Metodi di rilevamento dei dati per la realizzazione di carte bionomiche
L'importanza della cartografia tematica nella gestione del territorio è ormai largamente
documentata da tempo. Carte geologiche, vegetazionali, dell'uso del suolo, ecc., sono
tutti strumenti di studio e di lavoro ormai indispensabili per la pianificazione delle
attività produttive umane, basati sulla raccolta di informazioni di vario genere e
provenienti da diverse discipline, e sul loro trasferimento su di una base cartografica
idonea.
Anche per quanto concerne l'ambiente marino la cartografia tematica costituisce da tempo
un importante strumento di conoscenza e di gestione. Dalle informazioni raccolte
attraverso opportune indagini di campo vengono infatti elaborate carte geologiche,
geomorfologiche, sedimentologiche, delle correnti, delle temperature, delle salinità o
delle concentrazioni di elementi chimici, di sostanze inquinanti, delle biocenosi
bentiche, delle risorse di pesca, ecc.
La realizzazione di tali carte avveniva, fino a non molto tempo fa, riportando le
informazioni raccolte su di una base cartografica scelta di volta in volta, generalmente
tra quelle ufficiali dell'Istituto Idrografico della Marina (con la batimetria ed in scale
comprese principalmente tra 1:30.000 e 1:100.000), o tra quelle in scala maggiore (1:5.000
- 1:10.000), ma limitatamente alle tipologie della costa emersa, disponibili presso gli
Uffici Tecnici regionali. Anche in questo caso, come per l'ambiente terrestre, il prodotto
finale rappresentava solamente una visione statica, anche se già utilissima, della
situazione del tema cartografato, in un dato momento.
Negli ultimi anni, inoltre, con le possibilità offerte dai moderni sistemi di rilevamento
dei dati e dalle tecnologie per la loro elaborazione, questo settore ha compiuto
un altissimo salto di qualità, permettendo non più la sola rappresentazione sintetica di
informazioni su carta, ma l'accesso ad una vera e propria banca dati informatizzata e
georeferenziata, con la possibilità di successive elaborazioni. Si può quindi
trasformare in tempo reale una carta tematica in una banca dati ricchissima di
informazioni georeferenziate, schemi, figure, grafici, in base alle scelte dell'operatore,
effettuarvi elaborazioni, e stampare tutto nella scala voluta, secondo le esigenze di
studiosi, operatori ed amministratori dell'ambiente marino costiero. Inoltre le nuove
tecnologie consentono una diminuzione dei costi di gestione, aggiornamenti e ristampe in
tempi brevi e sicurezza ed affidabilità maggiori, con possibilità di comunicare con
altri sistemi informativi geografici. In particolare, per quanto riguarda la progettazione
di Aree Protette Marine, il tipo di carta di maggiore interesse, ai fini della
perimetrazione e della zonazione, sulla base delle emergenze naturalistiche, è quella
bionomica, che individua le principali associazioni biologiche del fondo (benthos). La
cartografia dei popolamenti bentici, secondo metodiche in via di standardizzazione
(Meinesz et al., 1983), svolge un ruolo molto importante perché, oltre a fornire un
quadro della situazione dei fondali in un determinato momento, risponde a molteplici
necessità pratiche (Tunesi et al., 1990). Infatti essa fornisce l'inventario e la
localizzazione dei diversi popolamenti marini presenti in un'area ed il confronto di carte
elaborate in tempi successivi permette una stima dell'evoluzione dei popolamenti su lunghi
periodi.
Per la classificazione delle biocenosi bentiche mediterranee viene generalmente seguito il
modello di Pérès e Picard (1964), integrato da successivi studi, e adattato di
volta in volta in relazione alla specificità del sito da indagare.
