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L'argomento che e' stato on-line fina al 13 Marzo 2001:


"Passato, presente .... futuro ??? "

Italia dal satellite
L'italia vista da un satellite meteorologico

Alla luce dei recenti disastri ecologici che si sono abbattuti sul nostro territorio, ci sembrano piuttosto interessanti questi due brani, di epoche diverse, che sembrano tendere nella stessa direzione, se poi oltre ai vari dissesti ecologici, (frane alluvioni, smottamenti) pensiamo ai problemi sociali legati alle etnie diverse esplosi con il fenomeno delle immigrazioni e "regionalismi" vari e riflettiamo sulle aree di degrado urbanistico ed edilizio dove queste agitazioni si manifestano sembrerebbe che il cerchio si chiuda…..

Ippocrate e Vitruvio, precursori dell’igiene urbana.

Uno dei più famosi trattati ippocratici è quello Delle arie, delle acque e dei luoghi, che formulava i concetti basilari dell’igiene pubblica in rapporto alla scelta delle località in cui costruire e alla pianificazione urbanistica. Se la passione greca per l’oggetto concreto indusse questi intelligenti medici a trascurare le forze e gli organismi al di là delle percezioni visive, tanto che non sembra abbiano mai sospettato la trasmissibilità di certe malattie attraverso agenti invisibili, essi risolsero in compenso tutti quei problemi che potevano essere individuati e affrontati più facilmente: la necessità di orientare strade ed edifici in modo da evitare il sole estivo e approfittare dei venti rinfrescanti, quella di scartare i terreni paludosi e le condizioni ambientali malsane, quella infine di disporre di fonti d’acqua pura, doppiamente necessarie agli ammalati ai quali il vino veniva solitamente vietato.

le tesi ippocratiche divennero norma urbana solo con la fondazione delle nuove città ellenistiche, prima in Grecia e poi nelle località colonizzate dai romani. Ma il fatto che questi stessi principi venissero ripetuti dall’architetto e urbanista romano Vitruvio, nel I secolo d.C., dimostrava che essi erano ancora vivi e operanti, esattamente come una parte non piccola della medicina ippocratica era ancora viva in Galeno.

Lewis Mumford, La città nella storia, 1963.

Peter Berg e il bioregionalismo.

Negli Stati Uniti esistono 250 comunità che si ispirano al "bioregionalismo", una concezione del mondo e uno stile di vita fondati e promossi dall’ecologista Peter Berg. Ma quali sono i principi del bioregionalismo? Costruire insediamenti umani a partire dalle caratteristiche del territorio e adattarli ad esso, rinunciando al libero arbitrio di far danni, per piegarsi ai cicli biologici, alla natura del luogo e alle sue leggi inviolabili.

In un recente incontro con gli ecologisti toscani, Peter Berg ha spiegato che il bioregionalimo non è una teoria ma un modo di vivere, di esserci: "... la bioregione si riferisce sia al territorio geografico che al territorio della coscienza.

Si tratta di imparare a vivere in un luogo, di diventare indigeni, di recuperare l’arte antica del sentirsi membri di una comunità biologica smettendo di esserne gli sfruttatori. Non è così facile nè immediato. Se è ovvio distinguere il deserto dalla pianura fertile, meno facile è distinguere le dieci bioregioni in cui è suddivisa la California. Per farlo occorre prestare un po’ meno attenzione al prezzo delle case e un po’ più di attenzione al loro costo in termini biologici, al loro impatto sulla natura.

E questo è un cambiamento urgente, profondo, indispensabile. In California hanno vissuto fianco a fianco, per 15 mila anni, trecento repubbliche tribali mantenendo a livelli accettabili sia l’aggressività sia i danni alle altre specie; l’allontanamento da questa condizione ha portato in 150 anni la California sull’orlo della distruzione.

Per Berg preservare la bioregione in cui si vive, cioè l’area collegata da un ecosistema, dagli interscambi accumulati in tre miliardi di anni di evoluzione, è una priorità assoluta. Di più: è l’unico mezzo per difendere la biosfera.

nel millenario scontro tra uomo e ambiente l’uomo è vincitore solo apparente. Alla Lunga quello che conta è il luogo. E dunque la massima manifestazione d’intelligenza della specie è l’adattamento al luogo."

