La fondazione di san Lorenzo ad Septimum(1)
sulla via pubblica(2)
di Aldo Cecere,
in "..consuetudini aversane", N. S., n. 4, pp. 4-23, 2006.
(Aggiornamento del 30 luglio 2001)

Considerazioni generali

               L'idea della contemporanea presenza di due cenobi benedettini - mi riferisco a quelli laurenziani di Capua e di Aversa - poco lontani l'uno dall'altro mi ha provocato sempre dei dubbi per vari motivi che di seguito indicherò in quanto non supportati da valide e chiare motivazioni, così come riportato in alcuni documenti riferiti all'XI secolo che, come vedremo in appresso, hanno causato legittimi dubbi sorti sin dagli inizi della costruzione del monastero aversano causando a volte accese dispute giunte a noi in particolar modo nel XVIII secolo tanto che ancora attualmente non si conosce una chiara visione che giustifichi l'imponente presenza del cenobio sul nostro territorio. Difatti è poco consistente il ragionamento portato dagli storici che si sono interessati del caso sull'idea della presenza di entrambi i monasteri in un ristretto lembo di territorio, ricadente, in origine, nella diocesi capuana, soprattutto perché i complessi conventuali hanno goduto, nel medesimo periodo, di laute e lucrose donazioni per la rilevante importanza di stato giuridico "nullius", cioè di completa indipendenza dalle diocesi in quanto soggetti direttamente alla Santa Sede.
               Uno studio recente condotto dall'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise sull'area conventuale di san Vincenzo al Volturno (3), un manoscritto del 1841 (2 febbraio) di un monaco dell'Abbazia di san Lorenzo ad Septimum, forse de Totu (4) e, in particolar modo il documento di Aloara del 988 pubblicato su questa rivista a cura del prof. Santagata (5), documento che in appresso analizzeremo, nonché vari altri documenti e scritti più volte dibattuti per confutare l'antico diritto nullius dell'Abbazia di san Lorenzo ad Septimum dalla Diocesi di Aversa (6), ed altre ricerche come la rilettura di alcuni passi di Parente, il quale ritenne una pretesa dei monaci quella dei loro rapporti con gli omologhi di san Vincenzo al Volturno - come in appresso vedremo tale presunta pretesa si fonda su chiara documentazione - mi hanno convinto a riconsiderare il problema dalla presunta esistenza di uno dei due cenobi, di quello capuano per intenderci, e riporlo ad uno solamente, cioè quello di san Lorenzo ad Septimum dell'omonimo borgo di Aversa.

1 - Aversa, San Lorenzo ad Septimum. Pianta della basilica

Osservazioni preliminari

               Mi pare interessante iniziare l'elaborazione dell'assunto interpretando, con un efficace esame stilistico, lo schema tipologico della seconda stratificazione della chiesa di san Vincenzo al Volturno (Tav. 2), che, come vedremo, tanta parte ha avuto nello sviluppo della nostra chiesa di san Lorenzo. Si valuteranno poi le rispettive attinenze morfologiche, rapportando entrambe le strutture alle rispettive epoche di costruzione. Infine affronteremo l'intricato problema dell'assegnazione del nostro convento di san Lorenzo al territorio capuano, territorio solo successivamente acquisito dai Normanni aversani, il tutto affidandoci alla documentazione esistente seguendo, comunque, un rigoroso ordine filologico.
               In effetti, il lavoro che mi accingo a sottoporvi, si è basato solamente su quanto mi è stato possibile consultare, ciò che prefigura una necessaria lamentela: mi è stato più volte negato di visionare le relazioni del Convegno di Studi sul Romanico Aversano degli anni '90, durante il quale - solo a titolo informativo - vi furono da parte di più oratori lusinghieri apprezzamenti delle mie scoperte sulla cattedrale, né mi è stato possible visionare gli studi del complesso di san Lorenzo sugli interventi di restauro della Soprintendenza di Caserta.


2 - San Vincenzo al Volturno. Pianta della chiesa Maggiore.


3 - San Vincenzo al Volturno. Cripta della chiesa maggiore.

              Come sempre accade dalle nostre parti, dove vige - per costume - una ottusa e inspiegata chiusura su tutto quanto riguarda la conoscenza e la diffusione di documenti indubbiamente preziosi e utili alla ricerca. E' normale che questi debbano essere tutelati dagli organismi preposti, ciò non vuol dire, però, nasconderli proprio perché costituiscono patrimonio della collettività.
               Quanto detto probabilmente mi indurrà, in un prossimo futuro, ad approfondire più dettagliatamente aspetti del caso non ancora del tutto chiariti. In questa escursione saranno affrontate solamente valutazioni di carattere generale - ma bastevoli a mio avviso - a supporto del mio assunto.

