NO AI NUOVI STECCATI SULL’ORA DI RELIGIONE

di Giorgio Vittadini*

Estratto da "Il Giorno" del 14-08-1999

 

Il ministro Berlinguer, in un’intervista al Giornale, ha dichiarato che nella scuola statale si deve fare cultura e non catechesi e che, siccome oggi l’insegnamento della religione cattolica è un catechismo, bisogna intervenire modificando l’impianto. Per far questo, però, bisogna – sostiene Berlinguer- rivedere il Concordato.
Sorprende che un ministro della Pubblica istruzione sembri non conoscere il contenuto stesso di un accordo che regola i rapporti tra Stato e Chiesa.
Infatti, il Concordato sostiene proprio che l’insegnamento della religione cattolica, lungi dall’essere una catechesi, deve essere impartito nel quadro delle finalità della scuola.
All’art. 9.2 del Concordato, firmato il 18 febbraio 1984, il ministro può leggere: "La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado".
Non dubitando dell’intelligenza e della competenza del Ministro nascono due ipotesi su tale dichiarazione e sul suo comportamento dell’ultimo periodo.
La prima ipotesi di ordine sostanziale riguarda tutta la politica del ministro; sembra di essere di fronte a un ben preciso progetto educativo pur segnato da continue contraddizioni e ripensamenti.
Il tentativo di ridurre la storia allo studio del solo Novecento, l’innalzamento dell’obbligo semiabortito senza alcuna lettura reale della situazione occupazionale ed educativa dei giovani, l’attuazione della riforma della maturità che ha avuto numerosi esempi documentati di stalinismo culturale, la sostanziale abolizione delle scuole professionali, la riforma dei cicli scolastici che rischia di rovinare un modello invidiato dagli altri paesi, la presa in giro in cui si è risolto il provvedimento per la parità scolastica (500000 lire l’anno a chiunque abbia meno di 30.000.000 di reddito, insufficienti anche per l’acquisto dei libri in una scuola privata): tutti questi provvedimenti hanno un criterio comune.
Si cerca di costruire un sistema scolastico solidamente ancorato al monopolio statale, dove uno stato accentratore e gestore unico della formazione delle nuove generazioni ne azzera la tradizione e la storia, privando i giovani del riferimento e del confronto con il patrimonio ideale che ha costruito la cultura del nostro paese e dell’Europa intera. Togliere alla scuola la memoria è il fulcro dell’azione di Berlinguer: un’operazione culturale disastrosa in un momento in cui non esiste più per i giovani una cultura alternativa, se non di mera evasione, di mera protesta, di mero stordimento della coscienza.
L’attacco all’insegnamento della religione cattolica, cominciato abolendone l’importanza come credito formativo in vista degli esami di maturità è il simbolo di questo tentativo di abolizione della memoria.
Se questo è l’intendimento di fondo del ministro forse c’è un secondo motivo di ordine contingente che determina la sua azione. Il provvedimento sulla parità al Senato è passato grazie all’apporto determinante di quei cattolici che, anche senza rendersene conto, nella prima Repubblica hanno contribuito alla costruzione di un sistema statalista, burocratico, soffocante e che ancora oggi imperano in certi uffici scuola senza alcuna vergogna.
Tuttavia, in controtendenza, al recente convegno di Liberal sulla scuola libera esponenti della Confindustria, alti prelati, intellettuali cattolici e laici, hanno convenuto sulla necessità di introduzione della libera scelta tra scuola pubblica e privata; hanno suggerito l’introduzione di strumenti finanziari quali il credito d’imposta e il buono scuola; hanno sostenuto la necessita di una reale uguaglianza giuridica delle scuole pubbliche e private.
Sta crescendo un fronte culturale di laici cattolici trasversale alle forze di maggioranza e opposizione, questo nuovo strano schieramento chiede che la scuola ritorni come è nel diritto naturale e nel dettato costituzionale in mano ai veri titolari dell’educazione, la famiglia e la società civile, e che lo Stato faccia un passo indietro rispetto a una visione del suo ruolo ottocentesca antimoderna e antieuropea.
Il tentativo di ricostruire storici steccati utilizzando l’ora di religione vuole essere una minaccia e una meschina opposizione a questa vera novità culturale.

(*) Presidente Compagnia delle Opere

 

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Antonio Cantoro