La psichiatria e la storia dell'uomo

 

 

Raccontare la storia della psichiatria e l’influenza che essa ha avuto, ed ha tutt’oggi, nella storia dell’uomo è già di per sé impresa ardua e difficile; ma farlo all’interno di una pagina come questa, ha avuto per me il sapore dell’impossibile; una sfida alla quale non ho saputo però resistere.

 Parlare dell’evoluzione della scienza psichiatrica nella storia del mondo è un po’ come raccontare una storia personale. L’immagine che spesso ho davanti agli occhi, è quella di Ulisse con la sua nave che vaga alla ricerca di qualcosa che forse nemmeno lui conosce.  Itaca; l’isola che rappresenta la certezza dei propri rapporti affettivi, sembra essere la meta finale; quella meta nella quale ognuno di noi crede di poter avere il giusto e meritato riposo. Forse queste sono le cose che ognuno di noi tenta di trovare o ritrovare occupandosi di psichiatria e psicologia. Una realtà interna di certezza che permetta di esplorare l’ignoto, ma a volte anche il conosciuto, senza paura; il vaccino contro la follia.

 

La ricostruzione della nostra storia personale in termini di rapporti affettivi, oggi è possibile attraverso la psicoterapia, ma per arrivare alla strutturazione del setting analitico, la follia ha dovuto avere una sua storia, fasi alterne di ricerca attiva e paralisi, il superamento dell’animismo primitivo  e della demonologia, della caccia alle streghe per arrivare infine al concetto di follia come “malattia”  scevra da qualsiasi significato soprannaturale.

 

La storia ci dice che i miti ed i racconti greci sono state le prime produzioni umane a parlare di psichiatria e di follia, anche se non in termini strettamente scientifici ne tantomeno chiari.

La "nave dei folli" richiama, in termini di memoria personale, la nave di Ulisse mossa dai marosi, una nave senza meta, un destino fatto dell'oggi, di cose sconosciute, inaspettate, imprevedibili.

Poseidone, uno dei colpevoli del vagabondare di Ulisse, come lo “spirito” lo era per i primitivi; il tentativo di accreditare a qualcuno fuori di sé, la responsabilità di un proprio "disagio" sembra essere storia vecchia ma condizione ancora attuale in innumerevoli disturbi psichiatrici. Si è sempre tentato di attribuire a qualcosa di esterno la causa del nostro disagio, come facciamo in genere per tutto ciò che non riusciamo a capire, a relegare nell'ambito razionale delle nostre capacità. Non a caso, nell'antica Grecia, una causa della follia era ritenuta proprio la passione irrazionale, qualcosa che sfugge al controllo dell’individuo.

L’anima irrazionale era quella che faceva “ammalare”; l’anima quale responsabile degli affetti, delle passioni, delle emozioni dell’uomo. L’irrazionale. Non riuscendo a guardare dentro di sé, si accredita a qualcosa di non gestibile, ciò che non si riesce a capire. Questo concetto, spiegherebbe anche perché, in tempi antichi, la Roma Imperiale, impegnata nella gestione amministrativo-giuridica dell’impero, non si sia mai posta problemi relativi alla malattia mentale, all’anima, all’irrazionale, acquisendo dalla ricerca greca, tutto ciò che era conoscenza medica.

I romani furono gente pratica ed il loro interesse per la filosofia e le scienze fu sempre molto minore di quello per la struttura politica, sociale e giuridica del loro impero.

La ricerca sulla follia, subì una battuta d’arresto quando, al declino ateniese, la ricerca della scienza medica greca passò ad Alessandria, allora colonia romana.

Ma anche la scienza medica greca aveva i suoi antenati.

I popoli primitivi non pensarono in termini medici o psicologici. L’atteggiamento verso la malattia era una reazione spontanea, emotiva, al dolore: era anche paura. L’uomo spaventato, si lasciava trascinare nel regno della fantasia. Non c’era in apparenza nessuna differenza tra disturbi fisici e mentali, in un mondo popolato di spiriti che altro non erano se non immagini della sua angoscia. Le sue energie psichiche erano volte più a liberarsi dall’incertezza e dalla paura generate dal male, che ad eliminare realisticamente il male stesso.

Il guaritore fu insieme l’autorità spirituale e medica della stirpe; i disturbi della psiche, raramente venivano considerati malattie vere e proprie e quasi mai di pertinenza medica.

 

La mitologia greca spazia ad illustrare la pazzia: l’uomo è colpito da infermità mentali perché gli dei gli tolgono la ragione e la malattia mentale consisteva solo in un comportamento oltremodo strano. Poco più di un secolo prima di Ippocrate, i tempi di Asclepio erano ancora i centri della medicina. Parecchi infermi di mente erano ben lungi dall’essere ritenuti degli ammalati, ed alcuni di essi venivano scelti per interpretare e guarire le malattie.

Già verso il VI sec a.C. i greci si applicarono all’osservazione e all’indagine sperimentale. Alcmeone di Crotone cercò il luogo dove potessero risiedere la ragione e l’anima e la individuò nel cervello. Ma a quei tempi primitivi era ancora impossibile dar vita ad una psicologia medica empirica e razionale. Alcmeone ammise l’esistenza della mente e della ragione; ma lasciò alla speculazione del filosofo la massa intera dei problemi connessi con la psicologia.

Per Eraclito la ragione dipendeva dal fuoco situato all’interno dell’uomo: più secco era il fuoco, più saggia era l’anima, cioè la ragione o giudizio; più l’anima era umida, più era vicina alla malattia. Un eccesso di umidità arrecava l’imbecillità o la pazzia.

Eraclito insisteva che sebbene ci sia una ragione comune alla maggior parte della gente, moltissimi dimostrano anche di possedere una capacità di comprensione personale; fu probabilmente il primo che richiamò l’attenzione sull’individuo.

Empedocle nutrì un vivo interesse per i problemi relativi ai mutamenti nella condotta e nel pensiero dell’uomo e fu colpito dall’importanza delle emozioni. Scorse infatti nelle emozioni suscitate dall’amore e dall’odio la fonte principale dei mutamenti e della vita. Situò l’anima nel cuore; ma non scartò del tutto l’antica tradizione che poneva l’anima nel diaframma. La parola  frenos, cioè diaframma, acquistò pure il significato di mente.

Ippocrate sembra aver contribuito in modo poco più che tradizionale alla cura di vari disturbi mentali. Lo stesso Democrito si interessava alle malattie mentali e credeva che gravi stati emotivi potessero provocare perfino delle convulsioni.

La triplice alleanza tra anatomia, fisiologia e psicologia, riflesse nelle varie concezioni di Ippocrate, richiede qualche spiegazione. Ippocrate fu un clinico che lasciò una classificazione razionale dei disturbi mentali che include l’epilessia, la mania (stati di eccitazione anormale) e la paranoia (una malattia che noi chiameremmo oggi deterioramento). Dell’origine sessuale dell’isterismo, Ippocrate non arrivò a formulare l’ipotesi, anche se intuitivamente dovette avvertirla, dato che considerò il matrimonio come il rimedio migliore per questa afflizione, quando si trattava di donne nubili. Osservò per esempio che se un pazzo è colpito da una malattia fisica, la malattia mentale può esserne alleviata. Si nota anzitutto che egli stava cercando a tentoni un fondamento teorico per la sua psicologia medica. Ma perfino il genio di Ippocrate fu incapace di procedere oltre gli aspetti fisiologici, ammessi più o meno come postulati, della malattia di mente. Egli seguì Alcmeone considerando il cervello come l’organo centrale della ragione; era sicuro che le nostre sensazioni e attività motorie sono registrate nel cervello, da cui dipendono. Osservò pure che l’insensibilità è indice di lesione cerebrale. La psicologia medica di Ippocrate è soprattutto fisiologica. Oltre al pneuma (aria, respiro, sorgente dell’intelligenza), considerò una sostanza molto importante il flemma (da qui il temperamento flemmatico); e, particolarmente nelle malattie mentali, giocava un ruolo predominante la bile, gialla e nera (da qui i temperamenti collerici e melanconici). Riteneva che le condizioni climatiche stagionali avessero una certa importanza: manie, melanconie e disturbi epilettici erano considerati da lui come malattie primaverili. La psicologia medica di Ippocrate rappresenta un serio tentativo, da parte di un medico pieno di esperienza, di radunare tutte le nozioni messe a sua disposizione dalla filosofia, dall’anatomia e dalla fisiologia del suo tempo. Si batté per liberare la psichiatria dai pregiudizi mistici e per arrivare ad una visione biologica, unitaria, delle malattie mentali, e lo fece senza molti fatti scientifici accertati a sua disposizione.

Durante i secoli successivi, rimase la sola vera autorità.

 

La psicopatologia di Platone è idealistica e mistica: l’anima consta di due parti: una razionale e l’altra irrazionale. L’anima razionale governa l’altra, è posta nel cervello, è immortale e divina. L’anima irrazionale, o animale, è mortale ed è la fonte del piacere, del dolore, dell’audacia, dell’ira, della paura, della speranza e dell’amore.  Platone relega l’intero campo degli affetti umani, tutti gli istinti e i loro derivati emotivi in secondo piano. L’anima irrazionale può ammalarsi, cioè può rompere la sua effimera unione con l’anima razionale. L’uomo in queste circostanze, impazzisce. Esistono tre tipi di follia; la melanconia, la mania e la demenza. Quando un uomo sembra troppo felice o troppo triste, quando è eccessivamente incline a raggiungere il piacere o a evitare il dolore, è privo di ragione: è pazzo. Riguardo alle cause di questa pazzia, Platone segue Ippocrate: gli umori liquidi, raggiungendo le tre sedi dell’anima irrazionale, producono tristezza, malumore, audacia, viltà, difetti di memoria o stupidità. Secondo Platone esistono però due tipi di pazzia, due tipi di delirio: la prima è il risultato di una malattia; ma la seconda è un dono degli dei.

 

Aristotele preferì il mondo dei fenomeni naturali alle speculazioni mistiche. Pose per primo le fondamenta della scienza psicologica. La conoscenza per Aristotele non era concettuale; il mondo della materia era per lui un mondo di fenomeni degni di essere studiati. Esso deve inoltre essere percepito attraverso l’uso dei nostri organi di senso. L’anima è ciò che muove il corpo e ne determina la struttura. L’anima è la fonte del piacere, del dolore, del desiderio e dell’odio. Anche lui divide l’anima in due parti: quella razionale e quella irrazionale. Tutte le anime dell’uomo agiscono come un’unità, sono funzioni di cui il corpo è un corollario. Il centro, il luogo di incontro di tutte le sensazioni è il cuore. Se certe sensazioni favoriscono lo svolgimento di una funzione, proviamo piacere; se una funzione viene invece ostacolata, proviamo dolore. Menzionò le allucinazioni ipnagogiche, si interessò delle caratteristiche mentali costituzionali e notò che tutti i grandi pensatori, poeti, artisti, statisti, ebbero un temperamento malinconico. Per lui il cervello presiedeva soltanto una funzione: quella di condensare, mediante la sua consistenza fredda, i vapori caldissimi che si levano dal cuore. Si trova qui la prima ipotesi che i cosiddetti stati nervosi siano dovuti a vapori.