San Vincenzo al Volturno

               La Basilica di san Vincenzo al Volturno (Tav. 2), con il monastero dislocato in più strutture architettoniche, nasce, secondo il monaco Giovanni, che redasse il Chronicon Vulturnense intorno al 1130, seguendo più fasi di sviluppo. L'edificio più antico fu eretto sul posto di un Oratorio dedicato a san Vincenzo, che si vuole fondato dall'imperatore Costantino. L'antico convento, eretto probabilmente dal duca di Benevento Gisulfo II, intorno alla Ima metà dell'VIII secolo, comprendeva una piccola chiesa posta in un recinto pianeggiante, poco distante dal fiume Volturno.
               A seguito delle nuove scoperte, riconsiderando le nuove vicende dopo l'incendio del 10 ottobre 881 procurato dagli Arabi, l'area fu depredata e la chiesa rasa al suolo. I monaci, che furono costretti ad evacuare dalla zona diventata ormai insicura e facile preda di razzie, si allontanarono spostandosi in varie località: un gruppo di questi raggiunse Capua trovando asilo nel convento di san Lorenzo - del medesimo ordine Benedettino di quello di san Vincenzo -, costruito in un territorio a loro donato nel 703 dal duca di Benevento Gisulfo. Da qui i monaci, dopo 33 anni di sosta, nel 914, ritornarono, forse non tutti, nell'antico convento presso la sorgente del Volturno per ricostruirlo e ristabilirvisi definitivamente.
               La ricostruzione definitiva dell'area, con la chiesa più imponente della precedente, si protrasse per più di tre decenni, dalla fine del X agli inizi dell'XI secolo. A tale epoca appartiene la seconda stratificazione, quella emersa dai recenti scavi dell'Istituto napoletano. Una terza ricostruzione, che interessò un'area poco distante dalla precedente, ma più protetta e sicura, si ebbe alla fine dell'XI secolo, mentre la consacrazione, ad opera del papa Pasquale II, nel 1115.
               Prima e, molto probabilmente, anche durante la seconda costruzione della basilica, nei successivi assedi, i monaci continuarono a privilegiare la sede del territorio capuano, cioè quella che poi vedremo essere del settimo miglio, luogo ritenuto sicuro e protetto. Il monastero si trovava nei pressi di un borgo sorto all'incrocio della Consolare Campana, antica arteria, che unica Capua dalla omonima porta a Pozzuoli e a Cuma, con la via che in seguito sarà denominata Aversana.
               Il fatto della reciproca dipendenza del san Lorenzo con il san Vincenzo lo hanno sempre sostenuto i monaci dell'abbazia come riporta sia de Totu che Parente. Parente riferisce che il "Monistero e la badia cassinese di s. Lorenzo di Aversa pretendevano (i monaci), che rappresentasse i dritti del primitivo monistero di s. Vincenzo al Volturno, i cui monaci, quand'esso cadde in rovina, volgendo il X. secolo [dove già, dopo l'anno 881, avevano trovato riparo] si furono a Capua venuti, e quivi un altro edificarono [o ingrandirono] monistero denominato s. Lorenzo di Capua: amendue co' loro dritti incorporati ed annessi a questo di s. Lorenzo di Aversa: fondato, asserivano, in territorio capuano, ed anteriormente alla erezione della cattedra episcopale aversana...". La rivendicazione dei monaci non ebbe seguito e l'avanzata pretesa degli originari diritti, secondo Parente, era stata sostenuta per "la qualità di prelatura Nullius di primo ordine, onde sottrarsi, i monaci, dall'ordinario" (8).

