VIAGGIO NEL RISORGIMENTO ITALIANO

 

Monte CastelloIl Castello

MONTE CASTELLO "LE TERMOPILI D'ITALIA"

 

I PROTAGONISTI

 

Pilade Bronzetti

PILADE BRONZETTI

Nacque il 23 novembre 1832 a Mantova, allora territorio del Lombardo - Veneto, Viceregno austriaco.

Fin da giovanissimo subì tutto il fascino delle idee liberali che reclamavano l’unità d’Italia e ne divenne zelante propugnatore e fervente patriota. Nel 1848, dopo la rivolta di Milano, a soli 16 anni, abbandonò gli studi e si arruolò nella famosa "Legione Mantovana", dove ebbe per compagni gente come Bixio, Mameli, Manara, Camozzi ed altri. Fu protagonista di tutti gli eventi risorgimentali dell’alta Italia e nella battaglia di Varese del 25 maggio 1848, si meritò la sua prima medaglia d’argento e la conoscenza personale di Enrico Cosenz, allora ancora colonnello, che, da quel momento lo volle sempre al suo fianco amandolo come un figlio.

Fu presente con eroico comportamento, anche nella breve epopea della Repubblica Romana proclamata da Mazzini.

Pilade Bronzetti

Fu esule in Liguria per sfuggire ad un mandato di cattura per la sua foga rivoluzionaria, dopo aver patito oltre sei mesi di carcere nella fortezza di Alessandria per connivenza nella sommossa di Massa e Carrara. Nel 1860 non fu tra i mille di Garibaldi che sbarcarono a Marsala, ma solo perché Enrico Cosenz, ormai Generale, lo volle con sé come Capitano nella seconda spedizione che stava preparando. Combatté da eroe nella battaglia di Milazzo dove lo stesso Cosenz si congratulò abbracciandolo e promettendogli promozione e medaglia.
Si distinse anche in modo particolare per una azione piratesca nel catturare, con alcuni compagni, due vapori borbonici nel porto di Messina non ancora liberata.

Per queste azioni e per altro ebbe promozione e medaglia. La prima alla vigilia della morte e la seconda alla memoria anche per il comportamento tenuto sul Castello di Morrone dove morì combattendo il I° ottobre 1860. Ebbe una vita piena, ma troppo breve. Aveva solo 28 anni.

 

Domenico Nicoletti

DOMENICO NICOLETTI

Nacque a Napoli il 5 agosto 1808 e quale figlio di ufficiale borbonico fu destinato alla carriera militare tanto che ad appena 8 anni lo troviamo già iscritto come "Figlio di Truppa" nel Battaglione Allievi Militari.

Frequentò diverse scuole ed il I° giugno 1821 fu ammesso alla Real Accademia Militare, da dove ne uscì tre anni dopo col grado di Sergente.

Il 6 maggio del 1841 venne promosso 2° Tenente ed il 27 aprile 1846 1° Tenente.

Nel 1848 partì per la repressione dei moti rivoluzionari siciliani al seguito del Generale Carlo Filangieri, che lo volle suo addetto allo Stato Maggiore e dove rimase fino al 1860.

Nella veste di addetto allo Stato Maggiore ebbe a svolgere delicati quanto ingrati compiti come quello di incontrare e trattare con lo stesso Garibaldi che egli sprezzantemente chiamava "IL PIRATA DI NIZZA".

Abbandonata la Sicilia e poi anche Napoli, fu promosso Maggiore e gli fu dato il comando del suo 6° Reggimento di Linea "Farnese" che fu protagonista assoluto nei giorni 1 e 2 ottobre 1860 al Castello di Morrone e sulle confinanti colline di Caserta.

Con la vittoria su Bronzetti egli fu l’unico comandante borbonico ad uscire vincitore dallo sfacelo della battaglia del Volturno.

Per le sue azioni in Sicilia ebbe parecchi encomi e fu insignito di varie onorificenze oltre che di una medaglia di bronzo, della medaglia d’oro dei distinti di 1^ classe ed alla fine della carriera; per ciò che aveva fatto al Castello di Morrone, fu ricevuto personalmente dal Re Francesco II a Gaeta che gli regalò una medaglia d’oro in ringraziamento e come suo ricordo personale.