 

Il sistema filosofico di Aristotele si sviluppò in un periodo in cui Atene era già in declino e dal tempo della morte di Alessandro il Grande (323 a. C.) il centro culturale si trasferì da Atene ad Alessandria, per cui alcuni importanti influssi greci furono ereditati dai nuovi padroni del mondo antico: i romani. I romani furono gente pratica. Riguardo al pensiero speculativo presero a prestito dagli altri. Per secoli i greci tennero il monopolio del sapere; l’eredità della Grecia acquista un’importanza particolare perché si valse dell’Impero Romano come di uno strumento attraverso il quale la sua immortale influenza si trasferì nell’Europa medioevale e nel mondo moderno. La medicina di Ippocrate rimase ancorata a un punto fermo e incominciò perfino a dar segno di declino. L’interesse per l’uomo, per  la sua mente e per il suo comportamento, divenne di dominio del filosofo. Anche quando Aristippo fondò la sua scuola a Cirene (466 a.C.) ed Antistene la scuola cinica (366 a.C.), queste due scuole e le loro ramificazioni (l’epicureismo, fondato da Epicuro e lo stoicismo, fondato da Zenone) insistettero sull’importanza delle sensazioni e dei sentimenti umani, entrambe si interessarono moltissimo ai problemi del comportamento umano e dei rapporti individuali; sostennero che l’uomo fosse nato intatto, ignorante, una “tabula rasa”. Le esperienze dell’individuo nel suo ambiente sono le uniche cose che scolpiscono i loro risultati su questa liscia, immacolata tavoletta. L’ambiente acquistò un’importanza capitale, e l’uomo individuale, in relazione al suo ambiente, divenne il semplice strumento dell’esistenza pubblica e personale. Sia gli stoici che gli epicurei, negarono l’esistenza di un altro mondo. E’ naturale quindi che questo atteggiamento mentale abbia accresciuto l’interesse per i particolari sociali e psicologici ed abbia condotto a un’etica prammatica, all’introspezione ed alla contemplazione, elementi che sono tutti i primi requisiti per un vero sviluppo della psicologia umana.  Nella scienza mentale, però, non fu fatta alcuna scoperta originale fino alla comparsa di Asclepiade, verso la metà del primo secolo a.C. Asclepiade pensò al corpo umano come a una moltitudine di atomi in continuo movimento. Se lo spazio tra gli atomi (meato) diventava troppo piccolo o troppo grande, provocava una malattia. La tradizione medica che abbracciò questa teoria divenne nota come tradizione metodista. Non credeva che l’anima avesse una sede prestabilita nel corpo; ma la ritenne invece come il punto di convergenza di tutte le percezioni. Non aggiunse niente di nuovo ai punti di vista tradizionali sulle malattie mentali, fu però il primo a suddividere le malattie in acute e croniche e preferì il termine furor nella descrizione di una eccitazione. La malattia mentale, sostenne Asclepiade, era dovuta a disturbi emotivi, che chiamava “passioni delle sensazioni” e stabili una differenza tra illusioni ed allucinazioni. I greci elencarono sia i deliri che le allucinazioni sotto una sola denominazione: phantasia, tradotta in latino come visum. Asclepiade ne considerò due varietà: un, nella quale il paziente vede l’oggetto, ma lo concepisce come qualche cosa di diverso, ed è quella che è conosciuta attualmente come “illusione”; l’altra, nella quale il paziente ode o sente voci e suoni diversi, sebbene non ci sia nessuno vicino a lui, sensibus silentibus, e questo fenomeno fu designato dall’Esquirol come allucinazione. Cicerone fu un entusiasta del saper greco; mostra un’acuta   intuizione nei confronti di quelle che oggi chiamiamo personalità psicopatiche. Il disordine mentale è una malattia di per se stessa, una malattia della mente. L’ira, - dice Cicerone – la paura ed il dolore possono far insorgere anche una malattia di mente. Sentimenti come l’invidia e la pietà, provocano cambiamenti psicologici; ma questi sono soltanto turbamenti.

Cornelio Celso divide le malattie in locali e generali; l’alienazione appartiene alle afflizioni di tutto il corpo. Chiama l’epilessia morbus comitialis; aderisce alla divisione di Asclepiade delle malattie in acute e croniche, descrive poi dettagliatamente le allucinazioni ottiche o visive.

Areteo preannuncia la teoria di Galeno, che cioè moltissime parti della persona possono ammalarsi per consensus, anche se queste parti non sono portatrici dirette della malattia. Al tempo di Areteo, i medici incominciarono a credere che certi stati di ilarità anormale, al cosiddetta “mania”, sono in rapporto con certi stati di depressione altrettanto anormale, la cosiddetta “melanconia”. Areteo considerò questi due stati patologici come indici di una malattia. Fu il primo a considerare i disturbi mentali della vecchiaia come entità separate. Areteo fu inoltre il primo a nutrire l’interesse per certe personalità che più tardi svilupperanno gravi malattie mentali: le cosiddette personalità prepsicotiche. Accenna anche al fatto che certe malattie mentali non sono che un’estensione psicologica dei tratti delal cosiddetta personalità normale di un determinato individuo. Bisogna tener presente che la  melanconia di quel tempo non comprendeva soltanto i depressi, ma anche un gran numero di gente che sarebbe chiamata adesso paranoica o schizofrenica. Nemmeno quello che chiamiamo attualmente “deterioramento mentale” sfuggì ad Areteo. Esso è frequentemente lo stadio terminale di certi tipi di schizofrenia.

Galeno (130 – 200) raccolse e coordinò tutto il sapere medico accumulato dai suoi predecessori. Per Galeno, i sintomi non indicano sempre che l’organo, o la parte che mostra il sintomo, sia realmente ammalata. Galeno dedica una attenzione particolare al sistema nervoso centrale; per lui, il cervello è il centro di ogni sensazione e movimento e le funzioni psichiche sono accentrate nel cervello. Parlò del delirio febbrile (frenite).

Con Galeno il mondo medico entrò in quel crepuscolo che è chiamato comunemente l’oscurantismo medioevale. L’antica tradizione greca che considerava ogni manifestazione dell’attività umana come degna di indagine scientifica stava definitivamente scomparendo. Il centro d’attenzione divenne l’Aldilà. L’intero campo della psicologia si trasferì in campi diversi da quelli della medicina, ed è alla filosofia mistica e alle esperienze religiose che ci si deve rivolgere d’ora innanzi per imparare qualcosa sull’uomo. Verso l’inizio del II secolo, il distacco dalle scienze classiche si accentuò fino a diventare una frattura quasi completa. Un altro mondo stava nascendo. Gli gnostici  (cerchia ristretta di persone che detengono il possesso di una segreta gnosis; conoscenza), rappresentano l’espressione più impressionante del tempo, in quanto furono “una fusione di elementi greci e cristiani assimilati alla teogonia dell’antico Egitto e allo strano culto dell’Oriente”. In questo modo fu posta una pietra in più nella creazione di quella formidabile struttura che fu conosciuta come demonologia e che governò la psicologia medica per sedici secoli. I primi tre secoli della nostra era, ancor prima che il cristianesimo divenisse uno strumento politico e spirituale, culminarono nello sviluppo della superstizione, dell’oscurantismo e dell’intolleranza più feroce. Nel 429 il Codice Teodosiano proibì ufficialmente la magia e riconobbe formalmente che era una pratica maligna e criminale. Punire le streghe e i maghi con la morte divenne un principio normale nella cultura che soppiantò il classicismo. Tutto il campo delle malattie venne così strappato alla medicina. La psicologia medica come ramo riconosciuto dell’arte terapeutica cessò di esistere; ma fu ripresa dal sacerdote e incorporata nel sistema teurgico.

 

Il cosiddetto oscurantismo medioevale non è costituito da una serie di secoli di morte e di decomposizione; ma di secoli inquieti, travagliati e travaglianti, ricchi di tentativi brancolanti ma ansiosi, e dell’acuto, anche se talvolta confuso, esercizio dell’immaginazione. Lo studioso, l’affamato di conoscenza, deluso, si ritirò dalla vita; il sapere si rifugiò dietro i muri dei monasteri.

Vi fu un solo monastero che ebbe un ruolo predominante come fonte di sapere medico: fondato da San Benedetto, si ergeva a Montecassino. La scienza medica nell’Europa occidentale, divenne prerogativa esclusivamente monastica.

Verso il IV secolo si destò un grande interesse per l’astrologia. Le malattie mentali, in continuo aumento, erano state quasi completamente escluse dal campo della medicina, andando a far parte della superstizione generale. Si riteneva che gli spiriti dei boschi, i silvani, e i  fauni, causassero le malattie mentali.

Le prime autorità cristiane si trovarono imbarazzate e sgomente di fronte al fenomeno della malattia mentale. Fu difficile per loro considerare tutti i disturbi mentali come opera del demonio, dato che alcuni malati di mente erano travagliati da problemi religiosi. Ci si poneva spesso questa domanda: le autorità avevano a che fare con un santo o con un discepolo del diavolo ?

All’inizio del VII secolo la psichiatria divenne lo studio delle vie e dei mezzi del diavolo e dei suoi accoliti. L’esorcismo incominciò ad essere ritenuto necessario, e corrispondentemente, gli incantesimi divennero un’aggiunta indispensabile anche della medicina legittima. Il passato animistico della vita preistorica, il misticismo delle razze primitive e le cerimonie teurgiche di un impero morente, si fusero insieme per bruciare i frammenti dei quella conoscenza positiva che  era ancora rimasta.

Il clero escluse la psichiatria dalla medicina; ma non poté abolirla. Essa finì col ricomparire sotto il nome di demonologia. Inoltre, per combattere il demonio, era necessario osservare i segni dell’influsso diabolico. In altre parole, lo studio dei sintomi e del contenuto ideativi delle malattie mentali continuò. I dati empirici, psicopatologici, non solo rimasero a disposizione del clero, ma dovettero essere adeguatamente sistemati. Il clero fu costretto, nel suo stesso interesse, a osservare e a classificare i sintomi dei disturbi mentali. Il demonologo incominciò ben presto a studiare i segni degli interventi diabolici.

Tertulliano descrisse le cosiddette stigmate, vari naevi, macchie pigmentate e manifestazioni di anestesia. Siamo alle prese con una serie di segni che furono chiamati stigmata diaboli e che furono incorporati verso la fine del XIX secolo, quasi senza alcun cambiamento, nella descrizione clinica dell’histeria major di Charcot. I problemi psicologici assunsero un’impronta decisa di angoscia; l’intero problema del funzionamento fisico e psicologico dell’uomo doveva conciliarsi con la fede.

Fu Sant’Agostino a formulare e sistemare i principi medioevali della psicologia umana: “l’uomo è un insieme di anima e di corpo. L’anima è il principio direttivo e formativo, ma come agisca sul corpo è un mistero. La sensazione è un processo mentale, non fisico. La percezione del senso, l’immaginazione e i desideri sessuali sono funzioni dell’anima sensibile, inferiore; la memoria, l’intelletto e la volontà lo sono invece dell’anima intellettuale, superiore, ovvero dello spirito. Tutte queste funzioni sono funzioni di un’anima sola …”

Gli arabi si impadronirono di Alessandria nel 640. La grande biblioteca andò distrutta. Nella psicopatologia le teorie demonologiche si affermarono con grande risalto; nella medicina generica, invece, gli influssi della farmacologia araba incominciarono a rimpiazzare quelli greci. Riguardo alla psicopatologia, poi, i tempi sembravano essere maturi perché il monaco sostituisse il medico.

Michele Psello sembra essere stato il primo a “codificare” e a sistematizzare la demonologia, che diventò per molto tempo il fondamento della psichiatria medioevale. Così si può vedere che dall’inizio del XII secolo, anche la medicina bizantina ha cessato di esistere come prodotto della tradizione medica greco-romana.

 

La tradizione ha contribuito moltissimo all’incomprensione, se non all’ignoranza, di quei secoli che intercorrono tra il declino del sapere classico ed il rinnovamento della curiosità scientifica al tempo del Rinascimento.

Verso la fine del VI secolo, i beduini, tribù seminomade del deserto arabico, erano un popola barbaro. In meno di 50 anni, questi nomadi furono resi un popolo unificato dal profeta Maometto, che morì nel 632. Il proselitismo entusiasta fece sì che in meno di 80 anni (711) gli arabi si trovassero padroni della Persia, della Siria, dell’Egitto e della Spagna. Una ventina di anni dopo, la loro marcia vittoriosa nel cuore dell’Europa fu arrestata da Carlo Martello a Poitiers. La loro rapidissima espansione politica fu accompagnata da una non meno rapida acquisizione del sapere scientifico; ma quasi all’acme del progresso, la cultura araba andò declinando.

Verso la metà del secolo VIII, alcuni medici nestoriani si stabilirono a Bagdad. Si dice che uno di loro abbia curato di una malattia mentale la moglie di Harun-al-Rashid; il metodo di cura consistette in una psicoterapia piuttosto rude, a base di minacce e di rimproveri.

