COSIMO CON UN BRACCIO.
A quell'epoca Coscimu c'un brazzu ( al secolo
Cosimo Pappalardo) aveva cinquant'anni e un solo braccio: l'altro glielo aveva
addentato e trinciato di netto, fino all'omero, la sega elettrica.( Infortunio
del mestiere, cose che capitano ai boscaioli, colpi della sorte, dissero allora,
i suoi paesani. Ma ci fu anche chi insinuo': colpa della sua minchineria! come
si puo' continuare a lavorare con la sega elettrica, intanto che un mulo scarica
calci all'impazzata? Un mulo in segheria? direte voi. Sissignore, un mulo!
il mulo di don Alfio u carbunaru, che si imbizzarri' proprio dentro la
segheria, intanto che il padrone scaricava dal carro tronchi di castagno. Tutti
i presenti si misero al sicuro, fuori, all'aperto; solo Coscimu rimase al suo
posto, a lavorare come un...mulo, e a prendersi quel calcione nel didietro, che
lo scaravento' contro la lama dentata della sega in funzione).
Quel giorno era domenica, ed egli se ne stava
sdraiato sul suo lettuccio a fumare e a digerire il coniglio arrosto, quando il
suo sguardo vitreo si poso' sul soffitto e vide il terremoto! Il terremoto?
peggio del terremoto! Era una fessura che partiva dal lato del Castagnazzo e
finiva nell'altro lato della casa: bella, saettante, netta netta, infame!
Coscimu salto' giu' dal letto, sali' su una seggiola, balzo' sul tavolo ed
esamino' da vicino la "malanuova": e si! Era proprio una fessura, una
maledetta crepa, e non fuliggine, come lui aveva, fino all'ultimo, sperato che
fosse. Scese dal tavolo sconvolto. Com'e' possibile? - pensava - com'era
possibile che una piccolissima, insignificante, microscopica crepa potesse
minacciare la sua vita? Com'era possibile che quella piccola carogna avesse il
potere di lasciarlo sul lastrico! senza un tetto! a quell'eta'! Lui, quella
casa, se la era costruita con le sue mani – su quel fazzoletto di terreno, che
gli aveva lasciato suo padre buonanima, alle falde dell'Etna, con quattro o
cinque castagni, tanta ginestra e un'infinita' di felci - con anni e anni di
duro lavoro, di tutti i suoi risparmi e di tanti, tantissimi beddamatrisantissima"; e adesso quella miserabile
fessura prometteva l'iradiddio! Perche'? Perche'! santuddiavuluni! Perche'? E
perche', avrebbe risposto il santodiavolone di turno, tu fosti cosi' imprudente
( leggi: minchione!), da costruire la casetta appoggiandola al castagno. E i
castagni sono alberi e gli alberi col tempo crescono, vero o no? Coscimu sudava
freddo e guardava minaccioso quella fenditura che prometteva di spaccargli la
casa esattamente a meta'. Che fare adesso per contrastare quel castigodiddio? E
si mise a passeggiare nervosamente per la stanza,
almanaccando sui fatti:
- Il Castagnazzo e' certamente il
responsabile, non ci sono dubbi! Egli sta provocando il finimondo, e qui non ci
piove! La situazione e' delicata Castagnazzo del mio cuore; e, volenti o
nolenti, dobbiamo esaminare le nostre reciproche responsabilita'. Tu lo sai che
sei il sostegno della mia casa, quindi della mia vita. Sai pure che ti voglio
bene, per questo ti scelsi fra tanti: eri bello, dritto, superbo in gioventu';
ora nella maturita' sei regale nell'aspetto. I tuoi pampini mi hanno protetto
dalla calura e i tuoi rami mi hanno riparato dalla neve e dalla grandine. Ed io
di te sono fiero e ti rispetto come rispetterei mio padre buonanima, e tuo ex
padrone. Ma ora, guardiamoci in faccia! ora
stai minacciando la mia casa e me stesso. Capisci? mi stai demolendo quella
casetta che fin'ora hai protetto. Ed io che faccio? che posso fare? Posso
restare impotente a guardare il tuo tristo operato? Posso assistere, con le mani
in mano, a questo delitto, commesso proprio dal mio piu' caro amico?
E che amico sei, se mi scassi la casa?
Non sei piu' un amico allora. Sei un'anima nera, un traditore, una cosa
"fitusa"! Certo, tu potresti dirmi: E a te chi te lo disse di
costruire la casa addosso a me? Posso io non crescere?
