SPICA - Microdiffusore 2 vie Transmission Line

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Di Alberto Bellino - © 2003 - audiojam@libero.it

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Questo progetto è stato sviluppato espressamente per fornire agli amici frequentatori del sito di Alessandro un progetto di microdiffusore alternativo alle consuete proposte commerciali, microdiffusore con caratteristiche uniche al mondo e assolutamente innovative, in grado di porsi come riferimento assoluto nel suo segmento di mercato.

Di frequente vediamo come gli sforzi dei progettisti di diffusori siano riversati in maggior parte su prodotti tipo “bookshelf” o torri da pavimento, mentre poco si è visto su diffusori di taglia tipo Spica ( 2,5 litri ), in quanto a molti risulta difficile considerare HI-FI diffusori così limitati in dinamica della gamma bassa per via delle loro dimensioni lillipuziane.

Solitamente, questo genere di diffusorini accompagna i compattoni da supermercato o viene fornito ( spesso con mobile in plastica e microaltoparlante da radiolina ) in dotazione alle schede audio dei computer o assieme agli ampli audiovideo per un improbabile impianto per Home cinema.

Insomma il microdiffusore occupa prevalentemente la fascia commerciale ultraeconomica, con oggetti che difficilmente chiunque potrebbe considerare come oggetti facenti parte del campo dell’HI-FI.

Eppure questa classe di diffusori, oltre all’innegabile vantaggio di poterli mettere veramente dove si vuole e dell’ingombro inesistente, possiede molte altre caratteristiche spesso sottovalutate : il baffle piccolo simula efficacemente la sorgente puntiforme, meno pannello anteriore significa meno diffrazioni e suoni spuri, il mobile risulta essere costruito facilmente più rigido e permette un’incollaggio migliore dei pannelli, e poi si può concentrare il budget non speso nel mobile sui trasduttori e sul filtro, quindi poca roba ma molto buona.

Spica possiede caratteristiche di utilizzo universali, può essere efficacemente utilizzato come classico diffusore hi-fi in un impiantino di livello economico, può dare nuova linfa vitale a vecchi impianti con diffusori ormai obsoleti e ingombranti senza cambiare tutto lo stereo, può migliorare in maniera impressionante le performance sonore dei piccoli impianti coordinati tutto in uno, dove spesso è proprio nei diffusori che avviene il taglio di budget più marcato da parte dei grandi costruttori giapponesi e non.

Ma è anche nell’audio video che Spica può dire la sua come ottimo ( e secondo me sprecato ) diffusore surround, e nelle codifiche DTS, costruire cinque o sei diffusori uguali come Spica, significa avere un sistema piccolissimo ma di grandiose prestazioni, in grado di riprodurre qualsiasi colonna sonora di film.

Bene, veniamo ora alla parte a me preferita, quella tecnica ovviamente, per discutere insieme le scelte progettuali che hanno portato Spica ad avere le performance sonore di cui è capace.

La cosa che salta immediatamente più all’occhio è il tipo di carico scelto, la linea di trasmissione.

Ma come, i diffusori in linea di trasmissione non sono tutti da pavimento, grossi, alti, corpulenti, come si fa a fare stare una linea di trasmissione dentro a uno scatolotto come lo Spica ?

Certo non è una cosa facile ( altrimenti tutti lo farebbero! ) ma è comunque possibile se si conosce bene la teoria delle linee e delle canne d’organo.

La linea utilizzata nello Spica è del tipo decrescente, cioè parte con una sezione molto maggiore della Sd del woofer e, mano a mano si riduce verso l’uscita offrendo una sezione finale pari a solo tre quarti della Sd woofer. Con questo sistema si allunga virtualmente la linea nella misura del rapporto esistente tra la sezione iniziale e quella finale, cioè è come se si facesse un labirinto acustico a sezione costante parecchio più lungo della lunghezza effettiva della linea a sezione decrescente. Nel caso dello Spica l’aumento virtuale è di un 25 - 30%, il che porta ad una lunghezza di linea virtuale di circa mezzo metro.

Per raddoppiare ulteriormente la lunghezza apparente della linea si è caricata l’uscita con uno schermo acustico, molto più grande dell’uscita stessa e distanziato di pochi mm da essa il quale  svolge anche la funzione di piede del diffusore.

 

Con questo sistema si crea una sorta di uscita nell’uscita e l’output della linea diventa simile a quello di un sistema reflex, come si può vedere facilmente anche dal grafico del modulo dell’impedenza. Non è assolutamente una nuova scoperta questa ma nonostante i vantaggi che essa offre, soprattutto per le linee compatte, stranamente non viene ancora molto utilizzata.

