Dalle monete etrusche
rinvenute si ricava che delle dodici città fondate
dagli etruschi in Campania è stato possibile
individuarne solamente otto, Suessola, Nola, Acerra, Nocera,
Ercolano, Pompei, Sorrento e Marcina - quest'ultima
probabilmente presso Salerno -, qualcuna delle quali ancora
di dubbia localizzazione [11];
tra le altre quattro, Velca,
Velsu, Irnqi,
Uri(na), non ancora individuate, compare il nome Velsu.
Poiché, come si verificò nella bassa Toscana,
le città etrusche seguivano un dispositivo difensivo
a schiera e ad andamento concavo, e la collocazione non
lontana dal mare, possiamo supporre che tra le città
individuate campane della dodecapoli, seguenti un tracciato
concavo, poteva benissimo comprendere il nostro centro,
avendo in debito conto che il territorio sud-ovest, quello
non interessato dalla colonia greca di Cuma, era attualmente
costituito da numerosi vulcani, alcuni dei quali ancora in
eruzione [12].
Alcune scoperte casuali hanno messo in luce dei frammenti di
una edicola votiva con la figura di una divinità
infernale etrusca (?) [13],
mentre un'altra, particolarmente significativa, inerente
l'arredo di una tomba gentilizia, ha riportato una fibula
aurea, lunga pochi centimetri, con caratteri incisi,
probabilmente preellenici, non ancora decifrati
[14].
L'edicola, di cui rimane qualche frammento, fu rinvenuta in
un terreno adiacente l'antica strada Consolare Campana, a
nord di Aversa, distante meno di un chilometro dal complesso
benedettino di san Lorenzo. L'area del rinvenimento
attualmente è occupata da caseggiati; essa potrebbe
corrispondere all'antica necropoli di Velsu. D'altra parte
molti altri reperti testimoniano la presenza etrusca sul
nostro suolo, mi riferisco, tra l'altro, ai diversi bronzi
raffiguranti divinità, sacerdoti e guerrieri
etruschi, alti una trentina di centimetri; purtroppo di tali
manufatti se ne sono perdute le tracce.
In genere le culture delle tombe dell'Aversano sono a
«fossa», con le salme, e a «pozzo», con
le urne cinerarie dei morti [15].
Notevoli testimonianze
potrebbero rappresentare, inoltre, le numerose
cavità, non ancora del tutto esplorate, del
sottosuolo di Aversa; si parla dei diversi cunicoli ricavati
nel tufo, di altezza umana, con largure di sosta, situati
nel centro antico, di impianto interessantissimo, riferibile
ad un sistema evoluto di probabile origine etrusco-italico.
I cunicoli, partendo sia dagli edifici religiosi che dai
civili, si intersecano tra loro diramandosi in diverse
direzioni, seguendo tracciati a volte rettilinei, a volte
curvi, da nord a sud e da est ad ovest. Molte di queste
grotte, quelle isolate di grandi dimensioni, sono servite a
fornire materiale da costruzione agli stessi edifici
sovrastanti. Tale impianto di cunicoli, tra l'altro,
meriterebbe un attento e approfondito studio.
Da questa serie di
coincidenze, troppe e importanti per considerarle solo tali,
sorge l'esigenze di proporre opportune considerazioni.
Il nome Aversa potrebbe verosimilmente derivare dall'antico
centro etrusco Velsu, per acquistarne, di diritto, le sorti;
tale nome, successivamente corrotto in Versaro (ovvero
Verzelus), con la sostituzione della tenue consonante l con
la sonora r, sarebbe identificabile con la località
presso la cappella di Sanctum Paullum at(ad)
Averze.
Altra considerazione è quella dell'etimo di Velsu che
deriva, d'altra parte, da vers- (verse), «fuoco»
[16],
potendosi riferire alla terra di fuoco quale poteva
costituire figurativamente il nostro territorio, ricco di
crateri, di cui alcuni non ancora del tutto spenti; come il
greco flegraios,
poi romano phlegraeus, nome della regione vulcanica
situata a sud-ovest di Aversa interessando, inoltre, anche
l'area attuale degli Astroni, antico vulcano spento. Quindi,
per restare in tema, i vari argomenti ci fanno ritenere che
la radice del nome Aversa derivi dal nome etrusco vers-,
fuoco (terra di fuoco), per cui, Velsu, centro urbanizzato
della "terra di fuoco", successivamente è corrotto in
Versaro (ovvero Verzelus) con la sistematica sostituzione
della consonante l alla r e l'aggiunta di
o. In seguito, poi, per indicare la località
Versaro (Verzelus) si aggiunge al nome la preposizione
at(ad) (at-Versaro o ad-Versaro (Verzelus)) per
trasformarsi, con la caduta della dentale sorda t, in
a-versaro (a-verzelus) -> Averse -> Aversa.
