Aversa di Velsu?

Origini di una struttura urbana

(Aldo Cecere, in "..consuetudini aversane", n. 1, pp. 7-20, 1987)

Molte circostanze ci portano alla ricerca etimologica del toponimo Aversa, nostra terra natale, tra le quali non vanno trascurate certamente la sua origine e la costituzione stessa in città voluta e organizzata in centro autonomo.
Diverse cose si sono dette su tale questione e diverse sono state le indicazioni per superarle; tra le più ripetute quella di far derivare il nome Aversa da adversa (=avversa), centro avverso prima a Napoli poi a Capua
[1]. Ma tale ipotesi, per le grosse lacune che comportava per le successive vicende storiche vissute dalla città, si è dimostrata impropria e non attendibile. Per tale importante problema, comunque, non si è ancora proposto alcun valido studio che sostituisca le ormai troppe e false congetture.
In questo articolo ci proponiamo di analizzare e valutare le ragioni, sia pur limitate, a nostra disposizione, seguendo un ordine ragionato, non strettamente filologico, con le quali giungere ad una asserzione, la nostra, di ritenere Aversa antico centro originario della dodecapoli etrusca campana.

Osservando il nucleo urbano della città di Aversa dall'alto di un aereo, allo zenit, od esaminando i rilievi fotogrammetrici del centro con le immediate vicinanze - ciò si può rilevare anche dalla cartografia dell'Istituto Geografico Militare - riscontriamo che il nostro antico nucleo, avente come centro la cattedrale, rientra esattamente in una particella della centuriazione [2], iscrivendosi perfettamente in essa, con la delimitazione dell'anello periferico che ne rasenta i limiti dei tracciati rettilinei, non più curvi, del nucleo centrale.
La valutazione di cui sopra per il momento ci rende attendibile una considerazione estremamente importante, cioé quella di attribuire alla città una nascita precostituita e non spontanea, come può essere stata quella degli altri centri limitrofi, sorti agli incroci di strade e con la successiva formazione di caseggiati. Il centro di Aversa viene fondato, dunque, come sistema urbano precostituito, politicamente organizzato, occupante una tessera della centuriazione delimitata da tracciati, cardini e decumani, che solcano l'intero territorio limitrofo della Liburia - Territorium Liburianum, Liguria, Liguria Tellus
[3]. Il centro fisico di tale agglomerato doveva essere occupato dall'area sacra custodente le 'spoglie' delle divinità tutelari della fondazione [4].

E' noto che l'area della cattedrale di san Paolo in precedenza era occupata dalla cappella dedicata all'Apostolo, la cui fondazione risalirebbe al passaggio di Paolo di Tarso per queste terre allorquando, nel suo viaggio verso Roma, da Pozzuoli, per la Consolare Campana [5], vi sostò recandosi, forse, anche nella vicina distrutta Atella, nella quale risiedeva un gruppo di fedeli cristiani, secondo qualche cronista. La cappella, di per sé, già dimostrerebbe la presenza di un centro abitato, anche se di modeste dimensioni [6]. Essa, in origine, doveva occupare un'area sacra di culto pagano come, d'altra parte, altri casi di località dello stesso territorio campano [7] ne attestano la verosimiglianza. Tale centro sarebbe identificabile con Versaro [8] o Verzelus, forse corrispondente allo stesso castello che Giovanni Villani ritiene di Napoli [9], non molto lontano dalla chiesa di sant'Agata.
Ritornando all'esame della parcellazione del territorio e del primitivo nucleo costitutivo di Aversa, risulta in gran parte assodato dagli etruscologi che il sistema di suddivisione territoriale in centurie fu per primo voluto dal popolo etrusco e solo dopo continuato dai romani, i quali ne ebbero impropriamente i meriti
[10].

 

Planimetria parziale della zona di Aversa con tracce, in celeste, della centuriazione romana La parcella di Aversa si trova tra i decumani VKX e VKXI e i cardini SDV e SDVI. In rosso è indicato il tracciato preesistente a quello romano di circa 600 metri di lato, probabilmente etrusco. I tracciati contrassegnati con i numeri 1 e 2 indicano rispettivamente gli antichi solchi, nord-sud e est-ovest, delle originarie strade di fondazione intersecantisi nel centro del nucleo, nell'area sacra; area che attualmente è occupata dalla cattedrale di San Paolo. Il n. 3 indica il tracciato della via Consolare Campana (dalla cartografia dell'Istituto Geografico Militare, 1957).  

