Cuori solitari, di John Harvey, Giano, tr. Elisabetta Palaia

Lo scrittore e sceneggiatore e poeta inglese John Harvey è, oltremanica, un grosso nome del giallo, di quelli noti anche a chi non ha letto niente di suo, con una fitta bibliografia che si snoda dagli anni ’70 a oggi. Qui da noi, invece, sconosciuto alle librerie. A colmare il buco ha provveduto meritoriamente la collana Nerogiano, proponendoci il primo romanzo del ciclo più importante dell’autore (londinese di nascita, trapiantato a Nottingham dove s’ambienta la vicenda): questo Lonely Hearts risalente al 1989 (la traduzione è dignitosa ma con sbavature; poche per fortuna).

Il libro è interessante perché se da un lato presenta tutta una serie di elementi della tradizione giallistica britannica (Il Classico Giallone Inglese), dall’altro risente dell’epoca in cui è stato scritto. La vicenda è ambientata in un’Inghilterra che ha poco ormai di Agatha Christie e molto di Tony Blair (ahinoi!). Punk, culturisti, wrestlers, vacanze in Spagna, gli Smiths, poliziotti d’origine indiana, e un commissario, Charlie Resnick, di ceppo polacco e appassionato di jazz.

La vicenda ha ben poco di vittoriano: è la storia di due donne sole (una abbandonata dal marito e l’altra separata) che cercano compagnia e divertimento scrivendo alle rubriche dei cuori solitari. Vorrebbero una cenetta, un film, un concerto, magari la discoteca, magari la scopata a chiudere la serata. Trovano invece qualcuno che le ammazza, e malamente. La polizia di Nottingham si mette in moto, e tra sbagli, cantonate, e piste false, arriva pian piano a farsi un’idea di chi potrebbe essere stato…

Ovviamente, per quel che riguarda la trama, meglio fermarsi lì. Diciamo che la storia tira e funziona, e che se cercate il libro da portare in vacanza, questa è un’ottima idea. Diciamo anche, però, che Harvey persuade nella sua capacità di adempiere a quella che oggi è ormai la funzione del giallo: sostituire quello che un tempo era il romanzo sociale. Non è forse la letteratura più sofisticata e “avanguardista” (posto che ci sia un’avanguardia di qualcosa, oggi), a offrirci la tranche de vie, lo spaccato della società com’è e come si trasforma: sono invece gli scrittori gialli provvisti di antenne e di una buona cultura, come Harvey, che tra le altre cose ti piazza anche il compianto Jacques Derrida. Con britannico aplomb, però.

(Pulp Libri, n. 58, p. 42)

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