La necessità di curare le malattie epidemiche ben presto obbligò gli arabi a prestare maggiore attenzione all’arte terapeutica. Nel 572 un’epidemia di “peste bubbonica” si diffuse in Arabia. Otto anni dopo si propagò per tutta l’Europa e, un anno prima che la Spagna diventasse una provincia araba, devastò quel paese. Nel 670, un’opera medica scritta in arabo da Ahron riporta la prima descrizione clinica del vaiolo.

In poco più di 250 anni, la medicina araba raggiunse uno splendore che ricordava i tempi migliori della medicina greca, e riportò quindi a una certa dignità l’intera professione medica. Gli arabi seguirono le teorie psicofisiologiche di Galeno e di Ippocrate; a loro va il merito di avere esteso l’uso delle medicine, particolarmente del seme di papavero (opium) e quello di aver portato in psichiatria una certa lucida oggettività, in quanto non furono ostacolati nelle loro osservazioni sui malati di mente dalle teorie demonologiche che avevano ormai invaso il mondo cristiano. Najab ud din Unhammad lasciò, su varie malattie mentali, molte descrizioni eccellenti che, effettuate su pazienti reali, costituirono la classificazione più completa delle malattie mentali fino ad allora conosciute. Descrive il delirio febbrile accompagnato da comportamento strano, in cui “il paziente mostra una grande trascuratezza nei riguardi dell’abbigliamento, dei bisogni del corpo, delle esigenze naturali … un’allegria infantile e scoppi di risa immotivati …” Questa malattia, se diventa cronica, finisce nel Janoon, nel quale “il paziente è estremamente agitato, insonne, taciturno, violento e dimostra una grande antipatia verso il genere umano “: descrizione clinica questa che ricorda le “depressioni”attuali. Vi è pure un’eccellente descrizione di quegli stati ansiosi, cogitabondi, di incertezza, che sono oggi associati alla coercizione della volontà morale e a neurosi di tipo ossessivo. Parla poi di un tipo di malattia mentale che è a quanto pare di natura degenerativa, ed è inoltre associata al periodo involutivo della vita umana. Una forma di psicosi è descritta molto bene sotto il nome di Kutrib. Vi è inoltre una serie di disturbi del giudizio; uno di questi si manifesta quando “la mente esagera ogni cosa che le si presenta ed è indotta ad azioni dannose nei confronti della società … a manifestazioni di opposizione e a una condotta assurda” Evidentemente si ha qui la prima descrizione dei tipi di comportamento antisociale. La parola Ishk designa uno stato depressivo unito a profonda ansietà. E’ provocato dall’amore. Complessivamente descrive nove classi di malattie mentali che comprendono approssimativamente una trentina di malattie.

Nell’Europa occidentale la medicina non fu del tutto diseredata, ma divenne un’arte che si occupò unicamente dei mali fisici. Ma anche il campo della medicina fisica fu profondamente rovinato dalle credenze e procedimenti ascientifici. Scuole laiche e medici laici erano ancora attivi nei secoli XI e XII; ma nel XIII quasi tutti gli scrittori di medicina e i medici erano dei religiosi. Gli argomenti di principale interesse erano di dietetica, erbe salutari e droghe. La badessa Ildegarda nel XII secolo, autorevole autrice di opere mediche, fu dominata dalla astrologia e dalla magia farmacologica.

Della psichiatria si occupò solo il cacciatore di eretici o il contemplatore solitario del mondo, che osava ancora porsi delle domande sulla natura della mente umana. La psicologia e la psichiatria furono completamente isolate,  verso la fine del XII secolo, e sparirono addirittura come soggetti di considerazione scientifica.

Verso il IX o X secolo, i problemi psicologici si amalgamarono interamente con quelli teologici e filosofici. L’aspetto umano della psicologia venne evitato o trascurato. La psicologia agostiniana, idealistica e mistica, offrì pochi appigli allo scienziato. Verso la fine del IX secolo, Giovanni Scoto Eriugena tentò di indagare più a fondo in alcune funzioni della mente umana e formulò il concetto di intellectualis visio, che designava una facoltà mentale simile all’introspezione. Alla fine del XII secolo, vi fu apparentemente un notevole interesse per gli argomenti psicologici e questo interesse cercò di far valere le sue ragioni. Ma fu naturalmente ostacolato non solo dall’ignoranza ma anche dalla mancanza di un vocabolario psicologico adatto, che aumentò notevolmente le difficoltà.

Alcher fornì la definizione dell’immaginazione affermando che essa è l’intelligenza racchiusa nella sensazione. “La ragione è applicata alle cose immdiate, e, come se fosse nella bocca del cuore, mastica ciò che i denti dell’ingenium afferrano, o rumina ciò che il ventre della memoria le presenta una seconda volta”. Finalmente l’abate Alcher arriva quasi ad asserire l’esistenza dell’inconscio; “nec versatur semper in intuitu scientis omne quod scitur” (non tutto ciò che è conosciuto è sempre presente, né tutto quello che l’uomo conosce rimane sempre direttamente presente, all’occhio della mente).

Coloro che soffrivano di disturbi psicologici erano considerati degli eretici; ma i pochi che furono abbastanza fortunati da essere considerati ammalati “naturalmente” furono curati per secoli con degli esorcismi.

Nonostante il fatto che i malati di mente fossero considerati degli indemoniati e quindi impuri, la tortura e le esecuzioni collettive di “streghe” e “maghi” non vennero in voga che un poco più tardi.

Nell’XI secolo si trovano dipinte le prime rappresentazioni degli indemoniati.

Le malattie mentali intanto si diffondevano. Incominciarono ad apparire le epidemia psicopatiche e, in meno di due secoli, la placida e fiduciosa ignoranza della psicopatologia fu sottoposta ad una dura prova. Dato che il numero dei malati di mente raggiunse proporzioni allarmanti, crebbe l’ansietà dell apopolazione e con essa quella del clero. Scoppiarono le passioni e ben presto gli strumenti di tortura e i roghi furono ammessi come mezzi psichiatrici.

Verso la metà del XIII secolo la filosofia raggiunse la sua massima completezza con la Summa di S. Tommaso e il dogma divenne onnipotente. Furono create istituzioni per l’insegnamento superiore e fu fondata pure l’Inquisizione. Si impiegarono di nuovo i cadaveri per lo studio dell’anatomia e Bacone fu imprigionato per sedici anni. Sorsero ospedali, alcuni perfino per i malati di mente.

Fu nel XIII secolo che il medico venne per la prima volta chiamato dottore, cioè, come un uomo colto esperto in una professione o in un ramo della conoscenza. La discussione scientifica incominciò a tener deste le menti degli studiosi. All’inizio del XIII secolo, gli scritti di Aristotele vennero pubblicamente bruciati.

Anche l’Inquisizione fu un prodotto del XIII secolo. Venne inaugurata nel 1233, dal papa Gregorio IX e fu pienamente riconfermata una ventina di anni dopo, da papa Innocenzo IV. La libertà e indipendenza di pensiero furono così, autoritariamente e forzatamente ostacolate proprio quando facevano un tentativo per risollevarsi da un letargo secolare.

Il XIII secolo è l’esempio perfetto dello sviluppo storico-culturale dell’uomo. Fu Federico II a introdurre i prototipi dell’istruzione medica seguiti nelle linee principali fino al tempo d’oggi. Promulgò infatti un regolamento per cui si doveva studiare la medicina per cinque anni e quindi passare un anno alle dipendenza di un medico esperto o in un ospedale. Allo studente era allora concesso di affrontare un esame di stato che, superato con successo, gli permetteva di esercitare la medicina. I contrasti di cui è ricco questo periodo, anche in mezzo a coloro che possono essere detti i giusti rappresentanti della cultura, non mancarono anche nella professione medica. L’astrologia e l’alchimia divenivano sempre più popolari. L’alchimista raggiunse gradualmente il livello di un mago, e, in poco più di un secolo, si trasformò nello stregone soggetto a essere catturato, torturato, scomunicato e bruciato infine sul rogo.

Il modo di considerare le malattie mentali, nel XIII secolo e nei primi anni del XIV, mancò di carità. Il medico, alle prese con un problema psicopatologico, cercava di mettere insieme nel miglior modo possibile le fisiologie tradizionali con l’astrologia, l’alchimia, la demonologia e le semplici preghiere dei suoi giorni. Secondo Bartolomeo “la pazzia è provocata talvolta dalle passioni dell’anima; come dagli affari e dalle preoccupazioni, dal dispiacere e dallo studio eccessivo, nonché dalla paura”.

Ma Bartolomeo fu, a quanto pare, un’eccezione. Le streghe, per esempio, erano ritenute la causa dell’impotenza e della perdita della memoria. L’epilessia era curata ricopiando il testo del Vangelo di San Matteo. L’impotenza era curata riunendo i gusci di una noce, la sterilità doveva essere curata fumigando i genitali con legni aromatici. Si immaginava che lo smeraldo frenasse il desiderio sessuale, lo zaffiro rinforzasse l’intelletto e la saggezza e aumentasse la forza della vista.

L’idea che le malattie fisiche fossero naturali e che quelle mentali fossero più che altro soprannaturali si cristallizzò ancora di più. I termini “malattia del diavolo” e “malattia della strega” divennero sempre più comuni. Guarigioni miracolose, simili a quelle che si notano talvolta a Lourdes oggi, incominciarono ad avvenire con crescente frequenza. Divennero frequenti i deliri estatici. Sètte di flagellanti che praticavano l’autotortura fecero la loro prima comparsa nel XIII secolo. Il numero degli individui malati di mente, così come la gravità delle epidemie psicopatologiche divenne così imponente che, verso la fine del XIV secolo e all’inizio del XV, lo Stato non solo dovette prender conoscenza, rapidamente e drasticamente, del pericolo, ma dovette anche prender posizione di fronte a questi avvenimenti spaventosi. In meno di un secolo e mezzo, l’astrologia e l’alchimia incominciarono ad essere chiamate scientiae. Si sospettò che queste scienze fossero diaboliche, e il mago, lo stregone, l’eretico e lo psicotico cominciarono a essere considerati come i servi di Lucifero. Lo spirito rinnovatore che aveva contraddistinto il secolo XIII si assopì. La tradizione, si armò sia della spada spirituale sia di quella secolar eper combattere le coorti di Lucifero. La teologia dovette produrre un dogma attivo, codificato, e la giurisprudenza una tecnica legale.

Verso la metà del XV secolo, questo processo di consolidamento degli strumenti della legalità canonica e temporale era pressochè completato e la psiocologia medica divenne per lo più un problema di procedura legale. Iniziarono quindi i tempi più oscuri per la psichiatria.

Peccato e infermità mentale vengono equiparati nel pensiero umano; il peccato principale dell’uomo e della donna e la preoccupazione principale del diavolo è il sesso. La pubblicazione del Malleus maleficarum avvenne fra il 1487 e il 1489 e subito, con enorme fervore, furono applicate le sue tesi. Il Malleus divenne il libro di testo dell’Inquisizione.  Il Malleus era una reazione contro i sintomi inquietanti della crescente instabilità dell’ordine vigente, e centinaia di migliaia di malati di mente caddero vittime di questa reazione violenta. Non tutte le persone accusate di stregoneria erano inferme di mente; ma quasi tutti gli infermi di mente erano considerati streghe, maghi, posseduti da incantesimi. La specie di delirio di persecuzione, da cui furono presi la Chiesa e lo Stato nel periodo considerato, era indubbiamente dovuto a un senso di insicurezza e a una crescente consapevolezza che nuove forze sociali e nuovi ideali spirituali stavano per sorgere e per minacciare il cuore stesso del regime che reggeva l’Europa medioevale. Non vi è dubbio che tutte queste forze fossero ostacolate e maledette come se appartenessero al diavolo. Quindi, due monaci  (Sprenger e Kraemer, autori del Malleus maleficarum), spazzano via l’intera massa delle nozioni psichiatriche che erano state così coscenziosamente raccolte e conservate in duemila anni circa di indagine medica e filosofica. La fusione di pazzia, magia ed eresia in un solo concetto e l’esclusione totale del sospetto che il problema sia di carattere medico sono ormai complete. Non è più questione di superstizione popolare; è un principio autoritario della legge e della fede. I diavoli “hanno sei modi diversi per nuocere all’umanità. Il primo è quello di suscitare un insano amore in un uomo per una donna, o viceversa. Il secondo è di infondere in qualcuno odio o gelosia. Il terzo è di stregare le persone in modo che un uomo non possa unirsi carnalmente a una donna, o voceversa; oppure, con vari mezzi, di provocare un aborto. Il quarto è di fare ammalare qualcuno degli organi umani. Il quinto di far morire le persone. Il sesto è di privarle della ragione”.

