Questo è il testo del volantone (un quattro pagine) che diffonderemo
come Rete Operaia-Precari nati nelle fabbriche e aziende del bolognese.
Rete Operaia-Precari Nati
Numero speciale per l’astensione contro il referendum dei radicali
A qualcuno magari non ne potrà fregare di meno dell’ennesimo
attacco alla propria già tartassata condizione di lavoratore, mentre
si apprestano a liquidare l’ultima formale garanzia...
Chi è per il no…
Governo e sindacati, vogliono solo salvaguardare il proprio primato
nel peggiorare costantemente le nostre condizioni di lavoro, tramite la
concertazione e il rinnovo dei contratti nazionali di categoria. Questi
due ambiti sono stati gli strumenti privilegiati per introdurre e inasprire
da un lato le forme di precarizzazione: contratti di formazione lavoro
e d’apprendistato prima, contratti a tempo determinato poi, contratti interinali
a condizioni sempre più svantaggiate ora, dall’altro la flessibilità:
straordinari obbligatori durante i giorni della settimana, come al sabato,
grazie alla ‘banca ore’ prevista dai contratti nazionali e
dai pessimi integrativi aziendali. Le strategie sindacali hanno permesso
l’abbassamento costante del potere d’acquisto dei nostri salari agganciati
al tasso di inflazione programmata e sganciati dall’inflazione reale, erosi
drasticamente dalla costante riduzione del salario sociale godibile (assistenza
sanitaria, istruzione, trasporti pubblici, ecc.). Questo moderno
modello di relazioni industriali serve a stangare e quietare gli operai
quando non seguono alla lettera gli interessi dei padroni, mediati dai
sindacati, ci costringe a seguire pacificamente e acrobaticamente ogni
assurda richiesta padronale e ci attribuisce dignità e diritti solo
perché lo proclama un burocrate di palazzo od un capoccia sindacale.
Quale che sia l’esito dei referendum, i lavoratori meno tutelati, come
chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti, chi è socio-lavoratore
di una cooperativa, chi ha un contratto a termine e chi lavora in nero,
vedrà progressivamente annullata la speranza di una condizione formalmente
più tutelata e azzerati gli sforzi per raggiungerla. È evidente
come si stia cercando di far passare in ogni modo i contenuti dei referendum
‘sociali’ proposti da Emma Bonino. Tutti gli obbiettivi, che sia la totale
libertà di stipulare contratti a termine, la libertà d’azione
e lo sviluppo delle agenzie di collocamento privato o l’introduzione di
procedure meno brigose per lo smaltimento dei lavoratori, vengono ogni
giorno portati avanti nel più pacato spirito di collaborazione e
fratellanza dai nemici-amici di sempre. Bisogna ricordare che le proposte
di abolizione del licenziamento per giusta causa, dell’introduzione di
una franchigia rispetto al licenziamento per giusta causa per le aziende
sotto i 15 dipendenti che intendono superare questa soglia, nonché
le leggi che restringono fortemente i margini legali di auto-tutela e di
azione dei lavoratori, sono provenute proprio da esponenti dei Democratici
di Sinistra.
Chi è per il sì…
CONFINDUSTRIA ha colto la palla al balzo, lanciata dall’inseparabile
duetto di strilloni radicali Pannella-Bonino, più per esercitare
una forte pressione sulla classe dirigente che per volontà di lanciarsi
in uno scontro mortale con il potere sindacale subalterno, in tutto e per
tutto,
alla logiche dell’impresa. Mentre il centro destra ha giocato questa
carta per accattivarsi le simpatie del capitale nostrano e per proporsi
nei confronti di un ceto medio, sensibile al fascino indiscreto dell’azzeramento
delle garanzie dei lavoratori, come alternativa credibile al centro-sinistra.
Certo ci sono spezzoni padronali che premono per una maggiore intransigenza,
mentre altri sono più attenti ai benefici che il sindacato gli garantisce.