Intervista alla rivista ECO - La Nuova Ecologia, Gennaio 1995


I vostri interventi :
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11/12/2000 - Michele ci scrive questa bella lettera:
Negli ultimi tempi, per lavoro, sono costretto a girare la mia regione, la Toscana, in lungo ed in largo, da Massa , a Firenze, al Casentino, Arezzo, il Valdarno, la Valdichiana, Siena, Grosseto, la Maremma, fino agli ultimi "avamposti" a sud della regione, dove si respira già aria di Lazio. Purtroppo devo farlo per lavoro, ma non nascondo quanto mi emozioni poter vedere tutti questi paesaggi, avventurandomi, a volte, per strade assurde fra i monti e le campagne. Le città toscane sono belle, ci mancherebbe, piene di storia, d'arte, ma piene anche di macchine e di persone che hanno sempre fretta di arrivare chissà dove e, soprattutto, chissà prima di chi..... Gli scempi urbani fanno quasi spavento: il centro di Firenze è pressoché invivibile, regna l'anarchia del parcheggio in una città invasa dai motorini. Girare per i marciapiedi nelle strette (stupende!!) vie del centro storico diventa un'impresa, dato che non c'è lo spazio per mettere i piedi in terra, e sulla strada, anche all'interno della ztl, taxi e veicoli commerciali attentano di continuo alla tua incolumità. Forse il mio modo di vivere è un po' "antico" e atipico, però io amo girare a piedi o in bicicletta, fermarmi davanti alle vetrine dei negozi, scrutare all'interno dei portoni dei vecchi palazzi, che nascondono quasi gelosamente affreschi, dipinti e sculture di enorme valore. Fermarmi a guardare, ecco: dare tempo al mio corpo di assaporare e interiorizzare ciò che mi circonda. Purtroppo questa è una dimensione che si va perdendo, e dispiace vedere gli "indigeni" non rispettare la loro casa e al contempo schiere infinite di anglosassoni e turisti di ogni dove camminare con gli occhi costantemente rivolti verso l'alto. Ma capisco le esigenze di tutti, i ritmi serrati dei nostri giorni, la frenesia alla quale forse ci arrendiamo un po' troppo spesso. Per quanto sia bello girare nei capoluoghi, però, la vera storia della Toscana e dell'Italia medievale si respira, a mio parere e senza togliere niente a nessuno, nelle campagne fra Siena, Arezzo e Grosseto. Qualsiasi stradina si percorra, si passa in mezzo a queste colline coperte di viti e ulivi, dove le uniche abitazioni sono le fattorie e le cantine, dove non si vede anima per chilometri, e quando si raggiungono i piccoli borghi si respira un'aria atipica. Capita di vedere un colle, da lontano, con un paese sopra, spesso di poche case, circondate dalle mura di cinta: mi capita di lasciar partire la fantasia e immaginare le strade senza asfalto, vedermi nei panni di un pellegrino che viaggia da giorni, a cavallo, per cercare un posto dove scaldarsi, mangiare e dormire. E mi dico che le case dovevano essere le stesse, penso a tutti coloro che ci sono passati, a tutte le storie che le mura potrebbero raccontare, avessero coscienza e parola. Lo stesso dialetto si "flette" verso la parlata umbra, meno verso quella laziale, tenuta lontana dai monti che fanno da confine naturale a sud della regione. E la gente è diversa, appartiene profondamente al proprio luogo di nascita, conserva abitudini antiche, cucina in maniera sublime, tutti hanno un piccolo orto, tutti fanno il vino e l'olio. Sacche di bioregionalismo, credo, per fortuna dure a morire. Potrei scrivere un libro sulle sensazioni che tutti i paesini semisconosciuti mi hanno dato, ma credo che sia giusto che il mio intervento si concluda qui. E allora aggiungo solo che non mi sentirei mai di rinunciare alla tecnologia che il mondo oggi ci offre, ma mi sforzo, e vorrei che questo sforzo non fosse solo mio, di non dimenticare la mia storia, la nostra storia, di non perdere tradizioni e abitudini della mia città, amo la regione di mia madre, l'Umbria, ma mi sento profondamente toscano nel carattere e nel modo di vivere. Ciascuno di noi dovrebbe essere geloso e orgoglioso delle proprie origini, e vivere il territorio contribuendo a renderlo particolare, originale, in qualche maniera suo. Senza violarlo.
Viva l'Europa!.
Michele.

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