Abraham Lincoln

Sedicesimo presidente degli Stati Uniti (1861-1865); contribuì alla vittoria degli unionisti nella guerra civile americana e fu uno degli artefici dell'abolizione della schiavitù.

Nato da una famiglia di pionieri, intraprese gli studi giuridici, guadagnandosi ben presto una solida reputazione per la sua onestà. Nel 1833 fu eletto deputato al Parlamento dell'Illinois, per il partito Whig. Ben presto divenne uno dei leader del partito e propose il trasferimento della capitale dello stato a Springfield, dove si stabilì nel 1837. Eletto al Congresso nel 1846, si oppose fermamente ma senza successo alla guerra con il Messico, e formulò un piano per una graduale emancipazione del District of Columbia. In materia di schiavitù, pur essendo un antischiavista convinto, non condivise mai appieno la posizione degli abolizionisti: ciò cui egli aspirava era soprattutto la prevenzione di un'ulteriore diffusione della schiavitù, ma era un fermo assertore del diritto dei singoli di gestire i propri affari interni.

Nel 1856 entrò nel Partito repubblicano e nel 1858 ne divenne il candidato al senato contro il democratico Douglas. Nel 1860 i repubblicani, ansiosi di attirare più fazioni politiche possibili all'interno del partito, lo designarono come candidato alla presidenza, proponendo un programma politico fondato sulla restrizione della schiavitù, i miglioramenti interni, la concessione delle terre ai privati e la riforma dei dazi doganali. Lincoln ottenne la maggioranza dei voti elettorali ed entrò alla Casa Bianca.

Subito dopo la vittoria, il South Carolina, seguito da altri sei stati del Sud, intraprese i primi passi per staccarsi dall'Unione. Lincoln si mostrò aperto al dialogo ma rifiutò di prendere in considerazione un'eventuale estensione della schiavitù. Il Crittenden Compromise, la soluzione di compromesso da lui proposta, non ottenne risultati favorevoli e nel febbraio del 1861 sette stati sudisti si separarono formalmente dall'Unione e costituirono la Confederazione degli Stati Uniti d'America.

 

                                                                    

Casa di Abraham Lincoln, Springfield

Non volendo inimicarsi gli stati sudisti settentrionali, che non avevano ancora dichiarato la propria secessione, Lincoln si rifiutò di intraprendere un'azione drastica; tuttavia decise di liberare Fort Sumter assediato dai secessionisti, e informò il governatore della South Carolina della sua intenzione di inviare cibo alla guarnigione assediata. I confederati, che non avevano alcuna intenzione di sottostare a un'ulteriore "occupazione" federale del proprio territorio, aprirono il fuoco contro il forte, dando così inizio alla guerra civile. Quando il presidente rispose con l'invio di 75.000 volontari, ebbe il Nord dalla sua parte, mentre gli stati sudisti settentrionali dichiararono la secessione (vedi Guerra di secessione).

Nel corso del conflitto, che Lincoln riuscì a vincere affidando il comando dell'esercito al generale Grant, il problema dell'emancipazione non fu trascurato. Affiancandosi ora agli abolizionisti radicali, ora agli shiavisti conservatori, egli riuscì a mantenere buoni rapporti con i democratici e con gli stati al confine pur continuando ad adoperarsi nel suo tentativo di abolire definitivamente la schiavitù.

Il 22 luglio del 1862, sia in risposta alle richieste radicali, sia per esigenze diplomatiche, il presidente informò il gabinetto della sua intenzione di proclamare l'emancipazione, decisione che però non avrebbe riguardato gli stati al confine. La proclamazione avvenne tre mesi più tardi, il 22 settembre, dopo la battaglia di Antietam.

La proclamazione di emancipazione ufficiale, che avvenne il 1° gennaio 1863, liberò gli schiavi nelle regioni controllate dai ribelli e autorizzò la creazione di unità militari di colore. Lincoln, però, era determinato a porre l'emancipazione su una base permanente e nel 1864 propose l'introduzione di un emendamento contro la schiavitù all'interno della Costituzione americana. Tale emendamento venne accettato dopo la rielezione di Lincoln, quando il presidente stesso utilizzò tutti i suoi poteri per assicurarne l'approvazione alla Camera dei Rappresentanti (31 gennaio 1865).

Poche settimane dopo la sua seconda rielezione, Lincoln annunciò pubblicamente il suo sostegno al suffragio limitato dei neri in Louisiana. Tale aperta presa di posizione contro i conservatori non poté che rafforzare le cattive intenzioni di John Wilkes Booth, famoso attore che da tempo tramava contro il presidente. Preoccupato dall'eventualità che i neri potessero ottenere il diritto di voto, egli decise di portare a termine il suo piano e il 14 aprile del 1865 ferì mortalmente Lincoln nel teatro Ford di Washington.