Spazio americano, di Roger Caillois, con saggi introduttivi di V. Blengino e A. Laserra, Edizioni Città Aperta, tr. Agnese Silvestri

 

Operazione meticolosamente erudita, questa di riproporre tre saggi del grande sociologo e mitologo francese, intitolati “Nuovo mondo”, “L’impostore” ed “Eredità indivisibile”. Eppure, coi tempi che corrono, è un’operazione che può interessare anche lettori al di fuori degli ambienti accademici. Dato che siamo stati costretti a seguire le presidenziali statunitensi come fossero state le elezioni di casa nostra (talché avendo vinto Bush sembra che abbia perso la sinistretta di casa nostra, Dio non voglia), mi sembra che sia benvenuta qualsiasi voce venga a riflettere sull’America in modo non becero e pressappochista (come fanno sia la destra che alcuni personaggi dell’opposizione).

Caillois parlava con cognizione di causa. Come ci spiega Annamaria Laserra nella sua introduzione, il nostro si trovava in Argentina allo scoppio della seconda guerra mondiale. Visto che nel vecchio mondo tirava un’aria pesante per gli intellettuali che ragionavano con la loro testa, specie se francesi e di sinistra (per quanto di una sinistra alquanto eretica, com’era la sua e quella dei suoi amici Bataille e Leiris), Caillois pensa bene di restare nel Sudamerica fino al ’45. E il contatto con quella terra smisurata, specchio deformato sia della nostra Europa che della parte settentrionale del Nuovo Mondo (leggi Stati Uniti), gli ispira una serie di meditazioni sul rapporto tra uomo, cultura, natura, mito, storia che meritano assolutamente di essere lette.

Come altri francesi a contatto col continente americano (da Tocqueville a Baudrillard), Caillois interroga il nostro essere europei nel momento stesso in cui esplora lo spazio americano, spazio mentale e culturale prima ancora che fisico. E venendo da un continente nato nel mito (l’Europa) che faticosamente ha decifrato le proprie mitologie per costruirsi una storia, Caillois non poteva non trovare sputi fecondi in un’America che, insoddisfatta della propria storia si è indaffarata a costruirsi un’articolata mitologia (sia al Nord che al Sud, anche se di questi tempi è quella settentrionale che domina). E quando considera il destino degli americani, andati dall’altra parte dell’oceano per fuggire “la miseria e l’oppressione”, Caillois nota che “non vi è servaggio più tenace di questo, che accompagna l’uomo ovunque si esili per sfuggirgli”, cioè la schiavitù di “povertà, intolleranza o corruzione”. Parole profetiche!

Concludo plaudendo alla scelta della collana “L’estremo occidente”, che esordisce con questo agile volumetto, nella speranza che recuperi testi altrettanto affascinanti sul continente nel quale non viviamo, ma del quale dobbiamo comunque ragionare.

(Pulp Libri, n. 53, p. 55)

 

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