 Il (presunto) san Lorenzo di Capua

              Il convento, con l'annessa chiesa, di san Lorenzo di Capua, di cui ci accingiamo a parlare, descritto dal monaco Michele Monaco nel suo Santuario Capuano (9), è stato riportato in più documenti di diversi periodi, e ritenuto come uno dei cenobi benedettini tra i più importanti del tempo (10).
              Secondo Michele Monaco il monastero di san Lorenzo, con l'annessa chiesa, fu iniziato prima dell'anno 981, da Pandolfo I, principe di Capua, e terminato, dopo la sua morte, dalla moglie principessa Aloara, nel 986. La reggenza del monastero fu affidata a "Iacobus venerabilis abbas", sotto l'arcivescovado di Adenolfo.
             Purtroppo di questo famoso e importante convento non si sono mai trovate tracce murarie e, se non vi fossero documenti a testimoniarne l'esistenza, ne avremmo dimenticato anche il nome (11). Proprio per la mancanza di tracce della sua esistenza è materialmente impossibile intraprendere un confronto stilistico col nostro di Aversa per indagare sulle eventuali analogie o dissonanze tra di essi, ciò che invece è ora possibile, dopo i recenti scavi e gli studi condotti, fare con quello di san Vincenzo al Volturno (12).
             Ê noto che la diocesi capuana estendeva i propri confini occidentali fino alle aree di Literno e del lago Patria. Confini derivati ab antico dal ducato, poi principato di Benevento, assorbito, dopo la scissione di questo, dal capuano, per cui, è d'obbligo dedurne che anche la zona del nostro convento di san Lorenzo apparteneva territorialmente al principato e alla diocesi capuana (13).
             Per quel che riguarda le donazioni dei documenti del 1087 e del 1097 ai monastero di Capua e di Aversa - le sole dell'XI secolo che farebbero presagire la presenza di entrambi i monasteri - è stato rilevato con opportuni riferimenti storici, già da qualche storico del '700, che essi, con qualche altro successivo sono falsi in quanto si riscontrano evidenti alterazioni (14). Per onestà di pensiero ho fatto cenno di tali documenti, rispolverati più di una volta in passato anche se degli originali non vi sono tracce, per dissipare qualche dubbio che avrebbero potuto provocare; questi non esistenti non posso ritenerli validi .
             Un ulteriore sostegno alla mia tesi la suggerisce la stessa posizione geografica di Capua medievale dove dalla planimetria si evince chiaramente che a nord è limitata da una naturale insenatura del fiume Volturno, mentre nelle altre zone, scoscese, da terrapieno di riporto. La città, che si erge su di una piattaforma, era dotata di tre porte dalle quali uscivano le strade che la univano con le città del territorio.
             Alle porte principali c'era quella "Capua" alla quale si aggiunse poco distante la "Nuova" che la univa al confine meridionale della Liburia, quindi a san Lorenzo ad septimum, poi ad Aversa; questa strada, Via Aversana (15), lambendo san Tammaro rasentava la fortezza di Casaluce per continuare poi per Borgo san Lorenzo dove si incrociava con la Consolare Campana, antichissima via di grande traffico che univa Capua antica - al settimo miglio da questa e al tredicesimo da Pozzuoli -. Da quanto valutato risulta abbastanza evidente che un complesso del tipo di san Lorenzo ad Septimum non avrebbe mai potuto essere costruito all'esterno della porta meridionale, come indicano i documenti "fuori porta Capua", per l'esigua estensione dell'area di assetto tra la porta e il terrapieno (Tav. 10).

Il documento di Aloara

             Il documento di Aloara del 988, o del 987 secondo de Totu, che segue un altro più antico di due anni, è per il nostro assunto molto importante non solo perchè indica chiaramente che il monastero fu costruito nella località di Serruniano (Ferruniano, Frignano) presso la chiesa di san Nazario, è altresì importante perchè su quel territorio vantavano ab antiquo diritti di proprietà i monaci di san Vincenzo al Volturno, ai quali territori, come risulta dai documenti ufficiali, se ne unirono altri della stessa Liburia, tutti donati nel 703 da Gisulfo duca di Benevento come riporta Peccheneda (16). Ancora più esplicito è un altro successivo documento nel quale è riportata la donazione ai monaci Vulturnensi di un terreno presso la chiesa di San Nazario in Frignano piccolo (17). Quanto asserito delle donazioni lo conferma lo stesso Parente che lo preleva dalla Cronica Vulturnense (18) allorquando elenca i privilegi dei monaci vulturnensi nelle località, esistenti prima di Aversa, della Liburia (Vedi nota 18).
             Il nome Serruniano del documento non può essere altro che quello di Frignano maggiore, in quanto ad esso viene associato la chiesa di san Nazario che è l'unica di al nome della Liburia meridionale appartenente a Frignano. A tale proposito Peccheneda dichiara espressamente che i nomi delle località in quel basso periodo subirono rilevanti alterazioni; nel nostro caso Serruniano indica Ferruniano, località che già compare in alcuni documenti longobardi. Peccheneda (19), parlando dell'Anonimo di Ravenna (20), riporta le testuali parole che delle località furono "guasti quasi tutt'i nomi delle Città ...".
             Riprendendo ancora il documento di Aloara, che sembra non essere stato mai trascritto e letto interamente, si evince alla fine della stesura, dopo l'elenco delle donazioni al monastero capuano (che vedremo essere quello di Aversa), che "questa chiesa [san Lorenzo di Capua] fu costruita nel vostro territorio.", cioè nel territorio di proprietà dei benedettini sul quale avevano i diritti, cioè di Frignano. Il documento citato è preceduto, come abbiamo accennato, da un altro documento ricordato da Peccheneda (21) del 964 nel quale compare, "petiis de terra ... ab alia terra Joanni de Ferrunianu pictolu. Alia S. Nazarii".
             Diventa ormai evidente e incontrovertibile che il monastero dei documenti del 964 e del 988 non può che essere quello di san Lorenzo ad Septimum per cui mi pare opportuno a questo punto avanzare alcune deduzioni in considerazione anche (ma direi soprattutto) di quanto emerso dagli scavi dell'abbazia di san Lorenzo alla fine degli anni '80 nei quali risulta evidentissimo il comune impianto costruttivo al san Vincenzo al Volturno, di cui abbiamo già fatto cenno. Diventa infatti quanto mai evidente sostenere che i monaci di san Vincenzo, dopo gli attacchi subiti, dovendo allontanarsi dalla sede d'origine, nelle diverse tappe, scegliessero il monastero di san Lorenzo ad Septimum, proprio perchè questo era stato eretto sul territorio di loro proprietà nei pressi di Frignano (22), situato al settimo miliare da Capua antica.
             È opportuno inoltre ricordare che nelle antiche donazioni, longobarde e normanne, non è raro trovare chiese e monasteri di località molto distanti dalla sede principale indicate come appartenenti a tale sede capoluogo; ciò che senza dubbio dovette verificarsi per il monastero di Aversa citato come di Capua.


