OROLOGI SOLARI E MERIDIANE
Michele Trobia
Gruppo Astrofili Catanesi

I principali trattati di gnomonica tentano di ricostruire la storia dell'orologio solare cominciando chi dalla preistoria, chi dai Caldei, chi dagli Egiziani, chi da altre civiltà. Nella storia dei popoli e delle civiltà esistono numerose documentazioni che attestano quanto antica sia la pratica dell'osservazione del Sole, in un primo tempo legata alla comprensione del fenomeno del giorno chiaro e della notte scura e successivamente alla definizione dei cicli stagionali, la determinazione dei quali era strettamente collegata alla attività agricola, specialmente quando, dal neolitico in poi, l'uomo, svincolatesi dalla vita di caccia e di raccolta, ha potuto trovare sostentamento nell'utilizzo dell'agricoltura e dell'allevamento degli animali.
E' facile immaginare che l'uomo preistorico-contadino, pastore, cacciatore, riuscisse a concepire nulla più che l'alternarsi del giorno chiaro e della notte scura, divisi dai grandiosi fenomeni naturali della apparizione e della sparizione del Sole.
Dunque dai tempi più remoti, almeno da quanto gli uomini cominciarono ad organizzarsi in comunità, si percepì la necessità di regolare l'alternarsi di queste attività umane durante la giornata e durante l'anno. Per fare ciò si presentò dunque la necessità di rappresentare questo impalpabile scorrere del tempo in forma più facilmente percepibile.
La natura indicò ai primi uomini dei mezzi facilissimi, onde misurare il tempo : gli alberi, i monti, le abitazioni e la loro stessa persona erano altrettanti gnomoni che segnavano il corso del Sole. L'ombra che un qualsiasi gnomone proietta nel piano segna il moto del Sole. Ciò stimolò, quasi naturalmente il pensiero di fare una differenza, dunque una vera e propria misura del tempo, fra la proiezione dell'ombra in una data direzione e la proiezione della stessa in un'altra direzione. Da questo pensiero, anche per quell'acuto spirito di osservazione dei fenomeni astronomici che gli antichi uomini ebbero, si passò a stimare la durata del giorno di luce e cioè l'ampiezza di tempo che intercorreva tra l'ombra proiettata da uno gnomone quando il Sole nasceva e l'ombra dello stesso quando l'astro si trovava al tramonto. D'altronde le attività dell'uomo iniziavano quando faceva giorno e finivano quando faceva buio. Una divisione più precisa la ritroviamo in Egitto, risalente al 2100 a.C., in cui i sacerdoti utilizzavano le ore decaniche di 40 minuti, ossia le ore scandite dal passaggio al meridiano di 36 stelle poste a distanza di circa 10° l'una dall'altra lungo l'equatore celeste, chiamate appunto decani. Di certo la divisione della giornata in 24 parti, 12 di luce e 12 di tenebre, risale ai Caldei e agli Assiro-Babilonesi intorno all’VIII sec. A.C, come pure la divisione sessagesimale delle ore e dell'angolo giro in 360 parti. Le ore vennero chiamate temporarie o diseguali. 11 sistema delle ore temporarie fu ripreso da tutti i popoli cui i Caldei travasarono direttamente o indirettamente le loro cognizioni scientifiche (Babilonesi, Egizi, Greci, Romani, Giudei).
Ai tempi di Gesù Cristo questo sistema orario era in uso sia presso gli Ebrei che presso i Romani. Furono certamente gli Arabi i primi a divulgare anche per gli usi civili la divisione del giorno in 24 ore uguali secondo il sistema che venne chiamato equinoziale.
A partire dai megaliti di Stonehenge del 2000 a.C., prima empiricamente, poi con sempre maggiore rigore scientifico, vennero ricavate le leggi che scandiscono la misura del tempo. L'ombra del Sole venne usata per determinare l'ora reale su piani verticali od orizzontali, ma anche variamente inclinati rispetto al piano dell'orizzonte e a quello del meridiano, nonché sopra superfici concave o convesse opportunamente predisposte e graduate. L'uso delle meridiane proseguì nel Medioevo per giungere sino alla fine del XIX secolo. Questo patrimonio di meridiane ha accompagnato la vita dell'uomo per circa 6000 anni ed è servito, tra l'altro, trecento anni prima di Cristo, ad Eratostene per stabilire la misura della circonferenza terrestre. Più avanti nel tempo, la meridiana costruita da Ignazio Danti nella Torre dei Venti in Vaticano servi a dimostrare l'errore evidente nell'equinozio di primavera e portò, conseguentemente, alla riforma del calendario per ordine di Gregorio XIII. La meridiana è rimasta per lungo tempo anche l'indispensabile termine di paragone per l'evoluzione meccanica nella costruzione di tutti i successivi tipi di orologi. 1 meccanismi degli antichi orologi, costruiti in legno o in ferro, erano ancora piuttosto imprecisi : per questo la meridiana veniva posizionata in modo che fosse visibile dal campanaro che, di conseguenza, regolava l'ora del campanile. Lo sviluppo e la diffusione dell'orologio meccanico, specialmente quello pubblico o da torre, indussero a partire dalla fine del XIII secolo a dare sempre maggiore credito ai sistemi equinoziali e ad adottare la più razionale ora eguale; ancora nel secolo XVI i due sistemi coesistevano ma quello equinoziale già prevaleva.
All'inizio del XIV secolo troviamo già i primi orologi pubblici a Milano (1336), a Padova (1344) e ad Orvieto (1345).
Le meridiane, assieme agli orologi solari, costituiscono i più antichi strumenti per la misurazione del tempo. L'orologio solare aveva il compito di segnare tutte le ore dell'arco diurno del Sole mentre la meridiana, da miridie segnava solo l'istante del mezzogiorno che nella fattispecie indicava la metà dell'arco diurno del Sole e non come indica oggi la dodicesima ora dopo la mezzanotte. L'orologio solare per mezzo dello stilo, polare se infìsso al muro parallelamente all'asse di rotazione della Terra, ortostilo se infisso al muro perpendicolarmente al muro stesso, segna con l'ombra il cammino del Sole e dunque le varie ore del giorno. Ovviamente le ore sono quelle del solo arco diurno :