Dopo la resa di Gaeta gli fu offerto di passare col grado di Colonnello nel nuovo esercito italiano, ma rifiutò e si ritirò in pensione mantenendo, fino alla morte, avvenuta nel 1874, un dignitoso silenzio.

 

Monte Castello

IL MONTE CASTELLO DI CASTEL MORRONE

Il monte Castello di Castel Morrone è una collina di appena 420 m. s.l.m. stracarica di storia. Deve le sue vicende plurimillenarie alla sua posizione di ineguagliabile osservatorio.

Il Matese visto dal Monte Castello

La visuale, infatti, è a 360° ed ogni lato riserva panorami vastissimi a cominciare dal massiccio del Matese, alle più profondi valli che si incuneano verso il Sannio, mentre il Volturno scorre praticamente ai suoi piedi verso Capua in una valle sinuosa che ospita paesi e città che hanno vissuto la più grande battaglia conclusiva del risorgimento italiano. Verso sud, nei giorni chiari, lo sguardo arriva fino al golfo di Napoli.

La valle di Castel Morrone

Un antico detto "Il Castello di Morrone (si vede) da ogni cantone", fotografa esattamente la posizione di questa collina. Ed, infatti, proprio alla sua posizione di osservatorio privilegiato, si devono gli accadimenti storici.

La sua storia ebbe inizio nel 313 a.C. con la distruzione di Plistica da parte dei Sanniti (vedi viaggio nel trapassato remoto), i cui abitanti superstiti fuggirono all’interno della valle e dopo aver fondato diversi "Fundus" alla maniera Sannita, verso la fine del 2° sec. a.c.. avvertirono la necessità di costruirsi una fortezza, o meglio un "Castellum" in cui rifugiarsi in caso di nuova invasione.

Da qui il nome del monte che non ha nulla a che vedere con i ruderi di un castello medioevale che pure sono ancora visibili.

Le Cupole del CastelloUn volta costruito il grande muro di cinta, il luogo divenne anche sacro per la presenza di altari dedicati principalmente ad una Dea che nel corso dei millenni ha cambiato nome ma non la sua funzione, che è quella di proteggere i raccolti in generale e quello dei cereali in particolare abbondanti nella valle: Patana-Pistia, Kerres, Cerere, per finire all’attuale protettrice, chiamata semplicemente Madonna del Castello alla quale fu dedicato un tempietto intorno all’11 sec., la cui architettura orientaleggiante denuncia la sua antichità.

 

 

Infatti la chiesetta nel 1113 è già citata in una bolla del vescovo di Capua, Senne, come "SANTA MARIA DE MURRONE".

Ancora oggi i riti dedicati alla Madonna riecheggiano quelli antichissimi che si svolgevano in onore degli dei i cui altari erano sul castello.

Chiesa della Madonna del Castello
 
Ruderi di abitazioni sul Monte Castello

Poco più tardi, per difendersi dalle scorribande di guerrieri e predoni, gli abitanti dei "Fundus" si ritirarono all’interno della fortificazione costruendovi piccole abitazioni, delle quali sopravvivono pochi ruderi, dando vita a Morrone.

Per questo e per altro il luogo è sempre stato sacro ai cittadini di Castel Morrone, ma il destino, quasi a rinverdirvi la sacralità, decretò che questo monte diventasse sacro anche a tutti gli italiani.

Il 6 settembre 1860 il Re di Napoli Francesco II, visto l’approssimarsi dell’armata garibaldina, lasciava Napoli per Gaeta lanciando un accorato appello ai suoi soldati perché si arretrassero oltre il Volturno per una estrema difesa del Reame.

I soldati napoletani, pur consci che la partita era perduta, si riunirono spontaneamente a migliaia per l’ultima difesa della Patria morente.

Alla fine di settembre due eserciti compatti si fronteggiavano sulle rive opposte del fiume Volturno nel tratto che andava da Capua a Maddaloni.

Il 28 settembre 1860, il 1° Battaglione Bersaglieri della Divisione Cosenz dell’Armata garibaldina, di stanza a Caserta, e comandato dal Capitano Pilade Bronzetti, che sarà promosso due giorni dopo alla vigilia della morte, ricevette l’ordine di raggiungere il Castello di Morrone.