4 -. Aversa. San Lorenzo ad Septimum. Parte dell'abside centrale del coro.

5- Aversa. San Lorenzo ad Septimum. Strutture romane e medievali e tombe della navata centrale.
San Lorenzo ad Septimum (Tav. 1)

                Il manoscritto di H. de Totu, che in parte abbiamo pubblicato su queste pagine (23), descrive minuziosamente la nascita del monastero aversano, nascita che non si deve ai Normanni, come erroneamente riporta l'epigrafe marmorea del 1728 della chiesa, e come si continua ancora a sostenere da più parti, per i motivi ampiamente esposti e descritti dal nostro cronista nel suo prezioso lavoro, nonchè per i rinvenimenti archeologici degli ultimi scavi (1985-1990), che hanno ridisegnato l'antico assetto della basilica. De Totu sostiene - secondo noi a ragione -, che le prime celle del nostro monastero risalgono al medesimo periodo dell'erezione del monastero capuano, cioè tra gli anni che precedono il 981 e il 986, e lo ipotizza successivamente occupato dall'abate capuano, cioè costruito nella seconda metà del X secolo, periodo in cui furono iniziati i lavori della seconda stratificazione di san Vincenzo al Volturno, che evidenzia, secondo i rilevi degli scavi, sorprendenti affinità col nostro san Lorenzo. Va però fatto un distinguo: quanto ritienuto da de Totu, che la chiesa e quindi il monastero siano stati ingranditi a più riprese, non può essere preso in considerazione, in quanto come si evince dalla configurazione delle fondamenta della chiesa emerse dagli scavi, risulta che la stessa nella costruzione ha seguito un normale e lineare sviluppo di un unitario progetto che non può che essere quello originario di ideazione, progetto che, d'altra parte, non può che risalire alla seconda metà del X secolo. Per quel che concerne la Bolla di Urbano II del 1092 essa non indica affatto la datazione di edificazione del sec. XI come ritiene de Totu. Infatti non si comprenderebbe come la parte absidale della chiesa, prefigurante quel tipo di sviluppo, l'attuale, possa essere stato progettato e sviluppato in più riprese. Con la grande chiesa, così come emersa, deve prefigurarsi un confacente grande convento che non esclude che tale sviluppo possa essere stato preceduto da una chiesa più ridotta e da un convento di poche celle precedenti il X secolo come testimoniano i resti archeologici (Foto 5).
                Un contributo notevole per stabilire con larga sicurezza la datazione di san Lorenzo ad Septimum è costituito dalle sorprendenti analogie architettoniche con il san Vincenzo; analogie che ci riportano alla data del diploma della principessa Aloara.
                Ecco le analogie. Dalla comparazione delle due strutture, di san Vincenzo e di san Lorenzo, emerse dagli scavi e riportate dai grafici delle rispettive planimetrie (Tavv. 2, 1), risulta che le rispettive aree basilicali di culto presentano, in entrambi i casi, un libero orientamento, non conforme alla norma delle normali chiese di culto, in quanto più rispondenti alle esigenze abbaziali - l'orientamento di san Vincenzo al Volturno prospetta il corso dell'omonimo fiume, mentre il san Lorenzo, una ramificazione dell'antico Clanio, che defluiva nelle sue vicinanze -, seguenti quindi una collocazione planimetrica più utile alle necessità dei monaci. In entrambe le chiese è seguita una analoga suddivisione longitudinale delle navate terminanti in entrambi casi con absidi semicircolari, di cui la centrale più ampia e profonda. Il piano del presbiterio delle chiese è rialzato di oltre un metro dal piano delle navate: su di esso trova "la sistemazione l'area presbiteriale, con la pergula, cripta e le rampe di accesso al presbiterio".
                Inoltre entrambi i templi sono preceduti, da un quadriportico o "Paradisus" nel san Vincenzo e, da un'area quadrangolare, nel san Lorenzo. Addossata alla facciata d'ingresso delle chiese, antistante le basiliche, era collocata una torre con un portico (nartex) nel san Lorenzo e due torri poste leteralmente nel san Vincenzo. Una delle torri del san Lorenzo, crollata, fu ricostruita, con funzione di torre campanaria, nel XV secolo, nel lato sinistro del breve transetto. In effetti tale nuova costruzione ha interrotto definitivamente l'armoniosa prospettiva della terza abside.
