Rete di distribuzione delle acque

 

 

Lo sfruttamento del giacimento aurifero di origine alluvionale della Bessa necessitava di grandi quantità di acqua in quanto la sabbia, contenente il metallo in pagliuzze o piccole pepite, doveva essere “lavata”. Il procedimento consisteva nello scavo del sedimento costituito da sabbia e da ciottoli di varia pezzatura che, raccolti ad accatastati ai lati dello scavo, formarono i grandi cumuli che oggi caratterizzano il paesaggio della Bessa. La sabbia era in seguito riversata in canali, dotati di rivestimento ligneo, a debole e costante pendenza in cui scorreva l’acqua ed un concentrato di oro, magnetite e granato, che essendo di peso specifico più elevato tendeva a depositarsi per primo, veniva raccolto tramite procedimenti diversi (scalette, erica). Un secondo lavaggio, probabilmente con il classico “piatto”, ancora oggi usato dai cercatori dell’Elvo, separava l’oro dai rimanenti minerali. Il sedimento ormai in gran parte privo di metalli era poi scaricato oltre la scarpata, in direzione dell’Elvo (e nella parte meridionale del terrazzo anche in direzione opposta verso l’Olobbia), a formare i “conoidi antropici”. Frequenti stratificazioni di ciottoli di dimensioni inferiori al decimetro, affioranti in zone interne del Terrazzo, contigue ai canali ma lontane dalle discariche a conoidi, fanno apparire verosimile l’ipotesi che il lavaggio fosse effettuato anche nei luoghi di estrazione. Inoltre la presenza di massi erratici e l’affioramento di terreno morenico sui fianchi e sulla sommità dei cumuli dimostrano come questi ammassi di ciottoli poggino su una sequenza di dossi e conche e non su terreno pianeggiante, la loro reale consistenza andrebbe quindi fortemente ridimensionata rispetto alle stime inizialmente proposte. Il volume di 200 milioni di metri cubi indicato per il sedimento trattato appare inverosimile, dato che significherebbe uno spessore medio del giacimento di oltre 40 m., che avrebbe teoricamente in molti punti travalicato la sommità della morena Bornasco-Vermogno delimitante a destra il Terrazzo. Una recente stima (Gianotti 1996) riduce la potenza del placer ad un più credibile 10 m.

L’acqua per queste operazioni fu derivata dal torrente Viona e fatta scorrere in un canale probabilmente parallelo alla morena Bornasco – Vermogno.

La rete di distribuzione dell’acqua, captata dal suddetto canale, appare ancora oggi evidenziata nelle numerose derivazioni che percorrono ortogonalmente il Terrazzo. Molti di questi canali, che sembrano in prevalenza occupare incisioni di rii effimeri preesistenti allo sfruttamento del giacimento, si allargano durante il loro corso, o più frequentemente all’apice (Ovest), in ampie superfici piane o leggermente inclinate verso valle, delimitate totalmente o parzialmente da murature a secco, sovente a forma di imbuto, in cui si potrebbero riconoscere i resti delle "vasche di accumulo" in cui si ritiene che durante la notte venisse raccolta l’acqua da utilizzare durante le ore di lavoro. Questi manufatti hanno avuto buone possibilità di conservarsi fino ad oggi (con successivi rimaneggiamenti ed ampliamenti) in quanto le superfici, bonificate e spianate, si prestavano molto bene alla coltivazione, una volta terminata la funzione originaria. In alcune di queste "vasche" é ancora individuabile il canale alimentatore.

La rete di distribuzione é meno facilmente identificabile nel versante sud occidentale della Bessa (tra Cascina dell'Apostolo e Cerrione) poiché un numero elevato di incisioni, in cui dovrebbero essere inseriti i canali, rivelano tracce di carreggiate, fondo a pendenza irregolare e soluzioni di continuità contro ammassi di ciottoli o scarpate interne al Terrazzo.

Non vi sono tracce certe del canale di derivazione delle acque dal torrente Viona, che alimentavano la rete del Terrazzo. Appare comunque probabile che la presa d'acqua in muratura a secco, attualmente visibile circa 200 m. a valle del mulino Viona, seguita da un canale lungo 700 m. e largo 1 che termina all'altezza delle cascine Balca possa essere un riutilizzo recente dell'originario impianto di captazione. Oltre la cascina, dopo un salto di alcuni metri, il canale doveva proseguire sull'attuale tracciato della carrareccia che porta dopo circa 1300 m. al confine settentrionale del Parco della Bessa. Una conferma può venire dagli sporadici ma evidenti resti di sfruttamento minerario, con cumuli di ciottoli di modesta potenza, situati immediatamente a valle del tracciato.

All'interno della Bessa, il terreno dove ipoteticamente il canale avrebbe dovuto trovarsi (a monte delle vasche di accumulo) é stato fortemente rimaneggiato, ne consegue che il manufatto fu distrutto o interrato. Si può ragionevolmente supporre che la carrareccia di confine, adducente da nord al Centro Visite di Vermogno e la strada della Mezza Bessa occupino tratti dell'antica sede. L'interramento sicuramente interessò anche parti di canali di lavaggio data la presenza di conoidi antropici a valle di strade attualmente esistenti.

A causa della morfologia accidentata di porzioni di territorio situate alla base orientale della morena, é possibile che il suddetto canale percorresse in alcuni tratti il versante Olobbia (Ovest).

 

Numerose sorgenti, molte delle quali ancora attive, altre interrate, sono sparse all'interno del Terrazzo e lungo i suoi margini e costituiscono, in molti casi, il “terminale” visibile dell’acqua che, infiltrandosi nei cumuli, percorre gli avvallamenti o si raccoglie in conche impermeabili. L’ottimo stato di conservazione delle protezioni in murature semicircolari o rettangolari in ciottoli con piani inclinati o gradini di accesso in quelle più profonde, testimonia della manutenzione accurata di cui furono oggetto fino ad epoca recente.

 

 

                                                  canali   conoidi antropici                                    vasche di accumulo

                                                             (da F.Gianotti)

 

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