Chi ama la gara alla sfiga ed è precario può sogghignare
sadicamente pensando che il proprio compagno di lavoro assunto in pianta
stabile può essere liberamente licenziato, altri aderenti al partito
degli stronzi saranno ben contenti di minacciare i propri colleghi fissi
più ‘fannulloni’ e meno inclini ad assecondare l’azienda con minacce
del tipo: <<guarda che adesso possono licenziarti quando e come gli
pare!!!>>.
Asteniamoci !!!
La sostanza non cambia, o padroncini, capi-reparto, bottegai, poliziotti,
quadri aziendali, liberi professionisti, ecc. saranno chiamati a decidere
insieme ai lavoratori della nostra condizione per via referendaria, oppure
bonzi sindacali e notabili politici in combutta con i signori padroni,
decideranno l’ennesima dose di precarietà, mentre noi, o saremo
nuovamente spettatori paganti dell’ennesima farsa nei nostri confronti,
o facendo una significativa inversione di rotta contrasteremo quest’attacco
e sapremo conquistarci con la lotta quotidiana una vita più decente
di questa. Lo stato, attraverso il referendum, ci valorizza da un lato
come cittadini, facendoci credere di partecipare ai processi decisionali
dei suoi apparati, mentre ci prepara a stangarci come lavoratori!
Non lamentiamoci, organizziamoci!!!
Noi siamo convinti che potremmo cambiare qualcosa solo se ribaltiamo
i rapporti di forza reparto per reparto e azienda per azienda, organizzandoci
autonomamente con nostri mezzi e i nostri obbiettivi, rompendo la routine
industriale e la cappa di impotenza ed individualismo che ci divide e ci
schiaccia. Per noi stare meglio significa non dover sognare fantomatiche
vincite al lotto, significa non dovere fare gli straordinari od il doppio
lavoro per mantenere standard di consumo accettabili, significa non dovere
accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione per mandare avanti la
baracca, significa non dover accattivarsi le simpatie o almeno non attirarsi
le antipatie di capi e capetti inghiottendo rospi su rospi per avere rinnovato
il contratto, significa non doverci fregare della sicurezza e salubrità
dell’ambiente di lavoro, significa non delegare a nessuno la nostra tutela,
visto che siamo adulti e vaccinati, significa non dovere riversare le nostre
frustrazioni e le nostre fatiche sulle persone a noi più vicine,
ma riversarle su tutti coloro che gestiscono la nostra esistenza e sfruttano
il nostro lavoro. L’unico modo per fermare questa corsa spericolata verso
la totale subordinazione delle nostre vite alla produzione ed agli interessi
economici è nel porre con la lotta le condizioni per esercitare
un potere effettivo nei luoghi di lavoro valorizzando i nostri interessi
e la nostra collocazione produttiva. Finché sapremo accontentarci
di tirare sempre più la cinghia - secondo il principio: ‘meno ci
danno… Più ci accontentiamo’ - , finché ci accontenteremo
di trovare nelle varie forme di svago o abbrutimento le consolazioni che
ci ripagano di tanti sacrifici, finché continueremo a lamentarci
anziché organizzarci, lasceremo libero il terreno a chi altro non
ci chiede che lavorare e, al massimo, ci concede di mugugnare, sottovoce
e di nascosto. Pensiamo che il nostro consiglio di astenersi da questa
pagliacciata sia uno stimolo all’azione e non un invito all’inerzia, e
serve comunque a non far raggiungere il quorum, invalidando così
i referendum. ricordiamo comunque che tutti noi l’abbiamo onestamente
e involontariamente sostenuta con i soldi trattenuti dalle nostre buste
paga, compreso l’indennizzo ai radicali per le firme raccolte grazie al
lavoro nei banchetti di lavoratori interinali giovani e sorridenti.
Cosa si vuole cambiare con il referendum
Il referendum in Italia è "abrogativo", cioè si chiede
ai cittadini Italiani aventi diritto al voto se si vuole cancellare un
"pezzo" di legge.
Con il referendum proposto dai radicali si vuole abrogare l’articolo
18 dello "statuto dei lavoratori", che disciplina gli effetti del licenziamento.
