Un complicato atto d’amore, di Miriam Toews, Adelphi, tr. Monica Pareschi

 

L’adolescenza non è un gran ché, e non capisco chi la rimpiange. Va bene rimpiangere infanzia o giovinezza; ma quell’età di transizione è veramente un disastro, a qualsiasi latitudine. Se poi ti capita di abitare a East Village, un paesetto sperduto nella vastità del Canada, come alla protagonista di questo romanzo (il primo della Toews a uscire in Italia), può essere che la tua adolescenza faccia anche più schifo di quella media.

Ma per colmo di sfortuna alla sedicenne Nomi Nickel è toccato vivere in una comunità di mennoniti, una chiesa protestante fondamentalista non tanto diversa dagli Amish della Pennsylvania (quelli di Witness, per intenderci, che in pieno XXI secolo ancora girano coi carri tirati dai cavalli). I mennoniti hanno automobili e televisori, ma non si truccano, non ballano, non vanno al cinema, non bevono, non leggono i libri di Darwin né quelli di Philip Roth, in una parola non si divertono. Sono una comunità maniaco-depressiva che pare uscita dalle pagine del Philip K. Dick di Follia per sette clan. Ma non sono una creazione fantascientifica: risiedono veramente in un borgo selvaggio dove i treni non fermano (non sia mai che qualche giovane insofferente ne potesse approfittare per tagliare la corda), e dove i turbamenti dell’adolescenza diventano ancor più sconquassanti che nel mondo apparentemente felice del tardocapitalismo massmediale.

In quest’ultimo mondo vorrebbe andare a vivere Nomi, ma non ha il coraggio. Sua sorella maggiore Tash, invece, quel coraggio ce l’ha, e se ne va col ragazzo. Poi sparisce anche sua madre, l’eccentrica Trudi. Nomi resta sola col padre Ray, mite ma maniaco-depressivo sul serio (vedi il suo amore per le discariche di rifiuti); non le resta altro che fare i conti, per iscritto, con la complicata vicenda della sua famiglia e con la difficile scelta che l’aspetta e che lei continuamente elude. Come dicevano i Clash: Should I stay or should I go?

Il romanzo coglie molto bene sia il tormento adolescenziale di Nomi sia l’atmosfera soffocante di East Village. Peccato sia decisamente troppo lungo: tolte una settantina di pagine sarebbe stato perfetto. Perfetta è invece la traduzione di Monica Pareschi, ma ormai la conosciamo e sappiamo che non ci si poteva aspettare di meno.

 

(Pulp Libri, n. 57, p. 49)

 

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