RICORSO AL PRETORE DEL LAVORO
I FATTI
dicembre 1998 il Direttore Generale emette 2 ordinanze (n. 81/98 e n. 6/99) con le quali ridefinisce le dotazioni organiche degli psicologi nei vari Servizi, assegnando ad alcuni sedi di lavoro in distretti e in settori diversi da quelli di appartenenza, senza alcuna informazione preventiva al sindacato e in assenza di accordi di mobilità: esattamente 69 al Settore Salute Mentale; 24 al Settore Medicina di Base; 21 al Servizio di Psicologia
le assegnazioni e i trasferimenti suscitano tra gli psicologi reazioni contrastanti: emerge con chiarezza che l'Azienda ha agito in modo molto "direttivo", non rispettando neppure i criteri indicati nel Regolamento aziendale per i rapporti tra Servizio di Psicologia e Settori, favorendo alcuni e penalizzando altri sulla base di criteri non dichiarati
il Dirigente del Servizio di Psicologia "ratifica" con ordini di servizio, definiti "provvisori", le nuove situazioni
malgrado l'impegno verbale, fatto ai Rappresentanti dell'AUPI il 1.3.1999, il Direttore Generale non ritira le ordinanze e i trasferimenti diventano effettivi
la Segreteria Provinciale dell'AUPI decide di presentare ricorso al Pretore del Lavoro, affidandone l'incarico al Prof. Avv. Placido Petino
IL RICORSO
il ricorso ex art. 28 Statuto dei Lavoratori (comportamento antisindacale) viene motivato da una serie di norme (art 35 del D.Lgs 29/93; artt. 30 e 31 del CCNL) che fanno "sempre obbligo alle pubbliche amministrazioni di collaborare attivamente con le organizzazioni sindacali, previa informativa, ove fosse necessario ricorrere alla procedura della mobilità". Nella fattispecie l'ASL 3 con le due ordinanze "sembra puntare su una sorta di ristrutturazione della pianta organica del settore psicologia, con gli ordini di servizio di attuazione delle stesse ordinanze accenna a tutt'altra esigenza e motivazione organizzativa. Infatti, in questi ultimi è dato leggere: 'in attesa che l'Azienda stabilisca criteri oggettivi per la mobilità ordinaria" (p. 19).
nel comportamento dell'Azienda, secondo il nostro legale, si è disatteso anche il ruolo propositivo che un sindacato della dirigenza assume nel processo di riorganizzazione del lavoro:"la partecipazione dell'organismo sindacale rappresentativo della professionalità destinata all'utenza ed in concreto operante, come si suol dire, 'sul campo', è finalizzata all'ineludibile acquisizione di tale insostituibile esperienza nei momenti delicati dell'organizzazione del lavoro. Ciò vale a garantire una maggiore razionalità nella redistribuzione del personale dirigente nel territorio... Gli spostamenti del personale debbono necessariamente fondarsi su criteri ben precisi, quali l'esperienza acquisita dal singolo professionista nel corso degli anni per aver operato all'interno di un dato servizio e soprattutto la continuità dell'assistenza in relazione ai singoli pazienti" (pp. 9-10)
si chiede la cessazione del comportamento illegittimo e la revoca delle due ordinanze
LA SENTENZA
dopo due udienze, il 25.9.99 il Giudice del Lavoro scioglie la riserva dichiarando infondato il ricorso dell'AUPI. A detta del giudice l'informazione preventiva è prevista "in ordine ai criteri generali relativi a dette materie e non in ordine ai singoli atti di gestione amministrativa relativi alle stesse materie. CIò premesso osserva il decidente che le ordinanze e gli ordini di servizio sopra menzionati, come appare evidente esaminando il loro contenuto, costituiscono atti di gestione inerenti al personale e alle attività in essi menzionati; invece detti provvedimenti non dispongono la adozione di criteri generali in ordine alle materie previste dal citato art. 6; dunque per la loro emanazione non era necessaria la informazione preventiva..."
l'AUPI, pur rispettando la conclusione del giudice, rimane di diverso avviso: si è trattato di una riorganizzazione generale del personale psicologico e non di semplici atti di gestione del personale, in assenza di criteri generali
la Segreteria ha deciso di continuare nel procedimento di opposizione, anche alla luce della sentenza n. 387 dell'11 ottobre 1999 della Corte Costituzionale in tema di incompatibilità del giudice nelle due fasi del procedimento