Un miracolo che va al di là di
qualsiasi "spiegazione razionale": un uomo ricupera la gamba che gli
era stata amputata.
L'indagine di
Messori tra dubbi, documenti notarili, migliaia di testimoni.
E
persino il Re di Spagna...
Il Miracolo
di Vittorio Messori
Rizzoli, 1999
Lo scrittore attua una ricerca su:
“ El Gran Milagro, il grande Miracolo,
o El milagro de los milagros o più semplicemente, e più
solennemente,Il Milagro, Il Miracolo per eccellenza, il solo con
l’articolo determinativo, perché senza paragoni.
Così, la tradizione spagnola aveva
indicato quello che, per me, allora era un evento solo presunto.
Al quale, anzi, avevo guardato (e paradossalmente,
proprio perché credente), con immediata cauta prudenza. Corre se,
pur considerandomi ovviamente disponibile ad accettate il mistero del Soprannaturale,
avessi io pure stabilito, d’istinto, ciò che per Dio era opportuno
fare o non fare.
L’Evento, il Fatto, in sintesi può
essere condensato cosi:
“Tra le dieci e le dieci e trenta della sera
del 29 marzo del 1640, mentre dormiva nella sua casa di Calanda, nella
Bassa Aragona, a Miguel Juan Pellicer, contadino di 23 anni, fu “riattaccata”
— subitamente e definitivamente — la gamba destra.
Questa, spezzata dalla ruota di un carro
e poi interamente incancrenita, gli era stata tagliata, quattro dita sotto
il ginocchio, alla fine di ottobre del 1637 (dunque, due anni e cinque
mesi prima della sconvolgente “restituzione”), all’ospedale pubblico di
Saragozza. Chirurghi e infermieri avevano poi provveduto alla cauterizzazione
del moncone con il ferro rovente.
Dalla inchiesta e dal processo
(apertosi a distanza di solo 68 giorni e durato molti mesi, presieduto
dall’arcivescovo assistito da nove giudici, con decine di testimoni
e con il rispetto rigoroso di tutte le norme prescritte dal diritto
canonico dal processo, dunque, risultò che la gamba di colpo
reimpiantata era quella stessa che era stata tagliata e poi sepolta nel
cimitero dell’ospedale di Saragozza, a più di cento chilometri
da Calanda.
Oltre che dal processo, la realtà
dell’evento fu certificata, a soli tre giorni di distanza, e sui luoghi
stessi, da un Notaio Reale (estraneo al paese e, dunque, non coinvolto
dai fatti), con regolare strumento legale, garantito sotto giuramento
da molti testimoni oculari, tra i quali i genitori e il parroco del miracolato.
Risultò pure, dall’andamento dei fatti
e dalle testimonianze del protagonista e degli altri testimoni, che il
prodigio fu dovuto all’intercessione di Nostra Signora del Pilar,
di cui il giovane era sempre stato particolarmente devoto, cui si era raccomandato
prima e dopo l’amputazione, e nel cui santuario di Saragozza aveva chiesto
l’elemosina per oltre due anni come mendicante autorizzato.
Da quando aveva potuto lasciare l’ospedale
con una gamba di legno e due stampelle, ogni giorno aveva unto il moncone
con l’olio delle lampade accese nella Santa Cappella del Pilar e così
sognava di star facendo, a Calanda, la sera del 29 marzo 1640, allorché
si addormentò con una gamba sola e fu risvegliato dai genitori pochi
minuti dopo, avendone nuovamente due.
Sulla verità dei fatti non si levò
mai alcuna voce di dubbio e di dissenso, né allora né poi
: né nel villaggio, né
in alcun altro luogo dove Miguel Juan era ben conosciuto prima e dopo l’incidente
che l’aveva portato all’amputazione. Lo stesso re di Spagna, Filippo
IV, terminato con esito positivo il processo, volle convocare il miracolato
nel suo palazzo di Madrid, inginocchiandosi davanti lui per baciare la
gamba prodigiosamente “restituita “.
Diciamolo subito: davanti a un racconto del
genere, la prima reazione di incredulità potrebbe essere
non soltanto del tutto comprensibile, ma forse, addirittura, in
qualche modo doverosa. E non solo da parte di atei, agnostici, increduli,
deisti o quant’altro. Ma anche per un cristiano, per un cattolico stesso.
Anch’egli potrebbe dire, come i francesi in casi simili: «Trop,
c’est trop!»…
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