Se per questo referendum si dovesse raggiungere il quorum (cioè
il numero di persone che va a votare è tale da rendere valida la
consulta referendaria) e se la maggioranza dei votanti votasse SI, cadrebbe
una importantissima tutela dei lavoratori assunti a tempo indeterminato:
l’obbligo da parte del padrone che licenzia individualmente un lavoratore
di riassumerlo se il licenziamento non è legale.
Vediamo dettagliatamente cosa prevede oggi la legge e come cambierebbe
dopo il referendum:
LA LEGGE SUL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE OGGI
Le cause per il licenziamento
Perchè un lavoratore possa essere licenziato deve compiere un
"notevole" mancanza nello svolgimento della "prestazione lavorativa", questo
farebbe scattare il licenziamento per "giusta causa" o per "giustificato
motivo".
La tutela "obbligatoria" e la tutela "reale"
Se un lavoratore viene ingiustamente licenziato, cioè il padrone
non ha una giusta causa ne un giustificato motivo per il licenziamento
la legge dispone due differenti tipi di "tutela" per i lavoratori, una
detta obbligatoria perchè fa nascere solo un obbligo monetario per
il padrone, una detta reale perchè prevede la reintegrazione del
lavoratore.
La tutela "obbligatoria" prevede che il lavoratore debba ricevere un
indennizzo monetario (da 2,5 a 6 mensilità di retribuzione per un
massimo di 14 mensilità per chi ha una anzianità superiore
a 20 anni), per cui si ricevono dei soldi ma si perde il posto di lavoro.
La tutela obbligatoria si applica a tutti i lavoratori assunti a tempo
indeterminato in imprese con meno di 15 dipendenti nel comune e meno di
60 dipendenti a livello nazionale.
La tutela reale prevede la reintegrazione nel posto di lavoro
e il risarcimento del danno pari alle retribuzioni perse, il lavoratore
può sempre scegliere al posto della reintegrazione una indennità
pari a 15 mensilità di retribuzione. La tutela reale si applica
a tutti i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato da datori
di lavoro (imprenditori e non imprenditori) che occupano nel comune più
di quindici dipendenti, oppure più di 60 dipendenti comunque dislocati
(cioè non occorre che i dipendenti siano nello stesso stabilimento).
SE VINCESSE IL SI
Nel caso vincesse il sì non sarebbe più valida la tutela
reale, cioè il padrone può licenziarti quando gli pare e
piace pagando una semplice indennità, visto che non ci sarebbe nessun
obbligo di riassunzione. Cosa significa praticamente per le nostre condizioni
di lavoro è facile immaginarlo, visto che si possono sbarazzare
di qualsiasi lavoratore "scomodo" quando gli pare, saremo costretti a vivere
con la paura del licenziamento accettando a causa di questo continuo ricatto
qualsiasi condizione lavorativa. I primi rompi coglioni a sparire sarebbero
gli operai più "attivi" in fabbrica (sindacalizzati o meno, i distaccati
non li può licenziare il padrone spetta a noi presto o tardi); le
mammine troppo feconde, le quali non possono essere licenziate durante
la gravidanza e un anno dopo la nascita, ma superato questo periodo gli
verrebbe indicato l’uscio. Non è che i padroni non hanno i figli
o sono contro le famiglie, però gli interessi economici sono una
brutta bestia e ci si può far prendere la mano facilmente. Che dire
di quelli che prendono l’aspettativa perchè un familiare sta male
e pretendono di ritrovare il posto di lavoro?
O di chi si ammala troppo spesso, magari perchè ha lavorato
20 anni in condizioni di merda in un reparto verniciatura o dietro una
saldatrice?
Insomma questo è il quadretto che ci disegna il nostro caro
padronato grazie ai populisti radicali. In bocca al lupo lavoratore, se
nonostante tutto le "superiori" ragioni economiche della nostra "cara nazione"
ti costringono a votare sì, vai bene a cagare, per noi è
più importante continuare la nostra opposizione al nostro sfruttamento
con chi ha ancora conservato un minimo di dignità umana. Lasciamo
il perbenismo e la tolleranza democratica a chi ci vuol credere, contro
un referendum che attacca le condizioni di vita dei lavoratori può
essere efficace solo una risposta di classe non un tiepido e civile No.
RETE OPERAIA
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