IL GLADIATORE
(Gladiator)

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REGIA:    
Ridley SCOTT

PRODUZIONE: U.S.A.   -   2000   -   Storico

DURATA:  155'

INTERPRETI:
Russell Crowe, Joaquin Phoenix,
Connie Nielsen, Oliver Reed, Richard Harris,
Derek Jacobi, Djimon Hounsou

SCENEGGIATURA:
David Franzoni - John Logan - William Nicholson

FOTOGRAFIA: John Mathieson

SCENOGRAFIA: Arthur Max

MONTAGGIO: Pietro Scalia

COSTUMI:  Janty Yates

MUSICHE: Hanz Zimmer - Lisa Gerrard

Trama

L'imperatore Marco Aurelio, sentendosi vicino alla morte, decide di passare il potere nelle mani del generale Maximo. Geloso per la scelta del padre, Commodus, strangola il genitore, fa strage della famiglia di Maximo e l'imprigiona. Venduto come schiavo ed addestrato come gladiatore, Maximo tornerà a Roma per riconquistare la sua libertà……

Recensioni

 

 

 

Forza e onore

Riprendendo un genere che sembrava scomparso, il Peplum, ecco giungere nelle sale "The Gladiator", ultima fatica di un gran regista qual è Ridley Scott. Con un gran dispendio di mezzi, dalle scenografie agli effetti speciali, dai costumi alle numerose comparse, il regista del mai dimenticato "Blade Runner", gira un film sulla gloria, sull'onore e sul coraggio, ma soprattutto, a mio avviso, sul libero arbitrio. Il personaggio di Maximo, è la summa della volontà umana; volontà che può portare a governare un esercito, o a rifiutare un imperatore che non si ritiene degno. Tutte le azioni compiute dal protagonista del film, ricadono su di lui, nel bene e nel male, e questo rende la vita una sfida da cogliere, una battaglia, quasi una grandissima metafora di quello che succede nell'arena. Partendo da questo presupposto, non ci deve stupire, della vita e delle situazioni in cui il "nostro gladiatore"rimarrà coinvolto; decidere di vivere sempre e comunque mettendo l'onore davanti a tutto, è un'utopia, ma come cerca di dimostrare quest'opera è forse l'unico modo di vivere in maniera autentica e vera. Ci troviamo di fronte ad un'opera onesta, coerente, che cattura l'attenzione dello spettatore dall'inizio alla fine, sia nelle scene di lotta, che nei dialoghi.Ma la forza del film è anche nel cast, da Joaquin Phoenix, un credibilissimo Commodus, per passare a Conie Nielsen, brava nel ruolo di Lucilla, sorella dell'imperatore, per giungere inevitabilmente a Russel Crowe, nel ruolo di Maximo. E'straordinaria l'interpretazione che quest'australiano riesce a dare in questo film: a parte la fisicità che dona al personaggio (il fisico o ce l'hai o ce l'hai), l'espressione del volto sembrano, in ogni inquadratura, esprimere il dolore di quest'uomo, un tempo fiero generale ed ora "povero" gladiatore. Dopo la splendida prova d'Insider, Crowe si dimostra tra gli attori più dotati dell'intero panorama cinematografico, anche perché non rientrando nella categoria dei bellissimi, che si sa, stanno lì più per il bel faccino che per doti eccelse di recitazione, si è riuscito ad imporre anche al grande pubblico.Il gladiatore è un film che può benissimo risultare noioso, a chi cerca trame complesse, o personaggi iper-approfonditi, ma lasciatevi dire che se vedrete questo film senza pregiudizi rimarrete incollati alla poltrona, e nel finale potrebbe anche scapparvi una lacrimuccia. Qui il più delle volte parlano le spade più che gli uomini, e il senso della romanità e della virilità maschile è al top: siete avvertiti, è un'opera onesta, che si presenta, ed è, il film che uno s'aspetta. A voi la scelta se vederlo o no. Forza e onore.

Matteo Catoni


Sangue e Arena

Salvate il soldato Massimo

Vi ricordate il fischiare dei proiettili in Normandia? Veniste scioccati dal rumore che faceva una vera pallottola in un vero corpo, nei piu' crudi 20 minuti di film di guerra visti fino ad ora? Bene, non avete visto niente ad Omaha Beach: immaginate l'effetto di una mazza ferrata sulla faccia di un soldato romano, o quello di una lama (ma che usavano per affilarle?) che taglia la testa di un barbaro, gli schizzi di sangue e trippe. Accelerazioni, ralenty, montaggio adrenalinico...che dite? I soliti effettacci per descrivere la violenza della guerra? Beh, io la battaglia me la son sognata la notte.

