IL DIO CHE HA FALLITO
“Vedo la fede nei tuoi occhi!
odo la fede delle tue
grida!
non ascoltare le falsità che ti scoraggiano
segui il Dio che ha fallito ...“ (Metallica)
Pasqua è sinonimo di risurrezione, ma questa in Cristo nasce
dalla sofferenza e dalla morte.
E’ il dramma del calvario: Gesù, Dio fatto uomo, muore in croce
per salvarci.
“Dio muore per vivere in te” dice una canzone di chiesa.
Nel suo caricarsi della natura umana, Cristo si fa portatore della
sofferenza che da sempre accompagna l’uomo, e si pone le stesse nostre
domande disperate: “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?”
(Mt 27,46).
Attraverso il suo sacrificio ottiene la nostra redenzione.
Ma davanti a coloro che condannarono (e condannano ancora oggi) Gesù,
lo “scandalo della croce rimane solo una tortura inflitta a colui che avrebbe
dovuto essere un messia molto diverso: un sernidio, un imperatore, un comandante
militare pronto a liberare la Palestina dalla dominazione dei Romani; invece
aveva osato presentarsi come il figlio di un umile falegname.
Più tardi, nel corso del XVII secolo, i primi missionari cattolici
giunti in Cina (tra i quali Matteo Ricci) trovarono difficile fare accettare
a quelle popolazioni il simbolo del Crocifisso: per gli orientali, il figlio
di Dio non avrebbe mai potuto fare una fine tanto atroce.
Qualche secolo più tardi Nietzsche dava l’annuncio della “morte
di Dio” e definiva Gesù “un idiota” (sic) perchè “non si
accanisce a lottare nel mondo per la propria affermazione, lasciandosi
travolgere in nome dell’interiorità del Regno di Dio.” (La Gaia
Scienza).
Agli occhi dei non cristiani, degli atei, dei fautori della teoria
della “morte di Dio”, il Cristo è visto come un Dio che ha fallito.
Ma per noi cristiani, quale è il significato della Pasqua?
E’ la condanna della violenza, della schiavitù, dell’umiliazione?
E’ l’esaltazione del sacrificio compiuto per gli altri? E’ la speranza
che dal male possa scaturire il bene? E’ molto di più. Dice il teologo
laico Hans Kung che guardando al Crocifisso “dovrebbe essere possibile
raggiungere un senso per la vita persino là dove la ragione deve
capitolare di fronte alla sofferenza assurda, alla miseria, alla colpa
imperdonabile”.
Allora curiamoci di meno delle visioni nichiliste degli altri e seguiamo
il Dio che ha fallito: per noi credenti il suo è il messaggio più
bello.
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