Vi ha mai preso, in
albergo, la sensazione che lì c’è tutto, il ristorante, il bar, la sala giochi,
la piscina, la palestra, la sauna, la Jacuzzi, il televisore in camera col
satellite; insomma, si sta bene, non ci si deve preoccupare di niente (salvo
ovviamente pagare il conto), per cui, perché mai uscire? Tanto vale restare
nell’albergo.
Ecco, se per la testa vi è
mai frullata un’idea del genere dovete assolutamente leggere questo
romanzo, uscito negli Stati Uniti otto anni fa, proposto con encomiabile
intuizione dalla casa editrice romana, e soprattutto tradotto benissimo da
Simona Basso. Non era impresa facile: Millhauser, che di anni ne ha sessantuno
e con questo romanzo ha vinto il Pulitzer nel ’97, è infatti uno stilista. La
sua prosa è curata, ricca, complessa, iridescente di sfumature, nitida come una
foto di qualche maestro del colore; i suoi ritmi sono magistrali. Per renderla
in italiano s’intuisce che la Basso ha sgobbato, e non poco.
La storia s’apre come un
romanzo storico nella New York del 1881, in un torrido mattino estivo. È allora
che inizia la scalata di Martin Dressler, figlio di immigrati tedeschi
tutt’altro che benestanti, che da fattorino d’albergo diventa imprenditore
geniale, creatore di immensi e sfarzosi hotel. Il suo capolavoro è il Grande
Cosmo, enorme struttura che ricorda le unità residenziali del Ballard di Condominium,
vero e proprio microcosmo di quaranta piani, gli ospiti del quale non avranno
più bisogno d’uscire, perché nell’immenso edificio troveranno semplicemente tutto.
L’ascesa di Martin
s’intreccia al suo matrimonio con Caroline, ragazza diafana e silenziosa; e
proprio nello sviluppo del rapporto con questa e altre donne, la storia passa
dal realismo al fantastico, in un graduale dispiegarsi di una surrealtà
onirica, culminante nella realizzazione dell’opus magnum del sognatore
americano. Opus faustiano di una volontà sfrenata e visionaria, il
Grande Cosmo si manifesta come metafora di tante altre cose, America inclusa.
In questa sua prima opera
tradotta in italiano Millhauser si rivela scrittore colto e raffinato, capace
di riscrivere il grande poema di Goethe aggiungendogli qualcosa di
assolutamente suo. A quelli della Fanucci non mi resta che implorare: “Ancora!
Ancora!”
(Pulp Libri, n. 53, p. 45)