Sparate sul pianista, di David Goodis, Fanucci, tr. Francesco Salvi

 

Ci viene riproposto in una nuova traduzione un classico del thriller che nel 1960 ha avuto l’onore di essere portato sullo schermo nientedimeno che da François Truffaut col titolo Tirez sur le pianiste; sulla scia del film il romanzo, che si chiamava Down There quand’era uscito nel 1956, venne ribattezzato anche negli Stati Uniti Shoot the Piano Player.

Eppure il titolo originario era rivelatore: down there, laggiù, in un abisso di insensatezza esistenziale che sa di Camus e Sartre, dove è precipitato il protagonista, Edward Webster Lynn, virtuoso del pianoforte spezzato dal meccanismo spietato di una competizione che non risparmia nemmeno il mondo della musica colta. In fondo all’abisso, laggiù, in una bettola per alcolizzati dei bassifondi di Filadelfia, Edward è diventato Eddie il pianista, intento a suonare la colonna sonora della propria e dell’altrui degradazione.

Ma l’irrompere sulla scena del fratello Turley, un delinquente di mezza tacca non molto sveglio, strappa Eddie dal pianoforte e lo catapulta in una vicenda convulsa di soldi sporchi, regolamenti di conti e pistolettate, durante la quale per Eddie balenerà la possibilità di tornare a vivere, risalendo dal pozzo nel quale è caduto; ma anche quella di rimetterci le penne insieme all’unica persona che conta per lui, Lena (forse l’unica vera dura del romanzo).

Dilungarsi sulla trama significherebbe togliere il piacere della suspense (che nel libro non manca) a chi legga per la prima volta questa perla di un grande dell’hard-boiled. A chi invece verrà voglia di rileggerlo, vorrei solo far notare le eleganti simmetrie di una trama dalla circolarità asfissiante, dove il finale è già contenuto nell’inizio, dove il mondo “perbene” della musica classica risulta altrettanto corrotto dell’underworld criminale, dove il protagonista è costretto a tornare sempre sul luogo del delitto, suo e altrui. In questa circolarità sta il fascino onirico, morboso e surreale del libro. Del resto, chi ha mai detto che il giallo (specie quando in mano a uno scrittore del talento di Goodis) è nient’altro che un’attardata narrazione realistica?

 

(Pulp Libri, n. 46, p. 33)

 

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