POESIA

Minima Poetica e altri versi pp 48, lit 12.000

Edizioni del Leone - Spinea (Venezia ) Italy

 

 

 

MINIMA POETICA

 

 

PARTE I

Tu dovresti non credere

a nessuna delle mie parole?

Proprio a nessuna?

Ascolta questi tuoni verità

e chiedi:" Amore, siamo dunque Poeti? "

Mia bella chioma rossa penserei

che in te vive Poesia!

Sì! E vorrei berla tutta dal calice

forgiato da Cupido

e cesellato da Eros,

poiché il desiderio di averti

non abbandona il senso del mio verso.

Questo devi ancora capirlo. Aspetta!

Non coprire le nostre nudità,

dovrai sentire il fremito

barbaro che nasce dal roseo ventre

ed in quel mentre, egli t'apparirà

bufera intima, brutale e corrotta.

La poesia penetra nei nostri corpi

in ogni possibile buco o fessura

e raggiunge i misteri del perenne.

Travolge e purifica senza paura

l'anima; squarcia il velo

d'un indefinibile colore dove si intrecciano,

in un amplesso antico quanto il mondo,

pensiero e azione.

Pensiero e Azione!

E fare il pensare e pensare il fare.

Edificare inclite architetture

alte cattedrali pagane in versi;

marmi, mattoni e mosaici di sillabe

allo scopo di donare un rifugio

inviolabile e sacro

tra le righe di un libro.

Inizi a capire

l'importanza del canto?

Dynamis eterna della parola!

Per comprendere tutto

sulla natura delle cose umane

il segreto non è solo nel verbo.

C'è un suono ovattato, soffocato

dai crescenti rumori

di ingranaggi e motori:

il perpetuo respiro del creato.

Ciò da coscienza della vita eterna,

poiché nulla veramente

ha un destino di morte.

Ma l'uomo,

seppure cosciente che nulla muore,

nel corso della sua esistenza

vede e sente la morte

la invoca nella disperazione

la ripudia nella gioia.

Solo se uniti

in una assoluta e mesta armonia

il pensare e il fare

consentono

quella forza vitale ed interiore

d'accettare la propria natura

senza porsi perché .

Io in questo preziosa amica, non riesco:

pormi perché mi occorre per vivere.

 

PARTE II

 

Nel mare delle umane incertezze

sto navigando sospinto da un alito

verso la terra dei sentimenti

governati dall'anima e dalla ragione.

Mi affanno ora in una sterile

ricerca del ritmo, del verso chiuso

del verso libero, del verso malchiuso

e bacio e ribacio Eugenio Montale.

E di sicuro sbaglio, capisci? Sbaglio

e sbagliando sbadiglio

poiché mi annoio a morte.

Meglio sarebbe riprendere a fare all'amore,

scoprire insieme ogni ruga dei nostri corpi

o percorrere con le labbra

le vie che portano ai tuoi accelerati sospiri.

Rileggendomi

in queste ore di fine d'anno

mentre qualcuno anticipa l'inizio del nuovo

con castagnole e razzi solitari,

il dubbio si è fatto più forte

se in questo momento scrivo poesia

o uno zibaldone con pochi ingredienti conosciuti.

Appena in tempo

arrivo alla conclusione,

guardando il tuo corpo nudo

che non mi importa un cazzo

se scrivo poesia o prosa.

Lo ammetto.

Fino a due ore fa

mi importava e tanto

della forma, della musicalità

e della lunghezza del verso

ma ora?

Ora che le mie dita battono fonemi al computer

fonemi che generano sillabe che generano parole

(e se ne fottono dell'a capo)

voglio partorire qualcosa di indefinibile

messo al mondo solo per discutere.

Pensi serva qualcosa la mia opinione

se questa che stendo come panni al sole sia Poesia?

Che importanza può avere per noi

per chiunque di noi,

stimarsi poeti?

La presunzione in arte

non significa un difetto

perché dispone ad una inseguita affermazione

e infonde apparente sicurezza.

Però credimi il giusto prezzo da pagare

è esattamente il contrario:

infinita incertezza, infinita fragilità.

Non esiste modo per sfuggire al pegno.

La maturità in arte sta nel saper convivere

saggiamente con la certezza del dubbio

nel tenere in equilibrio

il mondo interiore con quello quotidiano.

Bada, non può essere mai un equilibrio stabile:

in ogni istante è d'obbligo

verificare i pesi dell'anima e della ragione agli estremi,

spostarli continuamente da un polo all'altro

e tu sei asse fulcro e padrona delle forze in gioco.

L'Arte non è certo figlia o madre della serenità.

 

PARTE III

 

La funzione del poeta

pensando bene

resta un mistero.

