Il Minotauro esce a fumarsi una sigaretta, di Steven Sherrill, minimum fax, tr. Martina Testa

L’opera d’esordio di questo quarantatreenne autore americano (romanziere ma anche poeta) è del tutto fantastica, quindi, come spesso accade nella letteratura a stelle e strisce di oggi, brutalmente vera. il Minotauro, quello che a Creta sbranava vergini greche e dimorava nel Labirinto, è finito nella Carolina del Sud, in una città di provincia dove fa il cuoco in un ristorante popolare, la Bisteccheria di Grub. Non è un localino da haute cuisine; serve roba semplice e robusta, bistecche, insalate molto ricche, ali di pollo molto piccanti et similia. La cucina americana che non troverete nei McDonald.

Il Minotauro di Sherrill, che tutti chiamano M, non è più la furia disumana e spietata del mito greco: è uno sfigato del Sud, white trash, o meglio black & white. Abita in una roulotte, guida una vecchia carretta, veste camicie lise e rattoppate. Con le parole non se la cava affatto; quando non muggisce s’esprime a monosillabi. Se la cava però come cuoco, anche se ogni tanto combina pasticci; ancor meglio se la cava come meccanico, al servizio part time di Sweeny, archetipo rivenditore d’auto usate.

La sua non si può dire una vita molto avventurosa, rispetto alle lunghe (e inenarrate) peregrinazioni che l’hanno portato dal Mediterraneo alla costa orientale del Nordamerica. Sherrill trasforma il mugghiante mostro in un disadattato, un po’ ritardato, un po’ negro, o forse indiano, o chissà, ispanico. Attorno a lui, raccontata con minuzia encomiabile e con semplicità mirabilmente studiata, l’insensata vita quotidiana di un’America provincia di nessun centro. Con le cattiverie idiote di chi sfoga il nulla che gli mangia le viscere, come l’insopportabile cameriere Shane o la velenosa sottocameriera Adrienne. In mezzo a questo quotidiano tran tran di gente la cui massima ambizione è andare a lavorare in qualche ristorante fighetto, cerca di tirare a campare M, mezzo uomo e mezzo toro, la cui massima ambizione è mettersi in proprio a cucinare hamburger e hot dog nelle fiere.

La trama, che prende pian piano ma con forza, verte attorno allo strano rapporto che si crea tra il bestiale M e la bella Kelly, tormentata dal male antico dell’epilessia. Così, mentre certi nostri scrittori scimmiottano l’America senza sapere bene dov’è e cos’è, gli americani ci rivendono il mito greco, riveduto e corretto, e riescono pure a fare vera letteratura. Ironie della storia!

(Nota: azzeccata la traduzione di Martina Testa, tanto per cambiare…)

 

(Pulp Libri, n. 50, p. 49)

 

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