Le vicende del villaggio preistorico di Nola

  Gruppo Archeologico Napoletano associazione ONLUS

  
UNO SCAVO DI 4000 ANNI FA MAI ACQUISITO AL PATRIMONIO PUBBLICO!
Primi sviluppi della vicenda (02/03/04)

Sembra avviarsi ad una risoluzione la vicenda del mancato esproprio del terreno nel quale è stato rinvenuto il villaggio dell'età del bronzo di Nola (Na), risalente a quasi 4000 anni fa. ll Tar Campania aveva concesso un mese di tempo al Ministero dei Beni Culturali ed alla competente Soprintendenza per ultimare l’acquisizione del terreno, altrimenti lo stesso sarebbe tornato in mano ai legittimi proprietari. Lo scorso venerdì si è svolto un incontro sulla questione tra l'assessore regionale ai Beni Culturali Marco Di Lello, il sovrintendente regionale ai Beni Culturali Stefano De Caro e il segretario campano dei Ds Gianfranco Nappi. La Regione ha confermato l'impegno a reperire le risorse necessarie all'acquisizione del villaggio di Nola e dell'altra area archeologica di San Paolo Belsito, anch'essa mai espropriata. Le due aree infatti rientrano in un unico progetto che mira alla creazione di un parco archeologico destinato a diventare una delle maggiori attrazioni turistiche e culturali del territorio. L'assessore Di Lello ha fatto sapere che nei prossimi giorni sarà perfezionato l'iter del finanziamento che ne consentirà la realizzazione.

Il ricorso al TAR (26/02/04)

Incredibile a dirsi, ma uno degli scavi archeologici che ha destato maggiore attenzione in tutto il mondo negli ultimi anni, rischia di rimanere in mano ai privati. E tutto questo perché non sono state completamente espletate le richieste per ottenere l'esproprio dell'area. Accade a Nola, dove poco più di tre anni fa venne alla luce parte di un villaggio dell'età del bronzo, seppellito circa 4000 anni fa da un'eruzione del Vesuvio, proprio come accadrà nel 79 d.C. a Pompei ed Ercolano. Sebbene vincolata, l'area non è mai stata del tutto acquisita dal Ministero competente e così i legittimi proprietari del terreno sono ricorsi al TAR della Campania. Ed effettivamente il Tar Campania ha verificato che il terreno non risulta al momento acquisito e pertanto ha concesso un mese di tempo al Ministero dei Beni Culturali ed alla competente Soprintendenza per ultimare l’acquisizione del terreno. In caso contrario si dovrà procedere alla restituzione del terreno alla Do.Vi srl, società proprietaria dell’area. Il Tar ha motivato la sentenza, ritenendo valido il ricorso nei confronti della Soprintendenza, colpevole di occupare il sito senza il disbrigo delle pratiche per l’acquisizione ed impedendo, di fatto, l’accesso ai legittimi proprietari da oltre un anno. La procedura ovviamente arresta ogni progetto di realizzazione di un parco archeologico. Ora bisogna fare in fretta. Già una locale associazione nolana, Meridies, ha inviato una protesta al Presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino. Ora preghiamo tutti i nostri lettori di attivarsi per invitare gli enti competenti a fare presto per il disbrigo delle pratiche.

Vi preghiamo di inviare un appello agli enti competenti e a chi altro pensate possa contribuire, utilizzando il testo riportato o qualsiasi altro testo ritenete giusto.

La invitiamo con viva forza a porre in atto tutto quanto in Suo potere per evitare che lo scavo archeologico del villaggio preistorico di Nola finisca in mano a privati. Infatti le procedure per l'acquisizione del terreno su cui sorge lo scavo non sono mai state completate ed il TAR Campania ha imposto che, se entro un mese tale acquisizione non sarà stata completata, il terreno tornerà ai legittimi proprietari (la società DO.VI. Srl). Ciò che l'eruzione del Vesuvio, pur nella sua drammaticità e furia devastatrice, aveva preservato per oltre 4000 anni, non può essere abbandonato ad un destino diverso da quello della realizzazione di un parco archeologico che illustri la vita quotidiana dei nostri progenitori. Le chiediamo pertanto di attivarsi affinché sia garantita l'acquisizione del sito in considerazione della sua altissima valenza archeologica, storica e scientifica.

La storia del ritrovamento di Nola
La scoperta del villaggio del bronzo a Nola è avvenuta mentre si stavano gettando le fondamenta per la costruzione di un supermercato. Affiorarono i resti di diverse capanne e moltissimi reperti ceramici. Il villaggio di Via Polveriera venne sigillato da un'eruzione del Vesuvio avvenuta nel corso dell'età del Bronzo Antico, fra il XIX ed il XVII secolo a.C. Gli scavi hanno messo in luce ben tre grosse capanne orientate in direzione NO-SE, al margine di un'area nella quale erano presenti una vasta aia, alcuni forni, una gabbia in argilla e legno nella quale sono stati rinvenuti gli scheletri di 9 capre, tutte gravide. Vi era poi una sorta di stalla dove trovavano posto altri animali, come testimoniato dalle impronte degli zoccoli nel terreno.
Le capanne avevano una forma a ferro di cavallo con apertura al centro di uno dei lati lunghi e struttura fatta di paletti di legno. L'interno era a due navate. La capanna più lunga misura ben 15,60 x 4,60 m con un'altezza di 4,40 m. Le altre due capanne sono leggermente più piccole.
Nelle capanne sono stati ritrovati più di 200 vasi alcuni dei quali contenevano cibo. Anche nei pressi del forno della capanna 4 sono stati ritrovati piatti, tazze, e vasi, di cui uno ancora sulla soglia.
L'eccezionalità della scoperta sta anche nel fatto che, dopo la caduta di pomici dovuta all'eruzione, l'area venne seppellita da uno strato di fanghiglia cineritica che consolidò le strutture delle capanne, conservandole in maniera eccezionale fino ad oggi. In questo modo è stato possibile scavare per la prima volta delle capanne quasi integre verificando anche l'organizzazione degli spazi sociali del villaggio. Un risultato insomma molto simile a quello di Ercolano e Pompei, sebbene diversa sia stata la modalità di seppellimento. Un caso unico, insomma, che fa del villaggio di Nola una struttura senza eguali.
Gli scavi potrebbero fornire ancora interessanti dati. Al di sotto delle capanne, un saggio effettuato ha mostrato la presenza del pavimento di una struttura preesistente, rasa al suolo per costruire le nuove capanne. E poco lontano da questo scavo, in località Masseria Rossa, è stato individuato un altro abitato successivo a questo, probabilmente il risultato del ritorno degli indigeni in queste zone dopo l'eruzione.

 

 

   

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