"Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi, se lo sentissi, questo Dio!"
                     L'Innominato al cardinal Borromeo, nel capitolo XXIII de "I Promessi Sposi"
 

Vittorio Messori ci spiega che ... Dio c'è, ma non si vede, o meglio, ci lascia liberi di...non vederLo!


Ecco, dunque, come ragionavo: osservavo, innanzitutto, che l’immagine della Divinità in cui confida il cristiano è “diversa” da ogni altra, anche perché è quella di un Dio che propone di credere in Lui.
Non è, questo, un Dio che impone di aderire all’evidenza della Sua esistenza e della Sua azione nel mondo.
Per dirla con san Paolo stesso: finché dura la nostra vita terrena, «vediamo come in uno specchio, in maniera confusa». Solo quando il velo sarà squarciato dalla morte «vedremo faccia a faccia» (1 Cor 13,12).
Il Dio cristiano, osservava Pascal, “ha stabilito di dare abbastanza luce a chi vuol credere, ma di garantire abbastanza ombra per chi non vuole credere”.
Un Dio, continua, che «ama il chiaroscuro», che vuoi farsi cercare dalle Sue creature, quasi giocando a rimpiattino con loro: “Se si scoprisse interamente, non ci sarebbe alcun merito nell’adorarLo. Se si celasse del tutto, sarebbe impossibile la fede...”.
Tanto che, come si sa, Pascal (basandosi, peraltro, sull’esperienza concreta che ciascuno di noi fa ogni giorno, «andando come tra ombre ed enigmi») ne traeva conseguenze drastiche ma coerenti: «Ogni religione che non confessi per prima cosa che Dio c’è, ma che è nascosto, non può essere vera».
Non potrebbe, dunque, essere «vero» un cristianesimo che volesse trasformare in evidenza innegabile, da accettare volente o nolente, quella Vèrità rivelata da Gesù che deve si conservare il suo carattere di prospettiva sicura, ma, al contempo, di scommessa.
Certezza e, insieme, rischio; necessità e, insieme, libertà.
È quest’ultima parola — libertà — che può farci intuire il «piano» dì un Dio «che ha messo in ogni verità un’apparenza contraria, perché sia possibile credere in Lui e al contempo dubitarne». Solo un Dio che si propone con tracce e impronte e che non si impone, apparendo sfolgorante nella Sua gloria, può instaurare con le proprie creature un rapporto libero e non una dipendenza necessaria.
Del resto, pure qui, tout se tient : se il Dio cristiano è “amore”, per dirla con l’apostolo Giovanni, è forse possibile corrisponderGli, se non nella libertà, nella gratuità, nella volontarietà, nel «chiaro—scuro» della fede?
«Voi siete miei amici (...), non vi chiamo più servi (...), ma vi ho chiamati amici » (Gv 15,14s): può, per caso, esistere un’amicizia o, meno che mai, un amore dove l’uno si impone all’altro?
Libertà cristiana, dunque, davanti a un Dio che, agli uomini, propone il Figlio come Signore,  Redentore, ma anche come «Amico».
Ma libertà, pure nel senso indicato da Jean Guitton: «Per i cristiani, Dio è necessariamente discreto. Ha posto un’apparenza di probabilità nei dubbi che investono la Sua esistenza. Si è avvolto di ombre, per rendere la fede più appassionata e, senza dubbio, anche per avere il diritto di perdonare il nostro rifiuto. Occorre che la soluzione contraria alla fede conservi sempre una sua credibile verosimiglianza, per lasciare completa libertà d’azione alla Sua misericordia».

Tratto da :
Vittorio Messori, Il Miracolo, Milano, Rizzoli, 1999
 Copyright 1999 Vittorio Messori
 
 

 
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