 

Dalle monete etrusche rinvenute si ricava che delle dodici città fondate dagli etruschi in Campania è stato possibile individuarne solamente otto, Suessola, Nola, Acerra, Nocera, Ercolano, Pompei, Sorrento e Marcina - quest'ultima probabilmente presso Salerno -, qualcuna delle quali ancora di dubbia localizzazione [11]; tra le altre quattro, Velca, Velsu, Irnqi, Uri(na), non ancora individuate, compare il nome Velsu. Poiché, come si verificò nella bassa Toscana, le città etrusche seguivano un dispositivo difensivo a schiera e ad andamento concavo, e la collocazione non lontana dal mare, possiamo supporre che tra le città individuate campane della dodecapoli, seguenti un tracciato concavo, poteva benissimo comprendere il nostro centro, avendo in debito conto che il territorio sud-ovest, quello non interessato dalla colonia greca di Cuma, era attualmente costituito da numerosi vulcani, alcuni dei quali ancora in eruzione [12].
Alcune scoperte casuali hanno messo in luce dei frammenti di una edicola votiva con la figura di una divinità infernale etrusca (?)
[13], mentre un'altra, particolarmente significativa, inerente l'arredo di una tomba gentilizia, ha riportato una fibula aurea, lunga pochi centimetri, con caratteri incisi, probabilmente preellenici, non ancora decifrati [14]. L'edicola, di cui rimane qualche frammento, fu rinvenuta in un terreno adiacente l'antica strada Consolare Campana, a nord di Aversa, distante meno di un chilometro dal complesso benedettino di san Lorenzo. L'area del rinvenimento attualmente è occupata da caseggiati; essa potrebbe corrispondere all'antica necropoli di Velsu. D'altra parte molti altri reperti testimoniano la presenza etrusca sul nostro suolo, mi riferisco, tra l'altro, ai diversi bronzi raffiguranti divinità, sacerdoti e guerrieri etruschi, alti una trentina di centimetri; purtroppo di tali manufatti se ne sono perdute le tracce.
In genere le culture delle tombe dell'Aversano sono a «fossa», con le salme, e a «pozzo», con le urne cinerarie dei morti
[15].

Notevoli testimonianze potrebbero rappresentare, inoltre, le numerose cavità, non ancora del tutto esplorate, del sottosuolo di Aversa; si parla dei diversi cunicoli ricavati nel tufo, di altezza umana, con largure di sosta, situati nel centro antico, di impianto interessantissimo, riferibile ad un sistema evoluto di probabile origine etrusco-italico. I cunicoli, partendo sia dagli edifici religiosi che dai civili, si intersecano tra loro diramandosi in diverse direzioni, seguendo tracciati a volte rettilinei, a volte curvi, da nord a sud e da est ad ovest. Molte di queste grotte, quelle isolate di grandi dimensioni, sono servite a fornire materiale da costruzione agli stessi edifici sovrastanti. Tale impianto di cunicoli, tra l'altro, meriterebbe un attento e approfondito studio.

