(situazione ambientale)  (situazione territoriale)  (situazione socioeconomica)  (cartografia e GIS

 

Intervista ad interlocutori privilegiati

 

Per accertare gli effetti che, prevedibilmente, deriveranno dall'istituzione di un'Area Marina Protetta sia sull'ambiente naturale marino e costiero, sia sull'assetto economico  e sociale del territorio e delle popolazioni interessate, nonché i riflessi dell'assoggettamento a protezione nei rapporti con la navigazione marittima e le attività di sfruttamento economico del mare e del demanio marittimo, si possono effettuare una serie di interviste ad interlocutori debitamente selezionati, scelti in base a categorie di tipo economico.

A tal proposito si riporta, a titolo esemplificativo, il questionario utilizzato nell'area delle Cinque Terre da parte dell'ENEA, incaricata dal Ministero della Marina Mercantile di svolgere le analisi preliminari e di fattibilità per la futura Area Protetta Marina (ENEA, ICRAM, Indagine sulla situazione ambientale di due aree protette marine: Golfo di Orosei e Cinque Terre, 1989). Considerata la particolare struttura economica dell'area, caratterizzata dalla stagnazione del mercato del lavoro e da forti squilibri della struttura produttiva, nonché da un forte decremento demografico, le categorie individuate sono risultate particolarmente limitate. La più determinante dal punto di vista economico è, senz'altro, quella degli operatori turistici, rappresentati essenzialmente dagli albergatori e dai ristoratori; meno significative, ma altrettanto coinvolte in possibili scelte sul futuro parco, sono le categorie degli agricoltori e dei pescatori. Si è ritenuto opportuno intervistare anche i sindaci dei Comuni interessati, in qualità sia di amministratori, che di primi cittadini, per avere un'indicazione circa le ripercussioni che, in generale, potrebbero verificarsi nell'Amministrazione e sulla popolazione in seguito all'istituzione dell'area protetta. Infine sono stati intervistati un subacqueo ed un escursionista particolarmente interessati ai problemi di pianificazione della loro terra, in qualità di promotori di attività ricreative già in atto nella zona.

Nelle aree interessate dall'individuazione dei siti di reperimento ai sensi della legge 979/82 poco è stato fatto per chiarire quali siano i principi che hanno ispirato una normativa in difesa del mare, per illustrare il significato dell'istituzione di un'Area Protetta Marina ed il suo possibile impatto sull'assetto economico e sociale. Si è, perciò, supposto che, mediamente, vi fosse un basso livello di informazione sui problemi di pianificazione ambientale.

Per una corretta valutazione delle risposte del questionario, suddiviso in quattro sezioni, si è reso necessario stabilire quale fosse il livello di conoscenza di ogni intervistato riguardo al concetto generale di "Area Protetta", nonché ai vincoli già esistenti sull'area. Questa operazione, corrispondente alla prima sezione, viene compiuta anche perché l'indagine in oggetto non è, solitamente, rivolta ad un vasto campione di intervistati, ma ad alcuni interlocutori privilegiati, rappresentativi di una certa categoria, per cui non è significativo trarre conclusioni sul valore medio delle risposte al questionario. A conclusione di questa prima sezione vengono formulate domande sui possibili effetti dell'istituzione di un'area protetta.

La seconda sezione informa l'intervistato sulle principali ipotesi di progettazione e gestione dell'area da tutelare, così da poter discutere, in termini concreti, sulla sua accettabilità, sia in termini generali, che in riferimento alle attività derivanti dalla sua realizzazione (centro informazioni visitatori, strutture ricettive, sentieri guidati e percorsi subacquei, programmi educativi, sorveglianza, ecc.).

Nella terza sezione sono riformulate, anche se espresse in maniera diversa, alcune domande relative agli effetti dell'eventuale istituzione dell'area protetta, in modo da valutare se le risposte, alla luce di un certo numero di informazioni fornite nelle sezioni precedenti, si mantengono entro un limite di coerenza e se vengono confermate le linee di tendenza espresse nella prima sezione.

Nella quarta ed ultima sezione, infine, sono poste domande indirizzate alle singole categorie, poiché dalle esigenze specifiche dei diversi soggetti si vogliono ottenere indicazioni utili al fine della costruzione di una scala di valori entro la quale collocare le diverse attività ipotizzabili all'interno dell'Area Protetta Marina.       Andando nello specifico, l'intervista agli amministratori mira ad ottenere un altro tipo di informazione rispetto a quelle raccolte dalle altre categorie intervistate. In generale, oltre a verificare l'evidenza della possibilità di sviluppo economico legato alla creazione del parco, si vorrebbe valutare il tipo di impatto che l'Amministratore prevede ne possa derivare sia per la popolazione in generale, che per l'Amministrazione in particolare. Soprattutto si vuole chiarire quale tipo di relazione si potrebbe ipotizzare tra Amministrazione locale ed Ente Parco e, in questa prospettiva, quali professioni potrebbero delinearsi.