Foto Aerea

Il giorno 29 l’obbiettivo fu raggiunto e fino al 30 i bersaglieri cercarono di fortificarsi alla meglio. La storia ci propone dei numeri che spesso si ripetono nel tempo quasi fossero, di per sé, premonitori di grandi imprese: 300 furono gli spartani di Leonida alle Termopili, 300 "giovani e forti" i compagni di Pisacane nello sbarco di Sapri e praticamente 300 i garibaldini di Bronzetti al Castello di Morrone.
Per la verità storica furono esattamente 295.

Il 1° ottobre 1860 da parte borbonica fu dato l’ordine di attacco per l’ultima grande battaglia per la riconquista del Regno, e da Amorosi la divisione Mechel mosse verso i Ponti della Valle di Maddaloni dove era atteso dalla divisione Bixio. Al bivio di Dugenta, la Brigata Ruiz forte di ben 5000 uomini fu fatta deviare per Limatola con l’ordine di marciare per Morrone, piombare su Caserta e spezzare il fronte nemico.

Mappa della battaglia del 1° Ottobre 1860

Arrivati a Morrone si ebbe l’impatto con i bersaglieri di Bronzetti sicché il Maggiore Domenico Nicoletti, comandante del 6° Regg.to di Linea "Farnese" ebbe l’ordine di occuparsi dei garibaldini, mentre il grosso si avviava verso Caserta. Al 6° Regg.to "Farnese" si aggregarono frazioni del 2° Regg.to di Linea "Regina" al comando del Maggiore Pietro De Francesco ed altri soldati del 4° e del 12°, che formando un battaglione erano al comando del Maggiore Musso.

Chiara risultava la sproporzione delle forze, ma Bronzetti intuì che a Castel Morrone poteva decidersi la sorte di tutta la battaglia del Volturno e non volle cedere di un sol passo.

Ruderi del Castello

I Borbonici lentamente ascesero il monte in modo da precludere ai garibaldini ogni ritirata ed alle 11 iniziò il combattimento vero e proprio che si protrasse per quasi 5 ore fino a quando i borbonici non riuscirono a sfondare le ultime difese dei garibaldini, che, rimasti senza munizioni, si difendevano scagliando sassi sugli assalitori.

Alla fine quasi 2000 uomini combattevano all’arma bianca in uno spazio che non bastava nemmeno a contenerli pacificamente.

Morte del Maggiore Pilade BronzettiLo scontro si concluse verso le 4 del pomeriggio con la morte del comandante dei garibaldini Maggiore Pilade Bronzetti.

Pochi combattimenti hanno avuto tanti testimoni che si sono premurati di fare rapporto. Ne abbiamo molti e tutti mettono in risalto non solo l’eroismo dei garibaldini, ma anche il coraggio e il valore dei soldati borbonici.

 

Il Maggiore Giuseppe Mirri di parte garibaldina ci ha lasciato quasi una cronistoria degli eventi di quella giornata. A fronte della sue memorie vi è il rapporto del Comandante Borbonico Domenico Nicoletti, che spesso coincide con quello garbaldino.

Sulla morte di Bronzetti le due versioni appaiono contrastanti. Mirri racconta che Bronzetti, per evitare una immane strage, presa una tovaglia bianca dall’altare della chiesetta, cominciò ad agitarla dichiarandosi prigioniero, ma per l’estrema confusione non fu sentito sicché infuriatosi abbandonò il drappo e si mise a menar di sciabola e, dopo essere stato ferito al collo, "…fu colpito da una palla al petto e cadde morto".

Nicoletti racconta invece di aver più volte invitato alla resa il Bronzetti senza esito, anzi questi si avventò contro il comandante borbonico con la sua sciabola ma il trombettiere di Nicoletti, per salvare il suo comandante, lo fermò con un colpo di pistola.

Nel punto esatto in cui cadde, una lapide ricorda:

La Lapide in onore di Pilade Bronzetti


PILADE BRONZETTI
DA MANTOVA
MAGNANIMAMENTE COMBATTENDO IN CASTEL MORRONE
QUI CADDE CON QUINDICI COMPAGNI
IL DI’ I° OTTOBRE MDCCCLX
NELLA VITTORIA DELL’ESERCITO MERIDIONALE TRIONFANDO
PIEGO’ LA SPADA CONFORTATO
NEL PENSIERO CHE IL SANGUE FRATERNO SPARSO
SUGGELLI PATTO DI CONCORDIA IMPERITURA
NELLA FEDE DELLA PATRIA
UNA REDENTA

 

II combattimento assunse momenti altamente epici e drammatici ed alla fine si concluse con una ventina di morti di cui 16 garibaldini, un grandissimo numero di feriti ed oltre 220 prigionieri. A costoro il generale borbonico, comandante la piazzaforte di Capua, si rivolse dicendo: "Potete andar orgogliosi del vostro sacrificio; esso ha contribuito in gran parte a dare la vittoria ai garibaldini".