Da questa serie di coincidenze, troppe e importanti per considerarle solo tali, sorge l'esigenze di proporre opportune considerazioni.
Il nome Aversa potrebbe verosimilmente derivare dall'antico centro etrusco Velsu, per acquistarne, di diritto, le sorti; tale nome, successivamente corrotto in Versaro (ovvero Verzelus), con la sostituzione della tenue consonante l con la sonora r, sarebbe identificabile con la località presso la cappella di Sanctum Paullum at(ad) Averze.
Altra considerazione è quella dell'etimo di Velsu che deriva, d'altra parte, da vers- (verse), «fuoco»
[16], potendosi riferire alla terra di fuoco quale poteva costituire figurativamente il nostro territorio, ricco di crateri, di cui alcuni non ancora del tutto spenti; come il greco flegraios, poi romano phlegraeus, nome della regione vulcanica situata a sud-ovest di Aversa interessando, inoltre, anche l'area attuale degli Astroni, antico vulcano spento. Quindi, per restare in tema, i vari argomenti ci fanno ritenere che la radice del nome Aversa derivi dal nome etrusco vers-, fuoco (terra di fuoco), per cui, Velsu, centro urbanizzato della "terra di fuoco", successivamente è corrotto in Versaro (ovvero Verzelus) con la sistematica sostituzione della consonante l alla r e l'aggiunta di o. In seguito, poi, per indicare la località Versaro (Verzelus) si aggiunge al nome la preposizione at(ad) (at-Versaro o ad-Versaro (Verzelus)) per trasformarsi, con la caduta della dentale sorda t, in a-versaro (a-verzelus) -> Averse -> Aversa.
Si tenga, inoltre, presente che il nome Varise
[17], sicuramente derivato da Versaro, compare negli itinerari di Brugis della fine del quattrocento, al posto di Aversa; forse tale nome era ancora presente in qualche antico documento francese.
Considerando positiva l'asserzione l'origine dell'antico centro risalirebbe alla venuta degli etruschi in Campania, nella "fase - seguendo le parole di Romolo A. Staccioli, in op. cit., pagg. 84-85 - di prepotente espansione delle città etrusche che raggiunge il culmine tra l'ultimo quarto del secolo VII e i primi del secolo VI", allorquando fu deciso l'occupazione del territorio campano e la sua suddivisione in centurie con la creazione delle città confederate, tra cui Velsu presso il fiumicello Clanius - nome deformato in Laneus
[18] - che anticamente presentava un diverso assetto [19].

Dell'antico centro etrusco, più prossimo alla zona paludosa e al mare degli altri della zona pianeggiante, si perdettero poco dopo le tracce, sia perché situato in pianura, non difeso naturalmente, sia per l'area acquitrinosa e malsana della zona [20], dopo aver avuto una vita attiva, come abbiamo riferito in precedenza, per le diverse testimonianze di suppellettili rinvenute [21]. In effetti, in generale, "la decadenza delle città etrusche in Campania va trovata soprattutto nei motivi politici interni non consolidati e non rinnovati per il conservatorismo delle classi dirigenti".
Ma la tradizione e il nome dell'antica città non furono perdute allorquando, il centro, agli albori dell'XI secolo, fu ingrandito e trasformato in centro politico di primaria importanza. Tanto che esso più tardi incorpora, tra l'altro, l'antichissimo villaggio "
[22]" Sabinianum [22] e l'altro di sant'Agata [23]; quello di san Lorenzo [24] non verrà mai incluso nel circolo delle mura cittadine.
Per quel che concerne il villaggio Sabinianum - area di cultura sabina
[25] - c'è da dire che esso con molta probabilità sorse come ramificazione di quello vicino etrusco, in quanto in origine, essendo un piccolo agglomerato, poteva sopravvivere solo con la presenza di un centro abitato più grande, per cui si propende con la versione di appartenenza a Velsu e non ad Atella, questa molto più distante dal centro stesso.

Gli avvenimenti successivi sono fin troppo noti per essere qui riesaminati.
Per sostenere le tesi ora esposte, alla luce delle citate considerazioni favorevoli, la documentazione in nostro possesso è del tutto insufficiente, sia per la mancanza di fonti letterarie dirette, che in merito risultano scarse o nulle in molti casi, sia per i reperti conosciuti, troppo limitati per una sia pur limitata indagine.
Rimaniamo, comunque, in attesa di notizie di coloro i quali volessero contribuire per consolidare tali ricerche; il contributo potrebbe essere rappresentato dall'invio di notizie o tracce, od altre indicazioni, soprattutto di nuovi rinvenimenti.
A. C.