 

Risultati

Si ritiene interessante mostrare e commentare i risultati di un'attività di interviste del tipo di quella appena presentata nella realtà delle Cinque Terre, svolta precedentemente all'istituzione dell'omonima Area Marina Protetta e coinvolgendo anche il già allora esistente Parco Regionale Bracco-Mesco-Cinque Terre-Monte Marcello (tabella risultati).

Nella generale disinformazione, o meglio cattiva informazione, sull'esistenza dei vincoli gravanti sull'area considerata, si delinea con estrema chiarezza la confusione esistente tra un vincolo ed un altro e, soprattutto, sulla legge 979/82 e sulla riserva marina, che la maggioranza degli intervistati ritiene già istituita con una serie di vincoli ben definiti, riferiti in particolare all'attività di pesca. Responsabile principale di tale confusione pare essere stata un'assemblea popolare tenuta a Monterosso poco dopo l'emanazione della legge, nella quale, probabilmente, alcune ipotesi abbozzate sono state considerate certezze, creando tensioni soprattutto tra la categoria dei pescatori che, in questo frangente, si è dimostrata molto compatta. 

 Se agricoltori e pescatori sono vagamente informati sui vincoli restrittivi, praticamente solo nei casi in cui hanno visto limitare le loro richieste di interventi sul territorio, gli operatori turistici, al contrario, sono mediamente ben informati sulla situazione vincolistica dell'area.  Per quanto riguarda il concetto generale di "Area Protetta", questa è spesso risultata sinonimo esclusivamente di vincolo. Per questo motivo, dopo le prime interviste, il questionario è stato modificato, proponendo, prima di richiedere una definizione libera, alcune definizioni tipo (da una più restrittiva, per cui l'uomo non è ammesso nell'area a riserva, ad una secondo cui nel parco sono ammesse attrezzature per l'impiego del tempo libero).  Infine è stata proposta la definizione attiva di area protetta, secondo la quale, tramite vincoli differenziati, è possibile conciliare la salvaguardia delle risorse con lo sviluppo economico e verso la quale, benché nessuno l'abbia proposta autonomamente, praticamente tutti si sono dimostrati concordi.  I risultati delle interviste confermano quello che si evince dall'analisi dei dati ISTAT sulla struttura socioeconomica dell'area e cioè che vi è una completa assenza di imprenditorialità da parte degli operatori locali, i quali non sono in grado di orientare gli investimenti in funzione delle risorse disponibili e delle opportunità offerte dal mercato in termini di domanda di natura e di servizi culturali e ricreativi. In tal senso una corretta ed ampia attività informativa sui diversi concetti di conservazione attiva che evidenzi gli aspetti propositivi delle aree protette è un presupposto imprescindibile per la realizzazione della riserva marina. Infatti, è prevedibile che in una situazione di questo tipo, qualsiasi iniziativa venga attuata senza l'intervento della popolazione e dei politici locali non avrà risposta positiva, poiché pochi saranno in grado di vederne i vantaggi a medio e lungo termine. Si rischierà, al contrario, di scontrarsi con pregiudizi causati dalla disinformazione. A conferma della generale ignoranza su che cosa sia un'area protetta, le risposte relative agli effetti della sua istituzione sono state spesso incerte e, in alcuni casi, contraddittorie. Si possono individuare nettamente due gruppi di risposte corrispondenti ad altrettanti gruppi di interlocutori:

gli amministratori e gli operatori turistici più attivi che hanno fornito risposte sequenzialmente logiche e per i quali è evidente come proteggendo il territorio si possa ottenere un miglioramento sia della qualità della vita che dell'economia; in quest'ottica è accettata anche la penalizzazione dello svolgimento di alcune attività, sempre che siano razionalmente decise e gestite.

le altre categorie di intervistati che, invece, pensano che si possa ottenere un miglioramento della qualità della vita, ma non riescono e vedere quale riscontro positivo, dal punto di vista economico, possa esserci. Ciò succede anche quando tale effetto positivo viene loro presentato come risultato finale di una serie di processi di valorizzazione che possono portare, ad esempio, all'incremento dell'attività turistica.

