Interno
della Chiesa dal Pulpito
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Chiesa
e Convento di San Biagio.
Il
Monastero di San Biagio, eretto probabilmente da una
principessa normanna, Aloara, ma già ricordato in un
documento del 1043, di ordine benedettino, non ha più
nulla dell'antico assetto se si esclude la struttura
incorporata nei rifacimenti successivi e, in particolar
modo, il pronao della chiesa (XI sec.) coperto da volte a
crociera. La tradizione vuole che il Convento sia stato
costruito per rinchiudere, o difendere dalle scorrerie, le
donne Normanne quando i loro uomini si allontanavano per
lunghi periodi dalla città.
Il
Codice
di San Biagio
riporta numerose donazioni di pontefici, principi e privati,
a partire dal 1050. La lunga vita del Convento è
contrassegnata da molti avvenimenti che determinarono
trasformazioni nella struttura, in particolar modo quello
settecentesco che ne alterò, nella quasi
totalità, l'aspetto originario. L'ultimo di questi fu
quello del secondo conflitto mondiale che causò i
crolli delle ali settentrionali del convento e dell'alta
torre campanaria a terrazzo, non più ripristinati.
Del vastissimo convento attualmente ne è utilizzato
solo una parte.
All'esterno
della chiesa emergono i bei portali
del
pronao (XVIII sec.) di tipo borrominiano coi rilievi di
San
Benedetto
e di San
Mauro.
Il Pronao, di sei campate con volte a crociera, immette nel
sontuoso interno copioso di notevoli e interessanti opere.
È da ricordare, inoltre, che nel soffitto della
navata vi erano dipinti di Malinconico e di Caracciolo,
distrutti il 20 agosto 1943.
La chiesa, ad unica navata, presenta tra i finestroni,
diciotto tele centinate, con Storie
di San Benedetto,
di Pietro Martino (1701), mentre nella controfacciata vi
sono cinque bei dipinti del giordanesco Giovan Battista
Lama: San
Filippo battezza un eunuco,
Santa
Caterina d'Alessandria,
San
Benedetto da Norcia e Santa
Scolastica,
Santa
Dorotea
e Sant'Ambrogio
e Teodosio.
Nella prima cappella destra, troviamo
un'Adorazione
dei Magi
(XVI sec.), di Fabrizio Santafede; nella seconda, una bella
tela di modi caravaggeschi, la Liberazione
di San Pietro.
Nella terza, l'Adorazione
dei Pastori di
Andrea Starace (1767); in quella successiva, un
Crocifisso
ligneo
della fine del '600. Segue l'organo
ligneo settecentesco
e, nella sesta cappella la notevole
Assunzione
di Maria
di Andrea Vaccaro.
In
Sacrestia si possono ammirare,
l'arredo
ligneo
con qualche scultura
devozionale,
settecenteschi, ed alcuni dipinti:
San
Gaetano Thiene
(XVII sec.), forse di Agostino Beltrano, e
l'Incredulità
di San Tommaso
(Ign. XVI sec.). Nel presbiterio, all'altare, la bellissima
tavola del Martirio
di San Biagio
del 1588 di Leonardo Castellano (secondo alcuni, di Giovan
Battista Graziano, aversano) sormontata da un sontuoso
baldacchino
ligneo dorato.
L'altare contiene putti
marmorei attribuiti
a Paolo Persico.
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Sul lato sinistro, all'altare della sesta cappella, un
interessante San
Benedetto col corvo,
sul fondo l'abbazia di Montecassino (fine '500) di Giovan
Vincenzo Forli; nella successiva,
San
Mauro benedisce gli storpi,
di Giovan Battista Lama. Nella quarta cappella, interamente
decorata di marmi policromi, si notano la
Statua
lignea di San Biagio
e, lateralmente, Affreschi
con storie del Santo;
nella seguente, una Deposizione
del Cristo morto,
di modi fiamminghi (fine '500). Nella successiva, la
Madonna
del Rosario (1623);
nella I° cappella, la Pentecoste
(fine '500), attribuita a Marco Pino da Siena (forse di
Giovan Battista Graziano).
Nei
depositi del convento fino a pochi anni fa si trovava la
Carrozza
di Città (XVIII
sec.) decorata con gustose scene agresti e civettuole figure
nei pannelli perimetrali; attualmente, restaurata, ma priva
dei pannelli decorativi originari, si trova nei locali
terranei della Soprintendenza di Caserta.
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