___________

[1] Delarc, Histoire des Normans dans l'Italie meridionale, Parigi 1833, p.170; Giovanni Villani, Cronaca, Firenze 1854, vol. I, cap. 60, p. 83; Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del regno di Napoli, Napoli 1797, vol. II, p. 79.
[2] Il cardine limitrofo est si trova leggermente spostato verso sinistra, forse per una diversa e più antica parcellazione del territorio.
Da centuria, comprendente cento jugeri; maglie quadrate di lato 2400 piedi romani-(710,4 m )-.
[3] Cfr. Raffaele Calvino, Diocesi scomparse in Campania, Napoli 1969, pag. 84 - Cfr. Aniello Gentile, La romanità dell'Agro Campano alla luce dei suoi nomi locali, tracce della centuriazione romana, Napoli 1955. L'articolo è interessante per la proposizione del nuovo orientamento dei tracciati del territorio a sud del Volturno.
[4] Cffr. Werner Keller, La civiltà etrusca, Milano 1981, pag. 85, e Romolo A. Staccioli, Storia e civiltà degli estruschi, Roma 1984, pag. 175.-Vedi anche oltre -.
[5] Cfr. R. Calvino, op. cit., pagg. 36-37. Il villaggio di Sanctum Paullum at Averze compare in una donazione del 1022 di Pandolfo, principe di Capua, al monastero di san Salvatore in insula maris.
[6] Per le strade romane passanti per il centro urbano di Aversa vedi Luciana di Lernia, Storia urbanistica di Aversa, pp. 30-38, in Napoli Nobilissima, vol. XIV, fasc. I, gennaio-febbraio 1975. Cfr. inoltre Gaetano Corrado, Le vie romane da Sinuessa e Capua a Literno, Cuma, Pozzuoli, Atella e Napoli, Aversa 1927. Le strade, partendo dal nucleo originario, sono rintracciabili dalle sovrapposte reti viarie di piazza Normanna, via Castello, piazza Castello (attuale Trieste e Trento), via Abenavolo e via Borgo per il tratto nord, di piazza san Paolo, via san Girolamo, altra via scomparsa, attualmente occupata da un'insula, via Vittorio Veneto, Porta Nuova e via Costantinopoli per il tratto sud; per il tratto est via Seggio ed altra strada scomparsa, mentre per il tratto ovest piazza san Paolo, via Volturno, via san Nicola, via santa Lucia.
[7] E' fuori discussione come aree sacre pagane siano successivamente appartenute ad edifici cristiani. L'esempio più significativo è costituito dalla basilica di sant'Angelo in Formis, in origine area del tempio di Diana Tifatina.
[8] Versaro in Liburia, anno 1002, in Gaetano Parente, Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, Napoli 1857, vol. 1°, pag. 212.
[9] Verzelus sarebbe identificabile con Versaro in quanto, secondo i pochi documenti nei quali vengono citati, si trovano collocati nella stessa area. Cfr. Giovanni Villani, Croniche de la Inclita Cità de Napole emendatissime, con li bagni de Pozzuolo e Ischia novamente ristampate, Napoli 1526 in Raccolta di vari libri ovvero opuscoli D'Historie del Regno di Napoli, Napoli 1680, pag. 42, cap. LX.
[10] La maglia della centuriazione corrispondeva a particelle quadrate i cui lati misurano circa settecentodieci metri l'uno. I tracciati seguivano andamenti nord-sud e est-ovest. Cfr. W. Keller, op. cit., pag. 146.
[11] Secondo R. A. Staccioli, op. cit., pag. 182, le prime otto città dei dodici popoli etruschi in Campania sarebbero da identificarsi con Capua - odierna Santa Maria Capua Vetere, in etrusco latinizzato Volturnum -, Nola, Acerra, Nocera, Pompei - forse anche Suessola -, Ercolano, Sorrento e l'anonimo ma più importante centro di Pontecagnano, forse Markina.
[12] Per il rito di fondazione della città etrusca cfr. Werner Keller, op. cit., pag. 85. E' interessante notare, tra l'altro, come al centro della nuova città, all'incrocio delle due strade rettilinee di andamento nord-sud est-ovest (vedi anche, in questo stesso articolo, la nota 6), venisse scavata una fossa molto profonda, quasi un pozzo, che serviva da legame fra il mondo dei vivi e quello dei morti, e conduceva alle potenze dell'abbisso; tale fossa fu chiamata mundus, la «porta degli inferi», come informa Varrone. E' interessante, inoltre, notare come un nome simile appartenga alla tradizione locale, "abbasc 'o munno", proprio ad indicare cavità del sottosuolo cittadino non del tutto conosciute.