Se vuoi forse, una funzione

è quella di percepire infinite realtà.

Per primo grido che un mondo senza poeti

non potrebbe essere né vivo e né reale:

la parola è necessaria all'uomo quanto l'aria.

Ed il poeta, essere dai mille occhi ed orecchi

osserva ed ascolta, trascrive e sintetizza

il fare e il pensare dei mondi.

Ma tutto ciò a me importa?

O importa a te che ascolti indifferente

la mia piatta infantile lettura?

Accetto il compito che l'arte mi ha affidato?

Scrivere per essere compreso dagli altri

è veramente ciò che voglio?

La parola quanto spazio e silenzio invade

di me stesso?

La forma rimane lo stimma dell'uomo incarnato poeta.

Dal basso dei miei anni

vorrei capire, capire di più

forse conoscermi meglio

cercare di comprendermi

affinché gli altri possano comprendersi.

Leggendo ancora una volta

questi liberi versi, il loro senso e suono,

scopro del mio delirio l'inutile grandezza.

Il bello e il buono in arte devono,

attraverso una mirabile metamorfosi

trasformarsi in utile.

Un verso inutile

non ha ragione d'essere immortale.

Anche se scritte, le mie parole,

e tremo per questo, avranno un futuro

da donare al maestrale.

PARTE IV

Ed il nostro vento soffia impetuoso

alberi antenne e versi

dondolano come impazziti pendoli.

Anche i miei animali preferiscono

restare dentro casa.

Noi dovremmo uscire

sentire l'aria di gennaio gelida

frustarci viso e mani.

Eppure molti

il cui destino disegna in astratto

andranno alla chiesa

per ascoltare messa,

convinti sia una prova d'amore

verso Dio ed il suo casuale ministro,

e l'astratto divenga figurato.

Il prete sarà grato ed orgoglioso

di sentire tanto calore in chiesa

ma non ringrazierà.

Migliaia di peccati

verranno perdonati:

l'urgenza di essere puri

almeno per un paio d'ore

candeggia le coscienze

di deboli e vigliacchi.

Il poeta si confessa nei suoi versi

e più si confessa meno è sincero,

non vuole un perdono

piuttosto una tregua agli effetti

della sua naturale ambiguità.

Siamo dannati, condannati

a non avere pace

a non godere come vorremmo

delle modeste gioie riservate alla razza umana

a comprenderle, a farne canto, quasi senza viverle;

prostrati da una sofferenza

continua e strisciante

da un fastidio sottile

che bene espresse Baudelaire.

Quando un adolescente

mi offre i suoi versi

non li leggo, li ascolto:

sono note di una spontanea tristezza;

la giovane melodia assume

una forza liberatrice,

un tentativo di graziare

la pena esplosa dal cuore.

Quanto mi sono cari

i versi semplici degli adolescenti!

Sono verdi arbusti di salici

ignari d'essere piangenti,

cercano la purezza del crescere,

il loro spleen si nutre ancora di speranza.

L'intimo dolore si canta più della gioia

alla penna si affidano testimonianze

che mutano come dal sereno in tempesta

e spesso mutando, lasciano godere l'anima

di un 'effimera quiete

dietro lei, si nascondono, orribili

rassegnazione, sete dell'invisibile e rimpianto.

 

PARTE V

Ora non parlare

perché è giusto domini il silenzio ai suoni

i tuoi occhi urlano

la rabbia per l'assenza d'amore.

Forse il poeta

uomo o donna che sia

non riesce ad amare

(un'altra dannazione)

poiché comprende dell'atto l'origine divina.

Quando dal sonno risvegli l'ispirazione

qualunque cosa tu scriva

è all'amore che stai pensando;

potrei adesso trovare il coraggio

per dirti. :"Poesia è Amore!"

o se vuoi ne è la vera voce.

No, mia occasionale compagna

che serve io ti sussurri con dolce ira

ciò a cui per primo non credo?

Se tanto valgono le sillabe

non chiamarmi poeta

non scaldarmi con i tuoi rossi capelli il petto.

Diffida, sono un nemico astuto

che cerca la propria sconfitta nei baci

e negli amplessi furibondi

consumati nel sottoscala o sopra la lavapiatti.

Ma sono così stanco.

Dormire indifeso sulla tua pelle

sperando nella tua vendetta...

Voglio arrendermi

ad un sonno senza sogni.

Prima, permettimi d'immaginare

il nostro verbo vele di un vascello

in navigazione verso una terra

che mai raggiungeremo.

Si vis me flere, flendum est.

Primum ipsi tibi...*

 

* "Se vuoi che io pianga, devi piangere prima te stesso" dall' Arte Poetica di Orazio

 

 

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