza di un gruppo di padri Cappuccini che, nel realizzare i tabernacoli delle loro chiese, interpretano con caratteristiche precise e originali il linguaggio barocco.

La ricerca

 
Nel corso del 1993 ho analizzato sedici tabernacoli presenti nell'area centro settentrionale della Provincia Picena dei Frati Minori Cappuccini (che racchiude il territorio della regione Marche, la Repubblica di San Marino e parte della provincia di Rimini).
Le difficoltà nel recuperare materiale riguardante queste opere d'arte è stata notevole, in quanto si hanno pochissime indicazioni o documenti che attestano le esperienze dei frati ebanisti, e solo il luogo di origine è di aiuto per intuire la loro formazione; ma soprattutto sono frammentarie e incomplete le informazioni su attribuzioni e datazioni relative ai tabernacoli.

I protagonisti

 
Padre Andrea Rosini, commissionando nel 1632 il tabernacolo di Offida a Desiderio Bonfini, impone l'utilizzo di materiali poveri e l'eliminazione delle indorature, determinando così due caratteristiche fondamentali dei tabernacoli cappuccini.
Nel corso del XVII secolo, i marchigiani Fra Giuseppe da Patrignone e Fra Liberato da Macerata entrano in contatto con ebanisti "stranieri": Fra Romano Dersa di Corsica e Fra Giovanni Fiammingo, che portano sicuramente delle varianti al locale modo di esprimersi.
Nel XVIII secolo Fra Francesco da Lugano (tabernacolo di Recanati del 1753) dà un carattere nuovo ai tabernacoli, pur mantenendo la qualità (cappuccina) della povertà dei materiali.

Caratteri stilistici

 
La povertà dei Cappuccini ha determinato delle scelte quasi obbligate per quanto riguarda i materiali usati per la realizzazione dei tabernacoli e quindi per il loro cromatismo; eliminate le indorature e l'uso di stoffe preziose, i Cappuccini hanno usato il legno di noce (per la struttura principale, il fusto delle colonne e alcune cornici), bosso (per le tarsie, i capitelli, le colonne a tortiglione, le vlute, le cornici, i balaustri), olivo (nelle specchiature delle tarsie), ebano (o altro legno tinto di nero, nelle tarsie) e in alcuni casi acero riccio (per le conchiglie, i balaustri e i festoni della cupola), ciliegio (per le cornici) e faggio (per le costole della cupola), mentre per gli intarsi hanno impiegato anche osso, avorio, madreperla e (raramente) pietre policrome.
Dal punto di vista delle originali soluzioni formali e compositive sono due gli aspetti che individuano i riferimenti culturali degli ebanisti cappuccini:
primo, erano probabilmente al corrente delle esperienze artistiche italiane per mezzo di incisioni e pubblicazioni riguardanti le "macchine" costruite in occasione di feste o dei funerali di personaggi importanti, e non sono da escludere contatti diretti con pittori di area bolognese e romana, che hanno realizzato numerose pale d'altare per le chiese cappuccine;
secondo, sono documentati contatti con frati ebanisti provenienti da differenti esperienze e zone europee, che hanno portato alla esecuzione di alcune parti dei tabernacoli con tecniche e forme inedite per l'area marchigiana (a tale riguardo è emblematica l'opera di Fra Giovanni Fiammingo a Fossombrone).

I risultati della ricerca

 
Dalla analisi del materiale raccolto (distribuzione sul territorio, sequenza temporale delle opere datate e analogie formali) e dalle indicazioni fornite da Padre Giuseppe Santarelli, si sono determinati tre gruppi chiamati "Offida", "Recanati" e "Intermedia"(con caratteristiche comuni agli altri due tipi)
Offida:
Offida 1632 Desiderio Bonfini da Patrignone
Mondavio 1690 fra Liberato da Macerata
Civitanova Alta - fra Liberato da Macerata
Cagli - fra Liberato da Macerata
Sant'Angelo in Vado - fra Liberato da Macerata
Fossombrone - fra Giovanni Fiammingo
Recanati:
Recanati 1753 fra Francesco da Lugano
Macerata
San Severino Marche
Pesaro
Le differenze rispetto ai tabernacoli del tipo "Offida":
* Le dimensioni ridotte
* la figura geometrica generatrice della pianta passa dall'ottagono all'esagono;
* lo sviluppo planimetrico dell'ordine passa da ortogonale a radiale;
* due ordini sovrapposti di colonne tortili (in "Offida" sotto la prima trabeazione troviamo un ordine maggiore con colonna a fusto liscio e un ordine minore con fusto a tortiglione)
* utilizzo diffuso di tarsie a motivi geometrici nella parte bassa e la 'rosa dei venti' negli specchi della parte superiore
* evidenti analogie formali e compositive con il Catafalco per Filippo IV di Antonio Picchianti (1665)
Intermedio:
Corinaldo 1669 fra Giuseppe da Patrignone
San Marino 1672
Loreto 1680 fra Romano Dersa di Corsica
Pietrarubbia
Montefiore Conca
Ostra - Fra Romano Dersa di Corsica
Pergola
La caratteristica di questo gruppo consiste nell'uso delle colonne tortili binate (San Marino, Corinaldo, Pietrarubbia); l'originalità nello sviluppo del fusto delle colonne (Pietrarubbia); la riduzione delle dimensioni e proporzioni delle volute e un utilizzo di un unico ordine di colonne sotto la balaustra (Loreto e Ostra).

 

Il tabernacolo di Mondavio

 
Questa opera è stata oggetto di una attenzione particolare nell'ambito della ricerca, infatti, oltre alla documentazione fotografica a corredo delle schede, un accurato rilievo ha consentito la rappresentazione grafica e l'analisi dettagliata dei materiali impiegati.
L'autore del tabernacolo è Fra Liberato da Macerata, che lo ha costruito intorno al 1690 per la chiesa dedicata allo Spirito Santo, annessa al Convento dei Cappuccini di Mondavio. Lo stesso Fra Liberato è quasi sicuramente l'autore dei tabernacoli che possiamo ammirare a Cagli, Sant'Angelo in Vado e Civitanova Alta.
Per Mondavio il tabernacolo dei Cappuccini è l'ultima testimonianza importante dell'arredo sacro della ex chiesa dello Spirito Santo, e simbolo incontaminato del rapporto fra l'Ordine dei Frati Minori Cappuccini e la Comunità di Mondavio fra il 1577 (anno di fondazione del convento) e il 1893 (anno in cui è stato abbandonato dai frati).