[13] Il frammento più grande, lungo circa 100 cm, si presenta di forma triangolare con una figura centrale mostruosa avente le estremità inferiori serpentiformi -forse una divinità marina o Charun -; ai lati vi sono due figure - Nereidi (?) -. L'altro frammento comprende alcuni caratteri maiuscoli interpuntati di ignoto significato.
[14] Della fibula menzionata se ne riporta la foto che rappresenta, anche, l'unica testimonianza dell'oggetto venuto in possesso di alcuni cultori locali e rinvenuta in una tomba a nord di Aversa, non molto distante da Ponte a Selice. Quasi tutti i caratteri riportati sono del lineare B, preellenici.
[15] Lungo la strada Campana, e nelle immediate vicinanze, sono state rinvenute numerosissime tombe con interessanti arredi. Alcune tombe di guerrieri, oltre alle normali suppellettili di vasellame vario, contenevano punte di lance, elmi e pugnali. Di questi reperti sono ricchi i deposito di alcuni musei come quello archeologico di Napoli e quello Campano di Capua.
[16] Cfr. Massimo Pallottino, Etruscologia, Milano 1984, pag. 508.
[17] Cfr. Daniele Sterpos, Comunicazioni stradali attraverso i tempi, Capua-Napoli, Roma 1959, il quale si riferisce agli Itinerarium de Brugis, in Hany E.: Le livre de la description des pays, ecc., Paris 1908, pag. 192.
[18] Cfr. R. Calvino, op. cit., pag. 36. Clanis, Glanis, Glanius o Clanius deriverebbe da Clani, uno dei centauri ucciso da Teseo. Secondo altri il nome deriverebbe dalla voce greca Clanis, viola, fiore che abbondava sulle ripe del fiume. Il fiume Clanio sgorga da Riullo e da Menfito - Domenico Lanna, Frammenti storici di Caivano, Giugliano 1903, pagg. 77-78-.
[19] Il corso attuale del Clanio, secondo il Barionovo, Tavola Corografica, riportato da D. Lanna, op. cit., pagg. 80-81, non era quello primitivo in quanto il ruscello deviò corso sul principio dell'Era Cristiana.
[20] E' interessante osservare come nelle numerose battaglie antietrusche il «tiranno» siracusano Gerone, intervenendo in favore di Cuma, non riesce a distruggere la flotta etrusca nelle acque di Capo Licola, presso Cuma; la flotta di cui si tratta non si sa a quale città o federazioni di città appartenesse. Poteva benissimo appartenere alla confederazione dei popoli etruschi dell'area liburiana in quanto tale area aveva come unico sbocco fluviale in mare il fiumicello Clanius, in quel tempo navigabile (Strabone ritiene il Clanio navigabile, in D. Lanna, op. cit., pag. 77). A conferma della navigabilità del Clanio, nei pressi del cenobio benedettino di san Lorenzo di Aversa, furono rinvenute delle grosse barche - attualmente se ne conserva ancora un bell'esempio - quali antichi ricordi di un approdo.
[21] Dionigi d'Alicarnasso riferisce che nella LXIV Olimpiade, anno 520 a. C., le acque del Clanio si videro indietreggiare. Tanto dovette avvenire a causa di qualche grossa marea che impedì il libero scaricarsi delle acque nel mare, come spesso avviene ad altri fiumi, in D. Lanna, op. cit., pagg. 79-80. Tale situazione dovette verificarsi più volte tanto da rendere la zona malsana e inabitabile.
[22] Savignano è ricordato fin dall'anno 919, in G. Parente, op. cit., vol. I° pag. 210.
[23] Sant'Agathae è riportato già dall'anno 1002, in G. Parente, op. cit., vol. I° pag. 212.
[24] Del borgo che prende nome dall'omonimo cenobio si hanno notizie contrastanti in quanto il plesso viene confuso quasi sempre con il cenobio di san Lorenzo presso la porta sud di Capua. A tale proposito cfr. anche il nostro articolo, sulla Voce della Campania, n. 19 del 7 dicembre 1975, che mai come adesso trova valida conferma, per l'attribuzione ad un periodo precedente quello normanno del cenobio stesso per i rinvenimenti emersi durante i recenti interventi restaurativi della chiesa.
[25] La civiltà etrusca si è sviluppata in stretto contatto e contemporaneamente a quelle greca, romana, umbro-sabellica, ecc. - Cfr. R. A. Staccioli, op. cit., pag. 26, per cui agglomerati di diverse culture non sono insolito trovarli aggregati ai centri etruschi.

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