Per contro tra i garibaldini del Castello di Morrone vi era il sottotenente Matteo Renato Imbriani che divenne letterato e Deputato del Regno d’Italia,il quale qualche tempo dopo, in una orazione "Sulle Ossa dei caduti di Castel Morrone", parlando del comportamento dei borbonici ebbe ad esprimersi così : "…pure sento il bisogno in quest’ora in cui l’animo è tutto con voi o nostri caduti fratelli d’arme, di rivolgere un pensiero a coloro che vi hanno ucciso e manifestare questo pensiero con una parola che suoni equità. Però non monta ch’ei fossero superiori in numero, ma noi li vedemmo su per queste rocce e sotto il fuoco nostro salire all’assalto e respinti, ripetere gli attacchi ed italianamente lanciarsi alla baionetta! Noi i sopraffatti abbiamo adunque il diritto di dire : "ONORE AD ESSI" come di certo cadendo pensarono i nostri compagni".

Garibaldi, da parte sua , nel suo ordine del giorno scrisse: "A Castel Morrone Bronzetti…alla testa di un pugno di cacciatori, ripeteva uno di quei fatti, che la storia porrà certamente accanto a’ combattimenti di Leonida…" e nelle sue memorie "I MILLE": "Bronzetti… nuovo Leonida, aveva preferito morire piuttosto che arrendersi…." e più avanti: "Ed ove giacciono le ossa di tanti prodi e dell’illustre Duce Bronzetti? ITALIA LE RICORDI!".

Sulla scia di queste dichiarazioni, i giornali fecero a gara per entrare nel coro, giravano perfino cartoline memmorative della tomba di Bronzetti, ma dopo poco tutti se ne dimenticarono. Sopratutto le Istituzioni per le quali quei ragazzi avevano immolato la propria giovane esistenza.

Il Sergente Superstite Vincenzo Migliorini

Soltanto la pietà paesana diede una anonima sepoltura a quei poveri corpi e ci volle la ammirevole caparbietà di un Sergente Superstite, Vincenzo Migliorini da Maddaloni, e ben 27 anni di assiduo impegno per assicurare ai caduti del Castello di Morrone un piccolo monumento.

Cartolina commemorativa

L’8 dicembre del 1887, con grande concorso di vecchi compagni, tra i quali brillavano per la loro assenza tutti quelli che su quei cadaveri avevano costruito la loro carriera, fu inaugurato il monumento, una pietra triangolare ideata e scolpita dall’artista Enrico Mossutti, le cui epigrafi furono dettate dal già citato Matteo Renato Imbriani che al momento era divenuto un notissimo patriota e deputato del Regno.

Cerimonia di inaugurazione del monumento ai Caduti di Castel MorroneCerimonia di inaugurazione del monumento ai Caduti di Castel Morrone

Il monumento, opera dello scultore Enrico Mossutti, era formato di una semplice pietra triangolare sui cui lati erano incise tre epigrafi di Matteo Renato Embriani, anch'egli superstite di Castel Morrone.

Monumento ai Caduti di Castel Morrone

Sul primo lato:

DUE DIRITTI COZZANTI
S’INCONTRARONO
SU QUESTE RUPI.
DUECENTO
PEL DIRITTO D’ITALIA
CONTRO SETTEMILA
PER IL DIRITTO DI UN TRONO
IL POSTO ASSEGNATO
MANTENNERO

Sul secondo lato :

PREMIO
AL DOVERE ADEMPIUTO
GARIBALDI
AI RESISTENTI ATTRIBUIVA
GRAN PARTE
DELLA VITTORIA CONSEGUITA
SUL VOLTURNO

Sul terzo lato:

I CADUTI
SI DOLSERO
DI AVER COMBATTUTO
ITALIANI.
I SUPERSTITI
ATTENDONO
LO SQUILLO DI GUERRA
CONTRO LO STRANIERO
PER LA PATRIA REDENZIONE

 

Sulla lapide dell’ossario:

PILADE BRONZETTI
DUCE
CONSACRAVA COL SANGUE
CASTEL MORRONE
RIMPROVERO AI VIVENTI
IN NOME
DELL’IDEALE
PER CUI CADDE
LE SUE OSSA
CHIEDONO
TRENTO

Pochi giorni prima, il 22 novembre, un verbale di poche parole attesta che le ossa dei caduti di Castel Morrone furono deposte nel monumento.