Per quanto riguarda la raccolta dei dati sul campo, si possono effettuare, su un reticolo
di stazioni o lungo rotte prefissate, campionamenti di tipo qualitativo o di tipo
quantitativo: mentre i primi forniscono un elenco di specie, i secondi vengono tradotti in
informazioni numeriche sulla densità di ogni specie nelle varie stazioni, e mediante
elaborazioni matematiche e statistiche (indici di similitudine, analisi multivariata,
ecc.) forniscono utili informazioni sulla struttura dei popolamenti. In anni recenti la
tecnologia ha fornito un aiuto notevole alle scienze del mare, permettendo di indagare e
cartografare, con sempre maggiore rapidità, precisione e sicurezza, i fondali marini. Gli
strumenti e le tecniche variano, in relazione agli scopi, all'estensione dell'area da
studiare, alla scala di riduzione finale ed al livello di precisione, e comunque va
sottolineato che, in genere, è bene usare congiuntamente due o più di essi, per ottenere
un'informazione finale più esauriente possibile. Tali metodiche di campionamento e di
rilevamento possono essere riassunte in varie categorie e cioè:
campionamenti biologici su fondi duri e su praterie di Fanerogame |
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Su fondi molli si può operare con draghe e con benne. Le prime, trascinate sul fondo
lungo un tragitto predefinito, raccolgono gli organismi presenti sopra o a qualche
centimetro di profondità nel sedimento e di dimensioni maggiori a quelle delle maglie
della rete; i dati ottenuti sono di tipo qualitativo, ma moltiplicando la larghezza della
bocca della draga per la lunghezza percorsa dallo strumento, si ottiene la superficie
totale strascicata, con cui è possibile effettuare anche considerazioni di tipo
quantitativo. Le seconde, calate in mare aperto, si richiudono automaticamente non appena
toccano il fondo, raccogliendo il sedimento su una superficie standard, rispetto alla
quale possono essere condotte elaborazioni di tipo quantitativo.
Su fondi duri si opera in immersione con autorespiratore, delimitando, tramite un'apposita
cornice sagomata, una superficie standard di substrato, all'interno di essa si aspirano
gli organismi vagili (che si spostano sul fondo, con movimenti propri) con una sorbona
portatile e si staccano, con mazza e scalpello, tutte le forme sessili (che vivono fissate
sul substrato), vegetali ed animali, presenti , le quali vengono raccolte in sacchetti di
plastica. E' in tal modo possibile effettuare osservazioni di tipo quantitativo.
Per i campionamenti sulle praterie di Fanerogame sono stati sperimentati e perfezionati
vari metodi ed attrezzi da usare in immersione, dai retini per la fauna vagile delle
foglie, agli strumenti per campionare volumi noti di rizomi di Posidonia
oceanica.
E' utile, se non indispensabile, per identificare rapidamente, e con estrema precisione,
specialmente in acque limpide, il limite superiore delle praterie di Posidonia
oceanica,
oltre che la distribuzione delle biocenesi bentiche fotofile e la morfologia del litorale
sommerso. Affinché la resa sia ottimale le riprese devono essere effettuate in
determinati periodi dell'anno ed in determinate ore del giorno, in cui il sole formi con
la linea dell'orizzonte angoli ben definiti, per ridurre i fenomeni di riflessione causati
dalla superficie del mare (Lefevre et al., 1984); quest'ultima deve essere il più
possibile calma e non solcata da scie di natanti.
Recentemente, con i nuovi metodi di trattamento computerizzato delle immagini, è stato
possibile realizzare le ortofotocarte digitali, cioè immagini senza distorsioni ai bordi,
come avviene per le normali fotografie, georeferenziate con errore di pochi metri, e
perfettamente sovrapponibili alle carte topografiche ufficiali (overlay).
Con la tecnica aerofotografica è inoltre possibile operare, oltre che nella banda
visibile, anche con materiale sensibile a specifiche lunghezze d'onda, come ad esempio
l'infrarosso, per evidenziare particolari situazioni o tematismi.