In ogni caso alla domanda se il parco potesse essere, per certi aspetti, propositivo o soltanto limitativo, i due gruppi individuati hanno dato mediamente una risposta incerta, nel senso che anche in caso affermativo non è risultato chiaro quale tipo di proposta di sviluppo fosse insita nell'istituzione di un'area sottoposta a tutela.

A questo punto sono stati esposti i principi della legge 979/82 istitutiva delle aree marine protette e sono state prospettate le prime indicazioni del probabile progetto riguardante il tratto marino e costiero delle Cinque Terre, dell' Ente Parco, delle attività ricreative previste, della creazione di centri per visitatori in cui possono essere svolte anche attività di ricerca scientifica, della razionalizzazione dell'attività turistica e, come conseguenza di un certo numero di attività, della creazione di un certo numero di posti di lavoro. E' stata, inoltre, presentata la prima ipotesi di zonazione, la quale non ha prodotto particolari reazioni, se non nel Comune di Monterosso, dove si sono riaccese le tensioni nate in occasione della già citata assemblea popolare. Le obiezioni giungono dai pescatori alla proposta di divieto di pesca a Punta Mesco, dove, peraltro, già esiste il divieto (ordinanza n.10, anno 1977 della Capitaneria di Porto di La Spezia)anche se ripetutamente ignorato, e lungo la costa da Punta Mesco a Monterosso in corrispondenza della prateria di Posidonia oceanica.

Andando ora a considerare una per una le categorie intervistate, generalmente gli operatori turistici sono ben disposti nei confronti dell'istituzione dell'Area Protetta Marina perché consapevoli che limitazioni e vincoli garantirebbero soprattutto la preservazione dei beni naturali che valorizzano la zona, con conseguente miglioramento dell'offerta turistica e, quindi, con un netto vantaggio economico a loro favore. La maggior parte di questi operatori riconosce, infatti, che le risorse naturali non sono inesauribili e devono, in qualche modo, essere protette e gestite con i migliori criteri di compatibilità. Dalla conversazione con gli addetti al turismo emerge come la realtà si discosti da quello che gli interlocutori vorrebbero far credere. All'operatore turistico interessa sfruttare le risorse per trarne il massimo dei profitti senza porsi, in realtà, nessun altra domanda sulla realizzazione o sull'inadeguatezza di certi interventi che possono provocare danni anche irreparabili. In pratica i benefici derivanti dallo sfruttamento delle risorse diventano, in questo modo, un affare per pochi privati, mentre i danni ed i costi debbono ritenersi pubblici e scaricati sulla collettività. Nel contempo viene recriminata una certa lentezza da parte delle Amministrazioni locali nel proteggere e risanare l'ambiente.        

Alla proposta di correttivi ed incentivi per allargare la stagione turistica si sono ottenute risposte positive, di cui però si è tenuto conto con le dovute riserve in quanto, sino ad oggi, solo pochissimi esercizi restano aperti durante la bassa stagione; oltre ai giorni di ferie consentiti vengono richiesti dei permessi di chiusura per ipotetici lavori di ripristino in modo da tener inattivo l'esercizio per quattro o cinque mesi con tacito accordo delle Amministrazioni. La scelta di tenere chiuso durante i mesi invernali è motivata essenzialmente dagli alti costi del personale e dalla discontinuità della presenza turistica. Nessuno lo ha ammesso apertamente, ma si è intuito palesemente che anche nel momento in cui venisse assicurata la continuità operativa, numerosi esercizi non riterrebbero opportuna l'apertura invernale in quanto già appagati dal guadagno estivo.

Fra i pescatori di Monterosso è nata una sorta di autoregolazione, nel senso che, perfettamente coscienti di dover operare in un territorio ristretto e di sfruttare una risorsa limitata, si alternano e si distribuiscono sull'area più pescosa (nei pressi di Punta Mesco) secondo schemi da loro definiti. Ogni sforzo diventa vano in ragione di due fatti fondamentali:

inutile l'autolimitazione se esiste una fognatura che scarica, o che comunque influisce pesantemente sulla prateria di Posidonia oceanica, unico luogo dove i pescatori possono lavorare anche durante le libecciate, in quanto riparati dal promontorio di Punta Mesco.

inutile l'alternanza se non vengono in qualche modo fermati i pescherecci di tipo industriale provenienti anche da altre marinerie e che strascicano all'interno della batimetrica dei 50 metri, incuranti del divieto esistente e, a detta degli stessi pescatori, con il beneplacito della Capitaneria di Porto.