               Alle analogie sopra riferite bisogna aggiungere le dimensioni delle stesse chiese che, con l'esclusione del quadriportico, sono essenzialmente similari: il san Vincenzo misura circa 65 metri di lunghezza per 29 di larghezza, il san Lorenzo, escludendo le cappelle laterali costruite successivamente, 70 per 30 (Tavv. 2, 1). E cosa veramente singolare che accomuna in modo inequivocabile le due fabbriche è la presenza sul sagrato, presso gli ingressi principali, di numerose tombe risalenti all'alto medievo (VIII-X sec.) che in Aversa occupano anche parte dell'interno. (Foto 6, 7)
               Inoltre sono simili le pavimentazioni in opus sectile degli interni: nel san Lorenzo il disegno si presenta con intrecci di rosoni di tipo cosmatesco. (Foto 9)
               Ma vi è di più. Ciò che rendono dipendenti l'una dall'altra e accomunano le duebasiliche sono le relative cripte (24) o cimiteri degli abati che presentano un medesimo schema cruciforme con corridoi coperti da piccole volte a botte. Queste sottostavano al piano dell'altare maggiore dove, in quello di san Lorenzo era ancora esistente, negli anni '60, la "fenestrella confessionis", sorta di finestrino retrostante l'altare dal quale era visibile la tomba del martire (o dell'abate) posto nella cripta sottostante. (Foto 3, 4)
               Gli schemi planimetrici di entrambe le basiliche derivano da quella romana di san Pietro, di epoca costantiniana (324) demolita agli inizi del Cinquecento per dar posto all'attuale rinascimentale bramantesca.
               C'è infine da ricordare l'esistenza, nell'area del nostro monastero, di un'antica cappella (o chiesetta) dedicata a san Vincenzo, la quale dimostrerebbe una diretta correlazione tra le basiliche di san Vincenzo al Volturno e il san Lorenzo, costruita forse durante la permanenza dei monaci vulturnesi nel convento aversano a memoria del loro santo (25).
               Come per san Vincenzo al Volturno, dove, negli scavi, sono emerse strutture romane e paleocristiane, anche in san Lorenzo, negli scavi del 1985-1990, sono emerse nella navata centrale strutture murarie risalenti tra il I-II secolo a.C. fino al IX secolo (Foto 5, 8). Anche in questo caso si può ipotizzare che tali strutture, di cui i monaci avevano indicata la presenza in documenti del IX secolo da loro posseduti (26), siano servite a comunità religiose mentre le stesse tombe risalenti all'VIII-X secolo dell'area sacra cimiteriale sono giustificabili solo dalla presenza di comunità religiose, forse, già votate al martire Lorenzo.
               Con tali argomentazioni non si può far altro che accettare la tesi di de Totu secondo la quale la costruzione di san Lorenzo non si deve assolutamente ai Normanni; a codesti invece va attribuita la costruzione di san Paolo, come ebbi modo di dimostrare in alcuni studi editi dal 1970 in poi (27), per molteplici ragioni. In primis i Normanni non avrebbero mai potuto edificare il san Lorenzo in un territorio che non ancora possedevano. In quel tempo il territorio di san Lorenzo si trovava sotto la giurisdizione di Capua. In secondo luogo sarebbe stato quasi impossibile affrontare dagli stessi Normanni così enormi esborsi che le due grandi costruzioni richiedevano, il san Paolo e il san Lorenzo soprattutto perchè in quei tempi codesti erano intenti a fortificare la città con forti mura e opere difensive. Inoltre - ma io direi soprattutto - per la difformità degli schemi compositivi delle due chiese, del tutto diversi tra loro, il san Lorenzo non è assolutamente aggiudicabile a loro. Il san Paolo segue uno schema di tipo deambulato con cappelle radiali intorno al coro da poco introdotto in Francia, mentre san Lorenzo privilegia l'antico schema della seconda stratificazione di Cluny, a sua volta derivato da san Gallo e, ancor prima, da quello costantiniano di san Pietro in Roma. Il nuovo schema deambulato di san Paolo, risalente al 1030, se fosse stato già conosciuto alla comunità conventuale di san Lorenzo sarebbe stato scelto senza indugi perchè era più confacente, più idoneo alle loro aspettative e quindi certamente scelto per la basilica (28), d'altra parte è noto che le maggiori chiese conventuali d'Europa sorte in quei periodi con la comparsa del nuovo schema deambulato si operarono tutte ad adottarlo.


6 - San Vincenzo al Volturno. Tomba alto-medievale con scheletro.


7 - Aversa. San Lorenzo ad Septimum. Scheletro di una delle tombe della navata centrale della chiesa.