L'aspetto negativo della tecnica aerofotografica è costituito dai costi elevati.
Questo strumento si è rivelato, negli ultimi anni, uno dei più importanti mezzi di
indagine dei fondali marini, sia nella ricerca geomorfologica, sia in quella bionomica,
per la possibilità di ottenere in maniera rapida e precisa un'immagine acustica, se così
si può dire, del fondo, registrando anche informazioni di notevole dettaglio (Stefanon,
1985).
La strumentazione si compone di un trasduttore (detto pesce), trainato in immersione, che
contiene due sorgenti acustiche, una per lato, le quali inviano i segnali obliquamente e
li ricevono di ritorno, per mezzo di un cavo conduttore, avente anche funzione trainante, e di un
registratore che controlla l'emissione degli impulsi e li trascrive al loro ritorno,
restituendoli su carta, come sonogrammi.
(foto tratta da Diviacco, Aree Marine Protette-Finalità e gestione,1999).
La larghezza di fondale esplorata ad ogni passaggio può variare, a scelta,
da alcune decine fino a diverse centinaia di metri. Se si considera, ad esempio, una larghezza
di 200 metri di fondale esplorato ad ogni passaggio ed una velocità di 5 nodi, si possono
agevolmente rilevare in un giorno, a copertura completa, superfici di centinaia di ettari.
La localizzazione del sonogramma, ai fini della successiva restituzione cartografica, si
effettua ricavando il punto-nave ad intervalli regolari, imprimendo contemporaneamente un
segno sulla registrazione.
Per garantire un'adeguata precisione cartografica, il metodo deve essere abbinato a
sistemi di posizionamento satellitare (GPS o GPS differenziale),
con i quali l'errore si aggira attorno ai pochi metri. Questi sistemi, collegati ad un
computer ed al registratore side scan sonar, permettono, da un lato, di seguire con
facilità e precisione la rotta prefissata e, dall'altro, di registrare sul sonogramma,
per ogni fix, data, ora, coordinate e profondità.
Le scale di restituzione grafica dei rilievi con sonar a scansione laterale sono, in genere,
comprese tra rapporti di 1:25.000, per aree estese, e 1:1.000 per situazioni di dettaglio,
ed è possibile sia evidenziare la natura e le forme del rilievo sottomarino, sia
identificare con precisione la presenza e la forma delle praterie di Posidonia oceanica,
mettendo in risalto eventuali gradini di erosione, tracce di ancoraggi o di danni
provocati dalla pesca a strascico illegale e di distinguere le praterie dai prati di
Cymodecea nodosa.
I costi elevati dello strumento, o del suo noleggio, sono comunque compensati dalla
velocità con cui si riescono a rilevare ampi tratti di fondale.
Possono essere suddivise in due categorie:
i veicoli a controllo remoto (R.O.V.), dotati di motorizzazione autonoma;
le telecamere scafandrate trainate.
1) I veicoli del primo tipo offrono il vantaggio di possedere motorizzazioni proprie, che
permettono lo spostamento in ogni direzione e sono collegati alla barca appoggio da un
cavo, attraverso il quale, oltre alla trasmissione degli impulsi di guida, avviene
l'alimentazione elettrica per i motori, gli illuminatori e le telecamere, e vengono
inviate a bordo le registrazioni effettuate, controllabili sul monitor. L'interesse di
questi strumenti è dovuto alla loro rapidità d'uso ed alla possibilità di proseguire le
osservazioni del fondo a profondità superiori rispetto a quelle operative degli specialisti
subacquei, oppure di eseguire indagini preliminari per permettere a questi ultimi di
programmare immersioni scientifiche di dettaglio. Tutti i dati raccolti possono infine
essere registrati su videocassette.
