Lento ma inarrestabile,
come il succedersi delle stagioni; vasto come le pianure da cui prende il nome
anche nell’edizione originale (Plains Song); maestoso come l’incedere
delle epoche che ripercorre, dalla fine dell’Ottocento agli anni ’70.
Ambientato nell’agricolo e assolutamente piatto Nebraska, stato d’origine del
suo autore, questo romanzo è uscito nel 1980, e ci ha messo ventidue anni per arrivare
nel Bel Paese. Certe volte uno si chiede, di fronte tali ritardi, cosa mai
affaccendi le teste pensanti delle grandi case editrici; e per fortuna una casa
piccola ed esordiente come Giano Editore ci ha messo una toppa, pubblicando
questo romanzo-fiume formato ridotto, storia di un’America spesso trascurata
dagli americani stessi.
Fondamentale nell’affresco
di Morris il luogo dove si snoda senza grandi avvenimenti, sempre uguale a se
stessa, la vita degli Atkins, una famiglia di agricoltori dove nascono solo figlie femmine, e dove gli
uomini sono in ultima analisi figure marginali e patetiche. Questa saga
familiare, compatta ma di respiro sorprendentemente ampio, ha come sfondo la
grande pianura che si stende per migliaia di chilometri tra gli Appalachi e le
Montagne Rocciose, quell’immenso mondo provinciale di campi di grano squadrati
e piccole città; un mondo dal quale si fugge per noia, come fa Sharon Rose, la
nipote della matriarca Cora Atkins. Salvo riscoprirlo in extremis.
Eppure se c’è un libro che
coglie il fascino profondo di quella terra solo in apparenza immutabile (e nel
suo romanzo Morris ne coglie perfettamente la metamorfosi radicale che s’è
avuta nel novecento), è proprio questo. Popolato di gente nata, vissuta e morta
sulla terra e della terra, gente la cui vita semplice è narrata da Morris con
stile magistrale, reso in modo quasi sempre convincente dalla scabra ma
efficace traduzione di Roffeni. Un canto piano, ma decisamente affascinante,
che racconta il rovescio silenzioso e rurale dell’America metropolitana tanto
cara a Hollywood.
(Pulp Libri, n. 42, p. 43)