L’intero campo della sessuologia, della psicopatologia e della criminologia è condensato in questa semplice dichiarazione. Maghi e stregoni sono pure citati nel Malleus, ma piuttosto brevemente, perché, subito dopo il diavolo, la mentalità ascetica del tempo scorgeva nella donna la sorgente di ogni male. “Tutta la magia deriva dalla bramosia carnale, che nella donna è insaziabile. Vedasi il Libro dei Proverbi, XXX: tre cose sono insaziabili, e una quarta che non dice mai basta: ed è la bocca dell’utero. Perciò per soddisfare la loro lussuria, si uniscono perfino ai diavoli”.

Il secolo XVI rivelò all’improvviso una fioritura di spirito turbolento mai conosciuto fino allora. L’uomo, come persona, acquistò tutto ad un tratto, un interesse e un significato speciali. Quasi a simboleggiare questo interesse, nel 1501 uscì un libro di Magnus Hundt, “Sulla natura dell’uomo”,. La parola antropologia (conoscenza dell’uomo), venne usata per la prima volta. Lutero si scagliò contro il vecchio ordine romano. La classe contadina fino allora quasi ignorata, incominciò ad insorgere. Fu l’epoca di Pietro Aretino, dei Medici, dell’Umanesimo. Questo secolo diede: Copernico, Telesio, Giordano Bruno, Niccolò Cusano, Erasmo Vesalio, Falloppia, Eustachio Paracelso e Weyer, il fondatore della psichiatria moderna. Fu l’epoca di Bacone, di Rabelais, di Mointagne, di Machiavelli.

Quando Vesalio pubblicò la sua opera monumentale sull’anatomia i medici tradizionalisti si scandalizzarono. Nonostante tutto si ridestò l’interesse per le esperienze umane, e, dalla metà circa del secolo in poi, si può scorgere un movimento di protesta contro la psichiatria demonologica. Ma per lungo tempo nessuno parve disposto a restaurare i canoni di Timoteo, che aveva consigliato a un uomo la cui moglie era tormentata da uno spirito maligno, di portarla da un medico per curarla dalla pazzia. L’intero problema era ancora in uno stadio teoretico. Mentre continuavano a infierire l’Inquisizione e i suoi falò, si levarono voci di protesta più o meno caute e generali. I principi proclamati nel Malleus maleficarum rimasero il fondamento dell’apparato amministrativo della Chiesa e dello Stato. La controriforma accentuò ancor di più la crudeltà di questo apparato. I monaci si sostituivano ai medici. Attraverso il suo apparato amministrativo, la Chiesa cattolica, come sola ed unica autorità spirituale, fu la prima a formulare e a sistematizzare la tradizione demonologia che aveva sopraffatto il mondo; ma la stessa tradizione non fu respinta dall aRiforma. Anzi, fu seguita da Lutero in Germania, da Calvino in Isvizzera, dal re Giacomo I in Inghilterra e dai Puritani nella comunità indipendente del Massachussets.

Il medico si ritrasse dal campo aperto della filosofia naturale. Anche i medici studiarono e scoprirono cose nuove; ma si interessarono più all’anatomia che alla psicologia. Le grandi scoperte che avvennero naturalmente anche in medicina non aggiunsero nulla, in realtà, alla conoscenza della psicologia medica. Tuttavia, fu il dotto e non il medico a continuare lo studio appassionato dell’uomo come individuo e del comportamento umano. Per la prima volta venne usata la parola psycologia. Nel 1590 Rodolfo Goeckel pubblicò la sua Psycologia: hoc est de homini perfectione, cioè: “La psicologia, ovvero il miglioramento dell’uomo”. Alla fine del XVI secolo Giordano Bruno, già monaco domenicano, levò la sua voce in difesa della scienza e perì sul rogo. Le questioni riguardanti la psicologia umana continuarono a essere discusse e se ne cercò la soluzione mediante un’introspezione e un’osservazione coraggiose. Telesio considerò il problema del piacere e del dolore e indagò la natura evolutiva del senso del tatto; Campanella studiò le sensazioni e fu convinzione di entrambi che le varie reazioni psicologiche fossero collegate da una catena causale di affinità. Erano stati così raggiunti impercettibilmente i due orientamenti principali della psicologia. Il primo consiste nel trattare delle caratteristiche e delle proprietà della mente umana come distinte da quelle dell’anima e, quindi, nel ricercare la causa di queste proprietà e delle loro funzioni nelle attività del corpo umano e non dell’anima. Secondo Bacone, tre forze principali sono responsabili di tutte le nostre reazioni psicologiche: la memoria, l’immaginazione e la ragione. Il secondo orientamento della psicologia si occupò invece degli impulsi, degli istinti, delle emozioni e degli affetti umani; e portò direttamente al problema della motivazione psicologica, determinante l’individualità dell’uomo e il suo comportamento sociale. Le osservazioni di Vives sulla cura del malato di mente rivelano che era una caratteristica dei tempi il trattamento piuttosto arrogante e crudele nei confronti del paziente. Le sue premesse psicologiche sono tradizionali, ma abbandona presto la tradizione; trascura la credenza allora popolare che il moto delle stelle e dei pianeti influenzi la mente umana. La mente funziona in accordo con certi principi ed è un merito straordinario di Vives quello di essere stato il primo a individuare e a descrivere l’importanza delle associazioni psicologiche. Egli studia le varie connessioni tra pensieri e frammenti di pensiero. Per primo, nella storia della psicologia, sostiene l’origine emotiva di certe associazioni, la loro capacità di risuscitare pensieri, sensazioni ed emozioni dimenticati da molto tempo. Vives dà prova di intuito esaminando la vera natura della gelosia che era, e lo è tuttora da diverse parti, considerata come un’espressione d’amore. L’elemento dell’odio, non come un risultato, ma come causa della gelosia, fu rivelato nell’analisi di questa reazione emotiva da Freud. Per Vives la gelosia è la paura che capiti qualcosa di buono a qualcuno che odiamo.

Teofrasto Bombasto von Hohenheim (Paracelso) fu un contemporaneo di Vives; il suo motto fu: ”L’esperienza è scienza”. Una malattia di mente fu per Paracelso una malattia “spirituale”, cioè una malattia naturale dovuta ai cambiamenti malsani subiti talvolta dallo spiritus vitae. Rifiutò senza ambiguità la demonologia. Prendendo in considerazione il ballo di S. Vito (chorea) disapprova il vezzo di dar nomi di santi o di diavoli alle malattie. Avanza l’ipotesi che l’isterismo sia di natura sessuale. Afferma che i bambini sono forniti della facoltà dell’immaginazione e che l’origine della malattia mentale, nei bambini come negli adulti, è pure l’immaginazione basata non sul pensiero, ma sulla percezione, perché hanno udito o visto qualcosa. La ragione è questa: la loro vista e il loro udito sono così impressionabili che inconsciamente essi fantasticano su ciò che hanno visto o ascoltato. E’ il primo riferimento alla motivazione inconscia delle neurosi nella storia della psicologia medica. Il medico rientrava finalmente nel suo campo e riprendeva il suo posto all’avanguardia di una rivoluzione.

Weyer (1515) lasciò una descrizione eccellente dello scorbuto, della febbre quartana e dell’idropisia, dell’occlusione del collo uterino e della ritenzione del flusso mestruale. Ma il suo interesse più grande fu rivolto alle malattie mentali. Per Weyer, le streghe sono persone malate di mente e i monaci che tormentano e torturano quelle povere creature sono gli unici che dovrebbero essere puniti.

Weyer sentiva che doveva creare una psichiatria e che questo sarebbe stato compito della medicina e non della teologia, della filosofia o della giurisprudenza. Così, sebbene non abbia lasciato alcun sistema né alcuna teoria elaborata, egli esaminò effettivamente i problemi psicopatologici della sua epoca con un metodo empirico, basato sulla realtà, che si dimostrò rivoluzionario nella storia della psicologia medica. Ammette la necessità di un trattamento terapeutico individuale dei malati di mente. Ricordiamo come il Malleus abbia posto l’accento sugli aspetti sessuali della magia. L’ignominia sessuale occupava il posto centrale nel sistema della psichiatria demonologica. Weyer dichiara semplicemente che tutta la sessuologia diabolica è un’enorme sciocchezza.  Nel corso del suo lavoro accumulò una quantità di esempi e di illustrazioni cliniche che rappresentano un fondamento solido e autentico per una psicopatologia descrittiva completamente nuova; ma non unificò mai le sue descrizioni in quello che si potrebbe chiamare un manuale sulle malattie mentali. Egli spicca come il vero fondatore della psichiatria moderna e come genio rivoluzionario nella scienza dell’uomo. Né i sensi dell’individuo, né il suo ambiente sono responsabili delle sue fantasie patologiche, ma certi processi interiori che viziano anche i freddi avvenimenti del mondo esterno, così che essi sono trascurati o percepiti come qualcosa di diverso. Asserisce che alcune gravi malattie mentali presentano nello stato di veglia credenze e convinzioni che esistono normalmente solo quando si sogna.

I contributi di Weyer possono essere riassunti come segue: fu il primo medico il cui interesse maggiore si sia rivolto alle malattie mentali e fu pure il primo clinico e il primo psichiatra descrittivo che abbia lasciato alle generazioni successive un’eredità che fu accettata, sviluppata e perfezionata in un ramo della medicina basato sull’osservazione, con un processo che culminò nel grande sistema descrittivo della psichiatria. Inoltre, più di ogni altro, completò, o almeno fu sul punto di farlo, il processo di distacco della psicologia medica dalla teologia. Ridusse i problemi clinici della psicopatologia ai semplici termini delal vita quotidiana e alle esperienze interiori. Non lasciò alcuna teoria.

Jean Bodin, aspro oppositore di Weyer, fu l’esponente più ardente e caratteristico di ciò che l’ormai morente secolo XVI desiderava conservare per la storia. Mediante la penna di Bodin, la teologia, la legge e la scienza politica assolsero il loro incarico di escludere la psichiatria dai settori principali dell’attività umana.

Il Rinascimento scoprì l’uomo. Michelangelo cercò di dire con la pietra quello che Weyer aveva tentato di esprimere con la parola e coi fatti. Toccò al XVI secolo di diventare il campo di battaglia di tutti i conflitti che si scatenarono nell’uomo, nello Stato e nella Chiesa. Il vecchio mondo non si arrendeva volentieri. Il passaggio dalla teoria geocentrica a quella eliocentrica minacciò e oppresse la mente umana. Il secolo XVII e buona parte del XVIII presentano un paradosso straordinario: lo scienziato e il medico, così seriamente occupati attorno alla natura e all’uomo, abbandonarono il loro interesse per la mente umana e la lasciarono in parte al teologo, che l’aveva già reclamata come suo dominio, e in parte ai filosofi laici illuminati sempre più numerosi. La conoscenza nella sua totalità si fece sempre più laica, sempre più libera dal postulato teologico. La fioritura dell’attività scientifica segnò un parziale ma deciso allontanamento dai problemi della psicologia medica, dai problemi della malattia mentale, della sua natura, del suo processo evolutivo e del suo controllo razionale.

