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jazz

Alla domanda: che "cosa è il jazz", ecco cosa hanno risposto alcuni jazzisti:

Charlie Parker. E' la musica delle tue esperienze, dei tuoi pensieri. Se non lo vivi non esce dal tuo strumento. E allora ti limiti a suonare una musica che è musica, ma che non è jazz.

Milt Hinton. Io so solo ciò che fa grande un jazzman. L'esperienza. O hai alle spalle una esperienza realmente vissuta, o non puoi fare altro che copiare dei dischi. E questo non è jazz.

Jo Jones. Secondo me è il suonare come ci si sente. Ogni musicista si esprime attraverso il proprio strumento e si rivela. Rivela l'esperienza accumulata durante la giornata, nel corso della notte precedente, nel corso della vita intera.

Pee Wee Russell. E' come un pensiero da tradurre in parole. Puoi usare parole di dieci sillabe e non esprimere nulla.

Coleman Hawkins. Il ritmo, il sentimento, l'ispirazione. Può essere insegnato. Ma solo nei suoi aspetti meccanici.

Dave Brubeck. Il jazz è l'unica forma d'arte moderna dove v'è rispetto per l'individualità pur senza l'affrancamento dal lavoro di gruppo.

Jimmy Rushing. E' una musica di origine africana e di reminiscenze europee. Ha come principale assunto la libertà assoluta ma controllata. Come deve essere una vera libertà.

Duke Ellington. E' parte di noi. E' la musica del nostro popolo. Come lo è il blues. Il jazz è la mia amante.

Eric Dolphy. Qualcosa che ti fa sentire vivo quando lo suoni e quando lo ascolti. Non è riproporre ciò che un altro ha scritto. E' cercare una musica tua, esprimere i tuoi sentimenti, offrire te stesso agli altri e a te stesso.

(Cfr. Bruno Schiozzi "What's Jazz" per Fabbri Editore "La storia del Jazz" - I grandi del Jazz, pag. 3)

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Che cosa è il jazz?
Non esiste nessuno che, in tanti anni, abbia inventato una definizione del jazz completa, esauriente e comprensibile.
Chiunque abbia cercato di trovare elementi unificanti di stili, tendenze, ritmica e forma, ne è uscito, infatti, con una definizione incompleta o incomprensibile.
Né tantomeno è possibile dire cosa sia il jazz leggendo la definizione fornita da un qualunque dizionario: è solo l'ascolto che illumina il "neofita".
E' incredibilmente vero, però, che da un modesto patrimonio folcloristico proprio dei neri americani si è sviluppato un linguaggio ed una forma d'arte unici, inconfondibili ed universalmente riconosciuti, nei quali, in ogni parte del mondo, qualcuno ha creduto di riconoscersi ( Cfr. André Hodeir, Uomini e problemi del jazz, Milano 1980, pg. 16).
Un linguaggio che ha origini nere, ma che è diventato comune a bianchi e neri, indistintamente, perché indistinto è il mondo del jazz e pari è il contributo ad esso portato tanto dai musicisti neri, quanto dai musicisti bianchi.

In tutte le definizioni riportate traspare chiarissimo il messaggio: il jazz è parte di noi, della nostra esperienza; è qualcosa che ha certamente a che fare con la nostra individualità, ma è anche qualcosa che si costruisce in gruppo; è la storia di ciascuno, ma è anche la storia di tutti: di un giorno o di una vita; di un momento o di un'epoca. Per questo il punto debole della storiografia e della critica è quello di aver sempre cercato di individuare periodi della storia del jazz nettamente definiti.
Questa esigenza si scontra, infatti, con l'accavallarsi ed il sovrapporsi degli avvenimenti collettivi ed individuali.
Ciò ha sempre comportato che al tramontare di uno stile, il nuovo stile non abbia mai soppiantato il precedente, ma si sia affiancato al vecchio creando con questo commistioni e stilemi sempre nuovi.
Nel jazz gli stili nascono uno dopo l'altro e continuano a vivere parallelamente.
La classificazione in periodi che è stata fatta, pertanto, corrisponde semplicemente ad una esigenza pratica di tracciare un quadro di riferimento complessivo legato alle varie fasi di sviluppo formale e sintattico che è utile conoscere almeno nei suoi tratti essenziali.
Per questo una delle migliori classificazione, che distingue in periodi decennali lo sviluppo stilistico della musica jazz è quella cara allo storico Joachim E. Berendt, il cui "Libro del Jazz" resta un importante punto di riferimento nella storiografia jazzistica.

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