Posso andare, per farti piacere, contro la mia stessa natura? Bella
schifezza hai fatto, Coscimu c'un brazzu! E adesso mi ritieni colpevole, e
pretendi che il tuo errore lo paghi io?
- Ma quale errore?
non ti lasciai un po' di gioco?-
- E vuol dire che fu poco. Noi cresciamo,
siamo secolari, nessuno te l'ha mai detto?-
- Scopristi l'America! Certo che lo so'. E
appunto per questo che mi appoggiai a te, confidando nella tua protezione, nella
tua forza. Fu come per buon augurio, semmai. E, se sei onesto, devi ammettere
che ti fece pure piacere.-
- Piacere? Scoppiai dalla gioia! Eccome! Mi
feci pure piu' dritto per assecondarti; alzai i rami per non infastidirti, e
ammonii tutt'intorno: non disturbatelo! E si! anch'io mi lascia coinvolgere dal
sentimentalismo: il figlio del mio amato padrone cercava la mia protezione -
altrimenti avrei dovuto impedirtelo. Certo non fu una saggia decisione, devo
ammetterlo.-
- Esattamente Castagnazzo. E adesso che
facciamo?-
- Questo non lo so proprio. Certo e', che me
ne hai dette di tutti i colori; e mi hai ripudiato per amico: Francamente non
pensavo che questa storia ci potesse mettere l'uno contro l'altro: la tua casa
contro la mia stessa vita. E' troppo. Ma, a questo punto, che si fa? che scelta
abbiamo? -
- Nessuna, Castagnazzo! Dobbiamo batterci: io
per difendere la mia casa, tu per non morire.-
- E ti sembra giusto? Non ci sarebbe un'altra
soluzione?-
- E quale! Pertuttiidiavoloni, quale! Qua le
cose sono due: o tu o io!-
- Sei proprio sicuro? Hai deciso proprio
cosi'?-
- Deciso e sentenziato!-
- Vuoi la lotta?-
- Lotta sia!-
- Lotta sara'.-
E l'indomani inizio' la famosa lotta tra
Coscimu c'un brazzu e il Castagnazzo.
Coscimu tagliava un ramo piccolo? e il
Castagnazzo gli procurava una staffilata in viso; quello segava un grosso ramo,
e l'altro gli provocava una rovinosa caduta dal ramo successivo; l'uomo
attaccava un ramone in basso, e il Castagnazzo gli sfondava la casa con uno
spezzone acuminato. Coscimu si legava al tronco per segava alacremente e in
sicurezza, e l'albero gli faceva trovare sul cammino della
lama, un grosso nodo che faceva sussultare,
ballare e imbizzarrire la sega, fino a slogargli la spalla buona. La botta e
risposta duro' tre giorni. Al quarto, prima di mezzogiorno, Coscimu, lazzariato
come un martire, finalmente taglio' gli ultimi rami dal grosso albero. Quindi si
concesse un po' di riposo: addento' il pane della sua frugale colazione, e si
mise a contemplare la sua opera.
- Allora Castagnazzo, che fai "assuppi"?
Non reagisci piu'? Che? ti arrendi?-
- Io, arrendermi? No, Coscimu mio, per adesso
fai, fai pure, poi...-
- Poi cosa? stai architettando forse una
diavoleria?-
- Sono un vecchio castagno, cosa ne so' io di
diavolerie...-
- Posso... crederci?.-
- Padronissimo.-
- Padronissimo, si! E non mi spaventi con le
tue velate minacce, sappialo! E adesso fine della discussione: attacco il tronco
e per te sara' la fine.-
- Vedremo...-
- Vedrai prestissimo. Per intanto incomincia
a vedere questa, che ne dici?-
- Cos'e' quell'aggeggio?-
- Questo aggeggio sarebbe una motosega, per
servirti.-
- Dovrebbe servire a me? E come si usa?-
- Si usa cosi': Si mette una mano qui,
un'altra li'...-
- Basta cosi'! Una mano qui, posso capirlo,
ma l'altra li' non lo capisco proprio. Tu sei Coscimu c'un brazzu, l'hai forse
dimenticato?-
- Ah, carognone, mi prendi pure in giro. Ma
aspetta e vedrai! Vedrai come ti serviro'! Anche con una sola mano! Ma allora
non mi conosci proprio proprio. Stai a vedere.- E Coscimu mise in moto
l'attrezzo che sbuffando e singhiozzando, fu trattenuto a stento dalla sua unica
mano.
- Attento, che ti fai male...-
- Pensa ai casi tuoi, tu! e "assuppa"
'sto regalino.-
- Ma questo e' sleale.-
- Questo e' progresso, Castagnazzo!-
E Coscimu, dopo aver dato quell'assaggio, si
mise subito al lavoro, per concludere l'opera al piu' presto.