Il potere dell’Inquisizione stava declinando: la Chiesa non era più in grado di esercitare il controllo esclusivo sul pensiero scientifico. La scienza nel frattempo fioriva. L’interesse principale era rivolto all’astronomia, all’ottica e alla fisica. Queste dottrine servirono come fondamento per lo sviluppo successivo della zoologia, della botanica e della chimica. Anche la ragione umana si affermò in pieno, e il ragionamento logico, sistematico, ordinato e metodico divenne il fondamento della vita culturale. Il medico-scienziato  scoprì presto che i suoi esperimenti e le sue osservazioni erano ostacolati dalla mancanza di strumenti adatti. Fecero quindi la loro apparizione una quantità di strumenti nuovi. L’esame dei particolari, la ricerca di fatti nuovi, l’esperimento, la raccolta dei dati empirici divennero gli anelli più importanti e solidi della catena scientifica. Tutto ad un tratto, l’anatomia e la fisiologia, sotto l’influsso della fisica, della matematica e della chimica, progredirono in modo straordinario. Il corpo umano incominciò ad essere inteso come un apparato fisico-matematico. L’orientamento generale dello scienziato era ormai assente da riferimenti teologici. La conoscenza empirica, l’interessamento e il rispetto per il tangibile, il visibile e l’accettabile, dominavano completamente le menti.

I malati di mente abbondavano in città e villaggi. Il medico non potè fare a meno di notarli; ma, a quanto pare, si limitò solo a constatare la loro esistenza. Sembrerebbe che la medicina si sia volontariamente disinteressata delle infermità mentali. A quanto pare la tradizione demonologica era ancora forte nella mentalità del XVII secolo. Il medico del XVII secolo era all’oscuro dei sotterranei delle prigioni dove era tenuta la maggior parte dei malati di mente, nel sudiciume e in catene, né era attirato dai patiboli o dai roghi. Così trascurò completamente il malato di mente. Non ci si riesce a liberare facilmente dall’impressione che proprio il progresso della medicina clinica abbia ostacolato quello della psichiatria. La psicologia dell’uomo comune era notevolmente cambiata dai giorni in cui Ippocrate aveva descritto per primo gli epilettici e i melanconici; e gli infermi di mente riflettevano i cataclismi e i conflitti sociali e culturali dell’epoca. Si cominciò a studiare il comportamento dell’uomo non dal punto di vista delle sue esigenze e dei suoi impulsi individuali, personali; ma da quello della sua struttura generale, fisica e fisiologica. La psichiatria clinica continuò a seguire il principio antichissimo di ridurre l’uomo a un comune denominatore e di considerare tutti gli individui come se fossero uguali. Felix Plater si recò direttamente nelle prigioni e nelle celle oscure in cui erano tenuti gli infermi di mente e scrisse una classificazione ragionata delle malattie mentali, in cui parlò soprattutto di idioti, deficienti, cretini, muti, depressi, e dei cosidetti melanconici. Un passo avanti fu fatto da Charles Lepois il quale insistette che la cagione dell’isterismo si deve cercare non nell’utero ma nel cervello. Dato questo, l’isterismo è un disturbo che piò colpire gli uomini come le donne. Il progresso scientifico non influì a quanto pare sul timore che il medico nutriva nei riguardi della malattia mentale. L’interesse accresciuto per l’infermità mentale non diminuì l’atteggiamento piuttosto aggressivo verso i malati di mente, ne mutò sostanzialmente i metodi terapeutici.  La neurologia si affermò, se non come specialità medica, almeno come ramo importante della medicina. Anche gli inizi della neurofisiologia possono essere fatti risalire al XVII secolo. Nel secolo seguente si affermò la neuropatologia.

Thomas Willis fu lo scopritore dell’undicesimo paio di nervi cranici. L’opera di Willis, Bonet e Baglivi, gettò le basi di una psichiatria apsicologica che si radicò nella scienza medica e che, mentre rese un servizio inestimabile alla neuroanatomia, alla neurofisiologia e alla neuropatologia, trascurò quasi interamente lo studio degli stessi fenomeni psicologici che questi uomini si erano accinti a studiare. Willis suggeriva per la prima volta l’ipotesi che esaltazione e depressione alternate fossero forme diverse di una stessa malattia mentale. Lepois notò che alcune donne sviluppano disturbi mentali dopo il parto o che cadono in delirio durante il puerperio (psicosi postpartum).

Per secoli i malati dimente erano stati considerati non solo gente inutile ma anche cattiva, che veniva dal male, lo recava in sé e lo riversava sugli altri. Toccò al XVII secolo il compito di seguire la strada additata da Weyer. In mezzo all’indifferenza e all’ostilità per gli infermi di mente, promossa e incoraggiata dallo stesso zelo scientifico, apparvero medici che furono forse più umanitari che scientifici. Erano mossi dal desiderio di essere di aiuto, dalla necessità di curare, dall’intento terapeutico.  Il peso della cura si spostò dalla punizione e dalla salvezza forzata o volontaria dell’anima, all’intuito individuale del paziente, a ciò che le sue illusioni ed emozioni gli fanno fare. La persona umana pur nella sua malattia aveva la capacità di superare il suo disturbo, capirlo e padroneggiarlo. Nel campo delle malattie mentali, la medicina del XVII secolo oscillò tra l’umanitarismo e l’organicismo. L’organicista si isolò dallo studio della psicologia, perché il suo interesse principale era rivolto all’anatomia e non alla psicologia; il medico umanitarista dovette invece basarsi sulla sua intuizione e rimase fuori della psicologia sistematica, al pari del fisiologo. I problemi esclusivamente psicologici finirono in mano al filosofo, non al medico. La divisione di Bacone dei nostri attributi psicologici in memoria, immaginazione e intelligenza rimase fondamentale. La trasfusione di sangue fu usata per la prima volta come cura delle malattie mentali dal Denis nel 1667. Il secolo non giunse alla fine, però, senza reagire contro le teorie meccaniciste e le consuetudini che aveva esso stesso instaurato. Questa reazione, pur significativa ed energica, non ebbe subito effetto; ma rappresenta una importante pietra miliare nella storia della medicina psicologica. La si può vedere esemplificata nell’opera dello Stahl. La sua opera maggiore è la Theoria medica vera del 1707 che tratta delle malattie mentali. Non aderì alla concezione, che prendeva sempre più piede, di una frattura fra l’anima e il corpo. Tranne che per la terminologia, il concetto dello Sthal delle malattie mentali coincide in molti punti con le opinioni psicodinamiche più progredite del XX secolo. Credeva che certe emozioni potessero interferire nella guiarigione di una malattia fisica. Lo Sthal ossevò pure giustamente che i sogni riflettono talvolta le condizioni di certi stati fisici anormali. Questo – diceva – era dovuto all’anima sensitiva: cioè per dirla con la terminologia moderna, alla percezione inconscia. Le malattie mentali insorgono quando l’anima è ostacolata nel suo libero funzionamento. Questo impedimento, o inibizione, è spesso dovuta a un umore, ossia, il che è lo stesso, a un’idea che è estranea o contraria alla direzione della forza vitale. Questo è in certo modo una rozza formulazione di un concetto che Freud diffuse sin dagli inizi della sua attività, quando parlò dell’origine inconscia dei sintomi e degli impusi repressi, istintivi, come capaci di provocare neurosi e psicosi. Lo Sthal per primo tentò di dimostrare che certi deliri, o stati mentali sono di origine fisica (organica), mentre altri sono di origine emotiva (psicologica, funzionale).

Nel secolo XVIII la malattia mentale, che la medicina strappò finalmente dalle grinfie del sadismo superstizioso, cominciò ad essere considerata come un accidente dell’uomo in quanto persona. Il Mesmer stava affascinando i creduli con le nuove “curative” convulsioni collettive e altre manifestazioni di “magnetismo animale” e di “fluido magnetico”. Molti furono gli orientamenti del XVIII secolo. Il Berkeley ammise la possibilità di “pensieri senza immagini”; per lui, solo ciò di cui l’uomo è conscio è importante. Ed è conscio solo di ciò che percepisce attraverso i suoi sensi. Questo estremo sensismo e materialismo furono un’applicazione semplificata della fisica alla psicologia, e comportarono una semplificazione del concetto di personalità umana e un’intima contraddizione nei confronti della filosofia dell’uomo. Per la psicologia scientifica, l’uomo era concepito come una semplice macchina. Il problema della relazione tra sensazione e coscienza, tra corpo e mente, s’impose con tutta la sua inesorabile oscurità a chiunque affrontasse un problema psicologico o, in particolare, psicopatologico. Le teorie venivano create, modificate, abbandonate, resuscitate e migliorate; ma l’atteggiamento fondamentale nella cura delle malattie mentali restava immutato, sotto forma di una specie di zelo psicologico unito a una ben studiata crudeltà.

Ludwig pensava che la fantasia potesse causare la mania o la melanconia. IL Langermann si oppose alla convinzione sempre più diffusa, assunta quasi a postulato, che sede delle malattie mentali fosse il cervello. Insistette persino sul fatto che molte malattie mentali sono di origine psicologica e mise in rilievo perciò la necessità di una psicoterapia sistematica e precisa. Il Langermann fu pure il fondatore del primo ospedale per malattie mentali in Germania, quello di S. Giorgio a Bayreuth, che diresse dal 1805 al 1810. Avversò ogni forma di restrizione, abolì la camicia di forza e considerò i malati mentali come pazienti da curare. Gradualmente, ma sempre con maggior chiarezza e decisione, gli interessi prevalenti della psichiatria divennero l’organizzazione ospedaliera, la riforma degli ospedali e l’istruzione psichiatrica.

La filosofia naturale (termine antico per biologia) incominciò pure a dar segno di non appagarsi delle idee puramente meccanicistiche che dominavano il campo. Fu il Lamarck che spezzò i ranghi, apparentemente fortissimi, del razionalismo meccanicistico. La differenziazione, per esempio, fra malattie mentali organiche e funzionali, è fondamentale ed è un risultato diretto delle idee che fermentarono nel secolo a cavallo fra lo Stahl e il Langermann. Questa differenziazione diventò la pietra di volta delal moderna psichiatria. Un numero sempre maggiore si offrì all’attenzione del medico. La lotta intensa, sanguinosa e feroce dei secoli demonologici precedenti accentuò soltanto la tendenza del medico a rivolgersi a un indirizzo organico, esclusivamente fisico e materiale. Il medfico abituato a trattare le malattie fisiche come entità specifiche, ben definite, trasferì lo stesso abito di pensiero nell’esame delle malattie mentali. Non si resta quindi sorpresi nel constatare che il medico del XVIII secolo dedicò gran parte, se non la massima parte, della sua attenzione al differenziamento e alla classificazione delle malattie mentali. Venne all’ordine del giorno la nosologia.

La prima metà del XVIII secolo non fu in grado, a quanto pare, di spingersi oltre il dogma ippocratico , nuovamente affermatosi. La riaffermazione di Ippocrate segnò la fine della demonologia. Se le cognizioni sulle malattie mentali si svilupparono con estrema lentezza nel corso del XVIII secolo, la letteratura sull’argomento ebbe uno sviluppo quasi lussureggiante dimostrando chiaramente che la psichiatria come specialità era ormai nata. La struttura e la funzione del cervello, continuarono a interessare lo psichiatra. Il Gall (1758-1829) tentò di ridurre l’intero campoi della psicologia alla localizzazione cerebrale. Durante il XVIII secolo, nelle questioni psichiatriche la parola “scientifico” venne ad avere lo stesso significato di “organico”, “corporeo”, “fisiologico”. Fuori dalla m assa delle osservazioni, cominciarono a delinearsi gli aspetti particolari delle malattie individuali. Haslam (1764-1844) continuando con maggior cautela di tutti i suoi predecessori l’esame del rappoirto fra malattie mentali e certe forme di paralisi, ci diede quella che sembra essere la prima descrizione clinica della malattia nota come paresi o paralisi generale. Che questa malattia fosse dovuta alla sifilide, contratta in epopca precedente, l’Haslam non lo sapeva, naturalmente. Il rapporto esatto fra sifilide e malattie mentali rimase a lungo sconosciuto. La conoscenza scientifica si muove con esasperante lentezza. Lo psichiatra dovete limitarsi a osservazioni piuttosto generali, basate più su impressioni cliniche che su sani criteri scientifici. Discutendo delle malattie accompagnate da convulsioni, il de Sauvages sostenne che un tipo di epilessia, ritenuto di origine sifilitica, era curabile mediante la “metodica somministrazione di mercurio”. Pensava che si potessero simulare gli attachi epilettici, non rendendosi evidentemente conto della differenza fra gli attacchi di grande hysterie e quelli di vera epilessia. Le ipocondrie furonoannoverate fra le deviazioni della ragione.