Si tenga, inoltre, presente che il nome Varise
[17],
sicuramente derivato da Versaro, compare negli itinerari di
Brugis della fine del quattrocento, al posto di Aversa;
forse tale nome era ancora presente in qualche antico
documento francese.
Considerando positiva l'asserzione l'origine dell'antico
centro risalirebbe alla venuta degli etruschi in Campania,
nella "fase - seguendo le parole di Romolo A. Staccioli, in
op. cit., pagg. 84-85 - di prepotente espansione delle
città etrusche che raggiunge il culmine tra l'ultimo
quarto del secolo VII e i primi del secolo VI", allorquando
fu deciso l'occupazione del territorio campano e la sua
suddivisione in centurie con la creazione delle città
confederate, tra cui Velsu presso il fiumicello Clanius -
nome deformato in Laneus [18]
- che anticamente presentava un diverso assetto
[19].
Dell'antico centro etrusco,
più prossimo alla zona paludosa e al mare degli altri
della zona pianeggiante, si perdettero poco dopo le tracce,
sia perché situato in pianura, non difeso
naturalmente, sia per l'area acquitrinosa e malsana della
zona [20],
dopo aver avuto una vita attiva, come abbiamo riferito in
precedenza, per le diverse testimonianze di suppellettili
rinvenute [21].
In effetti, in generale, "la decadenza delle città
etrusche in Campania va trovata soprattutto nei motivi
politici interni non consolidati e non rinnovati per il
conservatorismo delle classi dirigenti".
Ma la tradizione e il nome dell'antica città non
furono perdute allorquando, il centro, agli albori dell'XI
secolo, fu ingrandito e trasformato in centro politico di
primaria importanza. Tanto che esso più tardi
incorpora, tra l'altro, l'antichissimo villaggio
"[22]"
Sabinianum [22]
e l'altro di sant'Agata [23];
quello di san Lorenzo [24]
non verrà mai incluso nel circolo delle mura
cittadine.
Per quel che concerne il villaggio Sabinianum - area di
cultura sabina [25]
- c'è da dire che esso con molta probabilità
sorse come ramificazione di quello vicino etrusco, in quanto
in origine, essendo un piccolo agglomerato, poteva
sopravvivere solo con la presenza di un centro abitato
più grande, per cui si propende con la versione di
appartenenza a Velsu e non ad Atella, questa molto
più distante dal centro stesso.
Gli avvenimenti successivi
sono fin troppo noti per essere qui riesaminati.
Per sostenere le tesi ora esposte, alla luce delle citate
considerazioni favorevoli, la documentazione in nostro
possesso è del tutto insufficiente, sia per la
mancanza di fonti letterarie dirette, che in merito
risultano scarse o nulle in molti casi, sia per i reperti
conosciuti, troppo limitati per una sia pur limitata
indagine.
Rimaniamo, comunque, in attesa di notizie di coloro i quali
volessero contribuire per consolidare tali ricerche; il
contributo potrebbe essere rappresentato dall'invio di
notizie o tracce, od altre indicazioni, soprattutto di nuovi
rinvenimenti.
A. C.
___________
[1]
Delarc, Histoire des Normans dans l'Italie meridionale,
Parigi 1833, p.170; Giovanni Villani, Cronaca, Firenze 1854,
vol. I, cap. 60, p. 83; Lorenzo Giustiniani, Dizionario
geografico ragionato del regno di Napoli, Napoli 1797, vol.
II, p. 79.
[2]
Il cardine limitrofo est si trova leggermente spostato verso
sinistra, forse per una diversa e più antica
parcellazione del territorio.
Da centuria, comprendente cento jugeri; maglie quadrate di
lato 2400 piedi romani-(710,4 m )-.
[3]
Cfr. Raffaele Calvino, Diocesi scomparse in Campania, Napoli
1969, pag. 84 - Cfr. Aniello Gentile, La romanità
dell'Agro Campano alla luce dei suoi nomi locali, tracce
della centuriazione romana, Napoli 1955. L'articolo è
interessante per la proposizione del nuovo orientamento dei
tracciati del territorio a sud del Volturno.