Il territorio di san Lorenzo

                Ritornando all'individuazione del sito di costruzione dell'abbazia di san Lorenzo e ricordando quanto già rilevato da de Totu, ovvero riportando la sua erezione agli ultimi decenni del X secolo, si rimane più che convinti di assegnare ad un'unica sede territoriale le abbazie di san Lorenzo di Capua e di quella ad Septimum di Aversa a quest'ultima dell'omonimo borgo. Quanto detto non invalida la tesi secondo la quale quaando si parlava del san Lorenzo di Capua ci si riferiva ad un'altra chiesa, al san Lorenzo ad Crucem della medesima città (29).
                Per quel che concerne il nome Aversa bisogna dire che non compare nei documenti in quanto nel territorio tale nome, che designava l'antichissima città di Velsu, che origina Aversa (30), era del tutto scomparso, anche se la posizione la indicava un Castello, ricordato da Giovanni Villani nella sua Cronaca, come dei Napoletani (31). Il castello, non avendo caratteristiche geografiche tali da essere considerato un caposaldo nel territorio e appartenente ai napoletani, nella documentazione ufficiale viene ignorato; di qui il monastero di san Lorenzo nelle sue prossimità, ma in territorio capuano, viene indicato come capuano, ovvero presso la porta omonima a sud della città, sulla Via Pubblica che io ritengo essere il Borgo san Lorenzo di Aversa (32).
                Di questo avviso è anche il parroco Massari, che nella sua "inedita risposta alla memoria raggionata dato alla luce per la qualità Nullius per la Badia di S.n Lorenzo", della metà del XVIII secolo, rifacendosi alla Cronaca Cassinese di Leone Ostiense - il quale non registra alcun monastero Capuano di san Lorenzo - lo ritiene inesistente citando tra gli esistenti in Capua solamente quello di san Benedetto, situato presso la porta nord di sant'Angelo, edificato nell'anno 915.
                A sostegno di quanto asserito circa la fondazione del Monastero di san Lorenzo di Aversa anche padre Abate Lucenti (Italia Sacra. T. I, fol. 383, riportato da Pratilli), lo riporta fondato nel X secolo (33).


8 - Aversa. San Lorenzo ad Septimum. Strutture romane e medievali e tombe della navata centrale.
9 - Aversa. San Lorenzo ad Septimum. Tratto di pavimentazione di tipo cosmatesco.
Qualche ulteriore riflessione

                   Alcune elementari considerazioni, oggetto di studio, bisogna pur farle: vi parrebbe mai accettabile il sorgere e la presenza di una fabbrica tanto imponente da invidiare qualsiasi altra costruzione dell'epoca, fin dall'inizio, per il ruolo assunto di centro monastico culturale tra i più rilevanti del Mezzogiorno d'Italia completamente iignorata da tutta la documentazione ufficiale dell'epoca? Non poteva forse trattarsi del nostro san Lorenzo ad Septimum quando si citava il monastero capuano?
                   Quanto costruito è la tesi scaturita, come abbiamo sopra riportato, da una moltitudine di fattori, tutti validi per il sostegno dell'assunto da me avanzato. Non c'è mai stato un cenobio capuano di ordine benedettino di san Lorenzo, né tantomeno della sua imponente chiesa. In effetti tali riporti continuati negli anni di falsi documenti sono serviti solamente a confondere le idee dei nostri cronisti, che fin dal XIII secolo, che poi sarebbero continuati in particolar modo nel XVIII, i quali sono stati coinvolti e dissertato con dotte elucubrazioni, ritenendo che la fondazione del complesso aversano era dovuto ai Normanni, escludendo sempre che quando si parlava del convento capuano si intendeva quello aversano. Gli scavi archeologici - prove inconfutabili ce ne danno ragione!
                   Ora è opportuno riconsiderare che quanto scritto e asserito nei lunghi secoli per il monastero capuano deve trasferirsi a quello aversano: la sua fondazione dalla principessa Aloara, i personaggi illustri che vi hanno dimorato, la presenza di notevoli abati che vi hanno svolto attività di impeccabile proselitismo comunitario, come la presenza di sant'Ademario, suo primo abate, la cui vita scrisse Pietro Diacono, e molto altro ancora.


10 - Planimetria di Capua medievale.

Note:

            (1) Septimum indica il settimo miglio partendo da Capua della Consolare Campana, strada che univa Capua antica a Pozzuoli e a Cuma; la località corrisponde all'attuale Borgo san Lorenzo.
            (2) La via "Publica" corrispondeva alla via Aversana; strada che dalla Porta Nuova di Capua medievale portava a Borgo san Lorenzo e ad Aversa. La strada è ricordata da Giancarlo Bova in, La vita quotidiana a Capua al tempo delle Crociate. Napoli. 2001, pag. 13.
            (3) Uno stralcio dello studio è apparso sul sito Internet "http://www.sanvincenzoalvolturno.it/" nel quale compaiono per la prima volta i grafici della
            (4) Forse H. de Totu; il manoscritto di oltre ottocento pagine si conserva nella Biblioteca della SS. Trinità di Cava dei Tirreni. Questa rivista ha riportato una prima parte del Manoscritto sui numeri: 55-56 del 2001; nella n. s., anno 2003, e anno 2004, e su quest'ultimo numero.
            (5) Leopoldo Santagata, Il Thesaurus, in consuetudini aversane. Anno VI, n. 18, 1991-92, pagg. 18-24.
            (6) Il diploma di Aloara dell'anno 986 è riportato nel Thesaurus del XVIII secolo. Cfr. ..consuetudini aversane, n. 18, anno '91-92. Inoltre cfr. le lettere di Aletino a Filatete nella medesima rivista, n. 9/10, '89'90 (entrambi gli articoli sono stati curati dal Prof. L. Santagata).
            (7) Qualche notizia sul restauro dell'abbazia aversana l'ho attinta dalla pubblicazione della Soprintendenza di Caserta e Benevento, Terremoto e Restauro, 1990, nella quale, al grande complesso abbaziale, sono destinate solamente pochissime pagine.
            (8) Cfr. Gaetano Parente, Origini e vicende ecclesiastiche della Città di Aversa. Vol. 2, Napoli 1858 pp. 289 e segg.
            (9) Michele Monaco, Santuario Capuano, Napoli 1630.
            (10) Gaetano Parente (Op. cit. Vol. 2, pp. 289) ci informa che in uno istrumento di permuta dell'anno 886, conservato dai monaci di san Lorenzo di Aversa, è già riportato il monastero di Capua.
            (11) Il convento di san Lorenzo, come quello di san Vincenzo al Volturno, compare nelle "Pergamene di Capua", 1960, curate da Jole Mazzoleni, seguito poi, per l'individuazione, da "Il Centro Antico di Capua", 1972, a cura della Facoltà di Architettura di Roma. In quest'ultimo i due complessi sono collocati al di fuori della città rispettivamente presso porta sud di Capua e nell'area occidentale. Nelle pergamene non sono riportane le distanze dai conventi dalle rispettive porte, per cui, non essendosi ritrovata alcuna traccia dei conventi non si può escludere che la loro collocazione sia da ritenersi in altri luoghi, anche molto distanti dalla città.
           (12) Cfr. Mss di H. de Totu.
           (13) La relativa documentazione è riportata nel Manoscritto di de Totu.
           (14) Cfr. Lettere di Aletino a Filatete, a cura di Leopoldo Santagata, in ..consuetudini aversane, nn. 910, anno 1989-90, pgg. 34-54.
           (15) Giancarlo Bova, La vita quotidiana a Capua al tempo delle Crociate. Napoli 2001, pag. 13.
           (16) Francesco Peccheneda, Difesa della Originaria Esenzione della Cattedral Chiesa di Aversa ecc. Parte Seconda, XL, pag. CII., 30 luglio 1755, così cita: Nel 703. Gisulfo Duca di Benevento aveva nella sua potestà di qua dal Clanio le regioni, non solo di Atella, ma di Cuma, e Literno. Il dimostra una donazione, che fa di varie possessiooni, che al Ducato di Benevento si appartenevano, al Monistero di S. Vincenzo in Volturno. Si fa menzione in questa bellissima carta [vedi sotto] di Ducenta ancor oggi esistente a due cento passi distante d'Aversa: di Tortona, luogo sito al di qua del Clanio presso al lago di Literno, oggi chiamato di Patria: del Waldo, parola Lomgobarda, che conserva eziandio lo stesso nome, Galdo appellandosi, il quale quasi tutto l'antico fertilissimo territorio di Cuma comprende: e finalmente si fa menzione non solo del Laneo, oggi Lagno, o sia il Clanio, ma eziandio del frigido, oggi dinominato corrottamente Fridio da' popolari. Questo è un altro fiumicello, il quale da alcuni acquitrini sorgendo di qua del Clanio, presso a Vico di Pantano ne va tortuosamente a scaricar le sue acque nel lago di Patria; di che non fecero mai parola alcuna nè gli antichi, ne i moderni Geografi". Ecco il documento: "Nel Cron. Voltur. appresso Murator. Scritt. Ital., tom. I. p. II. pag. 347. Concessimus nos ... Gisulfus summus dux Gentis Langobardorum ... quem abemusin partes Liburiae loco qui dicitur Pantanu, per hos fines: Prima parte est via antiqua, quae de Ducenta venit, & sicut descendit via ipsa, & intrat in ipsum Pantanum & Silvam, & sicut descendit via ipsa, & intrat in ipsum Pantanum & Silvam, & Paludem conjunctam Laneo. A seconda parte via nihilominus antiqua, quae dicitur Vicana. A tertia vero iterum usque ad viam, quae est antiqua cum ipsa Piscina: & quamodo decurrit ipsa via: terras, & Waldum, & terram, quae dicitur de Tortona, & terras aliorum hominum, qui ibi affines sunt, & sicut incipit super ipsam piscinam, & qualiter revolvit circa ipsam terram de eodem Waldo, & jam dictam terram, quae dicitur de Tortona, & vadit ad ipsum Pantanum, & qualiter exit super ipsum Pantanum, & Silvam, & Paludem usque in ipsum Frigidum. A quarta parte autem usque in jam dictum Frigidum, & praedictum Laneum cum omnibus intro habentibus subter, vel super, quae dici vel nominari possunt.