A questo punto qualcuno di voi si potrebbe chiedere, “ma allora perché non utilizzare un classico e più semplice accordo reflex tradizionale ?” A questa domanda posso efficacemente rispondere che la linea di trasmissione possiede, per sue caratteristiche fisiche costruttive, un roll-off sulle basse frequenze più contenuto rispetto ad un reflex, in grado di produrre un basso ancora efficace anche in volumi ridotti, inoltre la linea rinforza l’emissione a circa un’ottava sopra alla frequenza di risonanza, e se bene controllato ed amministrato, questo rinforzo può contribuire ad avere una gamma mediobassa solida e corposa, a livello flat rispetto alle frequenze medie e alte.

Se avessimo accordato in reflex lo Spica, avremmo avuto un deciso taglio immediatamente sotto alla frequenza di accordo con pendenza maggiore del quarto ordine, quindi meno bassi sotto i 100 - 120 Hz e senza il rinforzo in gamma mediobassa.

Osservando il grafico a terzi d’ottava della risposta in ambiente ( circa 15mq non trattati ), si nota come a partire dai 100 Hz la risposta sia piena e corposa, mentre il decremento al di sotto di tale frequenza è deciso ma non certo totale.

Per preservare il massimo output elettrico della linea, nello Spica l’assorbente interno è ridotto a un solo strato di poliuretano da 3-4 mm incollato sul fondo e sulle pareti in prossimità dell’emissione posteriore del cono.

Proseguendo con la disamina tecnica la seconda caratteristica lampante degli Spica è il dato di sensibilità, ben 91 dB 1W 1m, valore a cui spesso diffusori da 50 o più litri non arrivano e che rimane relegato a diffusori monovia con altoparlanti full range.

Praticamente tutti i microdiffusori circolanti non arrivano a più di 85-86 dB 1W e la maggior parte di essi arriva addirittura a soli 81 -82 dB obbligandoci ad utilizzare amplificatori a transistor molto potenti se si vuole sentire qualche cosa...

Risulta chiaro che l’utilizzo di questi piccoletti con amplificatori tipo il mitico ELLA di Alessandro o piccoli valvolari tipo Single ended delle più comuni valvole ( EL84, PCL82, o monotriodi tipo 2A3 ), è abbastanza sconsigliabile, per cui si risparmia sul diffusore ma si deve spendere nell’amplificatore e si deve scartare a priori schemi con potenze inferiori ai 10 W almeno.

Come si è potuto ottenere una sensibilità così elevata con Spica ? Semplice, utilizzando come woofer un midrange ! E i bassi ? E la tenuta in potenza ? Ma questo si spacca al primo colpo di grancassa...

Calma, è stato utilizzato un midrange si, ma molto particolare, adatto anche ad un utilizzo come midwoofer.

Infatti il piccolo Monacor MSH-116, possiede una robusta sospensione in gomma, una bobina mobile avvolta su supporto in alluminio robusta e una escursione paragonabile ad un woofer di pari taglia, nonché una risonanza in aria intorno ai 95 Hz e a fattori di merito piuttosto contenuti, solo che grazie alla bassa resistenza in c.c. della bobina e all’equilibrio costruttivo raggiunto grazie un perfetto connubio tra masse in movimento, materiali costruttivi e gruppo magnetico, si è ottenuto uno splendido altoparlantino da 12 cm capace di una sensibilità di oltre 90 dB e una linearità impressionante da 200 a 10000 Hz. Inoltre la configurazione di carico utilizzata prevede una limitata escursione del diaframma vibrante a tutto vantaggio della tenuta in potenza e della distorsione.

Il fatto poi di avere utilizzato per la gamma bassa un altoparlante classificato come midrange non vi dovrebbe scandalizzare molto poiché se andiamo ad analizzare la stragrande maggioranza degli altoparlanti a larga banda presenti sul mercato, ebbene essi hanno caratteristiche costruttive ( massa, bobina mobile, gruppo magnetico ecc.) molto più vicine ai midrange che ai woofers, e spesso vengono utilizzati in configurazioni molto meno smorzate (TQWT) e con richieste di escursione del diaframma maggiori di quelli che caratterizzano diffusori tradizionali multivia con un vero woofer.

La parte medioalta e alta della gamma è invece affidata allo spendido e piccolissimo tweeter al neodimio Monacor DT-25N, caratterizzato da una notevole sensibilità ( 95 dB ) e da una linearità notevole, ma che grazie al magnete in terre rare a bassa dispersione e alla conformazione della cupola fornisce un suono nitido, dinamico e per nulla aggressivo e indurito in gamma alta, insomma il partner ideale del piccolo midwoofer utilizzato.

Ma è soprattutto nel filtro crossover e nella sue caratteristiche costruttive che lo Spica segna la differenza a livello sonoro tra lui e gli altri microdiffusori. Un filtro studiato nei minimi particolari con raffinatezze circuitali difficilmente riscontrabili anche su diffusori di prezzo superiore al migliaio di euro e sicuramente inimmaginabile su di un microdiffusore. Trasduttori piccoli ma così performanti avevano bisogno di un accoppiamento perfetto tra di loro, non solo in termini di risposta ma soprattutto di fase acustica, per arrivare ad un risultato di coerenza maggiore possibile.