[4]
Cffr. Werner Keller, La civiltà etrusca, Milano 1981,
pag. 85, e Romolo A. Staccioli, Storia e civiltà
degli estruschi, Roma 1984, pag. 175.-Vedi anche oltre
-.
[5]
Cfr. R. Calvino, op. cit., pagg. 36-37. Il villaggio di
Sanctum Paullum at Averze compare in una donazione del 1022
di Pandolfo, principe di Capua, al monastero di san
Salvatore in insula maris.
[6]
Per le strade romane passanti per il centro urbano di Aversa
vedi Luciana di Lernia, Storia urbanistica di Aversa, pp.
30-38, in Napoli Nobilissima, vol. XIV, fasc. I,
gennaio-febbraio 1975. Cfr. inoltre Gaetano Corrado, Le vie
romane da Sinuessa e Capua a Literno, Cuma, Pozzuoli, Atella
e Napoli, Aversa 1927. Le strade, partendo dal nucleo
originario, sono rintracciabili dalle sovrapposte reti
viarie di piazza Normanna, via Castello, piazza Castello
(attuale Trieste e Trento), via Abenavolo e via Borgo per il
tratto nord, di piazza san Paolo, via san Girolamo, altra
via scomparsa, attualmente occupata da un'insula, via
Vittorio Veneto, Porta Nuova e via Costantinopoli per il
tratto sud; per il tratto est via Seggio ed altra strada
scomparsa, mentre per il tratto ovest piazza san Paolo, via
Volturno, via san Nicola, via santa Lucia.
[7]
E' fuori discussione come aree sacre pagane siano
successivamente appartenute ad edifici cristiani. L'esempio
più significativo è costituito dalla basilica
di sant'Angelo in Formis, in origine area del tempio di
Diana Tifatina.
[8]
Versaro in Liburia, anno 1002, in Gaetano Parente, Origini e
vicende ecclesiastiche della città di Aversa, Napoli
1857, vol. 1°, pag. 212.
[9]
Verzelus sarebbe identificabile con Versaro in quanto,
secondo i pochi documenti nei quali vengono citati, si
trovano collocati nella stessa area. Cfr. Giovanni Villani,
Croniche de la Inclita Cità de Napole emendatissime,
con li bagni de Pozzuolo e Ischia novamente ristampate,
Napoli 1526 in Raccolta di vari libri ovvero opuscoli
D'Historie del Regno di Napoli, Napoli 1680, pag. 42, cap.
LX.
[10]
La maglia della centuriazione corrispondeva a particelle
quadrate i cui lati misurano circa settecentodieci metri
l'uno. I tracciati seguivano andamenti nord-sud e est-ovest.
Cfr. W. Keller, op. cit., pag. 146.
[11]
Secondo R. A. Staccioli, op. cit., pag. 182, le prime otto
città dei dodici popoli etruschi in Campania
sarebbero da identificarsi con Capua - odierna Santa Maria
Capua Vetere, in etrusco latinizzato Volturnum -, Nola,
Acerra, Nocera, Pompei - forse anche Suessola -, Ercolano,
Sorrento e l'anonimo ma più importante centro di
Pontecagnano, forse Markina.
[12]
Per il rito di fondazione della città etrusca cfr.
Werner Keller, op. cit., pag. 85. E' interessante notare,
tra l'altro, come al centro della nuova città,
all'incrocio delle due strade rettilinee di andamento
nord-sud est-ovest (vedi anche, in questo stesso articolo,
la nota 6), venisse scavata una fossa molto profonda, quasi
un pozzo, che serviva da legame fra il mondo dei vivi e
quello dei morti, e conduceva alle potenze dell'abbisso;
tale fossa fu chiamata mundus, la «porta degli
inferi», come informa Varrone. E' interessante,
inoltre, notare come un nome simile appartenga alla
tradizione locale, "abbasc 'o munno", proprio ad indicare
cavità del sottosuolo cittadino non del tutto
conosciute.
[13]
Il frammento più grande, lungo circa 100 cm, si
presenta di forma triangolare con una figura centrale
mostruosa avente le estremità inferiori serpentiformi
-forse una divinità marina o Charun -; ai lati vi
sono due figure - Nereidi (?) -. L'altro frammento comprende
alcuni caratteri maiuscoli interpuntati di ignoto
significato.
