Ci dicono che lo spettro
che s’aggira oggi per l’Europa non è solo il comunismo ma anche
l’antisemitismo. Può darsi, eppure si continua a produrre proprio in Europa
un’impressionante massa di documentazione seria e rigorosa sullo sterminio
degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Esce proprio adesso questo saggio
ben documentato, che raccoglie le testimonianze di tre prigionieri del campo di
sterminio più famoso, ed emblematico; tre membri del tristemente noto Sonderkommando
addetto ai forni crematori. Tre poveri disgraziati con storie molto diverse:
Alter, Schlomo e Henryk, rispettivamente cameriere, sarto e calzolaio, finiti
in un inferno scientificamente gestito e costretti a bruciare i cadaveri di
altri poveri disgraziati prodotti in quantità industriale da un efficiente
impianto di smaltimento dell’umanità: il campo di concentramento, per
l’appunto.
Oltre alle deposizioni dei
tre superstiti, Saletti ha allegato al libro un documentatissimo apparato di
note che spiega nei minimi dettagli le implicazioni e il significato di ciò che
i testimoni raccontarono a un tribunale polacco nel ’45, a guerra nemmeno del
tutto finita. C’è poi una descrizione semplice e accurata delle istallazioni
omicide, cioè i forni crematori e le camere a gas; una spiegazione di come
funzionava praticamente il processo di messa a morte seriale, cioè la meccanica
dello sterminio; un corredo di foto dei resti di Auschwitz e Birkenau; una
cronologia dei fatti, informazioni sulle persone (si fatica ad usare questo
termine per le SS del campo, ma tant’è) menzionate nelle deposizioni; infine
una ricca e aggiornatissima bibliografia sul tema dell’olocausto.
Il libro ha alcuni difetti
marginali, ovvero qualche refuso di troppo, e un uso delle virgole nei testi
delle deposizioni che riflette decisamente troppo l’originale tedesco. Ma sono
cose del tutto perdonabili. Dobbiamo infatti ringraziare gli studiosi seri e
professionali come Saletti per il lavoro che fanno con calma e lucidità, in un
momento in cui troppa gente usa strumentalmente l’olocausto per becere
polemichette televisive, per messinscene di marketing politico, oppure per ben
orchestrate campagne di disinformazione tese a giustificare discutibili
politiche della sicurezza. Vale più un libro come questo, che biblioteche di
retorica dissennata e ipocrita.
(Pulp Libri, n. 48, p. 54)