Tra gli aspetti negativi bisogna citare i costi elevati ed il fatto che bisogna operare a
natante fermo, per evitare che il cavo finisca intorno all'elica; inoltre, per ogni
rilevamento, il raggio d'azione del R.O.V. è limitato dalla lunghezza del cavo e dalla
profondità di lavoro. Esistono comunque vari modelli dalle caratteristiche tecniche e dai
costi diversificati.
2) La telecamera scafandrata trainata viene usata per l'esecuzione di vere e proprie
mappature dei fondali (Ardizzone, 1992), proponendosi quindi, per certi aspetti, come
metodo alternativo più al side scan sonar (S.S.S.) che al R.O.V. Lo strumento viene trainato in
immersione dal natante, tramite un cavo, attraverso il quale giunge l'alimentazione alla
telecamera ed il segnale ritorna a bordo dove viene registrato. Il natante avanza lungo
transetti prefissati a velocità ridotta (qualche nodo) dalla quale dipende l'assetto
della telecamera rispetto al fondo (aumentando la velocità essa si alza, rallentando si
abbassa). Periodicamente si effettua il punto-nave, e con la titolatrice si riportano le
indicazioni sulla registrazione video, controllabile con il monitor.
I costi sono relativamente bassi, rispetto al S.S.S. ed al R.O.V., ed è possibile
ottenere, contrariamente al sonar, immagini video reali, con facilità di identificazione
dei popolamenti del fondo. Tra gli svantaggi, oltre all'impossibilità di governare
direttamente lo strumento, bisogna ricordare il ridotto campo visivo, nonostante l'uso di
obiettivi grandangolari, per cui, ad ogni tragitto è possibile esaminare
"corridoi" di pochi metri di larghezza, contro i 100-200 m ed oltre del sonar
laterale.
Grazie all'evoluzione tecnologica nel campo delle attrezzature subacquee, si
stanno sempre più diffondendo le attività di ricerca in immersione in molti campi di
studio riguardanti la geologia, la biologia e l'ecologia. Per effettuare una descrizione
dettagliata dei fondali e dei popolamenti, in aree di ridotta estensione, si può operare
stendendo, in punti prefissati, una cima metrata tra la superficie e la profondità limite
di studio; risalendo lungo la cima viene effettuata, dai singoli specialisti, la
descrizione geomorfologica e quella bionomica, prelevando campioni solo quando necessario
per un controllo tassonomico. Lungo il transetto è possibile realizzare il rilievo
topografico del fondo e risulta utile effettuare riprese fotografiche e video.
Un altro tipo di ricerca subacquea, particolarmente importante all'interno di Aree
Marine Protette già istituite o in via di istituzione, è costituito dalle indagini visuali
finalizzate al censimento delle specie ittiche; il popolamento ittico di un'Area
Marina Protetta costituisce, infatti, una delle componenti faunistiche su cui si fanno più sentire
le azioni di tutela, sia per l'aumento dell'abbondanza delle specie presenti, sia per il
ritorno di altre specie allontanatesi in seguito all'eccessiva pressione antropica
(Harmelin, 1984).
Le tecniche in questione, elaborate anch'esse in tempi recenti, prevedono, ad esempio,
l'esecuzione di transetti subacquei, lungo un tratto di cima di lunghezza standard, e
segnalando su apposite schede le specie, il numero di individui e le classi di grandezza degli
esemplari che si osservano entro un corridoio immaginario di larghezza anch'essa
standardizzata, ottenendo un dato di tipo quantitativo (Harmelin-Vivien et al., 1985). Una
variante, utilizzabile su fondali più eterogenei, prevede che le specie vengano censite
dall'operatore, fermo in un punto, all'interno di un cilindro immaginario che va
dal
fondo alla superficie ed avente raggio standard (ad esempio di 5 m), di cui l'operatore
occupa il centro (Tunesi e Vacchi, 1992).
G.I.S. (Geographic Information Systems)
Carta biocenotica dell'A.M.P. dell'Isola di Bergeggi
Carta dei fondali dell'A.M.P. delle Isole Tremiti