Certo, segare un fusto di castagno di quasi
due metri di diametro con la motosega, e con un solo braccio, era un'impresa
rischiosissima, quasi disperata; o quantomeno al limite delle possibilita'
umane, per tutti, anche per boscaioli esperti. Ma non per Coscimu. Per lui,
incaponito, si trattava di un rischio abbondantemente calcolato e con tanto di
margine di sicurezza: infatti aveva fatto gia' un piano d'attacco. Che non
funziono'! Allora ando' a soggetto: provo' a tagliare a destra, quindi si porto'
a sinistra; poi con un conversione a "U" si riporto' a destra;
l'attacco' anche frontalmente; infine credette d'aver individuato il punto
debole, e penso' pure d'aver trovato anche la tecnica giusta per finire, al piu'
presto, il grosso bestione. E, da quel momento, procedette quasi con
religiosita', come se compisse un rito: oleo' per bene l'attrezzo; riforni' di
carburante il serbatoio; puli' la lama, e l'appoggio' cautamente nel punto
prescelto; mise una gamba sotto la motosega per reggerne meglio il peso; con
l'altra gamba si puntello' per benino ad una roccia; con la mano buona impugno'
la maniglia dell'arnese; e con un dito, infine, premette il pulsante
d'avviamento. E scoppio' la dinamite!
Ma non era proprio dinamite, era una grossa
pietra lavica, imprigionata fra le radici del grosso castagno, che al contatto
con la lama, fece impazzire la sega; e questa volo' via di controbalzo colpendo
Coscimu. L'urto violentissimo gli fracasso' la faccia e lo scaravento' qualche
metro
distante, proprio su uno spuntone di roccia
lavica viva, che gli si conficco' nella schiena!
- Castagnazzo, cos'hai combinato! - riusci' a
biascicare Coscimu tastandosi il viso insanguinato.
- Coscimu, Cosciminu, che ti sei fatto?-
- M'hai rovinato, Castagnazzo mio.-
- Mi dispiace, mi dispiace proprio. Non
sapevo... non volevo cosi'...-
- M'hai rovinato, m'hai rovinato...-
- Coscimu, ma anche tu hai rovinato me.
Guardami: mi reggo appena appena; m'e' rimasta quasi soltanto la corteccia. Non
sto certamente meglio di te, Cosciminu.-
- Ma tu il prossimo anno avrai nuovi
virgulti, alti almeno due metri.-
- Li avrei avuti, se tu non mi avessi
tagliato alla radice. Ma tu m'hai tagliato anche l'anima. Tu m'hai portato via
la vita. Addio Coscimu c'un brazzu.-
- Castagnazzo, Castagnazzo! Non morire... non
morire...-
Ma il Castagnazzo non rispose piu'. Coscimu
allora tento' d'alzarsi, ma si rese conto che era
praticamente paralizzato. Provo' a gridare
aiuto, ma con la mascella spappolata gli era impossibile emettere un suono.
Allora si guardo' attorno, cercando
disperatamente qualcuno, magari don Alfio, che a quell'ora andava a conigli nei
paraggi; ma s'avvide soltanto, con terrore, d'essere nella traiettoria di caduta
del grosso tronco del Castagnazzo: bastava un po' di vento ed era fatta! Allora prego' perche', almeno, non s'alzasse il vento.
Ma il vento si alzo'.
Coscimu, con gli occhi sbarrati, ad ogni
raffica, vedeva oscillare il tronco e la sua vita.
E arrivo', cosi', anche la decisiva raffica
di Levante, e il grosso Castagnazzo, con fragore di temporale estivo, s'abbatte'
al suolo.
Poi nel bosco di castagni piombo' il
silenzio: Tacquero gli uccelli, si placo' il vento, calo' la sera, sopraggiunse
la notte; sorse la luna nel sereno, e una luce bianca, smorta, fredda, si poso'
sull'erba umida di rugiada e sul tronco immobile del grosso Castagnazzo.
Quando i boscaioli ricordano quel fatto,
dicono che quella sera, in tutta la Montagna, fu udita una voce - forse la voce
del Castagnazzo - che liberava acute grida contro la natura e folli implorazioni
al cielo - dicono.
Si dice anche che quando si scopri' il fatto,
si noto' che il grosso tronco era contorto, quasi avvitato su se stesso; e chi
lo sa'- penso' qualcuno - forse fu
per schivare Coscimu c'un brazzu - dicono.