La mosca dalle gambe lunghe, di James Sallis, Giano, tr. Luca Conti

 

Cari appassionati di giallo, ecco una buona occasione di investire quindici euro. Il secondo romanzo di Sallis che esce per i tipi dell’editore varesino, nell’impeccabile traduzione di Luca Conti, è infatti di gran lunga migliore del precedente Cypress Grove Blues (che in realtà lo segue nella cronologia delle opere dell’autore). Ed è indubbiamente un bel libro che si legge d’un fiato; non tanto per una trama perfettamente concatenata (ché il realtà il libro è spartito in quattro episodi che potrebbero anche essere letti come racconti indipendenti), quanto per la forza con cui Sallis sa evocare la città di New Orleans, con la sua miscela unica di calura tropicale, passato coloniale, presente creolo, jazz, bordelli e ottima cucina.

La sensualità torrida e sudata della capitale della Louisiana si riverbera nella figura del detective Lew Griffin e della sua lenta, accidentata e infine folgorante redenzione. Lew è non solo nero di pelle, ma profondamente meridionale nell’anima, e per questo risulta più leggibile a noi italiani di altri eroi dell’hard-boiled. Ha certo una vena paurosa di violenza e autodistruttività che ricorda i personaggi di Hammett e Chandler (e di Chester Himes, spudoratamente citato da Sallis); ma gli piace mangiare bene, andare a letto con belle donne (tutt’altro che stereotipe dark ladies) e perdere tempo. Altra anomalia di Lew è che ama leggere: è infatti un detective colto e letterario, pur vivendo gomito a gomito coi rifiuti di New Orleans. Nel suo passato remoto c’è una parentesi universitaria, e ogni tanto si butta sui libri, siano essi solidi gialloni o classici dell’ottocento.

Lew ascolta tanto blues, che per lui è la musica di casa, ed è anche la straziante colonna sonora delle quattro ricerche di persone scomparse in “questo mondo molto vecchio e molto poco gentile” nelle quali s’imbarca: altrettante interrogazioni esistenziali, che a momenti sfiorano l’illuminazione lirica. Ricerche venate di un’amarezza che pare il connotato inevitabile dell’hard-boiled, ma anche dell’essere un americano colto e raffinato nella nostra epoca di decadenza culturale. Perché Sallis, oltre che giallista, è traduttore di Queneau, Cendrars, Bonnefoy, Neruda, Lermontov, Pasternak e Puskin; e queste frequentazioni nelle sue pagine si sentono.

L’insieme di tutto questo è La mosca dalle gambe lunghe; ed è un bel leggere.

 

(Pulp Libri, n. 54, p. 47)

 

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