Le classificazioni delle malattie mentali aumentarono di numero, ma divennero tosto soltanto delle ponderose e ingombranti raccolte di termini nuovi. Kant, per parecchi anni si interessò manifestamente a una classificazione adeguata delle malattie mentali. Ammette ed accetta il fatto che le malattie mentali sono dovute a una malattia organica del cervello. Richiama la nostra attenzione sull’uomo primitivo, e immagina questo uomo primitivo sano “perché libero nei suoi movimenti” Egli notò che ogni forma di follia presentava una perdita del sensus communis, e la creazzione di un sensus privatus. Nella sua Anthropologie Kant espresse il parere che il germe dell’insania si sviluppa simultaneamente con quelli della procreazzione. Nel frattempo, il valore dell’individuo cominciò ad essere trascurato. Proprio come nel passato, la mente dell’uomo fu lasciata al teologo e più tardi al filosofo.

Gli alienti erano paria, i malati mentali venivano messi accanto agli assassini e agli altri criminali. Sino alla fine del XVIII secolo fu questa la condizione, se non di tutti, della maggior parte almeno dei luoghi in cui si tenevano i malati di mente. L’illuminismo dell’epoca salvò le loro vite, ma non riuscì a salvarli da una lenta tortura.

I medici francesi furono gli esponenti più rappresentativi del nuovo indirizzo psichiatrico. Contemporaneo e in un certo senso precursore di Pinel, fu Daquin. Secondo lui, solo in ospedale si ha sufficiente materiale clininico per imparare la psichiatria e per fare nuove ricerche.

Pinel fu primario al Bicetre e alla Salpetriere durante la Rivoluzione e il Terrore. Egli introdusse l’uso di prendere apppunti sui casi psichiatrici e di conservarli.veva appena iniziato il suo lavoro al Bicetre quando fu chiamato ad ammininistrare la Salpetriere. Le classificazioni e le toerie mediche del Pinel non hanno per noi un interesse speciale in questa sede. Sono molto metodiche e chiare e contengono alcune idee originali; ma la loro importanza è minima in confronto al suo lavoro di riforma e di riorganizzazione ospedaliera. E’ l’organizzazione di ospedali adeguati per malattie mentali che rese possibile la “cura morale”, cioè la psicoterapia. Senza ospedali adeguati, non vi era la possibilità di fare delle prove.

La psichiatria entrò nel XIX secolo con basi  molto più solide di quelle che avesse mai avute nei secoli precedenti. Nel 1778, nell’anno stesso in cui ik Pinel giungeva a Parigi, arrivava in questa città Anton Mesmer. In un suo opuscolo sosteneva che tutti gli esseri umani sono sottoposti all’influsso delle stelle, che questo influsso si esercita mediante il flusso continuo di un fluido magnetico che riempie l’universo, che una certa armonia, o equilibrio, di questo flusso dentro di noi ci protegge sempre da innumerevoli amli. Uno squilibrio si fluido provoca invece un’infinità di malattie. Il magnetizzatore poteva ristabilire l’equilibrio. Nella stessa Salpetriere Jean Martin Charcot iniziò i suoi studi sull’ipnotismo – derivazione diretta del mesmerismo – novantaquattro anni dopo Mesmer. La medicina si concentrò su soloro che erano manifestaente folli, su coloro che chiamiamo oggi psicotici; ma la massa enorme degli stregati e degli indemoniati non erano psicotici. Il neurotico non è ancora ritenuto, per lo più, un ammalato e nonostante il progresso moderno la neurosi è ancora considerata come una debolezza. La gente che si precipitava dal Mesmer, dal Deslo e dai loro seguaci faceva parte di questa massa ingente di neurotici. L’interesse per il mesmerismo crebbe sempre di più e sviluppò una vasta letteratura. Gli stati anestetici, certe forme  di convulsioni erano suscitate a volontà e scomparivano proprio sotto gli occhi dell’osservatore. Nel 1842, un chirurgo, il dottor Ward, eseguì un’amputazione a una coscia mentre il paziente si trovava in trance mesmerico. La chirurgia fu tosto liberata dalla controversisa mesmerica. Erano state infatti scoperte le proprietà anestetiche del “gas esilarante” e dell’etere, così che l’anestesia si costituì presto su una base a-psicologica. Lo psichiatra però non potè disfarsi così facilmente del mesmerismo. Per la prima volta era apparso un agente terapeutico realmente nuuovo. L’attenzione sdi era rivolta alle neurosi. La medicina si impadronì della psichiatria, la inserì nel suo dominio scientifico e le offrì il diritto di cittadinanza solo a patto che imparasse il suo linguaggio e si sottomettesse ad essere governata da lei. Rifiutò di conoscere la psicologia. Il mesmerismo incontrò dei fastidi, perché la psicologia, el neurosi e la medicina psicologica erano per tradizione associate o con l’anima o col diavolo. Il mesmerismo non era in grado di offrire alcuna teoria plausibile per spiegare i fenomeni che lo riguardavano. In seguito, un numero di magnetizzatori notò che si ottenevano risultati curativi senza tenr conto del tipo di reazione o grado di mesmerizzazione del paziente. La trance profonda si rendeva necessaria solo per le operazioni chirurgiche. Già nel 1820, il mesmerista Bertrand osservò quello che divenne noto più tardi come “sonno ipnotico”. Storicamente, l’osservazione del Bertrand può essere considerata come il punto di transizione nello sviluppo del mesmerismo in ipnotismo. Il Braid introdusse i nuovi termini: ipnotismo, ipnotizzatore, ipnotico. La terminologia mesmerica scomparve così dopo poco più di sessanta anni di vicissitudini. Tuttavia, l’impulso che il mesmerismo aveva messo in libertà continuò incontrastato in direzione di nuove conoscenze e di nuove conquiste. L’ipnotismo fu introdotto senza beneficio di fanfra, di sollevamenti scientifici o del solido appoggio di quella che è chiamata generalmente la professione, cioè, le organizzazioni mediche ufficiali. La nascita della psicoterapia, con il Braid e con il Lièbeault, fu un evento straordinario nella storia della medicina. La Germania non mostrò alcun interesse speciale per l’ipnotismo. In Russia, il Bechterev, uno dei primi psichiatri dalla mentalità europea, incominciò a valersi dell’ipnotismo verso il 1880. A Parigi, nel 1878, lo Charcot iniziò quella che sarebbe stata conosciuta come la scuola d’ipnosi della Salpetriere, per distinguerla da quella di Nancy fondata da Lièbeault. Gli ospedali per alienati incominciarono a favorire l’applicazione di metodi psicoterapeutici scoperti e sviluppati fuori dalgi ospedali stessi. L’ipnotismo fu ammesso del tutto come pratica corrente negli anni ottanta. Fu insieme un metodo tanto di cura che di ricerca, nonché oggetto in se stesso di studio. I pazienti sottoposti al sonno ipnotico passavano regolasrmente attraverso tre stadi successivi: letargo, catalessi e sonnambulismo. Si doveva quindi stabilire un criterio per riconoscere e differenziare questi tre stadi. Pierre Janet mise in rilievo l’enorme importanza storica del successo ottenuto dallo Charcot. Tutti i neurologi di quell’epoca si rivolsero alla Salpetriere per i loro studi. In mezzo a questa maggioranza troviamo nel 1885 Sigmund Frud. L’intuizione psicologica dello Charcot fu sempre maggiore e più verace delle sue opinioni ufficiali sulle relazioni psicologiche. Usò il termine “isteroepilessia”. Ammise l’importanza dell’autosuggestione nell’isterismo. Il nome “isterismo” fu conservato, anche se perse gradatamente il suo significato etimologico. Siccome questa reazione psicologica era accompagnata talora da convulsioni, e siccome anche l’epilessia era accompagnata da convulsioni, venne chiamata istero-epilessia. Lo Charcot era al corrente degli aspetti psicologici dell’isterismo. Nelle sue famose Lezioni ammette che l’autosuggestione e l’immaginazione dell’individuo isterico lo possono condurre a “realizzazioni”, cioè alla formazione dei sintomi fisico-isterici. Nel frattempo la scuola di Nancy, con H. Bernheim, seguì la linea tracciata da Lièbeault. Il Bernheim dichiara che il processo delal suggestione e le caratteristiche della suggestionabilità dovrebbero essere studiati. Riservò la designazione di “isterismo” solo alle crisi convulsive e pensò a tendenze “isterogene” nell’uomo. Riconobbe l’esistenza di “psichismi” involontari, di “automatismi” psicologici. Fu così il primo psicologo scientifico che abbia difeso il principio dell’ “impulso irresistibile”. Entrambe le scuole portarono la medicina in stretto contatto con le neurosi, con una massa cioè di “non alienati” e non ricoverabili e con le loro psicologie. La psichiatria si occupò direttamente di individui vivi, funzionanti e non solo di “folli” e di deteriorati mentali. Il secolo XIX fu invece incapace di uscire dai confini della semplice descrizione dei fenomeni osservati; in altre parole, fin quando le due scuole della Salpetriere e di Nancy si limitarono alla descrizione non rappresentarono che una continuazione naturale e un ampliamento dell’opera incessante svolta per più di un secolo dai medici che si erano interessati alle neurosi. Il grande successo però della scuola di Charcot e di quella di Bernheim fu dovuto principalmente al fatto che i loro metodi erano nati da intenti terapeutici. La psicoterapia è diventata così uno strumento di ricerca e la fonte di tutto quello che abbiamo imparato sulla vera natura dell’isterismo e, più tardi, di tutte le altre neurosi.

L’opera dello Charcot e del Bernheim appartiene agli ultimi venti anni del XIX secolo. Lo sviluppo posteriore delal psicologia ha sempre come punto di partenza i risultati delle loro ricerche.

Ferrus al Bicetre scelse fra i pazienti quelli capaci di lavorare e, col loro aiuto, demolì novantasei celle malsane, costruite in precedenza per i criminali. Fu così il primo a inaugurare quella che fu nota più tardi come terapia del lavoro.  La tradizione psichiatrica francese rimase quella instaurata da Pinel. L’Esquirol fu uno dei primi, se non il primo, ad applicare i metodi statistici si suoi studi clinici. Classificò quelle che erano allora chiamate cause psicologiche, cioè:_ delusioni amorose, guai finanziari e fattori similari, che ora sappiamo essere fattori che favoriscono le malattie mentali, ma non le vere cause psicologiche di esse. Aveva considerato le emozioni come una fonte di infermità psicologica. Differenziò certi stati depressivi dalle altre psicosi e li chiamò lipomanie, anticipando quindi il concetto moderno di depressione. Introdusse inoltre il termine allucinazione, dandogli l’esatta definizione odierna, cioè limitandolo al fatto di udire e vedere cose che non esistono, e mettendo in rilievo che non si tratta di false percezioni (illusioni), ma di reali prodotti pseudosensori del disturbo mentale stesso. Definì poi il suo concetto di monomania, separando dalle altre psicosi quelle che mostravano la predominanza di una sola idea o di un solo gruppo di idee. Difese inoltre esplicitamente i criminali malati di mente: “una malattia mentale è la perdita del senso della realtà e un libero gioco delle proprie fantasie”.

La tendenza generale a isolare gruppi caratteristici di sintomi psicologici fu particolarmente proficua.  Georget fu uno dei primi psichiatri a credere nell’unità di tutte le malattie mentali, come rappresentanti diversi stadi di un solo processo. Gli ospedali psichiatrici, offrendo l’opportunità di osservare un gran numero di pazienti, e di esaminare ogni paziente individuale a lungo, misero a disposizione dello scienziato dotato di un certo acume il materiale che gli occorreva. La malattia doveva avere un inizio caratteristico e un decorso e un esito altrettanto tipico. Alret studiò le depressioni anormali che erano accompagnate da impulsi suicidi; notò che alcune di esse diminuivano, cambiandosi in stati di esaltazione anormale e che alcune esaltazioni invece, dopo un certo periodo, si mutavano in depressioni profonde. Riconobbe quindi in questo circolo un tipo ben distinto di malattia mentale (folie circulaire, folie a double forme, che ebbe il nome di psicosi maniaco depressiva da Kraepelin).