La maggior parte dei pescatori sarebbe comunque disposta a tollerare le limitazioni e i divieti previsti per Punta Mesco, mentre non accetterebbe alcun compromesso per quanto riguarda l'area del posidonieto tra punta Mesco e la spiaggia di Fegina. A loro giudizio, infatti, tale zona rappresenta l'unica fonte sicura di guadagno e ritengono, in ogni caso, che il tipo di pesca da loro praticato non sia dannoso né per la Posidonia, né per i popolamenti bentonici e pelagici. Hanno dichiarato che le reti usate, nel momento in cui vengono salpate, non arrecano nessun tipo di danno al fondo e tanto meno alla Posidonia; inoltre, essendo reti a maglia larga, non danneggiano neppure i popolamenti pelagici poiché il novellame non è catturato.           

Alle domande che non riguardavano direttamente la pesca è stato risposto in modo evasivo e piuttosto distaccato. Poco importa se il turismo viene incrementato nella bassa stagione, poco interessa se la zona viene valorizzata. Pare esistere tra i pescatori una sorta di dispregio per tutto ciò che non è strettamente locale e legato alla propria attività e cultura.

Naturalmente gli amministratori, tra tutti gli intervistati, sono quelli che meglio conoscono la problematica, i limiti ed i divieti vigenti e che hanno almeno un minimo di conoscenza sui parchi.   E' indubbio, ad esempio, che essi siano quelli che hanno maggiormente dimostrato una conoscenza approfondita sulle possibilità di sviluppo socioeconomico legato all'istituzione di un'area protetta. In effetti il Comune di Riomaggiore, già dall'istituzione del Parco Regionale Bracco-Punta Mesco-Cinque Terre-Monte Marcello ha ottenuto finanziamenti per il ripristino dei muretti a secco, per la ristrutturazione di rustici, ecc. e si è fatto promotore di alcune iniziative per cercare di migliorare la gradibilità del paese. Di riflesso anche gli abitanti di Riomaggiore sono quelli che meglio degli altri riconoscono nell'istituzione del parco il duplice aspetto di protezione e di sviluppo. Con un adeguata politica educativa il Comune di Riomaggiore dovrebbe avere il più alto grado di accettabilità nei confronti dell'Area Marina Protetta.                    

Non si può dire altrettanto per gli altri due Comuni. Nel Comune di Vernazza, infatti, persiste una certa indifferenza alla problematica da parte degli amministratori e, di conseguenza, da parte della popolazione. Nel momento in cui non si conosce una cosa prevale verso la stessa una sorta di diffidenza che rischia di radicarsi ed inficiare le future possibilità.Per quanto riguarda il Comune di Monterosso l'impressione avuta non è stata tanto quella di diffidenza o indifferenza, quanto quella ben più grave di non accettazione di regolamentazioni che non siano derivate dalla stessa Amministrazione. Nel contempo viene auspicata l'istituzione dell'Area Protetta Marina nella convinzione che verrebbero comunque risanate situazioni di grave degrado ambientale mai risolte dall'Amministrazione. E', dunque, elevato il rischio che investimenti relativi all'istituzione dell'Area Protetta Marina vengano dirottate per risolvere altri problemi contingenti.

In generale, come considerazioni conclusive, si può affermare che è fortemente radicata nella cultura e nei comportamenti collettivi la convinzione che le risorse ambientali siano inesauribili; il sistema legislativo attualmente considera, nella maggioranza dei casi, come regola la disponibilità gratuita dei sistemi ambientali e, come eccezione, la limitazione dell'uso o l'applicazione di tariffe e tributi. Ma, in quasi tutte la attività economiche, la disponibilità gratuita di aria, acqua, flora o paesaggio si traduce in un beneficio per coloro che che li usano e li degradano, in un costo o in un danno per la collettività. Alcuni operatori economici che, di fatto, diventano dei privilegiati, traggono profitto dai ritardi della normativa in campo ambientale, contrapponendosi o condizionando la Amministrazioni locali e centrali che hanno l'onere di proteggere e risanare i sistemi ecologici ed ambientali.                                

Sino a che i benefici rimangono privatizzati ed i costi sono pubblici, alcuni avranno convenienza a consumare le risorse per trarne il massimo profitto, indipendentemente dalla razionalità degli impieghi e dalla irreparabilità dei danni provocati più o meno consapevolmente.

Nelle Cinque Terre l'impatto delle attività produttive non va visto tanto in termini di rilevanti fenomeni di inquinamento da rimuovere, quanto come confronto dei possibili utilizzi alternativi, in vista di un maggiore sviluppo economico e sociale del comprensorio. Pertanto per quanto attiene le Cinque Terre, l'ipotesi di lavoro più significativa si legava all'inadeguatezza dei modi di utilizzazione delle risorse ambientali, che non tenevano conto delle modificazioni della struttura produttiva e dei mercati nazionali ed internazionali.