A noi piace pensare che in quel momento, VOLONTARIAMENTE, le ossa dei garibaldini e quelle dei borbonici furono seppellite con la stessa pietà, insieme, come fratelli nella pace e nella concordia eterna.

Cinque anni più tardi il monumento fu completato con l’aggiunta di un medaglione a bassorilievo in bronzo, poi andato perduto, raffigurante Bronzetti opera dello stesso autore del monumento il già citato Enrico Mossutti .

Nell’occasione la Provincia di Caserta, unico Ente pubblico, si sentì in dovere di concorrere addossandosi la spesa di una recinzione in ferro..

Ma si era già nel 1892. Erano passati ben 32 anni !!!

Più veloce fu il Comune di Castel Morrone che impiegò SOLO VENTICINQUE ANNI per dedicare una piazza a Bronzetti quando già da tempo Milano aveva provveduto ad intitolare una strada ai fratelli Bronzetti ed una delle sue più belle strade alberate addirittura a Castel Morrone!!!

Da allora, tranne che per una parentesi di speranza andata poi delusa, i rappresentanti del Comune, quali maggiori interessati a conservare le patrie memorie, hanno lasciato che il luogo ed il monumento siano andati via via degradandosi sempre più per il disinteresse generale che non impedisce loro nell’annuale ricorrenza, di vestire le penne del pavone abbandonando per il resto dell’anno il luogo e le memorie in balia dei vandali e dei profanatori.

Monumento ai Caduti di Castel Morrone

Ora il monumento è ridotto così, e ancor più degradato è l'ambiente circostante.

Per questo lanciamo un appello affinché il Castello di Morrone dopo essere stato definito "LE TERMOPILI D'ITALIA" perché ivi fu combattuto lo scontro decisivo della battaglia del Volturno e nella valle ai suoi piedi, il giorno 2 ottobre successivo, si spensero gli ultimi echi dei combattimenti per conseguire l’unità della NAZIONE, diventi sacro a tutti gli Italiani proclamandolo "TEMPIO DELL’UNITA’ D’ITALIA".

 

Dopo Castel Morrone rimase Gaeta, ma fu solo un episodio.

 


NOTIZIE UTILI

Il Monte Castello di Castel Morrone dispone di una comodissima strada asfaltata che può essere percorsa in auto fino al parcheggio a circa 500 metri dalla cima. La strada parte dalla Frazione Torone.

Si consiglia di lasciare la macchina dopo il primo chilometro e percorrere il resto a piedi per godere di splendi panorami dato che il percorso non è eccessivamente faticoso.La strada oltre ad essere comoda ed in relativa lieve pendenza è anche abbellita di tanto in tanto da splendide pitture su rocce, opere di Peppe Villano ,che pare avere rubato letteralmente i segreti degli antichissimi graffiti che ci sono pervenuti dalla notte dei tempi, in tutta la loro suggestione e che vale la pena di ammirare.

I periodi migliori: Primavera e inizio autunno.

 

BIBLIOGRAFIA:

R.Leonetti: Lo Scontro di Castel Morrone

R.Leonetti: La brigata Ruiz

FOTO: Collezione Leonetti e Studio Fotografico Peppe Villano

 

INDICE

VIAGGIO NELLA STORIA VIAGGIO NELLA MEMORIA RITROVATA

VIAGGIO NELLA TRADIZIONE E NEL FOLKLORE

VIAGGIO NELLE VISCERE DELLA TERRA

VIAGGIO NELLA CULTURA

VIAGGIO NEL TRAPASSATO REMOTO

VIAGGIO NEL MEDIOEVO VIAGGIO NEL RISORGIMENTO ITALIANO

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