[14]
Della fibula menzionata se ne riporta la foto che
rappresenta, anche, l'unica testimonianza dell'oggetto
venuto in possesso di alcuni cultori locali e rinvenuta in
una tomba a nord di Aversa, non molto distante da Ponte a
Selice. Quasi tutti i caratteri riportati sono del lineare
B, preellenici.
[15]
Lungo la strada Campana, e nelle immediate vicinanze, sono
state rinvenute numerosissime tombe con interessanti arredi.
Alcune tombe di guerrieri, oltre alle normali suppellettili
di vasellame vario, contenevano punte di lance, elmi e
pugnali. Di questi reperti sono ricchi i deposito di alcuni
musei come quello archeologico di Napoli e quello Campano di
Capua.
[16]
Cfr. Massimo Pallottino, Etruscologia, Milano 1984, pag.
508.
[17]
Cfr. Daniele Sterpos, Comunicazioni stradali attraverso i
tempi, Capua-Napoli, Roma 1959, il quale si riferisce agli
Itinerarium de Brugis, in Hany E.: Le livre de la
description des pays, ecc., Paris 1908, pag. 192.
[18]
Cfr. R. Calvino, op. cit., pag. 36. Clanis, Glanis, Glanius
o Clanius deriverebbe da Clani, uno dei centauri ucciso da
Teseo. Secondo altri il nome deriverebbe dalla voce greca
Clanis, viola, fiore che abbondava sulle ripe del fiume. Il
fiume Clanio sgorga da Riullo e da Menfito - Domenico Lanna,
Frammenti storici di Caivano, Giugliano 1903, pagg.
77-78-.
[19]
Il corso attuale del Clanio, secondo il Barionovo, Tavola
Corografica, riportato da D. Lanna, op. cit., pagg. 80-81,
non era quello primitivo in quanto il ruscello deviò
corso sul principio dell'Era Cristiana.
[20]
E' interessante osservare come nelle numerose battaglie
antietrusche il «tiranno» siracusano Gerone,
intervenendo in favore di Cuma, non riesce a distruggere la
flotta etrusca nelle acque di Capo Licola, presso Cuma; la
flotta di cui si tratta non si sa a quale città o
federazioni di città appartenesse. Poteva benissimo
appartenere alla confederazione dei popoli etruschi
dell'area liburiana in quanto tale area aveva come unico
sbocco fluviale in mare il fiumicello Clanius, in quel tempo
navigabile (Strabone ritiene il Clanio navigabile, in D.
Lanna, op. cit., pag. 77). A conferma della
navigabilità del Clanio, nei pressi del cenobio
benedettino di san Lorenzo di Aversa, furono rinvenute delle
grosse barche - attualmente se ne conserva ancora un
bell'esempio - quali antichi ricordi di un approdo.
[21]
Dionigi d'Alicarnasso riferisce che nella LXIV Olimpiade,
anno 520 a. C., le acque del Clanio si videro
indietreggiare. Tanto dovette avvenire a causa di qualche
grossa marea che impedì il libero scaricarsi delle
acque nel mare, come spesso avviene ad altri fiumi, in D.
Lanna, op. cit., pagg. 79-80. Tale situazione dovette
verificarsi più volte tanto da rendere la zona
malsana e inabitabile.
[22]
Savignano è ricordato fin dall'anno 919, in G.
Parente, op. cit., vol. I° pag. 210.
[23]
Sant'Agathae è riportato già dall'anno 1002,
in G. Parente, op. cit., vol. I° pag. 212.
[24]
Del borgo che prende nome dall'omonimo cenobio si hanno
notizie contrastanti in quanto il plesso viene confuso quasi
sempre con il cenobio di san Lorenzo presso la porta sud di
Capua. A tale proposito cfr. anche il nostro articolo, sulla
Voce della Campania, n. 19 del 7 dicembre 1975, che mai come
adesso trova valida conferma, per l'attribuzione ad un
periodo precedente quello normanno del cenobio stesso per i
rinvenimenti emersi durante i recenti interventi
restaurativi della chiesa.
[25]
La civiltà etrusca si è sviluppata in stretto
contatto e contemporaneamente a quelle greca, romana,
umbro-sabellica, ecc. - Cfr. R. A. Staccioli, op. cit., pag.
26, per cui agglomerati di diverse culture non sono insolito
trovarli aggregati ai centri etruschi.
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