Duel

La rappresentazione delle battaglie cartaginesi finisce con il ribaltamento della verita' storica e la confusione tra vinti e vincitori: e' l'inizio della fine, per Commodo. Oltre che spettacolare scena di azione (nonche' ottima via per confrontarsi con la paradigmatica corsa di Ben Hur), sembra riflettere sui rapporti tra finzione e reale (la storia vera, ma anche la vera identita' di Massimo e il suo rapporto con l'imperatore). La rappresentazione e' destabilizzante, ma allo stesso tempo il chiasmo tra finto e reale, il fascino del bigger than life genera il mito, l'idolatria, l'eroe, la star. Scott gira questa scena (benissimo) sottolineando con il crescendo del tifo della folla il parallelo e progressivo scollarsi dello spettacolo dalla realta', il suo sfuggire di mano ai codici del rito e al suo "dovere", gioca a confondere il pubblico in sala con quello del colosseo (e' impossibile non trovarsi a tifare con loro per Maximus e la sua testuggine di gladiatori), esalta le possibilita' della macchina finzione e di conseguenza,chissa' quanto volontariamente, della "macchina cinema".

Morituri te Salutant

Se pure a volte prolisso, francamente noioso in alcuni punti, scontato in parecchi altri, Il Gladiatore e' grande nelle scene di violenza, battaglia e duello, acuto nel tratteggiare intrighi e rapporti tra poteri e popolo, riuscito nelle sue tensioni evocative (grazie anche ad una fotografia che osa): la morte sempre presente, i campi elisi, quella mano che sfiora il grano andando incontro a coloro che ritrovera'. 
Con un cast totalmente indovinato: Phoenix gonfio e decadente, con lo sguardo debole e lascivo, una Nielsen che nessuno potrebbe avere come sorella senza provare tentazioni incestuose, Crowe con quel fisicaccio (ma quanto avra' impiegato a trasformare in muscoli la ciccia di "the insider"?). Ma tutti sovrasta la presenza di Reed, vecchio duellante liberato, e della sua tragica battuta a meta' film. Quel "Tutti dobbiamo morire, prima o poi", che suona ancor di piu' scanzonato e gradasso, epitaffio perfetto per un perfetto interprete, in un film che gioca con la morte. Saluti, sipario.

Angelo Taglietti


Bigger than Life

"Cosa vuole ora il popolo?", chiede Commodo a uno stremato Massimo, "dopo aver visto la storia di un generale che diventa schiavo, di uno schiavo che diventa gladiatore e di un gladiatore che sfida un impero?" "Cosa vuole ora il pubblico?" pare invece domandarsi Ridley Scott per rendere appetibile un genere ormai desueto come il peplum. E la risposta si puo' riassumere in una sola parola: spettacolo! Ecco quindi una Roma enorme e sfavillante di notevole impatto visivo, una battaglia iniziale che non lesina, grazie anche alla computer grafica, sulle comparse e il sempre efficace scontro tra due personalita' forti e diverse. Da un parte Massimo, il gladiatore che vuole vendetta, con un carattere cosi' solido da risultare scolpito nella pietra, e dall'altra Commodo, l'ambizioso figlio di Marco Aurelio, che vuole potere e gloria a qualunque costo, ma soprattutto vendetta per l'amore che il padre non e' riuscito a dargli. Tra i due, indipendentemente dalla narrazione cinematografica, vince Commodo, ben interpretato da Joaquin Phoenix e maggiormente sfumato a livello psicologico, forse l'unico personaggio del film che conserva un bagliore di imprevedibilita' negli occhi. Massimo invece, con un Russell Crowe che ha il perfetto "phisique du role", risulta molto piu' prevedibile e anche un po' noioso nella sua granitica solidita' di protagonista "buono".
Una volta ammaliati dai prodigi tecnici e divertiti dal ritmo concitato dei sanguinosi combattimenti, non ci sono pero' grandi novita' negli intrighi di corte o nei punti di vista dei personaggi, anche in quelli di contorno. Ma questi sono dettagli in un film dove cio' che conta e' "la grandeur", e l'imponenza della rappresentazione degli eventi prevarica la psicologia sottesa all'azione. E' quindi questo che il popolo-spettatore chiede dagli spalti dei cinema? Visti gli esiti al botteghino, pare proprio di si'!

Luca Baroncini

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