Il Baillarger fu il primo ad avvertire che le allucinazioni sono risultati spontanei di una reazione psicologica, tanto che le chiamò “involontarie”. Studiò pure il ruolo dello stato intermedio tra il sonno e la veglia, e a quale ora la gente normale abbia esperienze allucinatorie, dette oggi ipnagogiche. Differenziò pure le allucinazioni alcooliche. Gli psichiatri francesi continuarono a differenziare dei gruppi di sintomi psicologici nettamente circoscritti, allargando e approfondendo così l’orizzonte spicologico. L’ospedale e la clinica si affermarono come l’unica fonte degna di fiducia e come il laboratorio naturale della psicologia umana. L’importantissimo progresso conseguito nella clinica della paralisi generale, si rivelò un regresso nei confronti della psicopatologia generale delle neurosi e dell epsicosi gravi, cioè dell emalattie mentali vere e proprie. Questa benedizione allontanò un gran numero di psichiatri dalle psicosi. L’ambizione non solo di conquistare la psichiatria, ma di farne un ramo legittimo della medicina generale o della neurologia, parveessere entrata, alfine, in fase di realizzazione effettiva. Questo grande cambiamento fu avverito ovunque e cominciò a far vedere un distacco definitivo dagli interessi puramente psicologici.

Il Morel sembra essere stato l’ultimo degli psichiatri francesi che si sia accostato con originalità e con reale interesse alla psicopatologia. Ma il corso generale della psichiatria era decisamente indirizzato verso interessi organici e fisiologici. Questo indirizzo coincise con quello della psichiatria tedesca.

La psicologia medica francese fu nello stesso tempo umanitaria e razionale, pratica e sperimentale. Non cessò mai dalla speculazione; ma si basò in ogni occasione sugli studi neurologici. I medici si preoccuparono di descrivere le manifestazioni psicologiche delle malattie mentali, più che di ricercare la loro ultima origine psicologica. La gente di lingua inglese dedicò le su energie più alla cura dei malati di mente che alle teorie psicopatologiche. Negli Stati Uniti il medico che si occupava dei malati di mente si dedicò quasi esclusivamente all’amministrazione ospedaliera. Gli psicologi medici inglesi proseguirono lo studio di quelle condizioni mentali che mettevano l’individuo in conflitto con la legge ed estesero le loro teorie e le loro pratiche umanitarie agli ospedali psichiatrici. Né la rivoluzione americana né quella francese , né lo sviluppo conseguente del liberalismo britannico o la democratizzazione del sistema elettorale inglese poterono liberarsi da quella ansietà, da quel senso di insicurezza, da quell’istinto spontaneo di autodifesa che fa sì che l’uomo ricerchi un metodo per disfarsi del criminale e dell’alienato più che il mezzo e il modo per riabilitare il primo o per restituire il secondo alla normalità. L’Inghilterra, verso la metà dell’800 diede anch’essa il suo contributo originale alla psicologia medica, dimostrando una consapevolezza chiara e crescente del valore e del rispetto per l’individuo. Richiese dalla comunità che si occupasse dei suoi doveri verso i malati mentali, l’abolizione della restrizione corporale. Si sperimentò in qualche ospedale il sistema della “porta aperta”. La terza importante manifestazione della generale umanizzazione nella psicologia medica fu l’evoluzione delle teorie psichiatriche medico-legali. L’energia intellettuale e il duro lavoro dedicato al problema del comportamento criminale contraddistinsero la psichiatria inglese e americana nei suoi tentativi originali e nel contributo a questo ramo della psicologia medica. Nella seconda metà del secolo il punto di convergenza degli interessi fu il problema dell’ordinamento sistematico dei fatti clinici. La ricerca di un’esatta classificazione delle malattie mentali fu il tentativo di penetrare a fondo in una ricca gamma di esperienze che postulava una sintesi. La psichiatria era diventata una disciplina soltanto descrittiva. I tentativi classificatori furono spesso nient’altro che un elenco dei sintomi più manifesti.

Fino al XX secolo – quando le istituzioni mentali americane divennero centri di ricerca – i veri contributi alla psicologia medica non vennero dalla psichiatria ospedaliera americana, né, in grado minore, da quella inglese. Il sentimento nazionalista, che era stato affermato dalla Rivoluzione francese, era in piena ascesa. D’altro lato, la crescente industrializzazione europea e il rapido progresso del commercio su scala internazionale generarono uno spirito d’interdipendenza internazionale e cosmopolita. La scienza si trovò coinvolta in questo processo di internazionalizzazione. La scienza europea fu completamente cosmopolita verso la metà del secolo. Questa unificazione culturale europea presentò dei grandi vantaggi. La psicologia medica francese e inglese divenne presto meno creativa e ricevette, in effetti, più di quanto desse. In un solo ramo della psicologia medica Francia e Inghilterra continuarono ad essere all’avanguardia: nel ramo che si sviluppò dal mesmerismo. L’opera di Braid, Elliotson, Charcot e Bernheim, non solo è di immenso valore, ma rese la Francia un centro di attrazione mondiale.

La Germania entrò in campo piuttosto tardi, e dovette creare nello stesso tempo ospedali e teroie medico-psicologiche. La storia della psichiatria tedesca dell’800 è la storia della sistematizzazione psichiatrica. L’inizio del secolo fu caratterizzato dal pensiero romantico che invase tutti i campi, e anche la psichiatria risentì di quest’influenza. I fautori di punti di vista anatomici e fisiologici non aderirono con entusiasmo alle teorie psicologiche che erano sorte da questo romanticismo, tanto che ne derivò una gran controversia nella psichiatria tedesca: quella tra stomatologi e psicologi. Vinsero i stomatologi e, alla metà del secolo, la psichiatria tedesca affermò la supremazia del cervello sopra ogni altra struttura, e procedette sistematicamente a produrre  una psichiatria  apsicologica. Naturalmente, la psicologia non poté essere eliminata facilmente, così venne impiegata secondo l’intuito e l’ingegnosità psicologica di ciascun osservatore; ma solo allo scopo di una semplice descrizione. Il promotore più influente e più importante di questo processo fu Griensinger.  Egli introdusse la non-restrizione negli ospedali psichiatrici. Con la sua autorità e la sua forza di carattere compose l’aspra controversia sorta fra psicologi e stomatologi. Le malattie mentali erano malattie somatiche – sosteneva – e specificamente malattie del cervello. Le diagnosi si dovevano fare soltanto sulla base delle cause e le cause erano sempre fisiologiche. Né osservò alcuna differenza fra i disturbi organici e quelli funzionali. Molte reazioni psicologiche erano dovute ad azioni di riflesso del cervello; la psicologia non poteva essere niente di più che un’azione di riflesso. In questo pensiero fu il precursore delle idee riflessologiche del Behterev e del Pavlov e anche del behaviorismo americano, ancor più meccanicistico, del 900.

Il Griensinger non conobbe alcuna linea divisoria fra l’elemento psicologico e somatico, soggettivo ed oggettivo, fenomenologico e teoretico: tutti questi elementi si fondono in un insieme confuso. L’influsso autorevole del Griensinger portò decisamente l’attenzione della psichiatria tedesca sul corpo. Era il corpo che aveva l’incarico di rispondere quello che fosse la malattia mentale. Questa concezione, mentre limitò inevitabilmente la prospettiva psicologica generale, mise contemporaneamente in rilievo che la medicina, impadronitasi del campo della psicopatologia, non aveva affatto intenzione di consegnarlo alla teologia. Così, la lotta, vecchia di circa tre secoli, della medicina per il possesso della psicopatologia stava culminando in un atteggiamento niente affatto conciliante, basato su postulati anatomo-fisiologici. Della cura – all’infuori dell’umanizzazione degli ospedali e dell’uso di stupefacenti – si discuteva poco. Da quando era declinato il mesmerismo, la questione della cura aveva suscitato scarse controversie, la terapia non dava segno di essere molto progredita. L’ammalato mentale fu dimenticato, parrebbe, perché il stomatologo fu troppo occupato nell’esame del cervello e del midollo spinale del paziente per capire la malattia mentale dello stesso. I grandi contributi del Nissl e dell’Alzheimer furono il risultato immediato di questa filosofia somatologica. L’alcoolismo fu studiato accuratamente e il Wernicke descrisse l’allucinosi alcolica. Il Korsakov descrisse la psicosi e la neurite alcolica. Gli effetti e la assuefazione alla morfina furono pure studiati attentamente. Questi studi portarono a un esame complessivo delle malattie mentali dovute a veleni o a infezioni; cioè delle cosiddette psicosi esogene. Moebius potè dividere le malattie mentali in due vaste classi, come malattie esogene ed endogene, e il Kraepelin prese questa divisione a fondamento della sua classificazione. Lo psichiatra stomatologo scoprì ben presto che occorrevano un accostamento ed una metodologia completamente diversi. Cominciò a farsi strada, dal punto di vista terapeutico, l’osservazione di Leubusher che è molto importante che il paziente capisca di essere malato di mente. Le neurosi cominciarono così ad essere discusse più chiaramente nella psichiatria tedesca. Le concezioni antiquate non scomparvero del tutto, naturalmente; la visione psicologica si fece però più acuta. Particolari di enorme importanza incominciarono ad essere differenziati, come, per esempio, le osservazioni di Wernicke sulle afasie, che lo portarono ad osservare che perdite di memoria attorno a eventi recenti possono essere unite a una memoria perfetta di eventi del passato: manifestazione caratteristica di una malattia mentale cerebrale e organica, che si differenzia da certi stati psicotici di origine funzionale. Si deve inoltre ricordare che, proprio al tempo di questi studi, si stava cercando di costruire un sistema di istituzioni psichiatriche e di centri di istruzione psichiatrica. L’ospedale tedesco divenne un’istituzione adibita assieme alla cura e alla ricerca quasi nello spazio di una sola generazione. In nessuna parte del mondo, verso la metà del secolo, si lavorò tanto  nel campo della ricerca psichiatrica come in Germania. Questo orientamento produsse due tendenze caratteristiche: la differenziazione di certe malattie in base alla loro origine, corso ed esito, e la classificazione delle malattie in base al medesimo principio. La prima descrizione clinica, che risalta con grande chiarezza nella letteratura psichiatrica tedesca, è quella della paranoia. Sander la descrisse nel 1868. Il Kahlbaum volle applicare i principi della scienza naturale alla psichiatria clinica. Tralasciò le cause immaginarie e osservò piuttosto l’inizio, il corso e l’esito di certe malattie. Descrisse una malattia che incomincia piuttosto lentamente e, dopo aver fatto il suo corso, termina nel deterioramento mentale. La sua attenzione si rivolse poi a un tipo di reazione che è, sotto qualche aspetto, simile a quella sopraccitata, ma che è caratterizzata da strani spasimi muscolari, gesti e atteggiamenti insoliti, e stati di stupore che fu chiamata “catatatonia”. Tre anni prima Hecker aveva descritto l’ebefrenia, psicosi della pubertà che termina in un deterioramento piuttosto rapido. Successivamente, scrivendo sulla “insania ciclica” introdusse il termine “ciclotimia”. Dopo le descrizioni del Kahlbaum e dell’Hecker, incominciò nella psichiatria tedesca un periodo di stasi nel campo delle idee che durò una ventina di anni circa, e cessò con l’apparizione dell’opera monumentale del Kraepelin. Si deve osservare che, verso il 1870, prima che Kraepelin pubblicasse  la prima edizione del suo trattato sulla psichiatria, incominciò ad apparire nelle classificazioni psichiatriche un criterio che era destinato a giocare un ruolo importante, se non molto salutare, nella psichiatria clinica. La curabilità e l’incurabilità furono considerate in se stesse sintomi di malattie diverse. La seconda parte dell’800 presenta un quadro psichiatrico piuttosto confuso. Mentre il secolo stava volgendo alla fine, apparve un giovane studente che era destinato a lasciare un’impronta duratura sulla storia della psichiatria. Emil Kraepelin entrò nel campo della psichiatria quando era ancora uno studente di medicina.  Per lui una persona malata di mente costituiva, a quanto pare, un semplice insieme di sintomi. Avendo a portata di mano una massa così vasta di dati clinici, il Kraepelin potè scegliere tutto quello che i pazienti avevano in comune, trascurando i dati esclusivamente individuali. Ottenne così un quadro d’insieme eccellente. Ma non si rese conto, a quanto pare, che nel suo esame preciso aveva perso di vista l’individuo. Infatti, fu l’assertore convinto del metodo biologico nello studio della psichiatria. Non volle sapere quello che pensava il paziente quando era ammalato, ma come pensava. Divide le malattie mentali in quelle causate da condizioni esterne, che sono curabili, e quelle causate da fattori costituzionali innati, che sono incurabili. Vi è una legge naturale che governa la malattia mentale, ed è questa legge che deve essere studiata dalla psichiatria. La psichiatria stava evolvendosi con una tale energia e rapidità, che, il sistema di Kraepelin sembrò appartenere già al passato al momento stesso della sua comparsa, nel 1896. Tabelle statistiche indussero alla conclusione che le malattie mentali principali erano due, o meglio due vasti gruppi di malattie: demenza precoce e psicosi maniaco-depressiva. Le psicosi maniaco-depressive, menzionate per la prima volta da Kraepelin hanno il corso ciclico di una serie di attacchi alternati di esaltazione e depressione, mentre il paziente “guarisce” di solito tra i due attacchi e attraversa un intervallo “normale”. La demenza precoce è caratterizzata da sintomi che si riscontrano nella catatonia, nell’ebefrenia: allucinazioni dell’udito e forse manie di persecuzione. La paranoia è ancora classificata come una malattia a sé. Inoltre, metre le psicosi maniaco-depressive sono “curabili”, la demenza precoce conduce invariabilmente al deterioramento mentale, alla vera demenza.