            (17) Francesco Peccheneda, Op. cit, pag. CIV, riporta un documento dei principi di Capua, de LVI., del 964 prelevato dall'edizione della Storia dei Principi Longobardi dal canonico Pratilli, tom. III. dissert. de Liburia pag. 257. "petiis de terra ... Prima petia in loco Pisa. Alia in loco in terra de Plance ... Alias in Capu S. Archangeli. Alia, quam tenent homines de Paternu Alia ... de Tehore. Alia ... de Apranu. Alia de Casaluci. Alia de predicta Ecclesia S. Archangeli. Alia in terra longa. Alia juxta terram de Apranis ... Alia in loco S. Marcellini: ab uno latu terra de Neapoli, ab alia terra Joanni de Ferrunianu pictolu. Alia S. Nazarii. Alia in loco de Agelmundo in loco Polheca. Alio capu terra de Neapoli. Alia terra S. Petri, & Luiprandi, & Neapoli. Alia de Ciuttolo, & homines de Apranu. Alia de terra dee filii, & nepotes Domini Atenulfi Principis [Capuae] .. Alia Fetruajanu juxta terra S. Benedicti, Alia ad Cirosa, Alia ad Pollica. Alia in Ferrunianu pictolu ... in Ferrunianu majore. Alia terra Barasi alia in Scarupitu, & Sitrianu. Alia ad Parete, & homines de Rizzanu. Alia ad ipsa monumenta in Consulari extructa &c.".
            (18) Gaetano Parente, Op. cit, Vol. 1, pagg. 188, 189, 193, 199, 203, 204-205, 206 ecc.
            (19) Op. cit., pag.XCIV, nota (g).
            (20) Geografia, lib. IV. XXXIV. p. 216, vissuto nel X secolo.
             (21) Op. cit, pag. CIV.
             (22) Già ricordata, sia quella majore che il pictolu, in un documento del 964.
             (23) H. de Totu, Manoscritto in, ..consuetudini aversane, nn. 55/56, 2001 pp. 18-33; anno 2003 pp. 4859; anno 2005 pp. 53-61.
             (24) Ebbi modo di visitare i cunicoli e la cripta di san Lorenzo nei primi anni del 1960, allorquando incamminandomi nella basilica, scesi nel sotterraneo dalla terza cappella della navata aggiunta del lato sinistro, da alcuni gradini per raggiungere un lungo corridoio, largo circa 80 centimetri ed alto meno di 2 metri, per visionare la cripta. L'ambiente a cui ebbi accesso si presentava cruciforme, ed era costituito da corridoi voltati a botte; questo immetterva in una zona semicircolare - i confini dell'abside - dove si trovavano i caratteristici colatoi con poggioli di pietra sui quali venivano deposte le salme dei monaci prima di essere collocate nelle tombe. Nella parte centrale della cripta si poteva osservare, guardando verso l'alto, la luce che proveniva dalla fenestella confessionis collocata dietro l'altare del presbiterio.
             25) Cffr. Mss di de Totu; Aldo Cecere, Magna anima Aversae civitatis. 2004.
             (26) Cfr. Gaetano Parente, O. cit., Vol. 2, pp. 289 e segg.
             (27) Aldo Cecere, La chiesa cattedrale di Aversa, in Arte in Aversa. 1970, pp. 7-33, e successive integrazioni; cfr. dello stesso, Magna anima Aversæ civitatis, 2004.
             (28) La presenza di più cappelle avrebbe favorito contemporaneamente più uffici liturgici.
             (29) Forse san Lorenzo ad Crucem.
             (30) Cfr. Aldo Cecere, Magna anima Aversae civitatis. 2004.
             (31) Mss in, ..consuetudini aversane, anno 2001, p. 28, p. 32; cfr. inoltre Francesco Maria Pratilli, DellaVia Appia. Napoli, pag. 211.
             (32) Cfr. Gaetano Parente, O. cit., Vol. 2, pag. 289, parlando di san Lorenzo di Capua riporta parte della scritta dell'strumento dell'anno 886: intus hanc Capuanam civitatem propinque porta, quæ appellatur capuanam. Con proquinque non s'intendo forse nelle prossimità della porta, anche dopo alcune miglia? In effetti l'unico cenobio esistente sulla Via Aversana era proprio quello di san Lorenzo ad Septimum.
             (33) F. M. Pratilli, Op. cit., pag. 213.

             Le foto di pag., 6, 10, 14a, 18, sono dell'Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli. La tavola di pag. 17 è tratta da "Il Centro antico di Capua", di Ingrid Brock, Paolo Giuliani, Cristian Moisescu. Vicenza, 1973, pag. 95. Le altre foto sono indicate nel testo; quelle non indicate sono di proprietà dell'autore.

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