La meridiana ( da miridie, mezzogiorno ) segna, attraverso un foro praticato nel muro o cupola, il solo istante in cui il Sole raggiunge il suo punto di massima culminazione e dunque si trova al meridiano del luogo. Il mezzogiorno segnato è quello vero, inteso come la metà dell'arco diurno del Sole II Sole disegna sul pavimento una ellisse luminosa lungo la direzione geografica Nord-Sud.

A dispetto degli orologi meccanici di alta precisione e dei cronometri, l'uomo dei giorni nostri continua a
guardarli. E se li guarda e per di più con rispetto ed una certa venerazione è perché senza dubbio, la
contemplazione del movimento eterno dell'ombra di un orologio solare invita l'uomo alla meditazione.
L'orologio solare è una cosa viva, che nessuna carica e che nessun meccanismo trascina, che ha qualcosa da
dire e la dice silenziosamente. E si tratta del tempo, della sua fuga senza interruzione, ricordata con tutto
quello che comporta per l'uomo di tragico e d'irrevocabile. Si presenta il pensiero della morte, della fine di
tutte le cose, dell'eternità e dell'aldilà.
Questi pensieri non hanno tardato a concretarsi nelle migliaia di scritte che hanno fatto la loro apparizione
sugli orologi solari. Esse variano a seconda della forma mentis del costruttore o di colui dal quale ha
ricevuto l'ordine ed esse fanno allusione a degli argomenti di filosofia o di religione, alla Terra e al Sole, al
giorno e alla notte. Una loro caratteristica è che sono quasi sempre in catino , il linguaggio delle persone
istruite degli studiosi e delle persone di Chiesa. Si chiamano massime o motti sulle ore.

Alcuni motti :

Hora Fugit Ne Tardes                     ( l'ora fugge non indugiare )
Tempus Breve Est                            ( il tempo è breve )
Utere, Non Numera                         ( non contarle, mettile a profitto )
Tempus Vicit Omnia                       ( il tempo prevale su tutto )
Fugit Et Non Recedit Tempus        ( il tempo fugge e non ritorna )
Tempus Rerum Edax                       ( il tempo che tutto divora )
Tempore Tempera Tempera             ( il tempo mitiga le sventure )
Maneo N emini                                 ( non mi fermo per nessuno )
Tempus Volat, Hora Fugit               ( il tempo vola, l'ora fugge ).