Il punto più caratteristico del sistema di Kraepelin era l’atteggiamento prognostico, strettamente collegato alla diagnosi. Il Kraepelin spaziò in tutto il campo della psichiatria; divise le psicosi in endogene ed esogene. La demenza precoce era una malattia endogena, cioè non causata da fattori esterni. Si pensava che fosse provocata da qualche mutamento organico cerebrale. Disegnò una forma di melanconia (melanconia di involuzione) come una forma ben contraddistinta di malattia. Sia dal punto di vista della terminologia che da quello delle descrizioni cliniche, le innovazioni nosologiche del Kraepelin non furono che il punto di arrivo naturale di una generazione di sforzi, sia francesi che tedeschi.

Alcuni ritengopno che l’opera di Kraepelin abbia dato origine a unìepoca nuova in psichiatria. Parrebbe che il pazzo, l’insano, il folle, noto a tutti da tempo immemorabile, non fosse mai apparso a nessuno sotto la specie di un problema psicologico. In ogni periodo storico, il problema delle malattie mentali fu affrontato secondo lo spirito dell’epoca. L’800 fu convinto che fosse una malattia simile a qualsiasi altra malattia fisica. Il risultato fu uno sviluppo notevole della nosologia psichiatrica. La fusione definitiva di psichiatria e medicina parve alfine compiuta. Il sistema di Kraepelin ridusse l’uomo a un sistema di organi e la malattia mentale a un processo dal corso già prestabilito. La nascita del sistema kraepeliniano fu il compimento definito di un indirizzo che si attendeva poco dall’uomo, una volta che fosse malato di mente, e non poteva che affidarlo alla gentile aspettativa del suo destino. La stessa precisione e chiarezza del sistema kraepeliniano costituì forse la fonte della sua debolezza; infatti, vi era rigorosamente esclusa qualsiasi considerazione della personalità umana. Eppure era stato per salvare la personalità umana, perseguitata e ossessionata dall’incomprensione, dalla superstizione e dalla crudeltà, che la medicina era insorta e aveva incluso la malattia mentale nei suoi confini. Ma nello stesso tempo in cui il sistema di Kraepelin si stava affermando, la domanda secolare “che cosa è la malattia mentale, come agisce nell’uomo e come fa agire l’uomo”, batteva alla porta della psichiatria. L’errored ei somatologi fu che vollero accrescere la loro conoscenza di un solo organo del corpo umano, il cervello e, inavvertitamente risussero la personalità umana alle funzioni di quell’organo. Alla fine del secolo la psichiatria descrittiva si trovò ad un bivio: era diventata una specialità medica pienamente riconosciuta, ma non gettava alcuna luce nuova sui problemi della personalità umana. Davanti a questo bivio si arrestò. L’800 aveva trovato una risposta parziale a questa perplessità nella riforma e organizzazione ospedaliera, nell’istruzione del personale infermieristico, nell’insegnamento della psichiatria agli studenti di medicina, nella classificazione delle malattie mentali, nell’organizzazione di istituti psichiatrici, nella fondazione di giornali e nella preparazione di manuali psichiatrici, nell’organizzazione della cura dei malati di mente dopo la loro guarigione e nell’introduzione delal psichiatria in tribunale. Tuttavia, dopo aver risolto i molteplici problemi pratici, lo stasso secolo scoprì che in materia di trattamento effettivo e di risoluzione immediata delle malattie mentali, aveva fatto solo scarsi progressi. La questione di cosa fosse la malattia mentale, che il 700 aveva evitato abilmente, venne ancora sollevata proprio alla fine dell’800.

Heinroth fu propbabilmente il primo psichiatra clinico che avvertì la necessità di un concetto unitario in psicologia, ma non era in grado di formulare chiaramente il principio che non esiste una linea netta di demarcazione fra la salute mentale e la malattia di mente. In altre parole, si trova un riferimento più che vago al concetto di una serie psicologica di forze che funzionano come una serie di forze dinamiche, biologiche. Haindorf procedette ulteriormente nella direzione di un punto di vista psicobiologico unitario, e cercò di capire la malattia mentale sotto l’aspetto psicologico, non solo anatomico e fisiologico. Cercò di varare infatti un’ipotesi psicologica funzionante della malattia mentale e, nel cercarla, fu quasi sul punto di stabilire il concetto dell’unità psicofisica dell’uomo, così come si avvicinò a quello di un conflitto psicologico come una delle cause della malattia mentale. L’idea che un conflitto del genere potesse essere una delle cause delle malattie mentali era già nell’aria nei primi anni dell’800; ma l’idea non venne formulata con chiarezza.

Groos pensa alle forze naturali che operano nell’uomo come in una unità vivente. La condotta umana è determinata psicobiologicamente, e l’uomo si sente libero nel seguire automaticamente queste determinanti. La salute (salute mentale) è perciò uno stato di integrità tra le forze naturali dell’individuo e le sue azioni. Appena una forza naturale è ostacolata e non può quindi esprimersi in modo naturale, insorge la malattia. La malattia mentale non è perciò niente di positivo; bensì qualcosa di negativo, una negazione della vita e del bene, nonché del pieno sviluppo della natura umana.

            La vera storia della psicologia medica si arresta in realtà con il sopravvento della psicologia nosologica descrittiva. Quando il secolo XIX giunse al termine, scoprì che aveva vissuto per circa una generazione in un clima di perfetta pace internazionale. Il mondo sembrava essersi stabilizzato in un’atmosfera di crescente stabilità culturale, e le idee di progresso e di libertà individuale si imposero come parte integrante dell’esistenza. La psicologia medica, pure, sembrava essersi stabilizzata nella confortevole sede della legge e dell’ordine nosologico.

            Le teorie non influenzarono i metodi di cura. Sotto questo aspetto la psichiatria era rimasta nel solco del passato, e arretrata rispetto alla medicina generale. L’ipnotismo veniva impiegato occasionalmente. In breve, in psichiatria, regnava un’atmosfera di soddisfacimento spirituale e di relativa inattività.

            Mentre stava effettuandosi questo processo di standardizzazione generale, incominciarono a farsi sentire le proteste dall’interno stesso della comunità. Si tornò alla ricerca dell’uomo. L’interesse per gli istinti umani, per le loro continue richieste, e per i conflitti che generavano non era accidentale. Il bisogno della libertà d’espressione, la protesta contro una civiltà che sembrava dimenticare la personalità umana, non sembrò perciò fortuito. Questo neoromanticismo non potè fare a meno di penetrare pure nel campo della psicologia medica.

            Quando iniziò l’ultima decade dell’800, il secolo era ormai del tutto pronto a riprendere lo studio dell’uomo in quanto tale, e non come di una pedina indifferenziata di un processo sociologico. Fu contro questo sfondo che Sigmund Freud entrò nel campo della psicologia medica.

            Freud fu notevolmente impressionato dalla possibilità che potessero esserci importanti processi mentali che restavano nondimeno celati alla consapevolezza umana. Quando Freud, dopo aver deciso di far uso dell’ipnotismo, si pose davanti al paziente determinato a leggere in lui quello che il medesimo sapeva, ma di cui era inconsapevole, causò uno dei cambiamenti più importanti nella storia della psicologia medica.

            Breuer introdusse la seguente innovazione: lasciò che il paziente sottoposto all’ipnosi chiacchierasse e gli raccontasse che cos’era che le opprimeva la mente. Il paziente di regola chiacchierava liberamente in queste circostanze, e nel far ciò si scaricava di una quantità notevole di emozioni. Inoltre, risvegliandosi dallo stato ipnotico, si sentiva meglio. Freud fu colpito dal metodo e dalle scoperte del Breuer, tanto che, dopo il suo viaggio a Nancy, usò soltanto il metodo di quest’ultimo. A causa della scarica regolare delle emozioni, questo metodo fu chiamato “metodo catartico”. Ciò significò la scoperta dell’inconscio. Per la prima volta nella storia della psicologia medica un agente terapeutico aveva condotto alla scoperta della causa della malattia, mentre si attaccava e tentava di rimuovere questa causa. Era parimenti la prima volta nella storia delal psicopatologia che la causa della malattia, i sintomi generati dalla causa, e l’agente terapeutico che rivelava e rimuoveva la causa erano fusi in un’unica successione di fattori. Freud scoprì ben presto che poteva fare a meno dell’ipnosi, così come aveva già fatto a meno della suggestione. Lasciando che il paziente chiacchierasse a caso, trovò che questi, dopo un certo periodo di tempo, superava gli ostacoli interiori che si frapponevano sulla via del ricordo, e i risultati terapeutici di questa modificazione si dimostrarono più efficienti di quelli già ottenuti coi metodi precedenti. Questo nuovo metodo fu chiamato quello delle libere associazioni; quello invece di analizzare e interpretare quello che il paziente diceva e faceva, fu chiamato psicoanalisi.

            Fece inoltre un tentativo per suddividere l’inconscio. Le caratteristiche fondamentali dell’inconscio sono il fatto che è dinamico e che determina il nostro comportamento. Solo quando l’inconscio è reso conscio per integrazione può diventare soggetto al controllo conscio della volizione. Non conosce tempo, spazio, contraddizione: è primitivo, spontaneo, accorto, dinamico e nello stesso tempo disorganizzato. E’ soggetto a ciò che Freud chiamò il processo primario. Ben presto nel suo lavoro Freud scoprì che i suoi pazienti rivelavano profondi turbamenti sessuali. L’osservazione lo condusse a un’altra scoperta: che le fantasie inconsce del paziente, cariche di masse di energia, a volte hanno un tale potere che la realtà psicologica sembra ancor più significativa ai suoi occhi della realtà materiale.  Quando la realtà psicologica inconscia domina il mondo reale, invece del contrario (normale), si manifesta la malattia mentale. Una risposta riguardo a ciò che costituisce la malattia mentale fu così formulata per la prima volta. Quando la psicoanalisi giunse ai sogni, non stava più trattando con un sintomo patologico, ma con un fenomeno di vita mentale normale

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