Le stelle massicce nascono da zone maggiormente dense di materia interstellare: la protostella.


Le stelle si formano da agglomerati di materia interstellare, i globuli di Bok, dai quali, per successiva contrazione gravitazionale, scatenata da esplosioni di stelle massicce e da scontri tra nubi di gas e polveri, si origina la protostella.
Essa è caratterizzata da un nucleo, sede di intense trasformazioni nucleari, come la fusione dell’ Idrogeno in Elio, e da una temperatura di 10 milioni di gradi.
La protostella attrae la materia circostante, e i materiali più pesanti cadono al centro producendo una progressiva contrazione dell’ ammasso stesso.
Dopo un lungo periodo di equilibrio, la tendenza alla contrazione gravitazionale prevale sulla tendenza all’ espansione dovuta alla pressione dei gas, e la protostella, bruciato quasi tutto l’ Idrogeno, avvia la fusione dell’ Elio in Carbonio. Ma la reazione libera grandi quantità di energia non dissipabili dalla superficie stellare.
Gli strati superficiali si espandono raffreddandosi, e la stella aumenta il proprio diametro di 250 volte e si trasforma in gigante rossa.

Solo le stelle che superano il limite di Chandrasekar (1,44 masse solari) sono considerate stelle massicce.

Ultimata la fusione del Carbonio in ossigeno, il corpo celeste appare come un insieme di strati concentrici, dall’ interno verso l’ esterno: ossigeno, carbonio, elio, idrogeno.
Ma la massa della stella è tale da permettere il consumo di altra energia per continuare le reazioni nucleari. L’ ossigeno fonde in magnesio, silicio e ferro.
I fisici hanno individuato come condizione di questa fase evolutiva della stella, il superamento di 1,44 masse solari. Tale limite è stato definito limite di Chandrasekar.
Il ferro è un elemento assai stabile, e in quanto tale un pessimo combustibile nucleare. Venendo meno l’ equilibrio con la forza gravitazionale, la stella riprende a contrarsi. In tal modo la temperatura cresce vertiginosamente, e gli strati superficiali si espandono, fino a esplodere violentemente, per l’ impossibiltà di dissipare l’ energia prodotta. La stella è detta supernova e assume la parvenza di un faro celeste, data la sua intensa luminosità, che può egugliare per ore o giorni quella della galassia a cui appartiene.
Nel caso di stelle supermassicce la massa restante, ammettendo una perdita di meteria nell’ ordine del 90%, supera comunque il limite di Chandrasekar e la contrazione del nucleo sopravvissuto riprende inesorabilmente.

La stella a neutroni, o pulsar, collassa gravitazionalmente all’ infinito, se la massa supera la densità critica.

Il diametro del nucleo si riduce quindi a una ventina di chilometri ma la sua massa è pari a uno o due Soli. Gli spazi fra gli atomi quindi si annullano, i nuclei atomici entrano in contatto e si trasformano in neutroni.
Nel 1967 furono scoperte le prime sorgenti che emettevano onde radio caratterizzate da pulsazioni brevissime e regolari. Per tale motivo furono erroneamente denominate pulsar, o stelle pulsanti. Cliccare per animazione 3D Im@x'99
In realtà, le pulsar non sono altro che stelle di neutroni, ovvero i nuclei collassati di supernove, che, ruotando a velocità incredibili attorno a se stesse, in meno di un secondo, producono onde elettromagnetiche.
E’ stata per esempio individuata una pulsar nella Nebulosa Del Granchio. Emette lampi di radiazioni 30 volte al secondo, in sintonia con gli impulsi a radiofrequenza. In generale però le pulsar sono troppo deboli per essere visibili otticamente.

 

(Una pulsar ruota sul proprio asse a grandi velocità Im@x ‘99)