Chi costruisce diffusori acustici sa perfettamente quanto sia importante il compito del filtro nel determinare il risultato finale e quanta cura deve essere posta nel progettarlo e, successivamente, nell’ottimizzarlo. Inoltre, ritengo compito primario di ogni costruttore, privato o no, pubblicarne lo schema elettrico e le tecniche realizzative, per motivare con ogni lettore le scelte effettuate e dimostrarne così il corretto dimensionamento, al fine di promuovere la divulgazione scientifica dell’argomento.

Partendo dallo schema, si può intuire facilmente che entrambi i rami sono filtrati a 6 dB per ottava, la frequenza di taglio a -3dB del passabasso è a 1200 Hz, mentre quella del passabasso è a 3500 Hz determinando così una frequenza di incrocio a -6 dB di 2000 Hz.

Questa soluzione permette di avere somma piatta alla frequenza di incrocio e minore sensibilità all’offset degli altoparlanti, simulando un comportamento simile al filtro L-R di secondo ordine ma con una pendenza un poco più dolce ed con minore sfasamento. Ovviamente questo discorso vale se le risposte acustiche dei trasduttori sono lineari, molto meno se in prossimità dell’incrocio vi sono picchi o avvallamenti di risposta, ma nel nostro caso i trasduttori impiegati si sono rivelati veri campioni di linearità, per cui tutto il discorso teorico regge anche in campo pratico!

Esaminando nei particolari i due rami, si può notare come il passabasso presenti l’elemento reattivo di filtro seguito dalla cella R-C di compensazione che rende il carico molto simile a una resistenza pura da 4 ohm.

Passando al passa alto, leggermente più complesso, troviamo la resistenza di attenuazione dell’esuberante tweeter che ne abbassa il livello di alcuni dB senza alterare il carico visto dal filtro, essendo essa posta prima della coppia di condensatori che rappresentano i veri elementi filtranti. Successivamente, troviamo la resistenza verso massa che regolarizza il carico della cella LC-LC seguente, la quale altera la fase del tweeter quel tanto che basta per farlo arretrare virtualmente e fare coincidere le fasi acustiche dei trasduttori alla frequenza di incrocio.

Infine troviamo la cella R-C che regolarizza il carico visto dalla cella e anche dall’elemento filtrante, cella assolutamente necessaria se si vuole contare anche su di una corretta attenuazione sulle frequenze ultrasoniche.

Il lavoro svolto dal filtro lo si può correttamente interpretare dai grafici del modulo e della fase dell’impedenza, in quanto lo sfasamento complessivo è molto vicino allo zero su di un ampio range di frequenze e il modulo presenta un comportamento quasi resistivo, solo in leggera salita e l’assoluta mancanza del picco tra passabasso e passa alto tipico dei filtri con l’incrocio abbastanza “lasco”, spesso eliminato solamente con una cella R-L-C che limiterebbe l’utilizzo in bi-wiring del diffusore e ne complicherebbe ulteriormente la struttura.

Dal grafico risulta chiaro che il valore di impedenza nominale è di sei ohm con il minimo a quattro ohm, per cui risulta un carico abbastanza semplice per l’ampli utilizzato, e adattissimo ai secondari dei trasformatori di uscita a sei - otto ohm.

Il mobile dello Spica è stato realizzato in MDF da 10 mm di spessore. Se a qualcuno sembreranno pochi, voglio ribadire che la volumetria del diffusore interna è di solo 2,5 litri e la presenza di un setto in prossimità della mezzeria irrobustisce non poco la struttura perciò spessori superiori servirebbero solo a rendere il diffusore più grosso e pesante con modesti miglioramenti sonori.

Spica è un diffusore che si lascia apprezzare molto, la relativa leggerezza dell’estremo basso in un utilizzo puramente hi-fi, può essere brillantemente risolta con l’utilizzo in maniera furba e moderata di un piccolo subwoofer con frequenza di taglio di 100 Hz, mentre la restante gamma è paragonabile ad un diffusore di gamma alta “no compromise” ma con un prezzo che a pensarci sopra potrebbe far passare a qualcuno di voi notti in bianco !

La ricerca del massimo risultato con il minimo impegno economico, l’assenza di fronzoli estetici e la cura progettuale, forniscono la possibilità di ottenere ai lettori e visitatori di Autocostruire un oggetto sonoro di grandi possibilità e soddisfazioni e ingombro zero.

Il kit completo di pannelli tagliati a misura, altoparlanti e crossover già montato presto disponibile su www.autocostruire.com sezione Kit

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